Questa raccolta di discorsi e di omelie costituisce una nuova testimonianza della visione ecclesiale e pastorale di papa Francesco, oltreché uno specchio della sua capacità di comunicare, con semplicità e intensità, l'essenziale delle cose che contano per la vita cristiana. I temi toccati sono numerosi, ma uno sembra dominare su tutti: la speranza. Alle radici di quella che più volte viene chiamata la "gioia della fede" non ci sono infatti i desideri e le attese che ogni uomo coltiva guardando al futuro, ma c'è prima di tutto la grande speranza che nasce dall'incontro e dall'esperienza di Cristo. Con lui la speranza non è un miraggio che abbaglia e si allontana, è una luce certa che illumina l'esistenza per sempre. Da qui dunque occorre partire per cogliere il senso profondo del messaggio che via via Francesco - con l'afflato umano e missionario che gli è caratteristico - vuole consegnare al suo popolo, in quella prospettiva spirituale, pastorale e educativa che compenetra tutta la sua predicazione. Perché là è la speranza che apre il cuore, cambia la vita, proietta verso il futuro. Dalla speranza il discorso si estende e interagisce con tutte le problematiche dell'esistenza, con le sfide poste oggi al cristianesimo, con il modo nuovo di "essere Chiesa" e di andare incontro al mondo. Un obiettivo di rinnovamento e riforma possibile, per quanto impegnativo e di lunga prospettiva...
"Alla fine del mese di ottobre 1915, lo sterminio dei cristiani di Mardin sembrava essere concluso. Tuttavia un centinaio di persone vivevano ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi. Il turco Bedreddin fu preso da zelo: 'Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno'. Con questi cento sopravvissuti fece un convoglio che, deportato nel deserto, sparì per sempre". Mardin è una delle tante città dell'impero ottomano dove, durante la prima guerra mondiale, si è consumata la strage degli armeni e dei cristiani. Una violenza che ha segnato in profondità quelle regioni e che non è cessata: sono passati cento anni e la persecuzione in Medio Oriente continua. Anche oggi, a pochi chilometri da Mardin, oltre la frontiera turca, in Siria e in Iraq, si combatte con una crudeltà senza misura. Di nuovo, come allora, si assiste a deportazioni, massacri, sgozzamenti, rapimenti, vendita di donne e di bambini. Molti si chiedono: da dove viene tanta ferocia? Dal profondo di una religione, l'islam, o da una storia di convivenza difficile? Oggi, come ieri, si consuma una pagina della 'morte' dei cristiani d'Oriente.
Appare fuori di dubbio che gli ultimi anni hanno visto emergere sulla scena della comunicazione nel mondo della Chiesa — ma non solo — la Figura dell'Arcivescovo Carlo Maria Viganò, come voce di denuncia e di appello non solo rispetto alla corruzione e alla povertà culturale e spirituale presente nel mondo ecclesiale odierno, a ogni livello, ma nella società e nella politica mondiale.
Una figura e un processo di svelamento singolare. Carlo Maria Vigano è un sacerdote che è stato indirizzato dopo la sua ordinazione — avvenuta nel 1968 a Pavia — alla carriera diplomatica. Nunzio in Nigeria, e poi Delegato per le Rappresentanze Pontificie in Segreteria di Stato (un incarico delicatissimo: sotto i suoi occhi passano tutti i dossier personali scottanti di prelati e vescovi); poi Segretario per lo Stato della Città del Vaticano, il Governatorato, e infine Nunzio Apostolico a Washington, certamente una delle sei più: prestigiose per qualsiasi diplomatico, in talare o in abito civile.
Di sicuro la Nunziatura nel cuore dell’Impero offre a chi ne è titolare una prospettiva di ampiezza e profondità straordinarie; permette di scrutare i meccanismi del potere mondiale, le molle evidenti - e quelle nascoste - alla base di scelte e decisioni. Una testimonianza del noto arcivescovo Viganò che contiene anche una intervista inedita sulle sfide attuali nella Chiesa e nel mondo.
"All'ingresso di porta Sant'Anna, subito dopo il controllo della gendarmeria, sulla destra, c'è un bancomat dello Ior. Si trova in una nicchia ricavata nel muro e, apparentemente, è come tutti i bancomat di questo mondo. Se però vi avvicinate (e siete in compagnia di chi dispone dell'apposita tessera) scoprite che ha una particolarità. Le istruzioni, oltre che in italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo, sono fornite anche nella lingua dei padri. "Carus expectatusque venisti" dice la videata introduttiva: in pratica, "benvenuto". Dopo di che, ecco l'indicazione operativa: "Inserto scidulam quaeso ut faciundam cognoscas rationem", che sarebbe come dire "inserisci per favore la scheda, per accedere alle operazioni consentite". I latinisti hanno un po' arricciato il naso, perché secondo loro l'adattamento è stato un po' troppo disinvolto, ma bisogna ammettere che non è facile tradurre in una lingua antica concetti moderni. E una volta inserita la scidula che succede? Quattro le opzioni: "deductio ex pecunia" (prelievo), "rationum aexequatio" (saldo), "negotium argentarium" (movimenti) e "retrahe scidulam deposita" (ritirare la tessera). L'unico problema è che se scegliete la prima opzione dopo pochi secondi il bancomat sputerà fuori comunissimi euro e non preziose monete romane d'oro e d'argento". Aldo Maria Valli non lesina dettagli, spiega come si entra in Vaticano, racconta curiosità, stranezze e aneddoti, visita il garage del papa, fa un giro nell'appartamento pontificio...
Per quanto possa apparire strano ai nostri occhi, non era affatto scontato che il cristianesimo diventasse la principale religione del mondo occidentale. Sarebbe potuta tranquillamente rimanere una setta giudaica fra le tante, come i sadducei o gli esseni, per esempio. In che modo allora una religione che all'inizio contava poche decine di fedeli illetterati, attivi per giunta in una parte remota dell'impero, è potuta diventare la religione ufficiale di Roma, capace di convertire circa trenta milioni di persone in soli 350 anni? Come ha fatto una religione perseguitata a soppiantare culti e pratiche rituali consolidati e a imporsi come la principale tradizione culturale dell'Occidente? Nel Trionfo del cristianesimo Bart D. Ehrman affronta questo "enigma storico" in un racconto fondato su un'attenta analisi delle fonti antiche, mostrando come un gruppo ristretto di personaggi carismatici fu in grado di mettere a punto una brillante strategia sociale e di sfruttare la forza dirompente del messaggio cristiano per conquistare il cuore e la mente degli uomini e delle donne dell'epoca. Così facendo, Ehrman confuta una serie di convinzioni consolidate sulla trasformazione culturale più importante cui il nostro mondo occidentale ha assistito, una vera e propria rivoluzione che ha influenzato l'arte, la musica, la letteratura, la filosofia, l'etica, l'economia e il diritto.
«Il pensiero di Francesco, letto dalla ricerca di Monda, trova la "messa a fuoco", il discernimento e il chiarimento proprio nella tensione aperta e drammatica, e dunque nella trama della Storia, e delle storie e racconti che vi sono compresi. Il racconto scelto in questo libro è quello del popolo, un mito antico e forse dimenticato: la trama di quella storia si è sfibrata, soprattutto in Occidente. Nel volume però non si propone una toppa, un "rammendo", come direbbe il Papa, ma si intravede e si racconta una nuova tessitura, una nuova trama: si prosegue il racconto, si abita la Storia». Antonio Spadaro «L'Autore focalizza un aspetto di cui si è parlato spesso non in modo approfondito, ma su cui è importante invece soffermarsi. Aggiunge così un capitolo non solo alla conoscenza delle idee di Bergoglio, ma anche alla riflessione generale sul mondo contemporaneo, sull'idea di nazione e di comunità dei popoli. Questo libro è un contributo originale, che fa pensare e che arricchisce il dibattito, ponendo papa Bergoglio come un interlocutore per tutti, cioè per chi voglia pensare il futuro in modo aperto e per chi senta che stiamo andando verso il domani un po' come ciechi che hanno l'illusione di vedere o come persone (governi, popoli, decisori) troppo trascinate da processi incontrollati». Andrea Riccardi
«Questo non è un libro di teologia, tuttavia Gesù, la sua tenerezza e la sua vicinanza a ognuno di noi sono molto presenti in queste pagine in cui si parla di solitudine e di amore, quell'amore così desiderato ma che a volte sembra difficile da trovare. Mi arrivano molte domande, da tante persone diverse. Quasi sempre sono anche quelle che io stesso mi sono posto e con cui mi confronto, e tutte mi fanno pensare di più. Queste riflessioni sono cresciute camminando tra la gente, a Bologna, in Italia, nel mondo, e ho pensato di condividerle. C'è dentro anche un po' della mia vita, una vita iniziata a Roma poco prima del Concilio Vaticano II, e cresciuta - ne sono grato a Dio e a tanti - dentro un tempo, che cominciava allora, di simpatia e apertura al mondo. Era la "primavera della Chiesa", dentro una primavera globale, annunciata da un papa santo, Giovanni XXIII, che desiderava una Chiesa "di tutti e particolarmente dei poveri". Ma non è una stagione del passato, anche se tante cose sono cambiate. È possibile anche oggi. Come?». In questo libro, nato da uno sguardo affettuoso per un presente complicato, il cardinale Zuppi, con uno stile diretto, grande cultura teologica e storica e finezza umana - che si traduce sempre in una capacità di prendere sul serio le domande degli altri -, offre le sue riflessioni per affrontare quella che lui stesso definisce la «pandemia dell'infelicità» del nostro tempo. Pagine piene di speranza che si rivolgono a tutti - credenti, credenti a modo proprio, scettici, non credenti - e disegnano un cammino oltre la violenza, l'aggressività, la solitudine, verso un futuro migliore, un futuro di pace.
La storia «dovrebbe fare più spazio a un grande riformatore come Padre Lombardi» (Andrea Riccardi). Un sognatore, un uomo proteso per tutta la sua esistenza verso l'idea di cambiare il mondo, costruendone uno nuovo, più giusto e più umano. Profondamente preso dall'idea del Concilio, da cui fu invece escluso, ne era stato un antesignano e ne fu poi autorevole interprete e promulgatore. Alla fine della sua vita - quando il declino delle forze fisiche lo aveva ormai da tempo escluso dalla scena pubblica italiana e mondiale, che egli aveva occupato da protagonista per oltre vent'anni - con un radicale capovolgimento di prospettiva (è questo il tornante meno esplorato della sua vita) Lombardi superò l'idea di rinnovare la Chiesa per rinnovare il mondo. L'ultima sua intuizione profetica è quella di una libera e aperta dinamica della Chiesa al servizio dell'umanità, in dialogo con tutti i credenti di tutte le religioni e con tutti gli uomini di buona volontà; la meta è la realizzazione del Regno di Dio, già presente nel cuore di chiunque ubbidisce alla propria coscienza, e che lo Spirito Santo costruisce ben al di là dei confini della Chiesa.
A ottant'anni Manlio Simonetti iniziò a scrivere sui giornali. Dal 2006 infatti tenne per un anno su Avvenire una rubrica settimanale, i cui brevissimi testi furono subito raccolti in Classici e cristiani. Poco dopo, nell'autunno del 2007, cominciò a collaborare con il quotidiano della Santa Sede, L'Osservatore Romano, dove scrisse per un intero decennio sull'antico mondo cristiano, fino a pochi mesi prima della morte (1° novembre 2017), ormai novantunenne. In questo libro, il quarto di Simonetti nei Sussidi Patristici, sono raccolti tutti i suoi articoli pubblicati sul foglio vaticano. Chi conosca la sua attività scientifica non faticherà a riconoscerlo in questi "scritti minori", giornalistici per la scioltezza e l'essenzialità della scrittura, scientifici per la sicurezza e la solidità della dottrina: riflessioni sulla storia degli studi, su questioni di metodo e su nodi storiografici rilevanti, profili di studiosi, recensioni e le novità su Origene e Agostino.
Gli studi sul contributo che la Chiesa ha dato alla diffusione dell'italiano sono numerosi; non sono molte, tuttavia, le indagini sull'uso che dell'italiano è stato fatto dagli inizi del Novecento a oggi. Nonostante alcune ricerche importanti sulla traduzione della liturgia dopo il Concilio Vaticano II, sulla diffusione dell'italiano nel mondo attraverso la religione o sulla lingua dei pontefici, sono rimasti estranei all'attenzione degli storici della lingua sia le vie seguite dalla Chiesa nel XX secolo e nei primi anni del XXI per tenere viva la comunicazione con credenti e non credenti, sia il contributo che le recenti innovazioni hanno dato alla lingua italiana. L'idea del volume nasce, dunque, dall'intenzione di avviare nuove ricerche e riflessioni sui tanti modi in cui la Chiesa cattolica è riuscita a mantenere vivo il suo ruolo di messaggera dell'italiano.
Un «uomo che ha visto anticipatamente la storia»: così papa Francesco ha definito Paolo VI. Giovanni Battista Montini è stato un uomo del suo tempo, che si è confrontato e scontrato con le questioni della modernità europea e occidentale. Ma la crisi della Chiesa alla fine degli anni Sessanta aprì una fase nuova della sua vita. Dopo essersi lungamente impegnato nel governo della Chiesa, riformandone i retaggi temporalisti e anacronistici, Montini ha dovuto affrontare uno sconvolgimento dell'orizzonte storico che ha reso impossibile una gestione dall'«alto» e dal «centro» dell'istituzione ecclesiastica, come spiega Andrea Riccardi. Questo volume mette a fuoco l'attualità dell'«ultimo» Paolo VI, che si aprì al mondo nuovo della globalizzazione attraverso un confronto sempre più ampio con le grandi questioni della pace (ne parla in questo libro il cardinale Parolin); le realtà dell'America Latina, dell'Africa e della Cina; i nuovi rapporti tra Nord e Sud; la situazione nei paesi comunisti dell'Europa Orientale. Nell'impossibilità di definire un modello unico di Chiesa all'interno di un cambiamento sempre più imprevedibile, Paolo VI si è affidato soprattutto a due bussole: il primato del Vangelo e il «sacramento del povero», che - attraverso l' Evangelii Nuntiandi - hanno orientato anche il rinnovamento della Chiesa latino-americana e la «teologia del popolo» argentina cui si è ispirato papa Francesco.
In un periodo di grande dissoluzione fuori e dentro la Chiesa, un'epoca di preti e religiosi che vivevano negli agi e nei lussi incuranti del Vangelo, Francesco di Paola sceglie il ritorno alle origini, votandosi all'isolamento come gli antichi padri del deserto per vivere il solo a solo con Dio. Un ritiro non fine a se stesso, tuttavia. Ben presto, infatti, la grotta di Francesco viene "assediata" da frotte di persone desiderose di aiuto, di conforto, di confronto. Francesco accetta l'arrivo della gente e a tutti dona il suo amore, compiendo anche prodigi, sempre nel nome della carità. Ben presto altri eremiti si uniscono a lui. E da Paola la sua comunità si espande, prima in Calabria, poi in Sicilia, infine in altri posti in Italia e poi oltre i confini, chiamato come consigliere dal re di Francia. Il suo segreto fu solo e soltanto uno: credere nella possibilità di realizzare ciò che il suo cuore gli diceva fosse buono e giusto. Credere in se stesso, nelle proprie possibilità e nella potenza disarmante dell'amore. Nulla è impossibile per chi crede nell'amore. Questo il messaggio che la vita di Francesco di Paola comunica a tutti ancora oggi. Non ci sono limiti, barriere, per chi sceglie l'amore. Prefazione di p. Francesco Marinelli.