Chi legge Tracce abitualmente, lo ha presente. Non solo perché quel testo era allegato al giornale, ma anche perché negli ultimi tempi ha segnato il cammino del movimento di CL in maniera molto netta. Era una straordinaria lezione di don Giussani tenuta a un gruppo di giovani del Centro Péguy, riuniti a Varigotti nel 1968. Parole distanti nel tempo – esattamente mezzo secolo –, ma attuali come poche, perché capaci di tracciare una strada per affrontare la confusione di oggi.
Bene, in quella lezione – che nel frattempo è stata ascoltata e letta in mezzo mondo e in tante lingue, ovunque è presente Comunione e Liberazione – c’è un passo che ha colpito tutti, indistintamente. Perché condensa in due parole una diversità sottile, ma decisiva: «Non può più essere né la storia, né la dottrina, né la tradizione, né il discorso a muovere l’uomo di oggi. Tradizione e filosofia cristiana, tradizione e discorso cristiano, hanno creato e creano ancora la cristianità, non il cristianesimo». Il cristianesimo, insiste don Giussani, «è ben altro»: è «un annuncio», qualcosa di «vivente» e «presente».
Difficile trovare una forma più sinteticamente efficace per marcare l’irriducibilità della fede a qualsiasi fattore culturale, valore etico o impeto naturalmente umano, per quanto buoni e veri. La fede è un’altra cosa. Ma come si può scoprire questa diversità, oggi? Come nasce, come viene a galla nella nostra esperienza?
Tracce, stavolta, parla proprio di questo. Anzi, cerca di farlo vedere, sorprendendolo là dove questa differenza strana, questa presenza, affiora. Che sia tra le pieghe della società occidentale (nel Primo Piano abbiamo testimonianze imponenti) o nelle “periferie” dell’Africa nera, tra gli studenti di un liceo di Miami o nel lavoro di uno degli architetti più famosi del mondo. Lo facciamo in giorni che non sono uguali al resto del tempo, perché stiamo andando verso il Natale. Ovvero il punto sorgivo, il momento in cui questa diversità si è affacciata nella storia per la prima volta, nella modalità più semplice: un bambino. Nessuna traduzione culturale, nessun sistema di pensiero o di valori. Il «solco socio-storico» della cristianità, come lo chiama don Giussani, era ancora tutto – letteralmente – da inventare, nei duemila 
e rotti anni che ci hanno portato qui. Eppure lì il cristianesimo c’è già tutto.

Perché con quel Bambino entra nel mondo qualcosa di inaudito, «una Presenza con una proposta carica di significato» mai vista né sentita prima. Il cuore di tutto, in fondo, è lì. Lo si vede bene nell’immagine che CL ha scelto per il suo Volantone di Natale, in quel Mago così colpito dall’annuncio da prostrarsi davanti al Bimbo; da piegare se stesso, la sua storia, la sua regalità umana di fronte alla presenza più inerme che possiamo immaginarci. Doveva veramente essere un «povero di spirito», quell’uomo. Ma l’augurio più vero che possiamo farci per Natale è di esserlo anche noi, ora. Per riconoscere quella Presenza.
Chiesa e mondo feudale nei secoli X-XII vuole essere soltanto un titolo d'insieme entro il quale l'apporto specifico di studiosi particolarmente qualificati ha tentato di inquadrare tutta la complessa problematica che riguarda il confronto della Chiesa e delle sue strutture, consolidate nell'età carolingia, con ogni forma di potere esercitato in parte dalla Chiesa stessa e in parte dalle signorie laiche in una società in profonda trasformazione. Studiosi di diverse discipline hanno illustrato le molteplici manifestazioni della presenza della Chiesa nel mondo di allora. Ne è risultata una immagine di Chiesa e società ancorata su base documentaria assai più solida, atta a favorire una migliore comprensione di fenomeni che si collocano in momenti nodali nello sviluppo della civiltà europea.
l cristianesimo diventa e diventerà sempre più globale e sempre meno eurocentrico. La crescita del cristianesimo al di fuori dell'Occidente denota spostamenti di baricentro non solo geografici ma anche teologici. Questo metterà in crisi il tipo di globalizzazione e diffusione cristiana ed ecclesiale, segnate fortemente dalla razionalità occidentale moderna, percepita spesso come discriminante e giudicante, come un logos che non facilita il dia-logos, come "straniera" ed "estranea". In tale contesto di accentuata mondialità e pluralità, quali sono le nuove inculturazioni possibili per attestare la portata universale della verità cristiana? Dove si radica l'universalità del vangelo, dal momento che non esiste un vangelo astratto, ma sempre mediato culturalmente? Quali sono le vie per realizzare una effettiva "cattolicità" della Chiesa, ovvero la sua attuazione nei diversi luoghi culturali del mondo, il suo carattere realmente e visibilmente universale?
Il libro si sofferma su alcuni aspetti di quell'immane dramma che fu la Prima guerra mondiale, su quel che successe dopo e non durante il conflitto, sul legame tra l'esperienza religiosa e la metabolizzazione di quanto accaduto. Con diversi effetti: da una parte la sacralizzazione dei Caduti, di cui ben presto il regime fascista si impossessò dandole una torsione nuova, volta a rendere massificata e indistinta la presenza dei Caduti stessi, mentre si diffondeva un costume nuovo, quello del "pellegrinaggio laico" sui luoghi delle battaglie e delle sepolture; dall'altra i primi sforzi per proporre una rilettura cristiana del senso della guerra e della morte, tanto in sede locale, quanto nella singolare esperienza personale di don Mazzolari. In questo senso, la Chiesa italiana svolse un suo percorso particolare nella considerazione del rapporto tra fede e morte per la Patria, accompagnato dal travaglio interiore del clero, massicciamente sottratto alla propria attività pastorale ordinaria. Gli esiti di questo travaglio furono i più diversi, conducendo ora persino all'abbandono della tonaca, ora alla scelta di operare nel campo sociale, ora alla rimozione; oppure, su altro terreno, tanto a un convinto filofascismo quanto a un solido antifascismo. Scritti di: Carlo Stiaccini, Emanuele Cerutti, Paolo Nicoloso, Bruno Bignami, Giorgio Vecchio, Giacomo Viola, Francesco Piva.
"Dio non è indifferente! A Dio importa dell'umanità, Dio non l'abbandona! All'inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest'ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo."
"Cari giovani, è impresso nella mia memoria lo straordinario incontro che abbiamo vissuto a Rio de Janeiro, nella XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù: una grande festa della fede e della fraternità! (...) La prossima tappa del pellegrinaggio intercontinentale dei giovani sarà a Cracovia, nel 2016. Per scandire il nostro cammino, nei prossimi tre anni vorrei riflettere insieme a voi sulle Beatitudini evangeliche, che leggiamo nel Vangelo di san Matteo (5,1-12). Quest'anno inizieremo meditando sulla prima: 'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli' (Mt 5,3); per il 2015 propongo 'Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio' (Mt 5,8); e infine, nel 2016, il tema sarà 'Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia' (Mt 5,7)."
"Cari giovani, continuiamo il nostro pellegrinaggio spirituale verso Cracovia, dove nel luglio 2016 si terrà la prossima edizione internazionale della Giornata Mondiale della Gioventù. Come guida del nostro cammino abbiamo scelto le Beatitudini evangeliche. L'anno scorso abbiamo riflettuto sulla Beatitudine dei poveri in spirito, inserita nel contesto più ampio del "discorso della montagna". Abbiamo scoperto insieme il significato rivoluzionario delle Beatitudini e il forte richiamo di Gesù a lanciarci con coraggio nell'avventura della ricerca della felicità. Quest'anno rifletteremo sulla sesta Beatitudine: 'Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio' (Mt 5,8)."
"In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l'augurio di un'esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare."