Primo novembre 1954: ad Algeri scoppia un'insurrezione contro il dominio francese. Prende avvio una delle maggiori guerre di decolonizzazione, otto anni di conflitto sanguinoso che termineranno nel 1962 con l'indipendenza dell'Algeria. Questa informata sintesi riesce a dire l'essenziale di ciò che occorre sapere sulla guerra d'Algeria: dalle cause scatenanti agli sviluppi politico-militari, fino alla gestione della memoria del conflitto, Stora affronta con coraggio e imparzialità la complessa questione, senza tralasciare di fare chiarezza anche sui suoi aspetti più torbidi, come le azioni terroristiche del Fronte di liberazione nazionale algerino e il ricorso alla tortura da parte francese. Una lettura utile che apre molteplici linee di riflessione, superando lo stereotipo coloniale basato sulla dinamica vittima/aggressore.
Lo storico e senatore romano Cornelio Tacito aveva scritto la Germania negli anni successivi a Domiziano con l'intenzione di celebrare, attraverso la descrizione degli usi e costumi degli antichi germani, le virtù dei romani delle origini. Crudeli in battaglia, rozzi ma moralmente integri, feroci difensori della propria libertà, i germani, secondo Tacito, non si erano mai mescolati con altre nazioni. Scritta per sferzare gli animi contro la tirannide, l'opera divenne invece, in anni moderni, uno strumento del potere. Dell'opera si persero le tracce nel Medio Evo fino a quando essa ricomparve nel XV secolo tra i codici che l'umanista Enoch di Ascoli, allievo di Francesco Filelfo, aveva acquisito nelle biblioteche del nord Europa. Riscoperta dagli umanisti, l'opera divenne ben presto riferimento dei sostenitori della supremazia della cultura tedesca come l'umanista Conrad Celtis, e poi dei protestanti, fino a trasformarsi in una bibbia del Nazismo. "Un libro molto pericoloso", titolo che riprende la definizione della Germania di Tacito di un grande storico italiano, Arnaldo Momigliano, è un testo affascinante. La ricostruzione attentamente documentata e scientificamente rigorosa di una vicenda che sembra la sceneggiatura di un film di avventura. Postfazione di Paolo Fedeli.
Lo storico e senatore romano Cornelio Tacito aveva scritto la Germania negli anni successivi a Domiziano con l’intenzione di celebrare, attraverso la descrizione degli usi e costumi degli antichi Germani, le virtù dei Romani delle origini. Crudeli in battaglia, rozzi ma moralmente integri, feroci difensori della propria libertà, i Germani, secondo Tacito, non si erano mai mescolati con altre nazioni. Scritta per sferzare gli animi contro la tirannide, l’opera divenne invece, in anni moderni, uno strumento del potere.
Dell’opera si persero le tracce nel medio evo fino a quando essa ricomparve nel XV secolo tra i codici che l’umanista Enoch di Ascoli, allievo di Francesco Filelfo, aveva acquisito nelle biblioteche del nord Europa, a Fulda e Hersfeld, per conto di papa Niccolò V, destinati a creare il primo nucleo della Biblioteca Vaticana. Riscoperta dagli umanisti, utilizzata come fonte da Pio II Piccolomini, l’opera divenne ben presto riferimento dei sostenitori della supremazia della cultura tedesca come l’umanista Conrad Celtis, e poi dei protestanti, fino a trasformarsi in una bibbia del Nazismo, che vi trovò la prova della purezza della razza ariana.
Il manoscritto poi riemerse dalla polvere nella biblioteca di una nobile famiglia di Jesi, i Baldeschi Balleani, e fu pubblicato nel 1907 da un professore di liceo jesino, Cesare Annibaldi, diventando argomento di contesa da parte della Germania e di Heinrich Himmler, sacerdote dell’ideologia nazista, che voleva riaverlo a tutti i costi.
Un libro molto pericoloso, titolo che riprende la definizione della Germania di Tacito di un grande storico italiano, Arnaldo Momigliano, è un testo affascinante. La ricostruzione attentamente documentata e scientificamente rigorosa di una vicenda che sembra la sceneggiatura di un film di avventura.
Un’opera straordinariamente brillante. (Washington Post)
Krebs ci guida in un viaggio affascinante dalla Roma imperiale alla Germania di Hitler attraverso monasteri, tribunali e biblioteche. Un viaggio attraverso la storia delle idee che è un racconto giallo e un thriller. (El Pais)
Il racconto di Krebs è magistrale… Il risultato è un moderno libellus aureus su un antico libellus aureus. (Classical Journal)
Il filologo classico e studioso di storia delle idee, Christopher B. Krebs racconta per la prima volta al vasto pubblico come il libro di Cornelio Tacito, nel corso della sua storia, sia stato strumentalizzato. (Neue Züricher Zeitung)
“Libro dell’anno 2011” per gli studi classici. (Times Literary Suplement)
Questa raccolta di saggi, che si segnalano per l'originalità delle scelte tematiche e per l'utilizzo di fonti fino a questo momento assai poco o per nulla prese in considerazione dalla storiografia, è stata ideata privilegiando la logica del confronto fra esperienze e generazioni diverse piuttosto che quella della esaustività dei temi e dei piani di indagine. In effetti gli anni Settanta nel nostro paese sono stati un periodo ricco di maturazioni, mutazioni, complessità e contraddizioni. La scelta di concentrare lo sguardo sul protagonismo delle donne in quegli anni ne moltiplica le sfaccettature, le ambiguità, le alternative. È per questo che i saggi contenuti in questo testo incrociano la dimensione politica con quella sociale rappresentando la capacità delle donne in quegli anni di presentarsi sulla scena del Paese intrecciando strettamente vita e pensiero, dimensione pubblica e dimensione privata, il fare politica e il "fare marmellate". La molteplicità delle esperienze soggettive, politiche e associazionistiche delle donne sembra costituire la cifra di questo periodo, interpretandone la discontinuità e la contraddittorietà, ma anche l'effervescenza sociale e politica. Questi saggi evidenziano come quelli non siano stati solo gli anni della violenza, ma anche del protagonismo femminile. Scritti di: Beatrice Pisa, Stefania Boscato, Patrizia Salvetti, Valentina Palermo, Anna Balzarro.
Nella storia del brigantaggio e della durissima repressione scatenata dall'esercito sabaudo per il controllo del Sud, finora è stato dedicato poco spazio alle brigantesse, vittime senza diritto di replica della propaganda risorgimentale. Ridotte, nella memoria collettiva, alla stregua di sbandate immorali e sanguinarie, in realtà moltissime imbracciarono il fucile per passione, rifugiandosi nei boschi e condividendo la vita delle bande. Erano spinte, ci racconta Giordano Bruno Guerri, più che da una volontà politica, dalla forza di un istinto profondo, dettato da leggi ataviche e naturali: "Una donna meridionale dell'Ottocento diventa una combattente pronta a tutto se le si impedisce di vivere, amare, accudire; se le si nega la possibilità di essere donna come erano state la madre e la nonna prima di lei, come le avevano insegnato; se le si toccano i figli, il proprio uomo". La storia di Maria Capitanio, figlia di un ricco proprietario terriero, che appena quindicenne si innamorò del brigante Antonio Luongo e si unì alla sua banda. Processata e assolta, preferì suicidarsi piuttosto che continuare a vivere senza il suo uomo. E quella di Filomena Pennacchio, la più celebre delle brigantesse. In seguito all'uccisione del brigante Schiavone, padre del figlio che portava nel grembo, decise di collaborare con il nemico. La sua straordinaria vicenda, dopo essere rimasta a lungo confinata nel mito, è finalmente ricostruita con rigore storico in queste pagine...
"Molta influenza aver possono gli studi nostri, e le varie nostre indagini a rendere meno aspera la condizione economica della Carnia; tale è il fervido nostro voto e tale il motivo delle nostre meditazioni e delle nostre fatiche alle quali auguriamo solo il premio della patria benemerenza". Con queste parole si chiude la Prefazione con la quale Giovanni Battista Lupieri (Luint, 1776-1873), medico e uomo dai molteplici interessi culturali, si accinge all'impresa di continuare la storia della Carnia redatta, nella seconda metà del Cinquecento, da Fabio Quintiliano Ermacora. Lupieri estende il periodo d'indagine dal 1420 fino al 1870 con l'intento di offrire anche una statistica sul territorio e le sue risorse, sulla popolazione e le sue condizioni socio-economiche. Il volume, in cui la cronaca di quasi un secolo del piccolo borgo di Luint si intreccia costantemente con la storia della Carnia, dell'Italia e del mondo, offre una vivace testimonianza di come vennero vissuti dal raffinato intellettuale carnico quegli anni densi di importanti avvenimenti politico-economici che vanno dal periodo napoleonico ai primi anni successivi all'Unità d'Italia.
In questo libro, ricco di un'avvincente documentazione, Giordano Bruno Guerri rilegge la vicenda del Risorgimento e del brigantaggio come una "antistoria d'Italia": per liberare i fatti dai troppi luoghi comuni della storiografia postrisorgimentale (come la pretesa arretratezza e miseria del Regno delle Due Sicilie al momento della caduta) e per evidenziare invece le conseguenze, purtroppo ancora attualissime, della scelta di affrontare la "questione meridionale" quasi esclusivamente in termini di annessione, tassazione, leva obbligatoria e repressione militare. Il Sud è stato trattato come una colonia da educare e sfruttare, senza mai cercare davvero di capire chi fosse l'"altro" italiano e senza dargli ciò che gli occorreva: lavoro, terre, infrastrutture, una borghesia imprenditoriale, un'economia moderna. Così, le incomprensioni fra le due Italie si sono perpetuate fino ai nostri giorni. Alcuni briganti spiccano per doti - umane e di comando - non comuni, come Carmine Crocco, che per tre anni tenne in scacco l'esercito italiano; e così le brigantesse, donne disposte a tutto per amore e ribellione; altri rientrano più facilmente nel cliché del bandito o dell'avventuriero, ma tutti contribuiscono a dare volti e nomi a una triste e sanguinaria pagina della nostra storia, che si voleva cancellare. "Non si tratta di denigrare il Risorgimento, bensì di metterlo in una luce obiettiva, per recuperarlo - vero e intero - nella coscienza degli italiani di oggi e di domani".
Contessa Lara (Evelina Cattermole) appartiene a quella nutrita schiera di poetesse, scrittrici e giornaliste che nella seconda metà dell'Ottocento si imposero nel panorama editoriale italiano allora in espansione. Di eterea bellezza e di multiforme talento, fu nota non solo per i suoi versi di ispirazione romantica e per i suoi romanzi, ma anche per l'infaticabile collaborazione con le maggiori testate di periodici. Donna libera e anticonformista, la sua vita fu segnata da eventi tragicamente spettacolari: la morte dell'amante ucciso in duello dal marito, le molte relazioni sentimentali e, infine, il suo assassinio per mano dell'ultimo compagno, Giuseppe Pierantoni. Le lettere che qui si pubblicano, scritte nello scorcio dell'estate 1896 durante una vacanza sulla Riviera ligure, erano rivolte proprio a colui che, al suo ritorno, l'avrebbe uccisa con un colpo di pistola. Con un saggio introduttivo di Biancamaria Frabotta.
Un resoconto a tinte fosche dei vari aspetti, diplomatici e politici, delle guerre del Vietnam - contro Francia prima e USA poi - e delle loro conseguenze. Per la prima volta si dà eguale peso agli Americani e ai Vietnamiti, sconfessando l'idea che tutte le azioni compiute dai "buoni" americani contro i "cattivi" comunisti siano state lecite, concezione ribadita in molti interventi degli USA in politica estera (dal Libano a Panama). L'autrice analizza in queste pagine il più noto conflitto del Vietnam, i suoi molto sanguinosi precedenti e le pesanti conseguenze da un'ottica totalmente nuova per la storiografia americana, fornendo inoltre una buona mole di dati storici, molti dei quali inediti, sui conflitti stessi.
I trattati di tecniche artistiche medievali, dal Teofilo a Germini, si trovano spesso citati - nei cataloghi di mostre di opere d'arte restaurate e ora anche dai media - come guide insostituibili per le pratiche artistiche del passato, e quindi come normativi per il restauro. In effetti, si tratta di un genere letterario capace di offrire risposte facendo luce sui procedimenti di produzione Artistica nel Medioevo. Pur nella necessità di un approccio criticamente avveduto, quindi non rigidamente letterale, l'autrice mette in luce la grande quantità di dati genuini che tali trattati offrono al lettore moderno. Il volume si apre con un saggio che introduce al genere letterario, per poi analizzare i sette principali trattati che hanno segnato la pratica artistica dall'epoca tardoantica fino al XV secolo. II libro si propone come uno strumento aggiornato e qualificato per l'operatore in campo artistico, e per il crescente pubblico dei Beni culturali, su un argomento di grande attualità.
In Occidente e in Israele è nota come "guerra dei sei giorni", ma nel mondo arabo è chiamata la "guerra di giugno" o semplicemente "la disfatta". In sei giorni di intenso combattimento, nel giugno 1967, Israele ha ottenuto il controllo della Striscia di Gaza e dei Territori, sbaragliando una coalizione di Stati arabi guidata da Siria ed Egitto. Già consigliere della delegazione israeliana presso le Nazioni Unite, membro dello Shalem Center di Gerusalemme, Oren individua in questo evento la radice di tutti i successivi sconvolgimenti che hanno scosso il Medio Oriente: la guerra dello Yom Kippur, la guerra in Libano, la controversia su Gerusalemme e sugli insediamenti dei coloni ebrei.