A più di settant'anni dal 25 aprile la Resistenza è interrogata soprattutto da due problemi: la lotta degli ultimi partigiani con l'anagrafe e la recezione storica dell'epopea patriottica per le nuove generazioni. Un ruolo privilegiato riveste la città di Milano. Una Milano inseparabile dalla sua cintura periferica, dalle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni - Stalingrado d'Italia - dagli scioperi delle primavere del 1943 e del 1944, da un protagonismo diffuso che include i tentativi di instaurazione di una nuova democrazia, complementari rispetto alla strategia militare dei combattenti in montagna. Tutto ciò nello sforzo di intendere le stesse operazioni di guerra nella prospettiva dei partigiani senza fucile, di quanti cioè concorsero in diversa maniera alla lotta antifascista, non sui fronti della guerriglia ma nella quotidianità del territorio. Cessando di considerare la vita sotto la dittatura una semplice cassa di risonanza dell'azione strategica e militare. Detto impoliticamente: uno sguardo sugli avvenimenti con l'occhio del paesaggista piuttosto che con quello del ritrattista. E in questa prospettiva che la tanto bistrattata «zona grigia» attribuita ai cattolici presenta, insieme ai ritardi e alle ambiguità, le ragioni di una lenta e corale maturazione «quotidiana».
Dossetti, dopo Antonio Rosmini, è il grande rimosso della cultura e della Chiesa italiane. È Dossetti stesso ad avere suggerito il rapporto con Rosmini, e una circostanza li accomuna: la difficile "traducibilità" delle rispettive esperienze oltre i confini nazionali. Eppure, Dossetti ha avuto la ventura di essere studiato, e addirittura "storiografato", da subito, durante l'impegno politico, benché il monaco di Monte Sole sia stato in politica sette anni in tutto, compresi quelli passati da partigiano. È poi ritornato in campo, come San Saba, quando ritenne che fosse messa a rischio la prima parte della Costituzione del 1948. Rivisitarne non tanto la memoria ma il lascito culturale può dunque essere operazione ricostruttiva nella fase in cui il cattolicesimo politico si trova alla fine di un ciclo e le politiche vincenti si presentano senza fondamento. Proprio perché la forma che ci siamo lasciati alle spalle è quella del partito.
Sulla crisi innescata dal "settembre nero" di Wall Street è unanime il giudizio: ne usciremo assai diversi da come vi siamo entrati. Tuttavia, su come saremo all'uscita del tunnel nessuno si espone. Lo spirito che disordina il mondo appare dotato di risorse inesauribili, come se perseguisse un imperscrutabile traguardo. Ha avuto senso l'ambizione di educare mammona? E cos'è oggi mammona? L'autore suggerisce una strada, incalza i cattolici del post-Concilio a riproporre il binomio dialettico di senso e potere, a recuperare la densità della distinzione, insieme al bisogno della profezia che, altro rispetto alla politica, impedisce il decadimento nella grigia amministrazione.
Difficile definire questa stagione segnata da storie minori e rimozioni. Un paio di decenni fa ciò era più facile: Yalta delineava un quadro in cui orientarsi. Oggi le cose si sono complicate. È crollato il vecchio ordine internazionale e
quello nuovo è in fase di faticosa gestazione. Questa percezione del passaggio d’epoca è essenziale per parlare oggi dell’Europa. E ci obbliga a pensare europeo. L’Europa che verrà è un’Europa oltre se stessa. Non soltanto parlamenti e tribunali, ma cattedrali, sinagoghe e moschee. Non più tedeschi, francesi e italiani, ma meticci di un mondo in progress. Tappa del mondo che verrà. Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli lo avevano previsto. Papa Wojtyla, i cardinali Martini e Tettamanzi hanno affrontato e arricchito il tema. Bruxelles sembra sonnecchiare in panchina mentre è in corso la partita tra Americani e Cinesi. Ma il sogno europeo può continuare se l’Europa si sveglia ed entra in campo. «L’Italia ha bisogno di vivere e di promuovere gli ideali che hanno animato l’impegno dei padri fondatori dell’Europa unita. E sono, questi, gli ideali della pace, della fraternità, della solidarietà concreta e generosa, della condivisione di risorse e progetti. Essi trovano il loro fondamento e il loro significato più autentico in quelle radici cristiane che hanno, nei secoli, plasmato i popoli dell’Europa», dalla presentazione del cardinale Dionigi Tettamanzi.
Giovanni Bianchi si è laureato in Scienze politiche presso l’Università Cattolica di Milano. Ha insegnato filosofia e storia. È stato presidente regionale delle ACLI e, dal 1987 al 1994, presidente nazionale. Dal 1994 al 2006 è stato deputato al Parlamento. Relatore della Legge per la remissione del debito ai Paesi poveri, ha presieduto il Comitato permanente della Camera dei Deputati per gli Italiani all’estero. È presidente e fondatore dei Circoli Dossetti, centri di cultura e formazione politica. Dal 2004 è presidente del CESPI (Centro Studi Problemi Internazionali). La sua attività di scrittore ha trovato espressione spaziando attraverso diversi ambiti (narrativa, poesia, saggistica...), sia in riviste (Animazione sociale, Rocca, Bailamme...) che in di volumi, tra i quali: Per una teologia del lavoro (1985); Al Dio feriale. Teologia minima (1990); L’idea popolare (2003); Testimoni e maestri. Materiali per un laburismo cristiano (2005); Martini “politico” e la laicità dei cristiani (2007); Solo la sinistra va in Paradiso (2009).
«Sta scritto in Lettera a una professoressa:“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”.Non si dà politica autentica senza generosità,termine quanto mai antiguicciardiniano. Recita il vocabolario alla voce generosità:“Carattere di chi possiede grandi qualità morali”.Quel che manca alla politica odierna,dal momento che le “grandi qualità” appaiono introvabili. Nani figli di giganti. Malinconico declino. Democrazia triste… L’esperienza di dodici anni nel Parlamento italiano mi ha dato occasione di incontrare molte intelligenze, ma poche generosità.Dove,per me,generosità significa:dare ogni volta più di quel che si riceve». Questo libro presenta e analizza,con ampiezza di vedute,acutezza di pensiero,ricchezza di riferimenti autobiografici inediti,la storia e i valori dell’impegno politico dei cattolici in Italia, dall’Unità alle ultime elezioni politiche dell’aprile 2008, soffermandosi in particolare sull’Italia della Prima e della Seconda Repubblica,e suggerendo alcune riflessioni volte a una rifondazione (o quanto meno a un consolidamento) di tale impegno politico nella Società moderna e futura. La conclusione di questo approfondito lavoro di ricostruzione storica,di analisi e di riflessione non è tanto che «solo la sinistra va in Paradiso», ma piuttosto che per il cristiano impegnato nel politico e nel sociale vi sono dei valori (la centralità dell’etica e della dimensione spirituale,la generosità fino al sacrificio,la capacità di dialogare e mettere in comune idee ed esperienze, accettando le diversità) che ispirano la sua vocazione e la sua azione politica.
AUTORE
Giovanni Bianchi,nato a Sesto San Giovanni (Milano) nel 1939,è stato consigliere comunale a Sesto San Giovanni per la DC, poi Presidente regionale delle Acli Lombarde e successivamente Presidente nazionale.Dal 1994 al 2006 è stato Deputato al Parlamento italiano,dove ha fatto parte della commissione Affari Esteri,è stato relatore della legge per la remissione del debito ai paesi poveri e ha presieduto il comitato permanente della Camera dei Deputati per gli Italiani all’estero. Collabora con riviste,quali Animazione sociale e Rocca,e dal 1987 ha diretto la rivista di spiritualità e politica Bailamme.Ha pubblicato numerose opere di narrativa e di poesia.Tra la sua produzione saggistica:Per una teologia del lavoro(1985);Al Dio feriale.Teologia minima (1990);Testimoni e maestri. Materiali per un laburismo cristiano(2005);Martini «politico» e la laicità dei cristiani (San Paolo,2007).
Biografia della sordomuta Maria Tirelli. Questo volume narra la storia di una modesta sordomuta", di origini contadine, nata in un piccola localita rurale della provincia di Reggio Emilia nel 1808, dalla quale si puo comunque inferire, forse meglio che da ponderosi trattati scritti nell'epoca da illustri "filosofi" ed "educatori" interessati a vario titolo alle conseguenze delle sordita infantili gravi, la reale percezione che si ebbe della sordita e del sordomutismo nell'Ottocento, e le condizioni in cui i sordi svolgevano la loro esistenza. "