Se la teologia giuseppina è piuttosto scarsa, cui fanno eccezione gli studi svolti da padre Tarcisio Stramare (1928-2020) degli Oblati di san Giuseppe, uno dei massimi studiosi di sana giosefologia, l’iconografica del Patriarca e Patrono della Chiesa è molto nutrita. A questo riguardo, vorremmo sottolineare un singolare aspetto che molti artisti hanno preso in considerazione per evidenziare la sua sapienza: lo hanno rappresentato mentre tiene fra le mani un libro, chiuso o aperto perché lo sta leggendo o scrutando. Questo atto intellettuale e spirituale insieme proviene da un’antica deduzione teologica, che risponde alla domanda: quali origini ha la saggezza di san Giuseppe nel dirimere e giudicare la realtà? E questa fu la risposta dei Padri della Chiesa: dalla volontà di Dio che si esprime non solo attraverso la grazia e l’illuminazione, ma anche attraverso le Sacre Scritture.
San Giovanni Crisostomo (344/354-407) presenta san Giuseppe come un eccellente conoscitore delle Sacre Scritture, un loro «scrutatore», come insegnerà Gesù: «Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza» (Gv 5, 39). Il Padre della Chiesa, infatti, riflette e insiste su ciò che si legge nei Vangeli: «“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1, 20-239).
Perciò spiega il Crisostomo: «Ecco, dunque, che l’angelo rimanda Giuseppe ad Isaia, affinché, se svegliandosi, dimenticasse le parole che sta ascoltando, possa ricordarle per mezzo di quelle dei profeti, dei quali faceva il suo nutrimento abituale (in quorum meditatione nutritus fuerat)». Proprio in virtù del fatto che san Giuseppe aveva continua familiarità e dimestichezza con le parole profetiche che l’Angelo lo invita al passo del Libro di Isaia: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7,14), a differenza di Maria Santissima alla quale l’Arcangelo Gabriele nulla dice in proposito.
Anche per il bizantino Teodoto di Ancira del V secolo, vescovo e teologo, la conoscenza dell’Antico Testamento per il padre adottivo di Gesù era un fatto imprescindibile poiché era necessario, nel piano della Salvezza, che, al fine di sposare Maria Vergine, egli fosse assolutamente consapevole dei misteri divini predetti al Popolo eletto: «É allora che egli comprese quanto avevano detto i profeti. Egli ebbe l’intelligenza delle loro profezie: poiché era giusto, aveva l’abitudine di meditare quei testi».
La narrazione iconografica attinse da queste fonti l’ispirazione di raffigurare san Giuseppe, perlopiù in compagnia della sua beatissima Sposa e di Gesù Bambino, con le Sacre Scritture fra le mani. Fu soprattutto dal Rinascimento in poi che questo tema venne trattato con maggiore insistenza, ricordiamo alcuni nomi: da Gian Maria Falconetto a Lorenzo Lotto, da Girolamo Marchesi da Cotignola a Bonifacio de Pitati (detto Veronese), da Caravaggio a Santi di Tito, da Bartolomeo Schedoni a Marcantonio Bellavia, da Egidio Dall’Oglio a Francesco Albani, da Nicolas Poussin a Pompeo Batoni…
Tale stilema artistico giuseppino si replicherà costantemente. Molto suggestiva è l’immagine che ci consegna il pittore Georges de La Tour nel suo Sogno di San Giuseppe, opera che risale al 1640 circa, conservata nel Musée des Beaux-Arts, a Nantes, in Francia. Il capolavoro riprende il tipico metodo intimo e raccolto dell’artista con i personaggi presentati in primo piano e illuminati dalla flebile luce di una candela, in questo caso solo due, il protagonista san Giuseppe e un Angelo. Il racconto è direttamente tratto dal Nuovo Testamento e descrive pittoricamente l’episodio in cui l’Angelo appare in sogno a san Giuseppe per avvisarlo di fuggire in Egitto e mettere così in salvo il Redentore dalla strage degli innocenti programmata da re Erode. San Giuseppe è addormentato soavemente: è seduto; sulle sue gambe è appoggiato un volume, con la mano sinistra ancora intenta a sostenere le pagine aperte; mentre con il braccio destro, puntato sul tavolo, sostiene il capo. L’Angelo, dipinto come un ragazzino in abiti eleganti, gli parla nel sonno con gesti molto eloquenti. Simultaneamente ci tornano alla mente le considerazioni che una grande mistica fece a riguardo della frequentazione angelica di san Giuseppe nella sua vita ed anche della peculiarità del Patriarca come scrutatore delle Sacre Scritture.
«Fu poi dato da Dio a Giuseppe, oltre l’Angelo di sua custodia, anche un altro Angelo, che gli parlava nel sonno molto spesso e l’ammaestrava in tutto quello che doveva fare per più piacere al suo Dio», così Madre Cecilia Baij (1694-1766), monaca del monastero delle Benedettine di Montefiascone (Viterbo), scrisse nella Vita del glorioso patriarca San Giuseppe, un ricco lavoro spirituale che viene proposto, in questo anno dedicato al Patrono della Chiesa universale, in una bella veste grafica dalla Casa Editrice Fiducia (pp. 429, € 25,00). L’opera fu composta sulla base di rivelazioni divine, accuratamente vagliate dal teologo e direttore spirituale della serva di Dio, monsignor Pietro Bergamaschi, che la pubblicò in una prima edizione nel 1921.
In base alle esperienze mistiche di Madre Baij, similari a quelle della beata Katharina Emmerick (1774-1824), alle quali fu loro concesso di conoscere in maniera precisa gli accadimenti di ciascun componente della Sacra Famiglia, veniamo a sapere che: «[…] incominciò il nostro Giuseppe ad imparare a leggere e gli riusciva mirabilmente, in modo che il suo genitore non ebbe mai occasione di riprenderlo. Appena aveva tre anni, che già incominciava a leggere, con molta consolazione dei suoi genitori e suo profitto; e si andava esercitando nella lettura della Sacra Scrittura e nei Salmi di David, i quali poi il Padre glieli spiegava. Era molta la consolazione che sperimentava il nostro Giuseppe in leggere e sentirsi spiegare dal padre quel tanto che leggeva, ed in questo esercizio vi pose tutto il suo studio, non tralasciando però, mai i soliti esercizi di orazioni e preghiere a Dio, e tutto il suo tempo spendeva in questo esercizio, cioè di orare, studiare e leggere, avendo per tutto il suo tempo assegnato» (pp. 44-45). L’attività di scrutare le Sacre Scritture da parte di san Giuseppe sarà ancora ribadita nel testo, ponendo san Giuseppe anche come modello per gli altri in riferimento a questo preciso esercizio religioso. Il libro di Madre Cecilia Baij, oltre ad essere utile strumento per accrescere la conoscenza del Santo che l’Onnipotente scelse per essere degno della Madre di Dio e padre in terra di Suo Figlio, offre un’ulteriore fonte per avvalorare la tesi tradizionale che san Giuseppe è stato un perfetto scrutatore dei Sacri Testi della Vera religione.
Edith Stein nacque a Breslavia da famiglia ebrea. Di straordinarie doti intellettuali, intraprese la carriera universitaria divenendo assistente del filosofo Edmund Husserl. Dopo aver letto l'autobiografia di Teresa d'Avila, abbandonò l'ateismo e si convertì. A causa delle leggi razziali fu costretta ad abbandonare l'insegnamento ed entrò nel carmelo di Colonia prendendo il nome di Teresa Benedetta della Croce. Trasferitasi nei Paesi Bassi, non sfuggì alla rappresaglia nazista e venne deportata ad Auschwitz, dove fu uccisa il 9 agosto 1942 insieme alla sorella Rosa. Conoscere la sua figura vuol dire compiere un'esperienza di provocante attualità. Nella nostra civiltà meccanizzata e tecnologica, Edith, donna dalla parola limpida ed essenziale, ha qualcosa da dire: è un andare alle radici, alla scoperta dell'esistenza umana. Edith Stein è stata beatificata (1987) e canonizzata (1998) da Giovanni Paolo II, che nel 1999 l'ha proclamata compatrona d'Europa.
Peppo è un gatto, nato e cresciuto ad Aleppo, in Siria, durante la guerra. Attraverso le sue parole ripercorreremo la fantastica storia del gattile di Aleppo - una storia vera, raccontata dai principali media internazionali e nazionali. Mohammad, il padrone di Peppo, ha aperto questo gattile in memoria di un gatto "italiano", Ernesto, e qui ha dato rifugio, oltre a innumerevoli gatti, a decine di animali (anche una gallina!). Il gattile di Aleppo, grazie a una straordinaria mobilitazione social, ha ricevuto e riceve tuttora considerevoli donazioni che gli hanno permesso di soccorrere e aiutare animali e umani: una bellissima storia di solidarietà raccolta in un albo illustrato per bambini. Età di lettura: da 7 anni.
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha prodotto un cambio di paradigma all'interno del quale oggi bisogna muoversi per costruire servizi e sostegni. In quest'ottica diventa necessario attivare nuove modalità e strategie per creare le condizioni di contesto, sociali e materiali, affinché le persone con disabilità vivano come cittadini nel mondo di tutti. Il testo descrive, alla luce dell'esperienza sul campo degli ultimi anni, percorsi e strumenti volti a costruire insieme alle persone con disabilità e alle loro famiglie un futuro nella società, con le stesse opportunità degli altri. L'approccio della coprogettazione capacitante permette di delineare in maniera articolata le fasi della vita, sostenendo la persona in un percorso emancipatorio, costruito attraverso l'evoluzione di ruoli, spazi e relazioni autentici all'interno della società.
Istinto e volontà, passione e impegno, affetto e fedeltà, e soprattutto spiccata intelligenza: ecco l'alchimia dell'amore. Qui non si tratta di "fare" qualcosa per guadagnarsi il paradiso. Si tratta di "essere" il paradiso già su questa terra. Di guadagnarlo per tutti gli altri. Le opere di misericordia sono un trattamento di bellezza interiore, un cammino verso la più grande felicità possibile, passi verso la riscoperta della propria vera essenza, come una distillazione, un crogiolo, niente affatto indolore. Servono per non andare all'inferno? No. Ci servono per diventare ciò che siamo: figli di un Re, creature libere e luminose.
La pietà mariana, oltre che con preghiere, si è sempre manifestata anche con immagini e i frati Servi di Maria non costituirono eccezione: fin dalle origini, nel dedicare le loro chiese a Maria, le ornavano con bellissime immagini della Vergine, esprimendo così il loro amore per la Madre di Dio. Questo modo di intendere la devozione mariana fu denominato «via pulchritudinis». “Splendore di bellezza” è una raccolta, dalle origini al XV secolo, di alcune tra le più belle immagini, che esistevano o esistono ancora, presenti nelle Chiese dei Servi di Maria. Esse permettono di contemplare Maria, l’immagine della bellezza assoluta.
Destinatari
Studiosi dell’arte; devoti di Maria.
Autore
MARIA CECILIA VISENTIN, delle Serve di Maria Riparatrici, ha conseguito il dottorato in Teologia (specializzazione in Mariologia) al Marianum di Roma. Insegna religione in un liceo a Milano e Storia della spiritualità e dell’arte cristiana all’ISSR di Vicenza. Con le EMP ha già pubblicato il volume Bibbia e arte. Collaboratrice di Avvenire, sr. M. Cecilia si dedica prevalentemente alla ricerca storico-iconografica e pubblica studi di carattere divulgativo sui tesori letterari, artistici e musicali della pietà mariana.
La Parola biblica, coi suoi simboli, con la sua incandescenza, la sua poesia è stata il grande arsenale iconografico dell'Occidente, il «grande codice» della nostra cultura... L'esegesi «artistica» sa travalicare il testo rivestendolo di bagliori inattesi. Il risultato «trasfigurativo» è proprio di tutte le grandi opere d'arte e di letteratura. Impossibile sarebbe dimostrarlo compiutamente perché il repertorio da consultare è vastissimo. Ci accontentiamo di un simbolo, quello del dito efficace di Dio, spesso celebrato dalla Bibbia. Ebbene, tutta la storia, la missione, la figura e la grandezza del Battista sono racchiusi in quell'in- dice poderoso puntato verso il Crocifisso che Mathias Grtinewald ha dipinto nell'Altare di Isenheim del museo di Colmar. Tutto il mistero dell'atto creativo descritto nel libro della Genesi è nell'indice «imperativo» del Creatore michelangiolesco che sveglia all'essere l'indice assopito di Adamo... Proprio per questa sua fecondità artistica, è sconcertante il fatto che la Bibbia sia ancora sostanzialmente un libro assente dalla formazione culturale dell'italiano. (dalla Prefazione di Gianfranco Ravasi)
Destinatari
Studenti e studiosi di spiritualità e amanti dell'arte sacra.
Autore
MARIA CECILIA VISENTIN, delle Serve di Maria riparatrici, ha conseguito il dottorato in Teologia con specializzazione in Mariologia alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma dell'Ordine dei Servi di Maria. Attualmente insegna Religione nel liceo classico di Este (Padova) e Storia della spiritualità e dell'arte cristiana all'Istituto Superiore di Scienze Religiose «Santa Maria di Monte Berico», Vicenza. Si dedica prevalentemente alla ricerca storico-iconografica e ai documenti letterari e artistici della pietà mariana.
L'Autrice mette in evidenza il pensiero di Edith Stein sul tema del sacerdozio femminile.