Pochi mesi prima della morte, don Giovanni Moioli tenne un ciclo di conferenze in una parrocchia per introdurre e preparare alla festa del Santo Crocifisso. Alla luce della propria sofferenza, rilegge le tappe fondamentali dell'interpretazione teologica della croce di Gesù. Vi trova non l'esaltazione del dolore di Dio, non l'imposizione della sofferenza all'uomo, ma la ricerca -da parte di Dio- di un dialogo d'amore con gli uomini e la proposta del dono reciproco della vita. La croce, allora, appare non come precetto, ma come grazia: il dono gratuito dell'amore di Cristo e della vita in Lui.
Il concetto di dialogo è il perno della sfida teorica da cui l'autore prende le mosse per definire una pratica di cura psicoterapeutica. L'idea che lo guida si identifica con la sua risposta alla fondamentale domanda dell'antropologia filosofica: che cosa significa essere umani? Idealmente, essere umani significa essere in dialogo con l'alterità, ovvero con se stessi e con gli altri. In questa luce, la patologia mentale si delinea come l'esito di una crisi del proprio dialogo con l'alterità e la cura come il dialogo con un metodo finalizzato a ristabilire il proprio incontro con l'alterità. L'incontro con l'alterità è costitutivo dell'esistenza umana ed è essenziale per la costruzione dell'identità. Il suo fallimento innesca la patologia mentale. Il dialogo che cura questo scacco non mira alla negoziazione di un senso condiviso; piuttosto, è un movimento, un esercizio di cooperazione orientato alla reciproca comprensione e, in ultima analisi, alla coesistenza.
Le più belle storie della Bibbia raccontate ai bambini in uno stile limpido e lieve. Il silenzio e le parole della Creazione, le paure e i dubbi di Noè, il bene e il male per Adamo ed Eva, e poi Giacobbe, Mose, Tobia, Giobbe, fino alle parabole di Gesù e alla cena di Emmaus. Narrati con profondo rispetto e moderna sensibilità, ritroviamo qui personaggi e vicende che appartengono alla storia di tutti. Età di lettura. da 12 anni.
I grandi occhi gialli del gufo invitano il piccolo lettore a entrare nel libro e a conoscere, con lui, tanti altri animali. Età di lettura: da 3 anni.
«Oggi, un nucleo armato della nostra organizzazione ha fatto irruzione in un covo nemico...»: non inganni il tono scherzoso con cui l'uomo della Dia comunica al quartier generale di Roma che una squadra di investigatori, dopo mesi di lavoro, è riuscita a piazzare una microspia nel «Sancta Sanctorum» che ospita i superkiller di Cosa Nostra. Parodia dei comunicati con cui le Br, negli anni Settanta, scandivano la loro sanguinosa aggressione contro lo Stato, l'annuncio dell'uomo della Dia giunge dalla nuova, difficilissima guerra che insanguina l'Italia: è quella che oppone gli uomini dello Stato alla temibile potenza di fuoco, alla determinata strategia d'assalto dispiegata da Cosa Nostra negli attentati contro Falcone e Borsellino. Laltentatuni è la storia - narrata da Bianconi e Savatteri con il rigore del migliore giornalismo e il ritmo di un grande thriller - di come un pugno di investigatori della Dia, operando sotto copertura e con modalità che non hanno nulla da invidiare alle spy-stories di Le Carré, riescono a entrare nella struttura più interna della mafia. Ne pedinano gli uomini, ne individuano i luoghi di ritrovo, mappano affari e proprietà immobiliari, legami gerarchici e protezioni autorevolissime. Arrivano - scrivendo la pagina più incredibile dell'intera operazione - a rubarne i discorsi in diretta, ad ascoltare ora dopo ora i progetti del nucleo armato. Sullo scenario di una Palermo che Bianconi e Savatteri fissano in modo indimenticabile - città ferita e vitale al tempo stesso - gli investigatori, senza l'aiuto di pentiti e grazie a un immenso e paziente lavoro di indagine, ripercorrono l'insanguinata filiera di Cosa Nostra. E giungono, finalmente, agli assassini della strage di Capaci.
Catequesis inéditas del arzobispo Karol Wojtyla sobre la esencia del cristianismo siguiendo el discurso de san Pablo en el Areópago presentado en el año que se celebra el XL aniversario de la elección del arzobispo de Cracovia a la Sede de Pedro en Roma.
Introducción de Marta Burghardt.
Guía de lectura por Gabriel Richi Alberti.
Este libro pone en manos de los lectores trece catequesis hasta ahora inéditas de Karol Wojtyła sobre la esencia del cristianismo siguiendo el discurso de san Pablo apóstol en el Areópago. El valor de estas meditaciones del futuro papa san Juan Pablo II es enorme. Se encuentran aquí ya muchos de los temas que marcaron su pontificado. Siendo arzobispo de Cracovia, reflexiona sobre el hombre, la verdad, la libertad, la relación del cristianismo con otras religiones. Escritas durante el Concilio Vaticano II, estas catequesis no han perdido actualidad; al contrario, han ganado fuerza y relevancia con el paso de los años. Karol Wojtyła aparece en ellas como maestro en la lectura de las Sagradas Escrituras, capaz de llevarnos lenta y pacientemente a las preguntas más importantes del ser humano.
Título de la edición original: Kazanie na Areopagu. 13 katechez, traducido por José David Albeza Asencio.
La santità dell’Eucarestia e la grandezza del mistero per il quale Dio ne affida la celebrazione ad uomini che, benché per grazia sacerdoti, rimangono pur sempre segnati dal limite, rende urgente proporre qualche riflessione ed un richiamo sulla necessità per ogni fedele – compresi quindi i sacerdoti – di esaminarsi per vedere se, accostandosi all’altare, siano “rite dispositus”, secondo quanto insegna e richiede la Chiesa. Inoltre, l’identità sacerdotale fa del ministro ordinato un intercessore privilegiato ed un uomo atto ad offrire il culto liturgico pubblico gradito a Dio.
L’intento di questo lavoro è quello di mostrare come la disciplina derivi dalla dottrina della Chiesa, ed il suo rispetto, con adesione cordiale di vita, altro non sia finalizzata che ad una vita, ad un ministero santo e, quindi, fruttuoso e santificante non solo per il sacerdote, ma anche per l’intero popolo di Dio.
«L’opera Sacerdos alter Christus affronta due questioni che potrebbero apparire molto diverse ma che, tuttavia, hanno un punto in comune. Si tratta infatti di due obblighi che definirei “vitali” nella vita e nel ministero sacerdotale: da una parte, la celebrazione frequente della S. Messa e, dall’altra, la preghiera quotidiana e integrale della Liturgia delle Ore. Si tratta di uno studio canonico ben documentato, dalla grande profondità spirituale, accompagnato da una bibliografia esaustiva che sottolinea un aspetto essenziale del sacerdozio: la preghiera deve irrigare, nutrire e fecondare la vita e il ministero sacerdotale nel suo insieme; la vita interiore del sacerdote è pertanto l’alfa e l’omega dell’esistenza spirituale di colui che è alter Christus, riprendendo il titolo dell’opera.»
(Dalla Presentazione di S. Em.za il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti)
Il primo libro al mondo che ci racconta le conseguenze future della nostra vita digitale. Se Internet, Facebook, Twitter, WhatsApp e i social network hanno completamente trasformato la vita, il modo di comunicare, le relazioni e gli affetti delle persone, perché non dovrebbero fare lo stesso con l'idea di morte, di immortalità, di lutto e di ricordo? Lo hanno già fatto, in realtà, come dimostrano la nostra quotidianità digitale e le ultime notizie tecnologiche: i profili commemorativi si alternano nelle nostre home ai profili attivi, mentre ci rifiutiamo di cancellare i contatti di persone care, e li custodiamo nelle rubriche dei telefoni; intanto, le manifestazioni di lutto collettivo virtuale diventano di celebrità in celebrità sempre più partecipate, spuntano i primi funerali trasmessi in streaming e si testano le prime chat che permettono di dialogare in tempo reale con amici morti. Superando la più sfrenata fantasia romanzesca, la tecnologia si è ormai spinta fino a quelle zone tradizionalmente considerate le più private e intime dell'esistenza umana, le più lontane dal caos e dall'informalità del web, dal chiasso dei social network. Cosa resterà, allora, della nostra vita online? Che fine faranno tutti i nostri dati - e-mail, tweet, status, fotografie e video - dopo la nostra morte? Rimarranno in cloud per sempre, intatti ed eterei, o si potrà ancora aspirare a un oblio delle informazioni? Che forme prenderà, in definitiva, la nostra eredità digitale? Da sempre attento agli aspetti più controversi della società dell'informazione, esperto di criminalità informatica e investigazioni digitali, Giovanni Ziccardi si inoltra senza timori nell'intricato rapporto tra morte e vita nel ciberspazio, tra diritto all'oblio e minacce (o desideri) d'immortalità tecnologica.
La storia illustrata di Antonio, il giovane frate disposto a vivere in povertà e ad andare fino in capo al mondo pur di annunciare il vangelo di Gesù.
"Qualcosa di tremendo e sconosciuto scuote il mondo nel primo secolo dopo Cristo, scardina la polis antica e mina le fondamenta dell'impero. Giovanni Brizzi fornisce dati agghiaccianti. Nello spazio mediterraneo i morti sono quelli di una piccola Shoah. Scavi recenti nelle fondamenta di Cirene hanno portato in luce i segni di un vero e proprio cataclisma. Per la prima volta Roma si trova di fronte a combattenti fanatici e indomabili, ebbri di furore religioso. Da allora i due mondi si divideranno e la proverbiale capacità di assorbimento dei Romani nei confronti di culture 'altre' nulla potrà con i titolari della prima religione del Libro." (Paolo Rumiz)
Indomabile, bellissima, determinata e, a suo modo, inconsapevole: Mina Settembre è un altro personaggio femminile creato da Maurizio de Giovanni. Cacciarsi nei guai, poi, quando tutto sembra perduto, risolvere la situazione con un colpo di genio e una buona dose di follia: non fa altro Gelsomina Settembre, detta Mina, tanto coscienziosa quanto incantevole - e suo malgrado provocante - assistente sociale presso il Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest (per inciso, del Consultorio Est non c'è traccia). Sempre per una buona causa, però, per correre in aiuto di chi è stato meno fortunato di lei, cresciuta fra gli agi dell'alta borghesia, senza problemi a parte una madre e un fisico «ingombranti». Poco importa se, come accade in questo freddo gennaio, ciò significa mettersi contro una famiglia dal nome pesante, di quelle che nei vicoli della città vecchia decidono ogni cosa. Mina non si tira indietro, anzi, trascina con sé - in una missione di soccorso che corre parallela alle indagini della magistratura, condotte da una sua vecchia conoscenza - le amiche più care. E due uomini resi temerari solo dall'adorazione che hanno per lei.
Un medico, un missionario, un uomo coraggioso e mite, sostenuto da una fede incrollabile. Padre Giuseppe Ambrosoli aveva deciso da ragazzo che avrebbe vissuto da comboniano al servizio dei poveri e che per questo avrebbe lasciato il suo paese, Ronago (CO), gli affetti e l'azienda familiare. Destinazione: Uganda. Partito nel 1956 con la nave Africa, dopo un avventuroso percorso su una jeep in mezzo alla savana, trovò a Kalongo, ai piedi di quella che è chiamata la Montagna del Vento, un dispensario per la maternità, una piccola capanna con il tetto di paglia. Nel giro di pochi anni, grazie alla sua caparbietà, alla grande capacità di medico e sacerdote, allo spirito manageriale ereditato dalla famiglia, quel piccolo centro divenne un grande ospedale. Ma la guerra civile irrompe nella vita dell'ospedale, stravolgendola. L'ordine di evacuazione è perentorio e padre Giuseppe, costretto in sole 24 ore ad organizzare la carovana di pazienti, medici e infermieri, lascia Kalongo senza tornarvi mai più. Lui, medico al servizio dei più poveri, muore a Lira, isolata dalla guerra, senza la possibilità di essere curato. Tutto finito? No. L'ospedale di Kalongo, protetto dai suoi abitanti, dopo tre anni rinasce e prosegue la sua opera di cura dei più vulnerabili. Quella storia di dedizione al prossimo e caparbietà umana continua ancora oggi con la Fondazione voluta dalla famiglia Ambrosoli e dai missionari comboniani, che hanno raccolto l'eredità di padre Giuseppe per dare sostegno e continuità ad un miracolo d'amore. Como, Milano, Kalongo. Migliaia di chilometri di distanza, rumori e odori diversi, ricchezza e povertà. Ma padre Giuseppe e la sua opera hanno ridotto le distanze, unito l'Ospedale e la Fondazione, i medici ugandesi e i volontari italiani, il bisogno di ricevere e la voglia di dare. Premessa di Mario Calabresi. Prefazione del card. Gianfranco Ravasi.