Questo volume costituisce il primo tentativo di scrivere una storia comparata della presenza dei cattolici nelle Resistenze dei vari paesi europei. Basata su un'ampia storiografia in più lingue e sulla rilettura della stampa clandestina, oltre che di svariate testimonianze, la ricostruzione delle vicende di paesi come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania e Austria, Cecoslovacchia e Polonia consente di presentare ai lettori italiani figure di uomini e donne talvolta sconosciuti persino agli storici specialisti. L'analisi segue il filo del rapporto tra cattolici, fede religiosa e ricorso alla violenza. In questa prospettiva intende contrastare la tentazione ricorrente di applicare ai cattolici di allora le categorie dell'oggi, come il pacifismo o l'obiezione di coscienza, insieme all'accusa di essere stati imbelli e "attendisti". L'educazione cattolica di allora non disdegnava infatti di formare anche al dovere militare. Il problema, semmai, era quello della legittima autorità cui obbedire. Queste pagine contribuiscono così a bilanciare la tendenza storiografica che, nel corso degli ultimi decenni, ha posto in primo piano la Resistenza civile, senza armi, a scapito di quella - che pure ci fu - combattente.
Nei secoli racchiusi tra l'invenzione della stampa e la nascita del diritto d'autore anche gli uomini e le donne più illuminati credevano nella necessità di sorvegliare la circolazione libraria e reprimere le idee considerate dannose per la società. Cosa distinse il sistema di censura romano dai meccanismi di controllo vigenti in altre parti d'Europa? E, soprattutto, in che modo la censura ecclesiastica influì sugli sviluppi della cultura italiana nel corso dell'età moderna? Tenendo insieme in un unico grande affresco dotti e 'senza lettere', letteratura e arte, scienza e filosofia, politica e teologia, questo libro restituisce la voce ai tanti attori che animarono la scena culturale della penisola italiana. Ricostruisce gli strumenti con cui Roma cercò di impedire la diffusione dei libri ritenuti pericolosi e allo stesso tempo gli stratagemmi con cui autori, stampatori e lettori cercarono di aggirare tali controlli. La censura fu eliminazione, soppressione, cancellazione, ma anche sostituzione, restituzione, riscrittura. Il successo della politica religiosa e culturale della Controriforma passò anche per la capacità di restituire ai fedeli una serie di testi atti a sostituire i libri non più disponibili. Il libro scomparve e poi ricomparve sotto forme diverse, lontane ma non del tutto nuove rispetto al loro aspetto originario.
Siamo cosí abituati a distinguere fra il possibile e il reale, fra essenza ed esistenza che non ci rendiamo conto che queste distinzioni che ci paiono così ovvie sono il risultato di un lungo e laborioso processo, che ha portato a scindere l'essere, la «cosa» del pensiero, in due frammenti insieme opposti e intimamente intrecciati. In ogni caso l'ipotesi di questo libro è che la macchina ontologico-politica dell'Occidente si fonda proprio su questa scissione della «cosa», senza la quale né la scienza né la politica sarebbero possibili. Senza la partizione della realtà in essenza e esistenza e in possibilità (dynamis) e attualità (energeia), né la conoscenza scientifica né la capacità di controllare e dirigere durevolmente le azioni umane che caratterizzano la potenza storica dell'Occidente sarebbero state possibili. Se non potessimo sospendere la concentrazione esclusiva della nostra attenzione su ciò che esiste immediatamente (come sembrano fare gli animali), per pensarne e definirne l'essenza (il «che cosa»), la scienza e la tecnologia occidentali non avrebbero certamente conosciuto lo sviluppo che le caratterizza. E se la dimensione della possibilità scomparisse interamente, né piani né progetti sarebbero pensabili e le azioni umane non potrebbero essere né dirette né controllate. La potenza incomparabile dell'Occidente ha in questa macchina ontologica uno dei suoi essenziali presupposti. Attraverso una paziente indagine genealogica, il libro ricostruisce la nascita di questa scissione fondativa della cosa del pensiero e il processo delle sue successive articolazioni nella filosofia e nella politica dell'Occidente.
Concupiscenza libraria ce lo ha confermato: la recensione, «minimo mostriciattolo», può trasformarsi in una magnifica narrazione che ha come personaggi «le parole di un libro», in letteratura sulla letteratura o, se vogliamo, in uno specifico genere letterario, magari ambiguo, arbitrario, «impuro», persino irresponsabile, ma capace di svelare quell’«immagine segreta», quello «strato sotterraneo» in cui risiede la grandezza di un libro. Occorre, certo, che il recensore sia un «animale passionale» e soprattutto uno scrittore, giacché «recensire è scrivere». Inveterato bibliomane, Manganelli ha frequentato i più diversi autori: ma a quali in particolare riservava la sua devozione? Quali considerava «complici di libertà»? E ancora: quale idea della letteratura tale costellazione proietta? Lo scopriremo grazie a questa raccolta, che completa Concupiscenza libraria: «... è una prima approssimazione di ciò che cerco: un luogo insieme notturno e labirintico» leggiamo a proposito di Borges. Un luogo unico, dunque, irripetibile, inimitabile: un «incantesimo che agisce in guise occulte tanto che il così detto scrittore non ne sa, non ne saprà mai nulla». Esattamente ciò che troviamo in Dickens, Yeats, Savinio, Nabokov, Borges, Landolfi, Calvino, Calasso. Qualcosa di oscuro, elusivo, enigmatico, lontano anni luce dal «languore affettuoso», dal compiacimento di certi autori pensosi, virtuosi e saggi: «Ora, non è facile tollerare un saggio, non è facile lottare con un uomo comprensivo e antico:» ammette riferendosi a Carlo Levi «ma almeno in letteratura, si può».
Nello studio di Lazzaretti, pur non trattandosi di un romanzo, gli eventi, il contesto storico e "gli incontri" hanno un ruolo fondamentale per comprendere "il protagonista". Ancora un libro sul Santo David! È il primo commento che potrebbe fare chiunque si trovasse a leggere, anche di sfuggita, il titolo di questo testo! Ma il titolo è: David Lazzaretti: i personaggi della vicenda, e questo è già, di per sé, sufficiente a indicare che, a differenza di altri testi, sono "questi ultimi" ad occupare il centro della scena. Infatti, il testo non è altro che una ricerca, uno studio dei personaggi che, in qualche modo, si affacciano sulla complessa storia del profeta amiatino. Una raccolta cronologica di appunti, di biografie, di dati storici e di documenti che hanno l'unico scopo di facilitare lo studio di Lazzaretti.
Che cos'è una regola, se essa sembra confondersi senza residui con la vita? E che cos'è una vita umana, se in ogni suo gesto, in ogni sua parola, in ogni suo silenzio non può più essere distinta dalla regola? È a queste domande che il libro di Agamben cerca di dare una risposta attraverso un'appassionata rilettura di quel fenomeno affascinante e sterminato che è il monachesimo occidentale da Pacomio a San Francesco. Se il libro ricostruisce nei particolari la vita dei monaci nella loro ossessiva attenzione alla scansione temporale e alla regola, alle tecniche ascetiche e alla liturgia, la tesi di Agamben è, però, che la vera novità del monachesimo non sta nella confusione fra la vita e la norma, ma nella scoperta di una nuova dimensione, in cui forse per la prima volta la "vita" come tale si afferma nella sua autonomia e la rivendicazione dell'"altissima povertà" e dell'"uso" lancia al diritto una sfida con cui il nostro tempo deve ancora fare i conti. "Come pensare una forma-di-vita, cioè una vita umana del tutto sottratta alla presa del diritto e un uso dei corpi e del mondo che non si sostanzi mai in un'appropriazione? Come pensare la vita come ciò di cui non si dà mai proprietà, ma soltanto un uso comune?"
"Il lavoro migliore di una vita di ricerca può saltare fuori per caso: lo si incontra su una strada percorsa per andare da un'altra parte." "Le idee spesso sono come un boomerang: partono in una direzione ma poi vanno a finire altrove. Se si ottengono risultati interessanti e insoliti, le applicazioni possono apparire in campi assolutamente imprevisti." Realtà sperimentali che sembrano sfuggire a ogni legge, ricerche che portano a scoperte che sorprendono lo stesso ricercatore, il lampeggiare dell'intuizione fisica e matematica: è il mondo indagato da più di cinquant'anni da Giorgio Parisi, vincitore nel 2021 del premio Nobel. Dall'ingresso, nel 1966, all'istituto di Fisica di Roma (dal retro, perché gli studenti dei primi due anni non potevano passare dalla porta principale) al Nobel sfiorato già all'età di venticinque anni, dagli studi pionieristici sulle particelle all'interesse per fenomeni enigmatici come le trasformazioni di stato, i "vetri di spin" e il volo degli storni, dalle riflessioni su come nascono le idee a quelle sul senso della scienza nella nostra società, questo libro è un viaggio nella mente geniale di un fisico che ha cercato le regole dei sistemi complessi, perché quelli semplici gli sono sempre sembrati un po' troppo noiosi.
I Neanderthal sono un buon modo per raccontare la scienza delle nostre origini e i suoi formidabili progressi. Ne abbiamo bisogno ancora di più oggi, noi esseri umani dell'Antropocene, con tutte le sfide che dobbiamo affrontare. «Sono seduto su un grande masso di fronte al mare. Alle mie spalle la grotta del Monte Circeo frequentata dai Neanderthal». Con queste parole ha inizio un sogno: un incontro immaginario tra un paleoantropologo e l'ultimo dei Neanderthal. I due condividono le competenze di oggi e le esperienze vissute nel tempo profondo. Dialogano così sull'origine, sulle caratteristiche e sui comportamenti dei Neanderthal, come pure sul loro destino. Ne deriva l'affascinante narrazione di una specie simile alla nostra, ma anche profondamente diversa da noi, con la quale ci siamo confrontati dopo centinaia di millenni di separazione evolutiva. Non solo, però: la vicinanza genetica ha reso possibili incroci che hanno lasciato tracce durature in tutti noi. I Neanderthal sono ancora qui.
I classici realizzano il nostro mondo o, su un altro piano, ne sollecitano l'esistenza spirituale: «ci innamorano alla vita», diceva Francesco De Sanctis. È così oggi, ed era così anche nel passato, quando Boccaccio chiamava «celestis homo» Petrarca, ragionando con lui di poesia e filosofia. In questo volume l'autore, malgrado il salto e l'apparente frattura, segue il paradigma della continuità tra antichi e moderni. Dove sono i classici, oggi? Chi sono? Se non è possibile, ai giorni nostri, essere un classico, allo stesso modo, si direbbe, non è possibile considerare conclusa e infruttuosa la loro immensa eredità.
Democristiano atipico la cui vita, drammatica ed esaltante è ricca di episodi curiosi e paradossali. Carlo Donat-Cattin è stato il leader DC che ha anticipato l'impeto e la schiettezza di un modo nuovo di fare politica, scalzando riti avvolti da veli curiali e dalla retorica di un progressismo di maniera. Un uomo politico, un cristiano scomodo, descritto attraverso i suoi discorsi e i suoi scritti, le parole degli amici e degli avversari dentro e fuori della Dc. Protagonista politico nei mesi dell'autunno caldo che portano all'approvazione dello Statuto dei Lavoratori, persona di grande concretezza (uno dei migliori ministri della storia repubblicana), dall'intuito acuto, dalla visione ricca di presagi, descrive prima di altri il declino di un'Italia ferita dalla caduta dei suoi valori fondanti. Lottando fino all'ultimo per una libertà incarnata nei diritti dei subalterni e per l'etica del lavoro.
Il volume raccoglie, in versioni opportunamente aggiornate, scritti che si estendono dal 1960 al 2021 e che riguardano prevalentemente le molteplici relazioni tra ebraismo e ordinamento giuridico italiano. I primi capitoli trattano della posizione degli ebrei in Italia, dall'Unità alla Costituzione repubblicana, passando attraverso le persecuzioni e la Shoah; dell'evoluzione dei rapporti con la Chiesa cattolica; dell'intesa costituzionale tra ebraismo e Stato del 1987 e la sua attuazione. Lo sguardo si allarga poi alla tutela della libertà religiosa e delle minoranze in genere, al contrasto delle discriminazioni, del razzismo e dell'antisemitismo in Italia e in Europa, concludendo con questioni attuali di diritto internazionale relative a Israele e alla lotta al terrorismo. Attraverso le riflessioni di un protagonista da sempre impegnato nel mondo ebraico e in quello del diritto, il volume ripercorre la non facile evoluzione dell'ordinamento italiano verso il pieno riconoscimento del pluralismo della società negli ultimi decenni e il contributo dell'ebraismo al riguardo. Le autorevoli prefazioni di Giuliano Amato e Riccardo Di Segni ne sottolineano il contributo alle discussioni attuali in tema di libertà religiosa in genere. Un libro, inoltre, che «non è solo una raccolta di scritti giuridici autorevoli ma una sorta di storia dell'ebraismo italiano nell'ultimo secolo, analizzato dalla prospettiva dei suoi problemi organizzativi, istituzionali, di rapporti con la società».