« La pace del cuore è il messaggio fondamentale di Medjugorje: è la certezza che Dio ci ama». Il cuore desidera la pace, ma non sa dove cercarla e come conseguirla, quasi fosse una chimera irraggiungibile. Non mancano tuttavia persone che hanno scoperto questo tesoro prezioso e aiutano gli altri a trovarlo. Chi vive dentro di sé la pace sa che non vi è nulla di più desiderabile sulla terra. La Regina della pace, nei suoi materni messaggi, non si stanca di ripetere che non basta aspirare alla pace per ottenerla. Nessun uomo, per quanto si dia da fare, riesce a farla propria. La pace è un dono che viene da Dio, come una sorgente d'acqua viva alla quale ogni cuore può liberamente attingere. Dio è la fonte della pace, perché lui solo ci ama incondizionatamente e solo da lui può venire il perdono. Ciò che tormenta l'uomo è il rimorso per il male compiuto, il senso profondo di una responsabilità tradita verso il bene. È impossibile vivere in pace se si è complici del maligno. In questa appassionata meditazione sugli ultimi messaggi di Medjugorje, padre Livio suggerisce il primo passo verso una progressiva riconquista della pace del cuore: ritornare al Dio dell'amore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. Solo così si sperimenta la dolcezza di Dio, l'abbraccio della sua infinita tenerezza.
Nell’innumerevole schiera dei santi di tutti i tempi, colpisce la presenza di giovani e giovanissimi che, impostando la vita come dono, con l’aiuto della grazia divina hanno fatto fiorire un giardino di virtù nei pochi anni della loro esistenza terrena. Non è un ideale impossibile, ma un compito semplice, oltre che una chiamata universale: a tutti è richiesto infatti di accogliere la chiamata di Dio, il solo che può realmente realizzare la nostra vita.
Cosa possono dire a un giovane di oggi nomi apparentemente lontani nel tempo come Tarcisio, Luigi Gonzaga, Imelda Lambertini, Domenico Savio, Gemma Galgani o Maria Goretti? I loro nomi si inseriscono in una lunga schiera di giovani che giunge fino ai giorni nostri con Piergiorgio Frassati e Chiara Luce Badano, a dimostrare che la santità non conosce limiti di età.
Nell’inevitabile differenza di tempi e contesti, culturali e geografici, i santi giovani mostrano che seguire Cristo lascia una scia di luce che irradia a distanza di secoli. Hanno vissuto pochi anni secondo il mondo, ma sono vivi e attivi più che mai nell’eternità, come fari che illuminano la strada a ogni giovane che si confronta con le grandi domande della vita
Attraverso le loro biografie possiamo scoprire una luce che illumina quel vuoto di senso tipico del nostro tempo. È la luce di Cristo, il grande amore che ha reso questi ragazzi delle fiaccole accese nella notte, che ora risplendono in una catena di amicizia che travalica i secoli e li lega a tanti loro coetanei, i quali proprio adesso vivono la fase, spesso difficile, delle grandi decisioni dell’esistenza.
La fine della Seconda guerra mondiale è nell'aria, ma nella campagna piemontese il vecchio Benito Sereno spera che duri ancora quel tanto che gli serve per intascare una lauta ricompensa, consegnando al regime fascista tre "articoli" interessanti: Michele, un partigiano, suo fratello minore Dino, colpevole solo di avere fattezze giudaiche, e la ribelle Teresa, la madre che li protegge con le unghie e con i denti. Michele sarà deportato a Chemnitz e Dino a Kònigsbrùck. Nel suo viaggio il ragazzo verrà accompagnato da uno strano personaggio, un nano "di eccezionale altezza" che gli farà da guida. All'Offizierskasino del lager vivrà una prigionia "dorata" che rafforzerà in lui l'attitudine a distogliere lo sguardo dall'orrore che lo circonda. Nella palazzina del Circolo stringerà amicizie, imparerà a cucinare e intreccerà una delicata storia d'amore con una Helferin tedesca. Ma la guerra incombe: arrivano i bombardamenti, l'avanzata sovietica e quella degli americani, il crollo della Germania nazista. Dino ritrova Michele, segnato dalla prigionia, e vagando per la Germania distrutta è finalmente obbligato a vedere tutto quello che gli era stato risparmiato: le fosse dei cadaveri a cielo aperto, le vittime delle deportazioni, la disumanità, la distruzione.
«La verità che ricordavo è che il diavolo, visto da vicino, non sembra poi così brutto. Si confonde tra persone che ti somigliano, si nasconde nei piccoli gesti di ogni giorno. Alzarsi, lavorare. Mangiare, bere, lavarsi, dormire, volersi bene. Cose così. E ti lascia credere che anche quella sia una vita possibile.»
Cosa è davvero accaduto a Medjugorje fra il 1981 e il 1984? Un'indagine del direttore di Radio Maria svela i frutti di pace, guarigione e conversione di uno dei luoghi di pellegrinaggio più visitati al mondo. Cosa è davvero accaduto a Medjugorje fra il 1981 e il 1984? Cosa significarono i primi tempi delle apparizioni nel contesto di un paese comunista che mise a dura prova i veggenti? Aneddoti, testimonianze e curiosità si intrecciano, nel racconto di padre Livio, ai messaggi più significativi della Madonna nei primi tre anni: quelli sulla conversione, sul demonio, sul digiuno, sulla penitenza e la preghiera... messaggi che la "commissione Ruini" sembra aver riconosciuto nella loro autenticità. Dopo oltre 36 anni, la Regina della Pace continua ad apparire a Medjugorje. O, almeno, così asseriscono i sei veggenti che, dal 1981, hanno visto la Madonna decine di migliaia di volte e che, nel frattempo, sono cresciuti, si sono sposati, sono diventati genitori... Per esprimersi sul fenomeno nel suo complesso, padre Livio invita a guardare ai frutti e al seme di quest'albero miracoloso, che ormai ha esteso i suoi rami fino ai confini del mondo. E, per guardare al seme, occorre andare alle origini, individuando un periodo iniziale che possa essere oggetto di indagine approfondita. Se tale inchiesta condurrà a un esito positivo, vorrà dire che, oltre ai buoni frutti, anche il seme da cui quest'albero è sorto è in sé buono, e ciò permetterà, forse, di potersi ragionevolmente esprimere in maniera positiva sulla credibilità delle apparizioni di Medjugorje nel loro complesso.
I giovani vivono una fase straordinaria in cui si confrontano con se stessi e col mondo, scoprendo il dono affascinante della loro libertà donata da Dio per affrontare le grandi domande della vita e intraprendere la missione affidata a ciascuno. Tuttavia la libertà non consiste nel mettere a repentaglio il viaggio, perdendosi o distruggendosi seguendo le false luci che offre il demonio o le false risposte con cui la mentalità materialista e relativista vuol mettere a tacere le questioni fondamentali dell'esistenza. Al contrario, la vera libertà illuminata dalla luce della fede ci aiuta a non perdere mai di vista la meta, accorgendosi a poco a poco che, seguendo il percorso tracciato da Dio, si diventa pienamente uomini: persone realizzate, soddisfatte, felici già in questa vita, perché fare il bene fa bene. In questo viaggio difficile, ma esaltante, non siamo soli. È Dio stesso a indicarci la via, se solo lo lasciamo parlare, se impariamo ad ascoltarlo, se lo incontriamo nel silenzio del nostro cuore.
Esporre il proprio sapere professionale è una questione non semplice per chi lavora in campo educativo. Cosa raccontare? Come, e soprattutto perché? Frenare a dare una risposta a queste domande significa riflettere sul ruolo che la narrazione assume nella pratica: parlare, ascoltare, rispondere, prestare attenzione, condividere, trovare accordi sono azioni che contraddistinguono il mestiere dell'educatore. Gli effetti delle parole, tuttavia, non sono immediatamente visibili e valutabili e ciò può incidere sull'identità professionale degli operatori e sulla capacità di rendere evidente il significato del loro lavoro. La sfida narrativa, raccolta anche dalla formazione e dalla ricerca, riguarda la possibilità, o l'impossibilità, di fare il racconto di sé e della propria professionalità, di raccontarsi individualmente e collettivamente con una coerenza che ha effetti sulla ricaduta formativa e sociale dell'educazione.
La santa messa è ciò che di più grande vi è nella Chiesa. La ragione di questa centralità è la presenza reale e vivente di Gesù Cristo e del mistero di redenzione che egli ha preannunciato nell'ultima cena, ordinando ai suoi apostoli di perpetuarlo nei secoli. Dicendo «fate questo in memoria di me» Gesù ha voluto donare se stesso, nel gesto sublime di amore col quale ha portato a compimento l'opera della redenzione. La santa messa è la Pasqua di morte e resurrezione che Gesù ha celebrato come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e che continua a celebrare nella Chiesa, perché l'umanità attinga a questa fonte inesauribile di grazia e di salvezza ogni volta che è possibile, anche quotidianamente. Nulla più della santa messa unisce a Cristo, trasformando i partecipanti in membra viventi del suo mistico corpo. Il rinnovamento spirituale della Chiesa passa attraverso la riscoperta della centralità dell'eucaristia, a cui attingono vitalità tutti gli altri sacramenti. La cura che i sacerdoti dedicheranno alla celebrazione della santa messa, educando i fedeli alla partecipazione piena di fede e fervore, rinnoverà la Chiesa intera, rendendola sale della terra e luce del mondo.
La storia dell'umanità è scandita da movimenti continui di genti e popoli, sospinti da una pluralità di motivazioni e circostanze, e con esiti che vanno dal pieno successo al totale disastro. L'autore racconta quindici vicende di migrazione che riguardano il mondo occidentale, Europa e America. Le storie si succedono secondo il diverso grado di libertà individuale che ha determinato la migrazione: dalla sua assoluta mancanza, propria degli spostamenti forzati - come nell'Unione Sovietica della Seconda guerra mondiale - al caso opposto degli spostamenti liberi, dovuti a decisioni individuali o familiari, come avvenne per la grande migrazione che fra Otto e Novecento portò milioni di persone oltre l'Atlantico verso le Americhe. Muoversi e cambiare dimora, terra, patria è una prerogativa umana, che le circostanze storiche non possono sopprimere.
DAL SOMMARIO DEL VOLUME Presentazione del Quaderno ANTONIO LIVI, I criteri per una corretta ermeneutica dei documenti del Magistero Studi e discussioni di epistemologia teologica SERAFINO LANZETTA, Il carattere “pastorale” del Vaticano II tra interpretazioni coerenti (cioè logiche) e interpretazioni incoerenti (cioè arbitrarie) ANTONIO LIVI, Come la teologia neomodernista è passata dal rifiuto del Magistero ancora dogmatico all’esaltazione di un Magistero volutamente ambiguo IGNACIO ANDEREGGEN, Teología dogmática y teología pastoral en “Amoris laetitia” ENRICO MARIA RADAELLI, L’unica possibile soluzione ecclesiale al problema della de-dogmatizzazione del Magistero Note e discussioni su opere di epistemologia teologica PIERO VASSALLO, recensione di Enrico M. Radaelli, La Chiesa ribaltata. FABRIZIO RENZI, recensione di Antonio Livi, Vera e falsa teologia. SERAFINO M. LANZETTA, replica alle critiche di Markus Krienke a Il Vaticano II, un concilio pastorale.
I cinque anni trascorsi dalle due prime edizioni di questo trattato (2012) hanno visto la crescente egemonia culturale esercitata dalla falsa teologia dialettica sulla cultura cattolica e anche sul linguaggio di alcuni documenti del Magistero.
Ciò ha reso ancora più necessaria la critica epistemologica che qui viene condotta, senza pregiudizi ideologici e con estremo rigore scientifico, per dimostrare come siano teologicamente infondate tutte quelle ri-formulazioni della fede cristiana che, per motivi meramente pragmatici, mettono da parte la logica del realismo metafisico e assumono come esclusivo paradigma l’immanentismo storicistico della filosofia religiosa di Kant, di Hegel, di Schelling, di Kierkegaard, di Heidegger.
In questa terza edizione del trattato viene messo anche in evidenza come la falsa teologia cattolica abbia incautamente recepito l’immanentismo e lo storicismo di quei sistemi filosofici attraverso il diretto influsso da essi esercitato sui maggiori teologi protestanti del Novecento (Paul Tillich, Karl Barth e Rudolf Bultmann).
"Questo libro si fonda sulla convinzione che a Medjugorje è davvero la Madonna a parlare e a gettare una luce nel buio dei nostri tempi. Esprime un'opinione personale e non vuole certo sostituirsi al giudizio dell'autorità ecclesiastica, che rimane al riguardo l'unico punto di riferimento indiscutibile e sicuro. In questo lungo arco di tempo la Chiesa si è mossa con grande saggezza pastorale, astenendosi dall'esprimere un giudizio definitivo sulla soprannaturalità delle apparizioni, ma lasciando liberi i pellegrini di accorrere nel paesino della Bosnia-Erzegovina, divenuto nel frattempo una fonte inesauribile di rinnovamento spirituale. La Chiesa ha permesso alla Regina della pace di realizzare il suo piano di misericordia e di salvezza, proteso a salvare le anime dalla rovina eterna e il mondo dalla folle corsa verso l'autodistruzione. Il tempo ha lavorato a favore di Medjugorje, portando a maturazione frutti straordinari. Il messaggio è divenuto sempre più attuale e la presenza di Maria, in questo passaggio storico drammatico, si rivela sempre più necessaria. Siamo di fronte al più grandioso intervento della Madre di Dio, come mai c'è stato prima e come mai più ci sarà in avvenire."