L'importanza di questo testo nella storia della liturgia, dell'etica e della vita cristiana appare evidente appena si riflette sulle indicazioni che contiene sul sacramento dell'iniziazione cristiana e sull'ordinazione episcopale, presbiterale e diaconale.
Non tutti sanno che, accanto ai Padri della Chiesa (termine usato a partire dal V secolo per indicare i principali scrittori cristiani), sono esistite alcune Madri della Chiesa, la più celebre
delle quali è Santa Sincletica, detta la madre del deserto. La sua vita e i suoi preziosi insegnamenti sono racconti in questa biografia scritta intorno al 382 da pseudo Atanasio. La parte centrale del libro riguarda il pensiero di Santa Sincletica sui “pensieri malvagi”,
una riflessione di estrema attualità, capace di una fine e moderna analisi psicologica sui meccanismi del male che ciascuno sperimenta dentro di sé. Il volume fa parte della collana Vetera sed Nova, nata per far scoprire ai lettori l’attualità della parola dei Padri e della Madri della Chiesa.
L'AUTORE: Pseudo-Atanasio.
Gli antichi storici della Chiesa hanno voluto attribuire la Vita di Sincletica ad Atanasio (295-373), vescovo di Alessandria e autore di una celebre Vita di Antonio: come questa infatti narra i detti e fatti del patriarca del monachesimo cristiano, così quella descrive «la vita e i modi della beata maestra Sincletica»,
come rende esplicito il titolo greco dell’opera. La tradizione manoscritta tuttavia non è concorde nell’ascrivere la paternità dell’opera ad Atanasio, variando nell’attribuzione ad altri più o meno sconosciuti autori, quali un certo Policarpo asceta o un Arsenios Pegados, la cui identificazione, al pari del primo, rimane incerta. Connessa alla questione della paternità dell’opera è quella
della datazione. La tradizione colloca Sincletica nel IV secolo, senza ulteriori determinazioni. In base a una serie di indicatori interni ed esterni al testo
si può tuttavia ipotizzare che la data di composizione risalga alla metà del V secolo oppure, volendo restringere
Prezioso documento, presentato per la prima volta in italiano, sulla lotta della Chiesa occidentale contro l'arianesimo.
INTRODUZIONE
1. Cenni sulla «questione areopagitica»
Nulla si sa ancora di preciso, nonostante i tentativi compiuti da vari studiosi moderni, sull'identità di colui che, sotto il nome di Dionigi l'Areopagita, il discepolo di san Paolo ricordato in Atti, 17, 34, compose quell'insieme di scritti — la Gerarchia celeste, la Gerarchia ecclesiastica, i Nomi divini, la Teologia mistica, dieci Lettere che è comunemente noto come Corpus Areopagiticum (o Dionysiacum). Il Corpus viene menzionato ufficialmente per la prima volta nell'incontro tra cattolici calcedonesi e monofisiti Severiani avvenuto a Costantinopoli nel 532: per provare l'ortodossia della loro dottrina monofisita, i Severiani si richiamarono, oltre che ad altri autori, anche a Dionigi l'Areopagita. Rispose loro Ipazio, vescovo di Efeso, negando apertamente l'autenticità dei suoi scritti.
Anche se per tutto il Medioevo, sia in occidente che in oriente, l'autore del Corpus fu effettivamente venerato come il discepolo di san Paolo ed i suoi scritti, com'è noto, assunsero per questa ragione un ruolo determinante nello sviluppo della teologia scolastica e della mistica — ne subirono l'influenza, per ricordare solo alcuni nomi, in oriente Massimo il Confessore e Giovanni Dama sveno, in occidente Scoto Eriugena, Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Marsilio Ficino — il caso di Ipazio non rimase del tutto isolato: nei secoli successivi, specie in oriente, i dubbi sull'effettiva autenticità del Corpus continuarono di tanto in tanto a riaffiorare. Va ad I. Hausherr il gran merito di avere raccolto, in un suo breve ma erudito articolo del 1936, le testimonianze di dotti che non mostrarono di credere nell'appartenenza all'età apostolica degli scritti del Corpus: si tratta di alcuni autori del VI sec. non meglio specificati, di Fozio, di Areta, di Pietro di Damasco, di Giovanni di Antiochia, di Giuseppe Hazzaia (scrittore siriaco dell'VIII sec.) e di Simeone Petritsi (monaco georgiano del XIII sec.).
Fu però soprattutto nel Rinascimento, ad opera di Lorenzo Valla e di Erasmo, che la leggenda di Dionigi l'Areopagita cominciò ad essere sfatata in modo decisivo. Anche se non sono mancati, dal Rinascimento fino quasi ai giorni nostri, gli apologeti intransigenti dell'autenticità del Corpus, specie tra i francesi, che volevano assolutamente identificare il Dionigi Areopagita di Atti, 17, 34 non solo con l'autore del Corpus ma anche con il primo vescovo di Parigi, la tesi del Valla e di Erasmo relativa al carattere spurio degli scritti dionisiani fu adottata ed ulteriormente approfondita da eruditi del XVII sec. come il Le Quien, il Le Nourry ed il Daillé, ed è ormai universalmente accettata.
Le ricerche compiute parallelamente dal Koch e dallo Stiglmayr alla fine del secolo scorso sono valse, se non a dare un volto all'autore del Corpus, a precisare con sufficiente approssimazione la sua cronologia, giungendo a risultati che si possono ormai considerare definitivi. In due articoli apparsi nello stesso anno (1895) essi mostrarono come la parte del quarto capitolo del De divinis nominibus dedicata al problema della natura e dell'origine del male dipendesse dal De malorum subsistentia di Proclo; era così automaticamente dimostrato che l'autore del Corpus doveva essere o un contemporaneo di Proclo (morto nel 485) o di poco posteriore a lui, ed essere quindi vissuto nella seconda metà del V sec., e forse fino all'inizio del VI.
La Vita di Antonio si presenta come una lettera che Atanasio invia ai monaci d'Occidente perché imitino e diffondano l'ideale monastico così come fu vissuto da Antonio. All'interno del racconto di Atanasio si possono individuare quattro fasi, quattro "fughe" che spinsero Antonio a cercare una solitudine sempre maggiore.
Sinopsis: El siglo IV de nuestra era conoció una de las mayores crisis doctrinales que han tenido lugar en la historia de la Iglesia: la crisis arriana, que tuvo su origen en Alejandría. Por esta razón, la vida y la obra de san Atanasio (295 - h. 373), como obispo y como escritor, estuvo caracterizada en gran medida por su oposición doctrinal al arrianismo, lo cual le valió el destierro en cinco ocasiones. Los Discursos contra los arrianos –su obra dogmática más importante– destacan por la riqueza de información que encontramos en ellos y por el análisis preciso de la doctrina arriana, que Atanasio rebate punto por punto, para demostrar la plena divinidad del Hijo, idéntica a la del Padre, según la fe definida en el Concilio de Nicea. El tono de la discusión es firme y decidido –en algunos momentos incluso apasionado– y ha de entenderse a la luz de las circunstancias históricas y eclesiásticas que nuestro obispo tuvo que vivir. Estos Discursos contribuyeron significativamente a la reflexión teológica posterior sobre la Trinidad que llevaron a cabo los Padres capadocios y san Agustín. La presente traducción es la primera edición íntegra de la obra que se publica en lengua castellana.
Nei tre testi, Atanasio risponde punto per punto alla dottrina eretica di Ario e si dedica ad un esame puntuale della Thalia, la principale opera dogmatica di Ario.
Viva testimonianza del Concilio di Nicea, difensore del Magistero contro l'eresia ariana.
Il percorso per l'enunciazione dello Spirito Santo nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano.
Lo Spirito Santo "è il Signore e da la vita, e procede dal Padre; con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti" (Simbolo Niceno-Costantinopolitano). Questo pronunciamento fu preparato dall'opera di numerosi Padri: fra essi spicca Atanasio d'Alessandria che, nelle sue lettere a Serapione affronta per primo la questione.
Sinopsis: La "Encarnación del Verbo" forma la segunda parte de una obra más amplia que incluye también el tratado "Contra los paganos" (publicado en esta colección con el nº 19), y que Atanasio escribió durante su primer destierro en los años 335-337.
Dirigido a un mundo todavía sin evangelizar, el tratado apunta a lo esencial, presentando una exposición orgánica de la fe cristiana, que asume como punto de referencia la manifestación del Verbo en la carne.
El Verbo -dice en síntesis Atanasio- se ha revelado en un cuerpo para restituir al hombre, creado de la nada y formado a imagen de Dios, la incorruptibilidad y el conocimiento del Padre. Es decir, que mediante su cuerpo, el Verbo paga la deuda del hombre pecador y vence la muerte, volviendo a reconquistar el don de la inmortalidad que transmite a todo el género humano.
Se trata de un escrito profundo y vigoroso, que tuvo una gran difusión en la antigüedad y que todavía hoy sigue siendo de gran actualidad.
"La vita di Antonio di Atanasio di Alessandria, oltre a costituire la biografia più attendibile di questo grande santo ed essere riconosciuta come uno dei primi documenti estesi sulla vita eremitica sviluppatasi in Egitto a partire dal terzo secolo, è un'analisi affascinante della mente umana, del nostro modo di pensare, di sentire e di agire. Atanasio ci fa scoprire un uomo che si ritira in maniera sempre più radicale dalla vita ordinaria per esplorare i suoi moti interiori, luci ed ombre, per conoscere e per superare tutto ciò che crea distanza e separazione nella relazione con dio, con sé stesso e con gli uomini. È il paradosso dell'eremita che si ritira nella solitudine del deserto per essere maggiormente in relazione con Dio e con il mondo, ma anche con i propri demoni e la propria ombra, cioè con la sua realtà in quanto essere umano, un fragile vaso di creta capace di ospitare la presenza della luce divina." (dalla prefazione di Axel Bayer)
La Confutazione di alcune dottrine aristoteliche è opera in lingua greca falsamente attribuita dalla tradizione manoscritta all'apologista Giustino, la cui redazione può probabilmente essere datata tra il IV e il V secolo. L'opera si inserisce nella tradizione del pensiero cristiano antico che, a partire dalla convinzione che L'attività creatrice di Dio si collochi ab initio temporis, individua in Aristotele, sostenitore della dottrina dell'eternità del cosmo e del tempo, uno dei bersagli privilegiati della sua polemica. In questo contesto l'atteggiamento dell'anonimo autore della Confutatio appare tuttavia singolare: per difendere la creazione dal nulla egli si confronta in modo diretto - caso quasi unico all'interno della Patristica - con il testo aristotelico della Fisica e del trattato De caelo, confutandone le dottrine con argomentazioni di carattere esclusivamente filosofico ed evitando il richiamo al testo biblico quale strumento probatorio.