L'"Imitazione di Cristo" appartiene alla ristretta schiera dei capolavori assoluti. Nei secoli ha saputo parlare in modo inimitabile al cuore non solo di monaci, per i quali fu composto, e di fedeli di ogni religione, ma anche di deisti, agnostici, miscredenti. Secondo Voltaire «bisognerebbe che le opere utili non appartenessero ad alcuno. Si hanno ancora dubbi sull'autore dell'Imitazione di Cristo. Che importa l'autore di un libro, se fa del bene alla brava gente?». Carducci lo definì «il più sublime libro religioso del Medioevo». Il suo segreto è proprio quello di interpretare l'anelito più profondo dell'uomo, quel bisogno di assolutezza, di completezza, di infinità che nessun bene finito può colmare, e chi l'ha detto - con tutta probabilità, l'abate benedettino Giovanni Gersen, cadute ormai le impossibili attribuzioni a Tommaso da Kempis e a Giovanni Gerson - si rivela profondo conoscitore del cuore umano. La presente edizione, con testo e apparati riveduti e aggiornati, si impone per rigore, facilità di lettura, limpidezza di commento.
Vita, opere, spiritualità della prima donna stimmatizzata che la Chiesa ha riconosciuto santa. Questo libro attinge a documenti inediti del processo di canonizzazione e degli archivi della famiglia Giannini (di cui fa parte Gemma Giannini, coautrice di questo volume con Giuseppe Farinelli, da sempre studioso e prima ancora devoto della giovane mistica lucchese), dove Gemma Galgani visse gli ultimi tempi fino alla morte, che la prese con sé a soli 25 anni.
Che cosa s'intende per «primi cristiani»? Come vivevano, quegli uomini, la loro fede? Per quale ragione gli imperatori romani furono così intolleranti nei confronti del cristianesimo? Perché i pagani erano calamitati dall'amore che i cristiani mostravano tra loro? Perché i martiri erano tanto apprezzati nelle prime comunità cristiane? Come celebravano il battesimo e l'Eucaristia? Come vivevano in famiglia, la povertà, il digiuno, la preghiera...? In appendice la Lettera a Diogneto e la Didaché, o Dottrina dei Dodici Apostoli, i due testi degli albori che raccontano come vivevano i primi cristiani.
Ambrogio (ca. 340-397) nasce a Treviri da una ricca famiglia senatoria cristiana. Si dedicò al diritto romano, fino a diventare consularis di una vasta regione con capitale Milano. Grazie alla sua fama di amministratore retto e giusto, nel 374 venne chiamato a ricoprire la carica di vescovo, nonostante non fosse ancora battezzato. Nel momento di massima crisi politica e religiosa dell'Impero romano, Ambrogio intuì che la Chiesa doveva svolgere alcuni compiti in funzione vicaria dello Stato, fornendo un modello di amministrazione che è giunto fino ai nostri giorni.
«Ho atteso per decenni a volgarizzare la Somma teologica di san Tommaso d'Aquino, e subito dopo ho dovuto sobbarcarmi la traduzione della Somma contro i Gentili... Ma ecco che, dopo aver accantonato gli studi per quattro anni, mi viene offerto l'incarico di scrivere una vita aneddotica del Santo. Anche questa volta si trattava di un volgarizzamento: mettere la vita di lui alla portata di tutti, persino dei ragazzi. Potevo sottrarmi alla mia vocazione di volgarizzatore?». Sono le simpatiche righe con le quali padre Centi presentava questo piccolo libro che riveste il carattere di "somma" della sua frequentazione tomistica: è quindi un profilo aneddotico del Dottore Angelico, ma a firma di un autore che è anche il curatore della traduzione italiana commentata della Somma teologica in 35 volumi, nonché di quasi tutte le altre opere di san Tommaso, tra cui l'opuscolo polemico L'eternità del mondo qui pubblicato in appendice.
Marito felice, padre affettuoso, uomo di cultura, scrittore fecondo (celeberrimo il suo Utopia), brillante avvocato, chiamato alla più alta carica del Regno d'Inghilterra, Thomas More (1478-1535) è l'esempio di un cristiano che affronta come meglio può tutti i versanti della propria vita. Così ha affermato il 31 ottobre 2000 papa Giovanni Paolo II nel proporlo come riferimento universale di chi voglia servire con coscienza gli interessi pubblici: «Molte sono le ragioni a favore della proclamazione di san Tommaso Moro a patrono dei governanti e dei politici. Tra queste, il bisogno che il mondo politico e amministrativo avverte di modelli credibili, che mostrino la via della verità in un momento storico in cui si moltiplicano ardue sfide e gravi responsabilità». Nell'orto degli ulivi è l'ultima opera scritta dall'ex Cancelliere d'Inghilterra. La compose in carcere, nella Torre di Londra, mentre attendeva la decapitazione per non avere dato il suo assenso al divorzio del Re Enrico VIII e, di conseguenza, allo scisma della Chiesa d'Inghilterra dalla Chiesa cattolica. Questo capolavoro letterario e spirituale, scritto con spirito contemplativo, con acume e con la prosa magistrale di chi è stato anche un alfiere della cultura umanistica, guarda nell'intimo della coscienza per illuminarla nel momento in cui, con il tremore di chi mette in gioco la propria vita, ogni maschera cade e ci si confronta con il proprio Redentore.
"Se per Bernardo, come scrive Gilson, la vita mistica di unione a Dio è il coronamento della vita monastica, essa esprime nondimeno l'essenza più vera e più profonda della religiosità di ogni tempo" dall'Introduzione di Giovanni Bacchini
Nella notte di Natale del 1111 Bernardo ha una visione del Bambino Gesù e decide di farsi monaco nel monastero di Citeaux, dove entra nel 1113; due anni dopo parte da Citeaux con altri monaci per fondare un nuovo monastero a Clairvaux. E' un grande riformatore del suo ordine, tanto da essere considerato il vero fondatore dei Cistercensi, ma avrà anche grande influenza sulle vicende ecclesiastiche e politiche dell'Europa.
I Sermoni sul Cantico dei Cantici — incominciati verso il 1135 e interrotti dalla morte — sono un capolavoro della letteratura monastica del Medioevo e rappresentano la sintesi del pensiero teologico di Bernardo — che li rivolgeva quotidianamente ai suoi monaci —, collocandolo al vertice della mistica medievale.
San Bernardo, che per la sua eloquenza fu chiamato Doctor mellifluus, sosteneva la via della contemplazione e, come tutti i cistercensi, un rigoroso ritorno alla regola di san Benedetto. Tra le sue opere più importanti si possono ricordare De gradibus humilitatis et superbiae, De gratia et libero arbitrio, De diligendo Deo.
Giovanni Bacchini ha curato per le Edizioni Ares anche L'imitazione di Cristo oltre a L'amicizia spirituale & Gesù a dodici anni di Aelredo di Rievaulx e La contemplazione di Dio con La Lettera d’oro di Guglielmo di Saint-Thierry.
In quest'epoca segnata dalla decadenza della cultura occidentale col conseguente progressivo depauperamento dei grandi ideali e l'imporsi di una superficiale «vita alla giornata», frutto dello smarrimento della tradizione cristiana e laica dell'Europa, è sorprendentemente feconda la lettura di due testi di Nicolò Cusano, pensatore rinascimentale non molto noto, anche se è uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi. Si tratta dell'omelia di Natale Dies sanctificatus (1439) e della «Lettera a Nicolò Albergati» (1463), che in uno stile colloquiale e con un linguaggio meno tecnico di quello dei suoi più celebri trattati - e pertanto adatto a un pubblico non di soli filosofi e teologi - permettono di riscoprire le radici culturali europee: oggetto della filosofia è l'uomo, che è un microcosmo, ma non è principio di sé stesso: precorrendo la Redemptor hominis di san Giovanni Paolo II, Cusano guida a riflettere come solo Cristo, Dio fatto uomo, offre la comprensione autentica dell'umanità dell'uomo, e del suo destino di vita eterna.
Questo volume raccoglie due perle di spiritualità del Medioevo. Figura esemplare di monaco e teologo degli inizi dell'ordine cistercense, Guglielmo di Saint-Thierry continua a mostrare con efficacia anche al lettore contemporaneo i segreti per accedere alla contemplazione di Dio. Questo tema, centrale nella sua vita e nella sua opera, è ripreso e sviluppato anche nella Lettera d'oro indirizzata a una comunità di monaci a lui legata, sul finire del suo pellegrinaggio terreno. Un testamento spirituale in cui il grande mistico trasmette il bilancio e il lascito di uomo e consacrato.
Seguendo la biografia di Agostino e attenendosi fedelmente ai suoi testi, il grande filosofo Michele Federico Sciacca delinea con chiarezza il pensiero dell’autore delle Confessioni, mostrando che esso è pienamente comprensibile solo inquadrandolo nell’itinerario della sua anima, le cui fasi religiose, filosofiche e l’approdo teologico sono sin dal l’inizio all’insegna del convincimento che la vera sapienza è quella a cui solo Cristo conduce, il cui nome la madre Monica gli ha scolpito nel cuore dall’infanzia.
I curatori del volume sono: Pier Paolo Ottonello (1941), professore emerito di Storia della Filosofia nell’Università di Genova. Ha diretto i periodici internazionali il «Giornale di Metafisica», «Rivista Rosminiana», «Filosofia oggi», «Studi Sciacchiani», «Studi Eu ro pei»; ha fondato con Maria Adelaide Raschini la Società Inter nazionale per l’Unità delle Scienze «L’Arcipelago», che ora presiede; così come presiede la «Fondazione M.F. Sciacca» che ha costituito nel 2007. Da anni collabora con Studi cattolici. Pietro Suozzo (1971), esperto in comunicazione, autore di differenti saggi e articoli, redattore di diverse collane, collabora con la «Fondazione M.F. Sciacca».
Questo libro, che fu di grande aiuto in un momento di confusione dottrinale e spirituale, conserva in larga parte la sua attualità, perché attinge alla salda riflessione di Tommaso d’Aquino, del quale Massoulié (1632-1706) contribuì non poco a recuperare quel misticismo che, come osserva il curatore Carlo Bonfanti nella Presentazione, fu «spesso trascurato da molti commentatori che ne esaltavano soltanto l’immensa valenza intellettuale, contribuendo a diffondere l’immagine di un san Tommaso freddo ragionatore» e che invece «ogni volta che si apprestava a insegnare, scrivere o dettare, ricorreva innanzitutto all’orazione».
Nel XIII secolo, mentre l’Europa si ammantava di magnifiche cattedrali, Tommaso d’Aquino, il Doctor angelicus, edificava l’imperitura architettura intellettuale della Somma Teologica.
Questa essenziale e rigorosa biografia ripercorre i momenti essenziali di uno degli ingegni più affascinanti di ogni tempo, dalla folgorante vocazione all’Ordine domenicano (in ogni modo contrastata dai famigliari) allo studio profondissimo e senza requie del teologo innamorato di Dio e della sua Chiesa. In appendice il celeberrimo opuscolo filosofico su L’eternità del mondo in cui l’Aquinate, come mostra programmaticamente il titolo (De aeternitate mundi contra murmurantes – «Non vi è alcuna contraddizione tra quanto afferma la fede e quanto afferma “il Filosofo”; perché allora mormori contro il filosofo se riconosci che afferma le medesime cose?»), offre una magistrale lezione circa la insopprimibile unità tra fede e ragione.