In una congiuntura politica epocale, in cui il processo di democratizzazione in atto accelera il suo corso su scala globale, proprio nei paesi occidentali la democrazia appare alla ricerca di se stessa, rivelando volti insospettati e inquietanti. Alle diverse dimensioni, paradossi e sfide della democrazia è stato dedicato un primo ciclo di Seminari Interdisciplinari sulla democrazia (SID) tenutosi all'Università della Calabria che ha visto confrontarsi filosofi, storici, giuristi e politologi. Le principali relazioni discusse in quegli incontri, integrate da appositi scritti dei curatori, sono raccolte in questo volume.
"Ho inteso raccontare le cose semplici e i piccoli problemi quotidiani che affollano la vita dei militari in missione all'estero e che si fanno sentire eccome - anche a fronte di eventi drammatici e sanguinosi: per me valgano le violenze interetniche del Nord-Kosovo del marzo 2004, le drammatiche fasi seguite alla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo del febbraio-marzo 2008, lo stillicidio di attentati e morti e la parossistica pioggia di bombe e missili sulla nostra base di Tallil in Iraq, tra il 2005 ed il lungo, interminabile 2006, data di fine missione del Contingente italiano."
Il saggio affronta alcuni temi legati al libro antico, il prodotto della stampa manuale dalla sua invenzione ai primi decenni del XIX secolo, da un punto di vista insolito, quello dei bambini e dei giovani che per la prima volta si accostano a questo materiale bibliografico. Dalla nascita del prodotto tipografico alla manifattura della sua veste editoriale, dalla gestione delle raccolte di libri antichi alla loro conservazione e valorizzazione, gli argomenti sono affrontati con il desiderio di condividere una serie di riflessioni intorno all'opportunità di progettare modalità didattiche laboratoriali e contenuti didattici specifici per specifiche fasce di utenza.
Sullo sfondo di una Catania ancora in macerie per il sisma del 1693, durante una carestia che investì l'isola, il vescovo della città Salvatore Ventimiglia, cadetto di una ricca e potente famiglia palermitana, sospettato forse ingiustamente di simpatie massoniche e gianseniste, fondò insieme ad alcuni alti prelati e aristocratici discendenti delle poche famiglie nobili sopravvissute al terremoto un istituto per accogliere i poveri e gli accattoni che avevano invaso le strade. Nel ripercorrere le vicende del ricovero possiamo ricostruire la quotidiana miseria di oscure vite di indigenti. Lungo i secoli il patrimonio dell'istituto si sarebbe accresciuto grazie alle elargizioni di benefattori uomini e patronesse: un'articolata galleria di ritratti umani che contano ecclesiastici d'alto rango, nobili ma anche esponenti dell'emergente ceto medio. Tra Sette e Ottocento la storia dell'Albergo rivela un intenso intreccio tra miseria e ricchezza grazie al ruolo assunto dall'istituto all'interno del tessuto economico urbano, attraverso la costante erogazione di crediti all'élite locale. Il testo si conclude con uno sguardo sulla legislazione fascista che avrebbe modificato il nome degli istituti assistenziali in IPAB portando così a compimento quel lungo processo che, già inaugurato da Crispi, avrebbe tentato di imporre il controllo statale e il principio di "pubblico" sui limiti privatistici e localistici che avevano caratterizzato le opere pie fin dalla loro fondazione.
A partire dagli anni '30 del secolo scorso, larga parte della grafologia ha attinto alla psicanalisi. Ma cosa ne pensava Freud? Egli elabora una sua concezione del linguaggio scritto, di cui coglie le analogie con il linguaggio onirico; questo non comporta però per lui una grafologia, verso la quale anzi restò sospettoso. Questo libro esamina il suo percorso tenendo conto del rapporto che ebbe con alcuni celebri grafologi, della sua cultura medica, della sua conoscenza della scrittura geroglifica. Sullo sfondo si muovono i suoi contemporanei (Jung, Ferenczi, e molti altri) i quali affrontano in maniera diversamente articolata la questione grafologica, che riveste un particolare interesse perché pone il problema del rapporto tra mente e corpo: e per questo, filosofi come Carnap o Wittgenstein se ne occuperanno anche loro. Il filo conduttore del libro si può sintetizzare in un'osservazione del caposcuola della grafologia italiana Girolamo Moretti: che l'oggetto della grafologia è uno dei linguaggi umani.
I saggi che qui si riuniscono pongono al centro una tematica geografica: la condizione provinciale, ovvero la dislocazione prospettica e affettiva dello scrittore provinciale (che parta, che rimanga, che vada in giro per il mondo). Di essa, la sicilianità è una fattispecie più estrema, perciò più chiara. Meta dei ritorni, utopia di una comunità tutelare, casa, oppure stazione di partenze, distopia dell'oppressione familiare e paesana, carcere: la provincia brucia come un rimorso o snerva come nostalgia nelle scritture di chi, per diventare scrittore, l'ha lasciata. L'emigrato si porta sempre dietro se stesso, ma a poco a poco accetta una quota di estraneità. Perciò le narrazioni cui questo libro si applica sono soprattutto racconti di spaesamento.
Nel dramma orientale Mahomed, pubblicato sotto lo pseudonimo Tian nel 1805, la Günderrode, fra intensi squarci poetici, crea lo spazio di un'utopia, una sintesi non solo fra la sensibilità orientale e il pensiero occidentale, ma anche fra poesia, filosofia e mitologia. Il Maometto della Günderrode, in controtendenza rispetto alla visione del medesimo personaggio offerta da Voltaire, è un visionario dai poteri sovrannaturali, la cui religiosità conduce dalla dimensione dell'interiorità alla percezione panteistica, di matrice spinoziana, di un infinito che incessantemente si rinnova manifestandosi nella natura.
Un saggio che affronta i temi controversi del rapporto tra diritto e potere e tra politica e processo. Una denunzia del pericolo che il processo penale possa trasformarsi in una formalità, in un contesto sempre più vincolato alla strategia della gestione del consenso sociale. Un'indagine che analizza i modelli di giudizio contemporanei, da Norimberga al caso Moro, da "Mani Pulite" all'esecuzione di Saddam Hussein, fino alla attuale "detenzione amministrativa" israeliana; nonché le possibili distorsioni della cosiddetta "lotta giudiziaria" al crimine e i ruoli attuali dell'informazione e della magistratura corporativa; non tralasciando, l'analisi dell'inciviltà della pena dell'ergastolo, tuttora prevista dal codice penale. Un sofferto manifesto del moderno garantismo e un atto di accusa contro la vera (in)giustizia.
Sovente la rabbia sociale viene analizzata nei termini di violenza e di sicurezza. Secondo tale coppia concettuale i sistemi sociali possono essere analizzati in maniera meramente normativa riconducendoli alle classiche categorie di integrazione e di devianza. Secondo tale approccio le società sono informate a un bagaglio di valori comuni che si dà per scontato sulla base del quale si viene a costruire la normativa societaria. Da ciò deriva che i meccanismi di controllo sociale debbano applicarsi in maniera efficace ed efficiente in tutti i casi in cui gli individui non adeguino la propria condotta ai comandi normativi. Tale ideologia funzionalista della sicurezza preclude, dunque, qualunque forma di analisi di ciò che pulsa, in maniera viva e vitale, sovente disperatamente, dietro la devianza. Invero se si percorrono i "giardini proibiti" di una disamina che va al di là dell'architettura di facciata e se si trova il coraggio di percorrerne i viali più reconditi, si può trovare quanto si annida dietro la devianza: la realtà del conflitto sociale.
Se si inserisce il problema della sicurezza nel più ampio contesto della qualità della vita urbana non è possibile limitarsi a discutere di controllo della criminalità: i pericoli provengono anche dal traffico, dall'ambiente, da quei comportamenti incivili che impediscono una serena fruizione della città. In realtà il dibattito sulla sicurezza urbana è tuttora aperto, e talvolta condizionato ancora da opzioni ideologiche che rendono difficile delineare programmi di intervento in grado di rispondere alle reali esigenze quotidiane dei cittadini. Che cosa si intende per qualità della vita, per sicurezza, soprattutto che cosa si intende per prevenzione? Una risposta a questi interrogativi la può fornire la Sociologia, ma solo se fa il suo vero mestiere, che è quello di trarre le proprie conclusioni dalla ricerca.