«Mi aiuti a scoprire chi era mio padre? Non l'ho mai conosciuto, ma è sempre con me.» Per mesi questa richiesta, arrivata alla fine di una presentazione de "La mattina dopo", è rimasta sepolta nei miei pensieri. Poi, la mail di un missionario che vive nel deserto algerino mi ha convinto a mettermi in viaggio. Il padre di Marta scomparve nel 1975 quando lei non era ancora nata, risucchiato nel gorgo del terrorismo che aveva cominciato a insanguinare l'Italia. Carlo Saronio, figlio di una delle famiglie più benestanti di Milano, non aveva ancora ventisei anni quando venne tradito dagli amici con cui condivideva ideali rivoluzionari. Marta per anni non ha mai fatto domande, immersa in un faticoso silenzio. Ma non si può vivere in eterno con i fantasmi, arriva sempre il giorno in cui dobbiamo fare i conti con le memorie, anche le più dolorose. Così le ho detto di sì, e ho cominciato un viaggio alla ricerca delle tracce di quel ragazzo che viveva sospeso tra due mondi inconciliabili, che trovò il coraggio di scegliere la sua strada quando era troppo tardi. Scavando nei ricordi di una Milano in cui il passato è ancora presente tra noi, sono riuscito a riannodare i fili di una storia mai raccontata, che appartiene anche a me.
Durante il processo per la canonizzazione di Tommaso d’Aquino, giunge da lontano un testimone misterioso e inatteso. È frate Carlo, carico di anni, ormai alla fine della sua vita terrena. Una vita che rischiava di essere sprecata, fino a quando non avvenne un incontro straordinario. Il giovane Carlo conobbe Tommaso d’Aquino che lo prese con sé e ne fece un suo scrivano. E così, tra visioni, sogni rivelatori e viaggi al fianco di Tommaso e Reginaldo da Piperno, suo fedele confratello, il ragazzo compì un cammino di purificazione.
Carlo, un semplice uomo plasmato nel fango, coi suoi dubbi e le sue stanchezze, viene trasformato dall’incontro con Tommaso che gli fa toccare con mano una vera e immensa santità, di fronte alla quale non è rimasto indifferente. E il miracolo della trasformazione e conversione del giovane frate colpirà il tribunale riunito per decidere della canonizzazione di Tommaso al quale – tra i tanti miracoli operati – verrà attribuito anche quello della conversione di fra Carlo.
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
"Il giro di boa" venne scritto sotto l'impulso di due avvenimenti distanti tra loro, ma che mi colpirono e m'indignarono in modo particolare. Il primo fu il G8 di Genova e il comportamento non certo esemplare delle Forze dell'ordine in quelle terribili giornate. Il secondo avvenimento fu la scoperta che alcuni trafficanti di carne umana avevano sbarcato sulle nostre coste dei bambini per venderli. "La pazienza del ragno" invece mi è stato letteralmente suggerito dall'aver visto un ragno tessere la sua tela tra un ramo e l'altro di un castagno ultracentenario. E fu proprio mentre l'osservavo che nacque in me il progetto di un romanzo la cui idea portante fosse appunto la tessitura di una sorta di tela di ragno appositamente congegnata per farvi intrappolare la vittima designata. Mi proposi cioè di scrivere un romanzo poliziesco senza omicidi o fatti di sangue, ma con la distruzione sociale di un individuo raggiunta attraverso una macchinazione di raffinata intelligenza. "L'idea di "La luna di carta" mi venne in mente dopo un incontro fortuito con un amico che non vedevo da trent'anni il quale mi raccontò d'avere scoperto un giorno che tanto Anna, sua moglie, quanto Giulia, la giovane amante, non solo avevano fatto conoscenza ed erano diventate amiche, non solo lo tradivano sistematicamente con altri, ma l'ingannavano quotidianamente mentendo su tutto, anche sulle cose più ovvie, così, per il puro piacere di ridere poi alle sue spalle."
Roma, 1881: un gruppo di fanatici anticlericali attaccano di notte il corteo funebre di papa Pio IX cercando di buttare la salma nel Tevere. Assolti dalla magistratura, vengono addirittura premiati dalla massoneria con una medaglia la cui incisione evoca l"'immortale odium" per il papato. Poi, tutti ben sistemati nella società liberale, cominciano a venire uccisi uno dopo l'altro da un misterioso gruppo, "I sette Maccabei", e partono due inchieste: una da parte del Ministero degli Interni (il ministro è direttamente interessato in (pianto è stato uno dei partecipanti all'assalto) e una dalla Santa Sede, che vede indagare un ex poliziotto ora prete, don Gaetano Alicante. Verrà alla luce un mistero scandaloso, legato alle vicende della Repubblica Romana di Mazzini, tra inseguimenti e società segrete, cunicoli sotterranei e ville esoteriche, esorcismi e antiche sette.
Siamo in Sicilia, all'epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi (dall'anno dell'impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento). Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo, lirico e critico insieme, ben poco concede all'intreccio e al romanzesco tanto cari alla narrativa dell'Ottocento. L'immagine della Sicilia che invece ci offre è un'immagine viva, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica e politica contemporanea.
“Non ci vuole poi molto. Basta un collegamento ad internet per farsi simili a Nostro Padre – che per noi è la sola cosa ad avere rilievo. A conti fatti il marchio della bestia apocalittica è solo una particolare specie di tag. Il dannato è un taggato per l’eternità segnato col logo dell’Inferno.
Potrai comunicarmi i progressi del paziente attraverso la nuovissima applicazione WhatsHell, basata sulla messaggistica istantanea multi-cerchio, multi-girone e multi-bolgia per darkphone. Ti risponderò all’istante anche se in quel momento dovessi trovarmi fuori sede. Ti ho mai detto del mio impegno nel volontariato? Nel fine settimana disonoro le feste impegnandomi nel montaggio di qualche graticola nella bolgia dei simoniaci. Ma per i problemi di cattiva salute del paziente la mia reperibilità è no-stop. Orario continuato, 24 ore su 24 al suo disservizio.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche”
“Le nuove lettere di Berlicche” di Emiliano Fumaneri è il secondo libro della collana UOMOVIVO, ispirato al celebre racconto dello scrittore anglo-irlandese Clive Staples Lewis, “Le lettere di Berlicche”.
Gemma, la donna di cui Dante non scrisse mai. Che tempra deve aver avuto, questa fiorentina che nessuno ricorda? Sposa, per amore, un uomo sconsigliabile: non ricco, privo di potere politico e per di più poeta. Non si lascia sgomentare quando lui si trova sul fronte sbagliato, in una Firenze in cui la lotta aspra tra fazioni distrugge vite e patrimoni. Ne affronta il lungo esilio diventando una «vedova bianca» a trent'anni: dapprima deve gestire le difficoltà economiche, quattro figli che crescono, l'ostilità politica che monta intorno alla famiglia del «nemico» Alighieri; poi si vede confiscare tutti i beni e deve fuggire, incinta, dalla città per rifugiarsi con i ragazzi in una malsana palude. E a ogni svolta del destino le si para davanti suo cugino Corso Donati, il barone bello come un san Michele, violento e seduttore ma anche protettivo e leale, che lei respinge ma da cui in realtà è attratta. E la rivale, l'angelicata Beatrice? Non è un suo problema. Perché è lei, sempre accanto a Dante, forte nella sventura e artefice delle sue fortune, la vera musa della sua vita. Una moglie lo sa benissimo. È solo la storia che lo ha dimenticato. In un Trecento feroce e splendido di castelli, duelli e fazioni, di fede e scomuniche, Gemma è carne, sangue, intelligenza e passione. Ed è solo un errore del destino se Dante è diventato immortale e lei invisibile. Con questo romanzo Marina Marazza le restituisce una storia personale ricca di vicissitudini e la riporta alla vita nella dimensione che è sua: quella delle grandi eroine e delle grandi donne.
Questo lavoro è stato pensato per favorire un approccio alla Commedia agile e capace di suscitare interrogativi, quando non veri e propri percorsi meditativi, su temi esistenziali particolarmente caldi, quali amore, odio, desiderio, crudeltà, libertà, responsabilità, coraggio, essenzialità ed altro ancora. Il poema dantesco entra in dialogo con intellettuali di primissimo piano quali Bauman, Morin, Galimberti, Savater, Recalcati, Giorello, ma anche con artisti quali Doré, Dalì, Blake o cantautori come Battiato, Dalla, De André o Vecchioni, e questa incessante conversazione culturale che attraversa le epoche ha lo scopo di coinvolgere non solo gli insegnanti che desiderino rendere quanto più possibile formativo, trasversale, e soprattutto per nulla nozionistico, lo studio del capolavoro dantesco, ma anche tutti coloro che, pur avendo studiato Dante da giovani, vogliono recuperarne tutta la freschezza e l'attualità.
"Esiste un metodo per la felicità duratura? Si può imparare il faticoso mestiere di vivere giorno per giorno in modo da farne addirittura un'arte della gioia quotidiana?" Sono domande comuni, ognuno se le sarà poste decine di volte, senza trovare risposte. Eppure la soluzione può raggiungerci, improvvisa, grazie a qualcosa che ci accade, grazie a qualcuno. In queste pagine Alessandro D'Avenia racconta il suo metodo per la felicità e l'incontro decisivo che glielo ha rivelato: quello con Giacomo Leopardi. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l'indifferenza e perfino la derisione dei contemporanei. Nella sua vita e nei suoi versi, D'Avenia trova folgorazioni e provocazioni, nostalgia ed energia vitale. E ne trae lo spunto per rispondere ai tanti e cruciali interrogativi che da molti anni si sente rivolgere da ragazzi di ogni parte d'Italia, tutti alla ricerca di se stessi e di un senso profondo del vivere. Domande che sono poi le stesse dei personaggi leopardiani: Saffo e il pastore errante, Nerina e Silvia, Cristoforo Colombo e l'Islandese... Domande che non hanno risposte semplici, ma che, come una bussola, se non le tacitiamo possono orientare la nostra esistenza.
Maggio 1965. Quando il proprietario di un'azienda importante precipita nell'Orrido di Bellano, il giudice vuole archiviare il caso: molti testimoni, compresa la moglie, confermano che si tratta di un suicidio. Brigante però non ci vede chiaro quando proprio la moglie, contro le evidenze, smentisce la propria testimonianza. E poi Mafalda, la sorella del morto, si propone come medium e inizia a evocarne lo spirito a Villa Isotta, la magione di famiglia. Ed ecco che iniziano strani fenomeni: voci, passi, un fantasma. Altre due morti violente (uno zio psicolabile e la segretaria della famiglia) costringono il poliziotto a trovare la verità a tutti i costi, e un segreto, a lungo celato, completa un puzzle che unisce i vivi e i morti. Nel frattempo, Brigante acquista la sua prima utilitaria, vive una relazione burrascosa con la frizzante Brigitta, tutta proclami e minigonne, e accompagna il mentore Savoia nel passaggio più difficile della sua carriera di commissario. E assiste frastornato al primo concerto italiano dei Beatles al Velodromo Vigorelli di Milano...
Questo libro è il racconto di un cammino, quello che Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi, ha percorso dal giorno dell'omicidio del marito, cinquant'anni fa. Una strada tortuosa che, partendo dall'umano desiderio di vendetta di una ragazza di 25 anni con due bambini piccoli e un terzo in arrivo, l'ha condotta, non senza fatica, al crescere i suoi figli lontani da ogni tentazione di rancore e rabbia e all'abbracciare, nel tempo e con sempre più determinazione, l'idea del perdono. Un racconto che, partendo dalla vita di una giovane coppia che viene sconvolta dalla strage di Piazza Fontana, attraversa mezzo secolo, ricucendo i momenti intimi e privati con le vicende pubbliche della società italiana. Un'intensa e sincera testimonianza sul senso della giustizia e della memoria. Una storia di amore e pace.