In questo libro si parla di Mosè; ciò significa che si parla di ciascuno di noi. Chi vuole capire se stesso, chi vuole penetrare nel profondo del proprio animo, non può rimanere indifferente a Mosè, al suo desiderio, alla sua paura, al suo odio, al suo amore, a ciò che conosce di infinitamente bello, senza precedenti e misterioso. Mosè è la chiave più importante e antica per accedere al nostro animo, ma anche alla cultura, alla politica del nostro Occidente.
E Mosè è anche la chiave per Dio, anche quando si rivolta contro di Lui. Infatti, come possiamo crescere nella vita – nel senso di diventare veramente liberi – se non possiamo misurarci con Dio?
Papa Francesco ha dato il suo assenso alla beatificazione di 19 religiosi e religiose della Chiesa d’Algeria, assassinati tra il 1994 e il 1996, a causa della loro tenace fedeltà al vangelo, alla Chiesa e al Paese al quale avevano scelto di restare fedeli, nonostante la violenza islamista che imperversava dappertutto fin dagli inizi degli anni '90.
Questa beatificazione sarà un evento di eloquente spessore e di fondamentale importanza per la Chiesa contemporanea, per molteplici ragioni. I nuovi beati sono anzitutto dei contemporanei che molti di noi hanno conosciuto e frequentato e il loro messaggio è un invito a uscire dalla paura viscerale nei confronti dei musulmani e ad esplorare e individuare possibili percorsi realistici ma generosi di incontro, secondo quanto afferma il decreto conciliare Nostra Aetate. Un vescovo, religiose, sacerdoti e religiosi: il loro ruolo diverso nella Chiesa sottolinea che questa testimonianza di amore totale e disinteressato può essere offerta da cristiani comuni che non hanno cercato di diventare degli eroi.
Pierre Claverie, domenicano, vescovo di Orano, era uno di loro; e, con il priore dei monaci trappisti di Tibhirine, Christian de Chergé, è colui che dal punto di vista teologico ha maggiormente esplicitato il profondo significato di questa presenza discreta della Chiesa in un paese musulmano.
È negli anni terribili del «decennio nero», durante il quale in Algeria si contrappongono islamisti e forze armate, che si colloca la straordinaria testimonianza di due uomini. Sono Christian de Chergé, priore del monastero trappista dell’Atas, a Tibhirine, rapito e ucciso nel 1996 con altri sei confratelli, in circostanze non ancora completamente chiarite, e monsignor Pierre Claverie, vescovo domenicano di Orano, assassinato lo stesso anno, con il suo autista musulmano Mohamed, per aver condannato apertamente tutte le forme di violenza.
Si tratta di due figure particolarmente luminose nel cuore della Chiesa d’Algeria, fortificata nella sua volontà di restare con i musulmani algerini, anche dopo l’indipendenza del Paese, dalla personalità del cardinale Duval e dall’impegno di sacerdoti, consacrati e laici.
Sommario
Introduzione. I. Osare l’ospitalità. 1. Il complesso intreccio etimologico del termine «ospite». 2. Ospitalità: gesto sovversivo alla base della relazione. 3. La sacralità del gesto ospitale. II. Pierre Claverie: un algerino per alleanza. 1. Una complessa ricerca identitaria. III. Christian de Chergé e i monaci di Tibhirine. Il lungo apprendistato dell’ospitalità. 1. Incontri interreligiosi e pratiche di ospitalità. 2. Dalla posizione alta a quella bassa: l’esperienza di essere accolti. 3. «Fare un’esperienza con delle esperienze»: un approccio di teologia pratica. 4. Divenire ospite dell’Algeria. Conclusione.
Note sull'autore
Claudio Monge, domenicano, ha trascorso due anni con frère Roger Schutz nella comunità monastica ecumenica francese di Taizé. Vive a Istanbul, dove è responsabile del Centro culturale dei domenicani. Dottore in Teologia delle Religioni e diplomato in Lingua e cultura turco-ottomane all’Università di Strasburgo, ha insegnato all’Università di Friburgo ed è visiting professor in Polonia, Francia, Svizzera, Italia, Canada e Brasile. Consultore del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui Taizè. La speranza condivisa (EDB 2016).
«Mio carissimo Odoardo, si è abbassata la temperatura e l'aria fresca mi fa pensare all'ormai prossimo inverno. Sarà ancora un inverno di guerra ? Dovremo trascorrerlo con questa grande pena in cuore che lo farà più triste, più freddo, più lungo? Dovremo viverlo sotto l'incubo dell'invasione e dei suoi pericoli che da un momento all'altro ci può cacciare dalle nostre case, in mezzo al freddo, ai disagi?». Le lettere, finora inedite, raccolte nel libro sono state scritte dalla moglie di Odoardo Focherini (1907-1944) tra il 9 maggio 1944, quando si trovava nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna, e il 29 maggio 1945, pochi giorni prima che la notizia della sua morte giungesse alla famiglia. Per aver salvato decine di ebrei tra il 1943 e il 1944, Focherini è stato insignito della medaglia di Giusto fra le Nazioni dallo Stato d'Israele e della medaglia d'oro al merito civile dalla Repubblica Italiana. La Chiesa cattolica lo ha beatificato nel 2013.
Il 21 novembre 2016 la piccola Sara muore, a soli 9 anni, in modo improvviso e inaspettato. L'evento travolge la vita tranquilla e ordinariamente felice di una famiglia. Cosciente della possibilità di perdersi nel dolore di una morte inspiegabile, impaurito da una piega imprevista presa dalla propria vita, il padre Alessandro racconta i due mesi successivi al funerale della figlia, descrivendo gli eventi, le situazioni, gli incontri avvenuti in quel periodo. E analizza, in forma di diario, se stesso e gli altri componenti della famiglia, la moglie Lu e i figli Francesco e Stefano. Nel farlo, si interroga sulle questioni più profonde dell'esistenza, dal senso stesso della vita alla sua precarietà. E lo fa senza giungere a una risposta, ma mettendo in luce la fragilità della nostra condizione e la necessità di partire da questa fragilità per costruire un'esistenza cosciente, che sia frutto di scelte e non assomigli troppo all'inevitabile rotolare di una palla su un piano inclinato. Alessandro descrive il suo dolore attraverso racconti personali che possono parlare a ognuno di noi. Dalle sue parole e dalla reazione della sua famiglia traspare la speranza che, sebbene non si possa dare un senso a una morte senza senso, si può forse dare un nuovo senso alla propria vita. Postfazione di Gennaro Matino.
Bartolomeo I, capo spirituale di oltre 300 milioni di cristiani ortodossi in tutto il mondo e «primo tra pari» in una confederazione di quattordici Chiese ortodosse indipendenti, è patriarca ecumenico da un quarto di secolo. Nel venticinquesimo anniversario della sua elezione, questo volume ne ripercorre l'attività e l'intuizione profetica, attraverso le riflessioni di: Joseph R. Biden jr., già vicepresidente degli Stati Uniti; ppa Benedetto XVI; David Rosen, Direttore degli Affari interreligiosi del Comitato ebraico americano; Rowan Williams, direttore del Magdalene College di Cambridge e già arcivescovo di Canterbury; Al Gore jr., già vicepresidente degli Stati Uniti; Jane Goodall, messaggero di pace delle Nazioni Unite; George Stephanopoulos, caporedattore e conduttore di ABC News. Prefazione di Papa Francesco.
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, viene brutalmente assassinato il 24 marzo 1980 mentre celebra la messa nella cappella di un ospedale. Ai suoi funerali il teologo gesuita Ignacio Ellacuría, che sarà assassinato a sua volta nove anni dopo, afferma pubblicamente che «con monsignor Romero Dio è passato per El Salvador». In questo libro, nel quale confluiscono i contributi e i ricordi di quattro gesuiti dell'America centrale, si ripercorre la biografia di Romero, segnalando i momenti chiave della sua vita e facendo emergere le svolte più significative del suo percorso interiore. Gli autori si soffermano inoltre sulle caratteristiche e la forza profetica delle sue omelie, note in ampi settori della Chiesa universale ancor prima della beatificazione, e su come, dopo la morte, la sua figura sia divenuta sempre più universale.
Oltre 300 lettere, molte delle quali pubblicate per la prima volta in questo libro, compongono il copioso epistolario tra don Primo Mazzolari e i vescovi della sua diocesi di Cremona: Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani e Danio Bolognini. Si tratta di un vero e proprio patrimonio di spiritualità, che permette di approfondire le diverse stagioni del ministero sacerdotale del parroco di Bozzolo e di mostrare il suo rapporto filiale con l'autorità ecclesiastica, senza nascondere incomprensioni e crisi. Anche i vescovi fanno emergere i loro diversi temperamenti e il loro differente approccio nei confronti di Mazzolari. L'epistolario è un utile tassello per approfondire la figura del parroco, ma anche per sondare la spiritualità cristiana come luogo di incarnazione e di decisioni, soprattutto in merito al tema tanto discusso dell'obbedienza. Le lettere mostrano la fatica della fedeltà al vangelo e rivelano schiettezza, apertura di cuore, fiducia, sostegno, dubbi, incoraggiamenti, condivisione, ragionevolezza. Un quadro di fede e di amore alla Chiesa tutt'altro che scontato.
Il popoloso quartiere di Scampia, all'estrema periferia nord di Napoli, è divenuto l'emblema del degrado e dell'abbandono. Tra i principali mercati italiani della droga e con uno dei tassi di disoccupazione più alti del Paese, è stato ripetutamente dipinto come un luogo di violenza, soprattutto per le faide e la dominante presenza della camorra, che governa lo spaccio e l'occupazione abusiva delle case popolari. Eppure questo concentrato di sofferenza, dove molte famiglie hanno la maggioranza dei componenti in carcere, non è solo il fondale del film Gomorra di Matteo Garrone, girato in parte all'esterno e all'interno delle "Vele", i mastodontici palazzi di edilizia popolare costruiti negli anni Sessanta e Settanta. Anche in questa polveriera sociale, infatti, molte cose stanno cambiando. Anno dopo anno è cresciuta una rete di associazioni che ha dato vita a un laboratorio di sartoria e a una biblioteca, a un'orchestra di bambini e a progetti contro la dispersione scolastica, a un caffè letterario e a corsi di formazione professionale, ad attività artistiche e sportive, a un portale internet. Perché, come sostiene in queste pagine il gesuita Fabrizio Valletti, «anche a Scampia si può sognare, si può cercare di vivere insieme nella legalità e nella libertà». Ed è possibile, soprattutto attraverso la scuola, modificare l'immaginario simbolico dei moltissimi ragazzi del quartiere.
Per secoli, nel mondo cattolico, Lutero è stato definito «l'eretico» per definizione, mentre il mondo protestante lo ha considerato, di volta in volta, il combattente che avversa il papato, il liberatore dalle tenebre del medioevo, il genio religioso della Germania e il padre della lingua tedesca. A cinquecento anni dalla Riforma, un evento che si colloca alle origini del mondo moderno e che ha segnato profondamente la storia del cristianesimo e dell'Europa, è necessario accostarsi al monaco agostiniano mettendo da parte secoli di guerre di religione e annose controversie teologiche. Lutero si poneva davanti alla Chiesa di Roma, cui era sinceramente legato, con quella autonomia di giudizio che rifiuta l'obbedienza acritica a direttive che vengono dall'alto. Per capire la forza che ha animato il suo pensiero e la sua azione occorre soprattutto ritornare al suo tempo, al suo mondo, alla sua teologia e alla Bibbia, il cui insegnamento rappresentava il ritorno alle fonti del cristianesimo.
Dal ritrovamento di documenti inediti in italiano emerge la singolare vita di un frate tedesco, fervente patriota, morto ad Auschwitz per aver aiutato gli ebrei. Aniceto Koplin, cappuccino, autore di testi poetici e articoli scientifici, intesse in gioventù le lodi del soldato tedesco e del suo eroismo ed è un convinto sostenitore della potenza germanica e della funzione della guerra. Il suo patriottismo subisce però un notevole contraccolpo mentre si trova a Varsavia, la prima città europea occupata da Hitler. Cambia allora il suo cognome in Kopli?ski per solidarietà con la nazione polacca e dedica la maggior parte del suo tempo ai poveri. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la capitale viene occupata dai tedeschi e viene istituito il ghetto. Padre Aniceto aiuta gli ebrei a nascondersi e fabbrica per loro certificati falsi. Il suo disprezzo nei confronti della Germania hitleriana diviene manifesto. Arrestato e condotto ad Auschwitz, vi troverà la morte. Viene beatificato nel 1999.
L’ufficiale tedesco Claus von Stauffenberg, discendente di un’aristocratica famiglia cattolica della Baviera, ebbe un ruolo di primo piano nella progettazione e nell’esecuzione dell’attentato del 20 luglio 1944 contro Adolf Hitler e nel successivo tentativo di colpo di stato. Al complotto parteciparono anche altri militari, tra i quali il generale Ludwig Beck, già capo di Stato Maggiore della Wehrmacht, e il generale Henning von Tresckow, esperto in strategia. L’attentato, denominato «operazione Valchiria» – reso celebre dall’omonimo film con Tom Cruise – doveva avvenire nella sede del quartier generale di Hitler, la cosiddetta Tana del Lupo, a Rastenburg, ma fallì. Hitler sopravvisse quasi incolume all’esplosione, i congiurati vennero arrestati dalle SS e dalla Gestapo, torturati e trucidati senza nemmeno un processo (Stauffenberg fu fucilato alla schiena) e le loro ceneri furono sparse nelle fogne cittadine.