California del Nord, anni Settanta. Anna ha sedici anni e vive insieme alla sorella adottiva e al padre nella fattoria di Petaluma. Non ha mai conosciuto la madre, morta di parto, e sin da piccola ha imparato a badare alla fattoria. Ad aiutarla c'è Coop, un giovane lavorante più grande di lei, ragazzo taciturno e silenzioso. Con il suo fare protettivo, per Anna è sempre stato una figura enigmatica e affascinante. Ma adesso l'affetto si è trasformato in un'attrazione sempre più forte che minaccia di distruggere tutto ciò che hanno di più caro al mondo. È il padre a scoprirli per caso, una mattina. È posseduto da una furia cieca, e si abbatte su Coop, ancora e ancora, fino a quando lui non giace a terra quasi senza vita. Vent'anni dopo, Anna è fuggita da quella violenza. È in Francia, abita in un piccolo paesino nella casa che fu di Lucien Segura, un misterioso scrittore vissuto durante la grande guerra. Anna ne sta studiando la vita e le opere. Si sente ossessionata da lui. Forse perché nella vita dell'uomo, fatta di segreti, passioni illecite, amori controversi e impossibili, ritrova inquietanti paralleli con la propria vita; o forse perché in quei misteri giace la cruda verità del passato che Anna ha lasciato dietro di sé ma che non riuscirà mai a dimenticare.
Nella notte hanno tentato un furto in comune, ma la guardia Firmato Bicicli non ha visto nulla. Invece, quando al gruppetto dei curiosi accorsi davanti al municipio s'avvicina Anna Montani, il maresciallo Accadi la vede, eccome: un vestito di cotonina leggera e lì sotto pienezze e avvallamenti da far venire l'acquolina in bocca. Da quel giorno Bicicli avrà un solo pensiero: acciuffare i ladri che l'hanno messo in ridicolo e che continuano a colpire indisturbati. Anche il maresciallo Accadi, da poco comandante della locale stazione dei carabinieri, da quel momento ha un'idea fissa. Ma intorno alla bella modista e al suo segreto ronzano altri mosconi: per primo Romeo Gargassa, che ha fatto i soldi con il mercato nero durante la guerra e ora continua i suoi loschi traffici; e anche il giovane Eugenio Pochezza, erede della benestante signora Eutrice nonché corrispondente locale della "Provincia". Il romanzo è centrato su una protagonista femminile vitale, ambiziosa e sensuale, un po' furba e un po' ingenua. Intorno al suo frequentatissimo atelier, tra cognac doppi e partite a scala quaranta, si muove e si agita tutto il paese: dal sindaco Balbiani con il segretario comunale Bianchi, giù fino al trio di giovinastri composto dal Fès, dal Ciliegia e dal Picchio, passando per l'appuntato Marinara, che deve rimediare alle distrazioni del superiore, e poi le misteriose titolari della farmacia Gerbera e Austera Petracchi, la cuoca di casa Pochezza e sua figlia Ersilia, lo spazzino Oreste e il messo Milico...
La trama è semplice eppure di un agghiacciante realismo: Werther è innamorato di Lotte, di cui sa fin dall'inizio che non è libera, perché legata ad Albert. "Stia attento a non innamorarsene", sarà il consiglio di una cugina a Werther. Ma la tragedia è già innescata. Considerato il primo grande testo del Romanticismo, il Werther supera le barriere storiografiche per divenire il libro di una generazione, di tutte le generazioni, intramontabile.
"Un amore di Swann" è una sorta di "romanzo nel romanzo": si inserisce come un lungo flash back nella prima delle sette parti di "Alla ricerca del tempo perduto", rievocando la passione travolgente, dolorosa ed esclusiva di Charles Swann - alter ego dell'io narrante - per la bella Odette de Grécy, enigmatica demi-mondaine, sospesa tra pretese di raffinatezza e freddo opportunismo. Raffinato esteta, al tempo stesso seducente e sterile, Swann sposa Odette quando ormai non l'ama più. Maestro dell'introspezione psicologica, Proust disegna la parabola del loro tormentato rapporto dalla cieca infatuazione al graduale spegnimento, facendo di questo amore la storia paradigmatica di qualsiasi amore. Vero o presunto che sia, perché, come osserva il filosofo Ortega y Gasset, in questo excursus "c'è dentro di tutto: punti di sensualità calda, pigmenti paonazzi di sospetto, grigi di abitudine, chiari di stanchezza vitale. L'unica cosa che non c'è è l'amore".
Un genere narrativo che non è "mai stato finora tentato nella nostra lingua": così lo stesso Fielding definisce il suo "Joseph Andrews". Pensato come feroce satira del coevo romanzo di Samuel Richardson "Pamela o la virtù ricompensata", il libro travalica il suo originale intento parodistico per diventare l'avvincente resoconto d'un viaggio avventuroso, denso di peripezie, di esperienze travagliate, di episodi movimentati e farseschi. I principi morali, enunciati con apparente noncuranza, la cultura e l'amore per i libri unito a quello per gli uomini, la lotta contro il male e il vizio: sono questi i corollari delle divertenti avventure narrate in uno stile vivace e variato, pervaso da quell'indefinibile, ineffabile quasi, humour che è da sempre prerogativa inglese.
Fuggiasco da Venezia, dopo Campoformio, Jacopo si isola sui Colli Euganei. Qui conosce Teresa e se ne innamora, ma sa che questo è un amore impossibile, perché Teresa è promessa a Odoardo. Jacopo si mette in viaggio per l'Italia, senza una meta e ovunque vede la tragedia dell'oppressione straniera, né lo consolano le bellezze naturali o la saggezza del vecchio Parini, incontrato a Milano. La tragica conclusione è una denuncia al mondo di una doppia delusione.
"Il marchese di Roccaverdina" è l'opera più riuscita di Capuana. In essa confluiscono con maggiore equilibrio la sua inclinazione a una ricerca psicologica sottile e un po' morbosa e l'interesse per una realtà schiettamente legata alla terra - la Sicilia di fine Ottocento - insieme alla curiosità per il soprannaturale, il favoloso, l'esperienza spiritica. Antefatto della narrazione, vivo e presente in tutta la vicenda, è il delitto passionale compiuto dal marchese, un aristocratico proprietario terriero che vive solitario nel suo palazzotto. Il romanzo è la storia della sua lotta segreta e feroce contro il rimorso e la paura che lo tormentano, gli crescono dentro e lo divorano; una lotta senza tregua, che attraversa la follia e si chiude nel silenzio.
"Canaglia di mediocre spirito con grandi talenti per essere letterato, e fisiche attrattive per essere amato". Così un contemporaneo definiva Lorenzo Da Ponte, figura emblematica e contro- o versa del Settecento. Avventuriere e libertino, fu amico dei più illustri ;uomini del suo tempo, da Casanova a Salieri, da Gozzi a Mozart, per il quale scrisse i felicissimi libretti delle maggiori opere ("Le nozze di Figaro", "Don Giovanni", "Così fan tutte"). Emigrò negli Stati Uniti dove svolse varie attività. Nelle sue"Memorie", ricche di vivaci descrizioni e di giudizi :su personaggi e ambienti, si riflette la sua vita rocambolesca, sempre in bilico fra la massima fortuna e vertiginose cadute.
L'immagine dell'Alfieri profeta della "rigenerazione morale" italiana e guida delle generazioni future, dell'uomo, poeta e tragediografo di "animo risoluto, ostinatissimo ed indomito" nasce in massima parte nelle pagine di questa sua Vita. Scritta in un italiano sapido e avventuroso, l'autobiografia di Alfieri resta ancora oggi l'opera di un appassionato cosmopolita, che Leopardi definì "vero scrittore, a differenza di quasi tutti i letterati del suo e del nostro tempo".
Delle novelle verghiane lo scrittore Massimo Bontempelli ha detto: "La brevità estrema di Verga è fatta soprattutto di soppressione d'alcuni tratti del racconto. Non esistono più le zone di passaggio. La sicurezza con la quale esse sono state recise, al punto esatto, è spaventosa; sono tagli improvvisi e netti, che riempiono di coltellate tutta la narrazione". Le "coltellate" inferte dal Verga al tessuto compatto del narrare tradizionale sono aperture sulla realtà, rappresentano i varchi attraverso i quali la chiamata stentorea dei simboli giunge direttamente alla coscienza.
Pubblicato nel 1913, "Il grande Meaulnes" è un classico romanzo di formazione misto a narrazione simbolista, libro di avventure e delicata fiaba poetica. Una raffinata parabola sulla natura dell'amore e sul mito inarrivabile della felicità, sogno e condanna di tutta l'esistenza.
Sacrificata dal padre Agamennone alle ragioni della guerra, Ifigenia è salvata e resa immortale dall'intervento di Artemide, della quale sarà consacrata sacerdotessa. Così il mito classico; nella sua "rilettura" Goethe rappresenta nella figura di Ifigenia - mite ma non rassegnata - un ideale di pace che supera ogni dissidio e si batte per il trionfo della solidarietà, della saggezza e della tolleranza; un modello di armonia e di femminilità che chiama la donna a un'opera civilizzatrice delle società virili.