In questo libro, che lo consacrò scrittore e lo rese famoso in tutto il mondo, Thomas Merton narra le molte esperienze che lo portarono prima ad abbracciare il credo comunista, poi a convertirsi al cattolicesimo e a farsi monaco trappista. Proprio come il viaggio dantesco cui si rifà il titolo, l'itinerario spirituale di Merton alla ricerca di Dio conosce soste, intoppi, cadute, momenti di disperazione, ma si conclude con la conquista di una nuova consapevolezza di vita e di pensiero. La montagna dalle sette balze, pubblicato per la prima volta nel 1949 e tradotto in moltissime lingue, è considerato una sorta di breviario della spiritualità moderna
"Teresa Raquin", che inaugura la grande stagione artistica di Zola, è una delle opere più rappresentative del realismo francese. Sposata infelicemente a Camillo, un uomo debole e malato, Teresa si lascia sedurre da Lorenzo, ex pittore nullafacente, cinico, parassita. Insieme concepiscono e portano a termine l'assassinio di Camillo. In questo romanzo - definito dall'autore un "grande studio psicologico e fisiologico" - Zola vuole raccontare, nella secchezza bruciante di un referto clinico, la storia di una degradazione. Ne risulta un'opera scabrosa, vero e proprio romanzo nero insieme appassionante e inquietante.
Ispiratore delle celebri opere liriche di G. Puccini e J. Massenet, il capolavoro di Prévost si dipana tra due tensioni contrapposte: quella dell'ordine e dell'autorità e quella della ragione e dell'individualismo; coscienza religiosa e speranze illuministiche lo attraversano in reciproca sopraffazione. Realistico e pieno di sentimento, "Manon Lescaut" narra la passione di un uomo per una donna dolce e inarrivabile, affettuosa ma libera. Sospeso tra un dichiarato moralismo e l'inno a una passione già romantica, il romanzo annulla ogni giudizio e trascina in un mondo attraente e torbido, inquieto e tenerissimo.
In questo romanzo i personaggi sono tanti. C'è per esempio il Crociati, un esperto cacciatore che non ne becca più uno. C'è Luigina Piovati, meglio nota come l'Uselànda (ovvero l'ornitologa...). C'è Eufrasia Sofistrà, in grado di leggere il destino suo e quello degli altri. C'è persino una vecchina svanita come una nuvoletta, che suona al pianoforte l'Internazionale mentre il Duce conquista il suo Impero africano... Ci sono soprattutto, ad animare la quiete di quegli anni sulle rive del lago, quattro gagà, che come i "Vitelloni" felliniani mettono a soqquadro il paese. E c'è la sorella di uno di loro, la piccola, pallida, tenera Filzina, segretaria perfetta che nel tempo libero si dedica alle opere di carità e che, come molte eroine di Vitali, finirà per stupire. Ci sono naturalmente anche molti di quei caratteri che hanno fatto la loro comparsa nei precedenti romanzi: il prevosto, il maresciallo maggiore Ernesto Maccadò, il podestà e la sua consorte, Dilenia Settembrelli, la filanda con i suoi dirigenti e operai. Hanno un ruolo importantissimo anche i gatti e i piccioni di Bellano, e si sentono la breva e la neve gelata che scendono dai monti della Valsassina e naturalmente si respira l'aria del lago.
Tutta l'opera di Chateaubriand è percorsa dallo sgomento davanti alla fatale corruzione dell'essere. Questa ossessione si concretizza, in "Atala", nella figura della maternità che genera morte: legata dalla madre al voto di castità, la giovane Atala si uccide per non infrangerlo. In "René", la cupa visionarietà dell'autore capovolge le collaudate strategie del romanzo di formazione: la coscienza, nel protagonista, precede ogni forma di esperienza, anzi, la rende impossibile. Percorsi dentro di sé tutti i sentieri dell'ignoto, egli rimane immobile; è un uomo "senza qualità" ante litteram, prototipo di una stirpe di personaggi che attraverseranno l'Ottocento e anche il Novecento.
L'intensità espressiva delle "Epistole" poggia su un tono dimesso e colloquiale, quasi familiare. Orazio avverte che la "stagione bella", comunque la si sia vissuta, non ha più forza di essere protratta, con le sue impennate, le sue istanze sovvertitrici, con i suoi incanti e innamoramenti. Il futuro, anche se mai aveva voluto affrontarlo, è la morte, che non concede punti di fuga, non contempla alternative. Il contraltare a questa coscienza dell'ineluttabile, come spesso accade, è una strana serenità; se deve pagare un prezzo alla malinconia di una vicenda che troppo brevemente si esaurisce, la maturità ha in sé la saggezza di una minore intransigenza, di un più pacato impatto con le cose.
Fest racconta come sia nata e si sia raccolta, dalla fine degli anni Trenta, una opposizione al nazismo in grado di coinvolgere persone motivate non tanto da ragioni tradizionalmente ideologiche o partitiche ma da motivazioni religiose, dal disgusto morale per i comportamenti del regime (a cominciare dal massacro degli ebrei), dall'allarme suscitato dal prevedibile disastro cui Hitler stava conducendo la Germania. Questa opposizione condurrà poi all'attentato di von Stauffenberg del 20 luglio 1944 contro Hitler, ricostruito in tutti i suoi risvolti.
«Questo volume raccoglie tre sceneggiature (corredate dai materiali scelti a suo tempo dall’autore) di Pier Paolo Pasolini, ambientate nelle borgate romane: Accattone, Mamma Roma e Ostia (realizzata a quattro mani con Sergio Citti, che del poeta era «consulente linguistico» per i romanzi e i film, nonché collaboratore fidato alle sceneggiature e ai dialoghi).
In Accattone (1961), che segna il suo esordio come regista, Pasolini ripropone il mondo dei suoi romanzi in una struttura più spoglia e profonda; l’odissea del diseredato Accattone si dipana come in un affresco antico, con un umore acre che trasforma in forza anche la disperazione, conferendo una dimensione sacrale a un universo che sta per scomparire.
Con Mamma Roma (1962), partendo da una situazione di analoga «angoscia mortale», attraverso le vicende dell’ex prostituta che vuole strappare il figlio alla strada, ci avviciniamo a un ideale piccolo-borghese.
Ostia (1970), opera prima di Sergio Citti, rivisita in forma di apologo tragicomico i temi della morte, del mito, della congiunzione di sacro e profano, spogliati della loro drammaticità, decantati da una vena ingenua, nostalgica, straordinariamente arguta.» Dall’introduzione di Ugo Casiraghi.
"Questo volume raccoglie le sceneggiature di tre film tra i più intensi e poetici di Pasolini: opere che al loro apparire suscitarono entusiasmi, discussioni e polemiche. Nel Vangelo secondo Matteo (1964) Pasolini esplora la figura sociale di Cristo e il rilievo storico del suo messaggio, dipingendo un Gesù più feroce contro i ricchi che contro i duri di cuore. Nell'Edipo re (1967), la tragedia di Sofocle viene riletta in una luce inedita: la vicenda del sovrano di Tebe segna l'imporsi dei tempi circolari della vita e del mito su quello lineare della storia. In Medea (1969) Pasolini rappresenta nuovamente il conflitto tra una visione religiosa e una visione illuminista e razionalista del mondo." (dalla prefazione di Morando Morandini)
Generoso difensore dei diritti umani, fondatore della comunità Emmaus, l'Abbé Pierre da decenni si occupa della difesa di poveri, clandestini, disoccupati, immigrati. Oggi, a 93 anni, ha pubblicato questo libro-confessione, in cui si misura con i grandi temi dell'esistenza e i nodi irrisolti del cattolicesimo: il peccato originale, Gesù e Maria Maddalena, celibato e castità dei sacerdoti, il fanatismo religioso e la crociata di Bush, i matrimoni gay, il problema del male e della sofferenza, il rapporto del cristianesimo con le altre religioni. Tutte questioni fondamentali che l'Abbé Pierre affronta con semplicità e franchezza.
Paesaggi, umori, incontri, riflessioni, racconti di un viaggiatore sterniano che ripercorre con pietas e humor il vecchio fiume, dalle sorgenti al Mar Nero, ripercorrendo insieme la propria vita e le stagioni della cultura contemporanea, le sue fedi e le sue inquietudini. Un itinerario fra romanzo e saggio che racconta la cultura come esperienza esistenziale e ricostruisce a mosaico le civiltà dell'Europa centrale, rintracciandone il profilo nei segni della grande Storia e nelle effimere tracce della vita quotidiana.