Rallentare il ritmo. Ascoltare gli altri, rivolgere maggiore attenzione alle cose che ci circondano. E indulgere, perché no, al dolce far niente. In un mondo dominato dalla fretta (di arrivare primi, di diventare grandi, potenti, ricchi), a volte fa bene resistere all'imperativo della velocità e dell'efficienza È il modo più saggio di stare al mondo, secondo un maestro del saper vivere come Pierre Sansot In questo elogio della lentezza, una voce fuori dal coro ci esorta in maniera divertente e contagiosa a dare al tempo qualche chance in più: aspettare, passeggiare senza meta, sognare, scrivere, gustare la buona tavola e il buon vino. Assaporare ogni giorno e ogni istante, fino in fondo.
Questo libro offre una nuova visione del mondo. La prospettiva che cambierà le nostre idee sulla società e ispirerà le nostre scelte quotidiane. Ci aiuterà a comprendere come il nostro corpo si protegge dalle malattie e le specie viventi si evolvono, come la libertà d'impresa crea prosperità e il genio si trasforma in innovazione. La chiave di tutto è l'antifragilità. Sappiamo che la nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio degli eventi inaspettati. Ma l'incertezza non è solo una fonte di pericoli da cui difendersi: possiamo trarre vantaggio dalla volatilità e dal disordine, persino dagli errori, ed essere quindi antifragili. Medicina, alimentazione, architettura, tecnologia, informazione, politica, economia, gestione dei risparmi: sono solo alcuni dei campi di applicazione pratica in cui Nassim Nicholas Taleb ci accompagna, con l'ironia e la verve polemica che lo hanno reso celebre. Attingendo da uno sconfinato repertorio di episodi storici, fenomeni biologici e naturali, curiose esperienze personali, unendo la logica alla scettica saggezza degli antichi e allo spirito pratico dell'uomo della strada, Taleb è riuscito nel tentativo di creare una guida eclettica, scanzonata e iconoclasta per orientarsi in un mondo imprevedibile e dominato dal caos, il mondo del Cigno nero.
Di fronte alla grande espansione della comunicazione digitale, i giovani romanzieri anni duemila tendono a reagire spettacolarizzando la scrittura: puntano a emozionare il lettore con le trovate effettistiche, il gioco delle coincidenze a sorpresa, le scene madri. Non sono più i tempi in cui far commuovere chi legge era ritenuta una procedura mistificante, addirittura disonesta. Adesso, risvegliare la sensibilità dei destinatari, galvanizzandone il pathos, vale come un incentivo a non assopirsi nel ristagno conformista di una vita senza vita. E così riscoprire il fervido piacer del pianto, tanto caro al più autentico romanticismo psicosociale.
Nel novembre 2011, dopo un anno tormentato per l'Italia e per il mondo, Silvio Berlusconi cedeva la leadership politica a Mario Monti, nuovo capo del governo. Una svolta, nel bene e nel male. È stato allora che negli atteggiamenti pubblici e privati degli italiani si è imposta una nuova sobrietà, in opposizione alla consolidata barbarie. In "Un velo di sobrietà", Pier Aldo Rovatti rielabora gli editoriali scritti per "Il Piccolo di Trieste" più di sessanta "scene" suddivise in quattro sezioni tematiche: "La cattiva politica e quella buona", "Capitale umano", "Dentro la vita quotidiana", "Quale cultura". Con l'arma affilata della critica filosofica, Rovatti commenta gli eventi che dal maggio 2011 all'ottobre 2012 hanno segnato la realtà italiana e non solo. Dalla vittoria elettorale di Giuliano Pisapia a Milano alla spending review, al rigore dei ministri-professori; dal caso Lusi al neopopulismo di Beppe Grillo. E ancora, il naufragio della Costa Concordia; il corteo degli indignati a Roma nel 2011, sfociato in guerriglia urbana; i terremoti geologici e quelli finanziari; il limbo dell'università riformata; la medicalizzazione come modello diffuso; le nuove sfide della genitorialità; l'immagine femminile a lungo mercificata e svilita. Affrontando temi come questi, Rovatti promuove un uso non disciplinare della filosofia, che si concretizza in una pratica di lettura e scrittura per frammenti, a creare pause di riflessione nel flusso concitato della cronaca.
Il buio di una chiesa. Il rito sacro, l'odore di incenso. Fuori l'aria bruciata dal sole del Sud. Una ragazza di sedici anni sembra essersi dissolta. È la mattina del 12 settembre 1993 e lei si chiama Elisa Claps. La sua famiglia non resta inerte, cerca la verità, ricostruisce i fatti, ossessionata dall'incontro di Elisa con Danilo Restivo, un ragazzo poco più grande di lei con l'inquietante abitudine di tagliare ciocche di capelli alle donne. Gli anni passano, le ricerche della polizia e della famiglia Claps sono ferme in un vicolo cieco, sviate da false prove - avvistamenti, soffiate e depistaggi. E Restivo, indagato, è inspiegabilmente protetto: dal padre, notabile di Potenza, dal parroco della chiesa, custode di altri segreti, e da quel medico che si dice abbia stretto rapporti con la criminalità locale. Novembre 2002. Bournemouth, Inghilterra. Un minuscolo edificio di mattoni rossi in una fila di case tutte uguali. Il portone, il salottino, la radio accesa, il bagno. Il corpo della quarantottenne Heather Barnett riverso sul pavimento, orrendamente mutilato, con ciuffi di capelli tra le dita. La polizia interroga la vicina, Fiamma Marsango e Danny, il suo convivente, conosciuto in chat e arrivato sei mesi prima dall'Italia. All'anagrafe, Danilo Restivo. Nel marzo 2010 i resti di Elisa Claps vengono rinvenuti, occultati, nella chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Tobias Jones, con spirito polemico e acuto, scandaglia i fatti che hanno inchiodato per diciassette anni spettatori e lettori.
"Non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,3). Oggi quell'Unico Dio si è disciolto come una montagna di ghiaccio. Con questa immagine sconcertante si apre l'inconsueto saggio di Ferruccio Parazzoli, dove il sublime e l'abisso si incrociano. Con l'eclisse del Dio Unico è crollato il pilastro a cui, in obbedienza e in rivolta, stava abbarbicata la cultura occidentale. Muore la rivolta metafisica, muore la tragedia cristiana, la grande creazione artistica nata dopo il Golgotha. L'autore rifugge da quello che definisce il pensiero ordinato del linguaggio debole, frutto dell'odierno nichilismo di massa, della "pappa del niente" di cui si nutre l'uomo contemporaneo, morto alle grandezze di ogni mitologia. La scrittura di Parazzoli è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, è la messa in scena di un dramma dove il Vecchio Dio di Abramo è caduto dietro le quinte, ma dove sul palco non è mai comparso quel Dio Padre che Gesù chiamò dalla croce. A capitoli di lucido sconcerto sull'attuale disorientamento dell'uomo occidentale ("Gli sciamani non volano più", la piatta orizzontalità dell'arte contemporanea; "Apologia del rischio", la perduta eroicità di Prometeo), si alternano capitoli visionari ("La tenda gialla", confine tra vita e morte; "Il discorso di Gesù morto", dove la vittima rivendica il proprio vittorioso fallimento). Fino alla chiusa commovente y final de "La cerimonia dell'addio". Un appassionato j'accuse. Prefazione di Vito Mancuso
C'è stato un tempo in cui eravamo uomini degni. Nella mente di Ahmed Maher riecheggiano le parole pronunciate dal padre quando lui era bambino, ora che è un capo rivoluzionario, ora che il mondo arabo è in fermento, ora che la Storia sembra chiamare i giovani a combattere le tirannie. Anche noi, in Egitto, possiamo farcela, pensa Ahmed Maher, così com'è successo in Tunisia dopo il martirio di Mohamed Bouazizi. Riconquistiamo onore e libertà, subito. Tanti altri, al Cairo, la pensano come lui. Sono Khaled el Sayed, Abdul Rahman Samir, Sally Toma, Zyad el Alaymi, Islam Lutti... Studenti, esperti informatici, avvocati. Membri di gruppi politici e religiosi differenti, uniti nella stessa causa: formare un fronte di resistenza attiva contro il governo di Hosni Mubarak, presidente-monarca in carica da trent'anni. Sono la prima generazione "social". Comunicano tramite Twitter, postano su YouTube i video degli scontri, si danno appuntamento dalle pagine Facebook in luoghi segreti della città, formano cortei di protesta che confluiscono in un'unica "marea vibrante" nel centro nevralgico di piazza Tahrir. Nasce così, tra il 25 gennaio e l'11 febbraio 2011, quella rivolta che in breve tempo, "il tempo che impiega un'idea a diventare un sentimento", porterà alla deposizione di Mubarak. Migliaia di voci unite in un grido: "Chi vuole cambiare venga a Tahrir!". Prefazione di Gad Lerner.
La terza cultura è una comunità internazionale di artisti, filosofi, scienziati e scrittori, ma non solo, impegnati in un dialogo creativo-costruttivo, che si pone come obiettivo la promozione di nuove teorie e pratiche umane. Emanazione di Edge Foundation, creata nel 1998 dall'agente letterario americano John Brockman, questa comunità ha svolto e svolge un ruolo decisivo nel riconoscimento dei valori della ricerca, in ogni campo, quali risorse essenziali della società democratica moderna. Il confronto aperto e serrato tra gli esponenti di diverse attività intellettuali concorre al superamento della contrapposizione tradizionale tra cultura umanistica e cultura scientifica, definendo una nuova sintesi, costituita appunto dalla terza cultura. Questo libro, curato da Vittorio Lingiardi e Nicla Vassallo, nello spirito di Edge, intende offrire una prima ricognizione della volontà innovativa della cultura italiana. Sollecitati dalla domanda "Da quale prospettiva guarda la terza cultura, e quale terza cultura in Italia?", più di ottanta autori ricostruiscono, in brevi, incisivi interventi, sforzi, frustrazioni, innovazioni, progetti, tensioni della ricerca. Terza cultura è il primo passo di un progetto più ampio, con l'ambizione di creare una comunità italiana, che, attraverso una pluralità di strumenti, si confronti, discuta, si contamini. Lo scopo è sostenere la diffusione della ricerca fra tutti gli strati della società.
Questo libro parla di libertà. Libertà violata, vilipesa, offesa. Libertà inseguita e raggiunta a costo della privazione della libertà. Questo libro parla di coscienza. E di obiezione di coscienza. Dei pacifisti che dicono no alla divisa e che sono finiti in carcere. Dei medici che dicono no a una donna che decide consapevolmente di interrompere la gravidanza. Dei farmacisti che dicono no a una ragazza che chiede la pillola del giorno dopo. Questo libro parla di italiani. Storie di italiani come Agostino Manni, punito per non aver voluto servire la patria imbracciando le armi. Storie di italiane che hanno subito un aborto tardivo, costrette al dolore perché l'anestesista è obiettore di coscienza. Storie di italiani che hanno fatto della propria libertà di coscienza un inno e storie di italiani che, in nome dell'obiezione di coscienza, privano gli altri della loro libertà. Dalla leva militare all'aborto, dalla sperimentazione animale fino al rifiuto del parto cesareo, Chiara Lalli, in un intreccio di storie di vita e riferimenti pop - dal dottor House a Simone Cristicchi -, ci racconta come cambia l'obiezione di coscienza. E come diventa irriconoscibile.
Si può fare così la storia d'Italia. Scoprendo ogni giorno il fatto che accade. Sedendo in prima fila e guardandosi intorno. Ascoltando. Catturando. Registrando gli eventi quotidiani con gli occhi curiosi della cronista ironica. Raccontando, attraverso i suoi occhi e la sua mano, una storia, scritta al presente, che diventa Storia. Una storia italiana. Una storia italiana fatta di stelle che splendono, spendono, spandono e si spengono. Divi che fioriscono, sfioriscono, appassiscono; si sposano, sperano, si disperano. Donne che fanno le maestre, le commesse, le operaie. Una storia italiana. L'Italia della moda. Delle gonne che si accorciano, si allungano, si stringono, soffocano il ginocchio, lo liberano. Dei corpi. Dei seni che si gonfiano, si sgonfiano, si nascondono nei push up. Dei visi angelicati, indemoniati, plastificati. Delle sfilate. C'è silenzio lì, tra la folla. Tutti aspettano le modelle, con i loro abiti. Tutti aspettano di sapere come dovranno vestirsi, trasformarsi, camminare domani, oggi pomeriggio. Tra un'ora. Sfilano in passerella le modelle. C'è silenzio sacrale. C'è l'applauso finale. Allora: saremo tutti vestiti di viola. Sfilano, tra queste pagine, grandi attori, attorucoli e comparse. Rockstar, stilisti e affaristi. Ereditiere di Milano, contadine di Ravenna e domestiche di Genova. Le lunghe estati calde in Riviera, gli amori nascosti, gli amori annunciati, gli amori finiti.
Virginia Woolf non fu solo la grande romanziera che tutti conosciamo, ma anche una raffinata saggista, una critica acutissima, un'instancabile pubblicista. Lettrice onnivora e anarchica, cercò nei libri "una forma per il caos", vi trovò universi abitati da creature umane, con cui intrecciare ininterrotte conversazioni. Fin dalle prime recensioni lavorò senza pregiudizi: che si trattasse di epistolari, memorie o biografie, saggi critici o romanzi, autori celebri o emeriti sconosciuti, lo studio preparatorio era accurato, il giudizio schietto. La curiosità la guidava senza alcun preconcetto, alimentava i suoi piaceri più intensi, leggere e scrivere, due atti annodati fra loro, due oscure potenze che, fino alla fine, si definirono e si alimentarono reciprocamente. Le qualità della sua penna erano forza, grazia e trasparenza. La sua lingua, ironica e originale, ha attraversato il tempo e lo spazio con una immediatezza folgorante. Femminista, nel senso proprio della consapevolezza di essere una donna, dalla sua scrittura non traspare mai una lagna, nessuna recriminazione, con lei vediamo al lavoro un occhio lucido e spietato, che non perdona, ma spesso sorride e fa ridere. "Pensare le cose come sono" e "dire la verità" le bussole di sempre. In una parola, integrità: "Seguire il proprio istinto, usare il proprio cervello, trarre le conclusioni da soli".
Scrutare nel nostro futuro attraverso il dialogo tra scienza e cultura.
Comunicheremo solo con il pensiero. Sostituiremo il nostro cervello con i chip di un computer. Abiteremo su altri pianeti e sconfiggeremo la morte grazie a corpi meccanici. Sposeremo finalmente robot fatti su misura.
La nostra vita cambierà, tutto cambierà. Ma che cosa sarà a modificare davvero il nostro futuro?
A questa domanda, lanciata da John Brockman nell’influente forum scientifico The Edge, rispondono le più autorevoli voci della scienza e della cultura contemporanee, da Chris Anderson a Richard Dawkins, da Lisa Randall a Nassim Nicholas Taleb, da J. Craig Venter a Ian McEwan.
Sulla scia del visionario esprit poétique del progetto Edge, Come cambierà tutto traccia una nuova via del futuro, in cui le interazioni tra scienza e cultura saranno le principali forze agenti.