All’inizio del secondo decennio del XXI secolo la terra si presenta abitata da circa 7.000 milioni di persone, che si possono considerare divise in circa 2.000 milioni nei paesi industrializzati (Nord America, Europa, Russia, Giappone, Australia), in circa 3.000 milioni nei paesi in via di industrializzazione (Cina, india, Brasile, Sudest asiatico, eccetera) e in circa 2.000 milioni nei paesi poveri e poverissimi, per lo più in Asia, Africa, America latina.
Si usa caratterizzare i diversi paesi e il loro sviluppo economico con l’indicatore PIL, prodotto interno lordo, un numero che indica la quantità di denaro che scorre attraverso ciascun paese in un anno. Le singole persone tuttavia non mangiano, non si muovono, non abitano, non comunicano con i soldi, ma con delle cose materiali, tratte dalla natura e trasformate in prodotti commerciali, utili: grano e benzina, cemento e acqua, eccetera. Anche i beni apparentemente immateriali, come il parlare, la stessa felicità e dignità umana non sarebbero accessibili se non ci fossero fili elettrici, telefoni, abitazioni decenti, letti di ospedale, banchi di scuola, tutti «beni» fatti di metalli, legno, plastica, eccetera.
«Dentro» ciascun oggetto, ciascun prodotto fabbricato, ciascuna merce, ci sono materie fisiche, ma anche storie di personaggi, di inventori, di lavoro, di fatica umana.
Questo libro vuole raccontare alcune di queste storie di sostanze chimiche e di persone. È intitolato «dizionario» perché gli argomenti sono predisposti in ordine alfabetico, ma naturalmente si tratta di pochi argomenti rispetto all’universo quasi infinito di merci e oggetti che ci circondano.
I filosofi del Settecento scrissero un dizionario delle cose tecniche, intitolato Enciclopedia ragionata delle arti e mestieri. I chimici dell’Ottocento scrissero vari dizionari ed enciclopedie merceologiche, con un numero sempre più grande di «voci» a mano a mano che arrivavano altre innovazioni tecniche. Oggi sarebbe praticamente impossibile scrivere un dizionario universale delle merci e delle cose materiali.
Il lettore dovrà accontentarsi di queste poche schede che riguardano una minima frazione dei circa 60 miliardi di tonnellate di materiali che circolano intorno a lui, fra alimenti, fonti di energia, macchinari e manufatti industriali. Acqua esclusa, perché quella entra ed esce dalle case, dai campi e dalle fabbriche di tutto il mondo in ragione di circa 4.000 miliardi di tonnellate all’anno.
Se il lettore sarà incuriosito e indotto a guardarsi intorno con un po’ di curiosità e meraviglia per il mondo delle cose che gli permettono di vivere e lavorare, l’autore si sentirà soddisfatto.
Questo libro introduce un concetto fondamentale per le future sorti dell'umanità. Estranei alla dimensione privata e al valore commerciale, ma anche all'alternativo privato e statale, i beni comuni sono riemersi nella notte dei tempi diventando la bandiera dei movimenti progressisti mondiali che cercano una via d'uscita dal capitalismo. Il recupero dei diritti delle comunità sui beni comuni, la loro riappropriazione delle risorse naturali rappresenta un nuovo paradigma di società organizzata a livello locale e a partecipazione democratica, ecologicamente sostenibile, integrativo e in parte anche sostitutivo del mercato, da rilanciare anche nei paesi del Nord.
Una radicale messa in questione del sistema economico mondiale
Il capitalismo era così inevitabile come spesso si afferma e si suppone? Il modo di produzione capitalistico e la sua struttura sociale furono migliori o peggiori rispetto ad altri modi sperimentati dalle società umane? Jaffe cerca la risposta sul piano storico e su quello politico. Ripercorre a grandi tappe la storia delle maggiori aree del mondo e ne mostra le variate linee di sviluppo, interrotte tutte dall’impatto violento con il mondo dei soldati, degli amministratori, degli imprenditori, che dall’Europa e poi anche dagli Stati Uniti d’America si impadronirono dei loro commerci e della loro economia, determinandone le trasformazioni politiche e sociali. Questo dominio produsse innumerevoli vittime, distrusse città e opere d’arte, destrutturò economie e reti di commercio, con un bilancio che resta fortemente negativo per la maggior parte del mondo, che lo subì. Dall’inizio e fino ad oggi, prima il colonialismo, poi l’imperialismo alimentano in modo decisivo il capitalismo occidentale. Questo processo disegna la grande divisione tra i paesi che producono il plusvalore del mondo e i paesi che lo incassano. Marx capì l’importanza essenziale del colonialismo per la nascita del capitalismo, ma, contrariamente a Lenin, gli sfuggì il ruolo determinante che esso continuava ad avere, nella forma dell’imperialismo. Malgrado le aspettative del marxismo eurocentrico, nei paesi che vivono del plusvalore internazionale e lo redistribuiscono al loro interno non si è mai formata una classe in grado di realizzare una rivoluzione socialista, tanto meno di guidarne la diffusione mondiale. Le uniche rivoluzioni socialiste cui abbiamo assistito nel secolo scorso sono avvenute in alcuni dei paesi produttori di plusvalore, i cui contadini e operai lottarono per liberarsi dalla dipendenza dal capitalismo. Se il parametro di giudizio è l’umanità che compie il suo destino di libertà e uguaglianza, possiamo ancora dire che il capitalismo fu necessario?
Una approfondita critica al sistema capitalista internazionale
Per comprendere il capitalismo, o meglio i capitalismi nelle varie forme assunte nell'attuale fase di mondializzazione, dobbiamo rispondere ad alcune domande fondamentali: come si organizza il lavoro? Come funzionano i mercati? Chi determina l'ammontare dei profitti e l'ammontare dei salari? Chi determina le tecnologie? Perché alcuni lavoratori guadagnano più di altri? Che cosa è una crisi e quando assume un carattere strutturale invece che congiunturale? Le risposte che si possono dare a questi interrogativi dipendono in larga misura dalla prospettiva con cui guardiamo la realtà economica, cioè dal tipo di teoria che si decide di adottare per interpretarla. Questo lavoro ha un oggetto delimitato nel tempo e nello spazio. Non è un'esposizione della cosiddetta "economia pura", ma si offre come guida alla comprensione della fase attuale di mondializzazione della produzione e riproduzione sociale in forma capitalistica e della sua crisi strutturale e sistemica, con riferimenti alla teoria del modo capilatistico di produzione come processo complessivo. In questo senso si tratta di economia applicata e non della dizione accademica che individua le varie economie applicate: all'ambiente, all'ingegneria, alla sociologia, ecc. Per giungere a tale risultato, ci vuole quella "cassetta degli attrezzi" che ha permesso a Marx di appropriarsi degli strumenti dell'economia politica per poi sottoporli a critica serrata, realizzando quindi, sempre in chiave scientifica, una teoria complessa per il loro superamento e, con esso, per il superamento del modo di produzione capitalistico.
Questo libro presenta il grande tema della flessibilità nel mondo del lavoro rivolgendo l'attenzione alle categorie sociali più coinvolte dal fenomeno, i giovani e i protagonisti dei nuovi lavori emersi nell'ultimo decennio soprattutto. L'accesso al mondo del lavoro, purtroppo per molti giovani italiani, non avviene in base al merito, ma ad altri fattori che potremmo definire di tipo familiare. Molto spesso è la famiglia di provenienza a determinare lo sbocco professionale dei ragazzi e quindi anche la mobilità sociale. Una recente ricerca rivela che i figli di imprenditori, professionisti, dirigenti, impiegati di livello elevato, pubblici e privati, hanno una probabilità di permanere nella stessa categoria, 17 volte superiore ai ragazzi di altra condizione. In altri paesi equiparabili all'Italia, come la Germania, le probabilità sono 7 volte superiori e negli Stati Uniti 6 volte circa. Il mondo del lavoro oggi è caratterizzato da una molteplicità di novità e innovazioni. Molti sono i cambiamenti intervenuti che hanno mutato il volto del mercato del lavoro rispetto al passato, quando l'omogeneità e una chiara identificazione dell'apparato produttivo e della forza lavoro costituivano l'elemento distintivo del sistema di produzione dominante.
Questo libro muove da una critica radicale all'ideologia dello sviluppo e della crescita economica e si propone come un accessibile manuale di introduzione al concetto e alla pratica della decrescita. È quindi animato da una chiara intenzione pedagogica che lo rende accessibile e "leggero" pur toccando tutti i campi della conoscenza, tutti gli angoli di visuale del problema: materiali, psicologici, sociali, economici, tecnici, poetici e politici. Queste pagine hanno il pregio di conservare la sostanza di anni di dibattiti e ricerche sul tema della decrescita ordinando l'argomentazione con chiarezza, rigore ed efficacia. Così il libro muove dal perché al come, dallo stato delle cose e delle cause di questo stato fino all'esplorazione di piste concrete per uscirne.
La nascita e la successiva perversione del capitalismo moderno in Italia, attraverso le biografie dei capitani d'industria e le cronache dell'affermazione e declino delle loro imprese, ripercorrendo le tappe della nascita e della liquidazione del capitalismo di stato, sostituito dall'allegra gestione delle privatizzazioni dell'ultimo decennio: di questa storia parla il libro. Mentre in altri paesi il capitale ha continuato a effettuare investimenti produttivi capaci di creare buona occupazione, le grandi fortune industriali del Belpaese si sono presto convertite in investimenti finanziari, manovre bancarie e di Borsa, acquisti e fallimenti ad arte che non generano ricchezza sociale, erodendo progressivamente i livelli occupazionali dell'industria, dell'amministrazione pubblica e dei servizi. La finanziarizzazione, il ricorso continuo alla sovvenzione (non al sostegno) statale e l'illegalità che pervade la pratica economico-politica in Italia, ancora in attesa dagli anni di Tangentopoli di una ponderata riflessione storica e politico-economica, sono le risposte asfittiche di un gruppo imprenditoriale oggi più che mai incapace di confrontarsi con i mercati esteri, con la sfida delle esportazioni, con i competitori internazionali. Tutto lascia pensare che l'attuale fase di crisi del sistema industriale e, più in generale, del sistema economico italiano oltrepassi il livello delle contingenze e abbia radici più profonde.
"Che cosa ci permette di dire che con questo volume su "Che" Guevara economista non si sta facendo né un'opera di amarcord, né una filologica memoria di un dibattito da veteromarxismo tra Guevara e il manuale di economia sovietico dell'epoca? Due sono le risposte che rendono questo libro uno strumento di conoscenza e di lavoro attuale. La prima, estrinseca, la constatazione che molti sono i Paesi che si trovano oggi in situazioni similari a quella di Cuba alla fine degli anni '50, ognuno con le sue peculiarità, ma tutti gravati da una mancanza di sovranità alimentare e dalle regole del giogo economico internazionale. La seconda, intrinseca: per rendere un Paese indipendente sul piano economico, transitandolo fuori dall'economia coloniale capitalistica in una società socialista, occorrono scelte economiche sia di largo orizzonte che peculiari alla situazione. Pianificazione, sistema statale con distribuzione di budget alle imprese, compresenza della legge del valore e del mercato nella transizione: questi sono gli strumenti economici che, non disgiunti dal grande tema della responsabilità umana in un processo di cambiamento, qualsiasi società che volesse uscire dalla morsa di ciò che chiamiamo globalizzazione liberista dovrebbe, accanto ad altri, affrontare."
Questo lavoro è di grande importanza in un momento in cui è particolarmente forte il bisogno di un testo chiaro, completo e critico nel campo della politica economica. Vasapollo offre allo studente o al lettore interessato i concetti e gli strumenti classici della tradizione dell'economia politica, sviluppandone sistematicamente la critica senza eccessivo formalismo.
L'idea di decrescita fa paura. È dunque opportuno proporre una dimensione che renda desiderabile la sua ineluttabilità, intuita da una parte crescente dell'opinione pubblica, cosciente dell'impossibilità di sostenere la chimera di una crescita infinita su un pianeta dalle risorse limitate. Questo piccolo libro si rivolge a coloro che desiderano opporsi al credo della crescita economica illimitata su un pianeta con risorse limitate. Vuole essere un manuale a uso degli "obiettori della crescita". Le pagine qui proposte potrebbero allora servire a non lasciarsi imprigionare nelle arguzie e nei sofismi dell'economismo dominante, liberando così energie e prospettive che, solo a prima vista, possono apparire irrealizzabili.