Il più noto paleoantropologo europeo, scopritore di Lucy e di altri nostri antenati, non si è mai ritratto di fronte alla responsabilità di raccontare la preistoria al largo pubblico. Questo volume nasce infatti da interviste di grandissimo seguito realizzate dalla radio francese. L'autore ha però riscritto ogni intervista costruendo una vera storia della preistoria, dai pre-umani a tutte le specie che il genere Homo, cioè noi, abbiamo attraversato sino ad arrivare a un'epoca intorno alla nascita di Cristo. I primi sette capitoli sono perciò un grande mosaico che attraversa milioni di anni, dai dinosauri al mondo romano. Ma il mosaico è fatto di tessere ben identificabili, ognuna è un racconto, un'avventura appassionante. Coppens infine, nell'ultima parte, ci insegna i metodi con cui studiosi come lui hanno "fatto preistoria". La preistoria è infatti una scienza storica che l'uomo ha via via articolato e costruito anche con mezzi nuovi rispetto a quelli utilizzati per la storia antica o moderna. La preistoria appare appassionante: si va dallo studio dei denti degli uomini fossili al sincrotrone, e si incontrano i grandi personaggi che l'hanno concepita, a partire da Darwin e Lamarck. Coppens li guarda divertito e suggerisce che anche il secondo dei due potrebbe tornare alla ribalta. L'autore insiste inoltre su un suo grande tema: l'influenza dei cambiamenti climatici sull'evoluzione.
La genialità di Pavel Florenskij, "Leonardo da Vinci russo", grande filosofo e scienziato nei primi decenni del secolo scorso, si colloca pienamente all'interno della grande tradizione di un popolo. Il filosofo russo pone, infatti, al centro della sua ricerca la questione della istina, cioè della verità vivente. La verità vivente pulsa dal di dentro della struttura dell'io e lo interroga riguardo alla questione del rapporto con la sua origine. La vita non consiste in una neutrale opacità, ma in una domanda rivolta al soggetto e perennemente rinnovata. La vita cioè costringe il soggetto a rivedere la concezione e gli schemi del suo discorso. Florenskij raccoglie la sfida, affrontando l'avventura del sapere con uno sguardo differente. Questa sfida non fu solo scientifica, ma fu una opposizione radicale al regime stalinista sovietico, che in un primo tempo lo tollerò per sfruttare le sue capacità e innovazioni scientifiche e poi lo giustiziò come dissidente. La ragione che egli prospetta è costituita da un'alterità generativa, che istituisce l'io nella forma della testimonianza. Tale ragione allargata dall'accoglienza profonda del mistero è in grado di giungere fino alla testimonianza. Il martirio del filosofo, in tal senso, è il vivo compimento di un pensiero. Le antinomie della vita e della storia non costituiscono per Florenskij una paralisi della ragione, ma sono occasioni sempre nuove e drammatiche per pensare la grandezza e la libertà di un destino donato.
Nel secolo più sanguinoso della storia umana, caratterizzato da un'inusitata violenza coloniale nei confronti di Africa, Asia e America latina e da totalitarismi devastanti, abbiamo visto venire alla luce i fabbricanti di arcobaleni. L'autore si riferisce a figure illuminanti come Gandhi o Martin Luther King, a movimenti e a statisti facitori di istituzioni come quella dei "paesi non allineati" di Bandung o alla stessa Società delle Nazioni. Gli esiti sono stati i più diversi: le guerre attuali sembrano occultare i tentativi e le istanze di pace, ma l'opera di Cantini è una vera storia, incontrovertibile, di chi ha scelto la pace come metodo. Mancava una storia degli operatori di pace; gli evidenti limiti di molti tentativi nulla tolgono a un nuovo orizzonte che si fa luce in contrasto col persistere delle guerre e del loro rinnovarsi, specie in Medio Oriente. Nel libro si segue l'evoluzione del movimento degli obiettori di coscienza nei vari paesi e di coloro che sempre più numerosi rifiutano la guerra in generale. Si ripercorrono le lotte per il disarmo condotte dagli scienziati, dagli uomini di cultura, dalle organizzazioni pacifiste e da singoli e singolari testimoni. Si raccontano le ormai molto numerose lotte non violente dell'ultimo secolo e le loro vittorie raggiunte senza sangue nelle varie parti del mondo. Si analizzano i successi e gli insuccessi della Lega delle Nazioni e delle Nazioni Unite nel corso della loro storia.
W.E.B. Du Bois (1868-1963), fautore dell'emancipazione dei neri americani e del movimento pan-africano, sociologo e storico, sostenitore di un approccio analitico interdisciplinare con metodi attenti alla vita quotidiana degli individui, ha contribuito alla diffusione della sociologia dall'ultimo decennio del XIX secolo. Dall'indagine su Farmville (1898) a quella sui neri a Philadelphia (1899), alle ricerche realizzate durante la permanenza nel Dipartimento di Sociologia dell'Università di Atlanta (1897-1910; e poi 1934-1944), Du Bois, con linguaggio drammatico e pacato, racconta la sua esperienza di ricerca sulla condizione e realtà del popolo nero, del quale considera assetti e contraddizioni, segregazione e processi di autonomia. Egli innova e consolida la prima tradizione sociologica di ricerca, e realizza studi di comunità, analisi della popolazione, indagini su devianza, criminalità, religione, scuola e formazione, salute, in una rappresentazione attenta alla vicenda americana e alla radice africana dei neri. "Sulla sociologia" contiene i capitoli della sua autobiografia (1968) dedicati ai periodi di ricerca a Philadelphia e ad Atlanta. Il volume presenta inoltre il testo della conferenza "Un programma per una società di sociologia", tenuta ad Atlanta nel 1897, saggio nel quale l'autore riassume i suoi orientamenti sul ruolo della disciplina in una specifica iniziativa. Raffaele Rauty, in un breve e denso saggio, delinea i tratti di una biografia intellettuale.
"Con 'La caccia spirituale', Massimo Morasso mette in scena uno degli spettacoli poetici più originali di questi anni: ispirato alla grande linea della poesia alta di Rilke e Yeats, visionario e mito-poietico, fonde rivelazione e misticismo, fuoco lirico e narrazione epica, dove la poesia è intesa come ricerca totale di conoscenza. Sapienziale e svelante, nelle sue tre sezioni il libro offre una rappresentazione dell'agonismo dell'anima nel corpo cosmico: '"Non c'è un movimento del tempo/ nessun movimento nel tempo,/ il tempo inizia e seguita a iniziare nel principio,/ ci sono i suoni che picchiettano la mente, e quei migranti/ respiri di altra vita, le mitragliette/ dei vuoti che si inseguono/ per strada, un clacson, un bobtail che latra [...]". La lezione di Coleridge, Novalis, la visionarietà che nella poesia diviene natura e scienza, l'esplorazione avventurosa e profonda delle grandi tradizioni religiose nella ricerca dell'unità dell'essere: il tutto in un poema dove gli uomini si incontrano, la folla fluttua sciamando nella città come accade quando la poesia vuole essere teatro del mondo. Al centro Genova, la città dei poeti rabdomanti, la capitale portuale che cela gli enigmi della navigazione e della terra, palpitante città-universo. Morasso è autore di un'opera saggistica e critica originale e profonda, la sua cultura e il suo background non sono limitati, nello spazio e nel tempo, ma straordinariamente contemporanei." (R. M.)
In un'isola tropicale dei Caraibi, Zoocrate Zacharie, "Grande Elettrificatore delle anime", è a capo di una feroce dittatura. Henri Postel, ex senatore della deposta Repubblica, è condannato a diventare un piccolo bottegaio. In procinto di esiliarsi e di uccidere un usuraio al servizio del regime, Postel scopre che c'è la gara nazionale dell'albero della cuccagna e decide di partecipare per sconfiggere moralmente il tiranno. Ad aiutarlo sono un vecchio calzolaio, Sora Cisa (mambo-sacerdotessa vudu) ed Elisa Zaza Valéry. Sora Cisa gestisce, secondo i riti vudu, la preparazione di Postel alla gara. Elisa Zaza Valéry entra in questa ritualità dando al protagonista, con la dedizione d'animo e la carnalità del suo giovane corpo, l'energia per l'impresa del giorno successivo. L'azione e il rito iniziatico individuale diventano coinvolgimento collettivo dei depredati. Radicata già nella lontana Guinea africana delle origini, in tutta la narrazione la festa della cuccagna è riletta da magie vudu. Queste forme rituali si schierano da una parte verso il mantenimento di un regime oppressivo che diventa invincibile in forme brutali e violente, dall'altra verso l'esaltazione di un eroe estremo reso invulnerabile, che manifesta la superiorità dell'amore e dell'umanità intera. In un brusio che lentamente si trasforma in frastuono e accelera il ritmo, fino a culminare in uno sparo che sospende il tempo, si celebra la lotta rituale di questo romanzo.
Il piccolo Cro-Mignon è in una tribù di grandi cacciatori chiamati "Uomini di Cro-Magnon", che vivevano in Europa circa 35.000 anni fa. Esperti nel fare trappole, catturare e uccidere animali, si spostavano di luogo in luogo per seguire le loro prede. Spesso alzavano le tende presso caverne che usavano come santuari e che dipingevano all'interno. Erano uomini coraggiosi, rudi, esperti nella difficile arte di cacciare animali molto più forti di loro. Educavano alla loro principale attività, la caccia, tutti i figli, che sin da piccoli volevano diventare grandi cacciatori. Faceva eccezione solo Cro-Mignon, perché era troppo amico degli animali: con loro giocava, si divertiva, faceva amicizia. A nulla valevano gli sforzi del padre e del più vecchio stregone del villaggio per convincerlo ad andare a caccia. Un giorno, spazientito, il padre lo porta nel bosco, ma poi si addormenta. Nel frattempo, un enorme lupo si avvicina e, benché amico degli animali, Cro-Mignon comincia a temere, ma tutti gli uccelli del bosco corrono in suo aiuto, si lanciano sul lupo e lo beccano velocissimi. Cro-Mignon gli assesta un colpo con la clava e il padre si sveglia mentre il lupo, che avrebbe fatto paura a chiunque, fugge. Per il padre è una vittoria: riporta Cro-Mignon al villaggio, che gli fa festa dichiarandolo grande cacciatore. Età di lettura: da 7 anni.
Ben prima del Grand Tour, che nel Settecento coinvolse anche molti letterati e studiosi, ci fu il Viaggio a Roma degli artisti europei del XVI secolo, specie dei pittori, evento epocale per la storia dell'arte. Sottrarvisi non era possibile, e quasi tutti sono venuti, dalle Fiandre come dalla Spagna e dal Portogallo, dalla Francia come dalla Germania e da più lontano ancora. Si accorreva a Roma per vedere e per imparare, per copiare l'antico, per studiare Raffaello, Michelangelo e gli altri maestri ed entrare nelle loro botteghe, riuscendo talvolta a ottenere incarichi prestigiosi. Già nelle Logge di Raffaello lavorano due grandi spagnoli e un francese, a palazzo Capodiferro-Spada sono attivi giovani fiamminghi, spagnoli e francesi. Il "viaggio" poteva durare qualche mese come diversi anni, anche un decennio o più. Poi si faceva ritorno al paese d'origine, iniziati all'arte del Rinascimento e pronti a tradurla nella propria lingua e a interpretarla, raramente a rifiutarla. Alcuni invece hanno trovato fortuna altrove, come il brussellese Peter de Kempeneer, che si stabilì a lungo a Siviglia prendendo il nome, a tutti noto, di Pedro de Campana prima di risalire anch'egli nella sua città natale. Roma era il cuore dell'Europa e la formazione degli artisti non era completa senza il "viaggio". Questo volume di Nicole Dacos è l'opera di una vita, l'opera di uno dei più importanti storici dell'arte del Rinascimento.
Matthias Grünewald è uno dei massimi artisti tedeschi del Rinascimento. Ma ormai lo si deve considerare a livello europeo non inferiore a Rembrandt. Lo stile originale di questo contemporaneo di Dürer e di Holbein, autore del Polittico di Isenheim e disegnatore prodigioso, fa di lui un "visionario", le cui composizioni affascineranno gli espressionisti. Le ultime scoperte biografiche permettono di mettere meglio in luce la personalità ancora misteriosa di questo artista che era insieme ingegnere minerario e progettista di fontane, oltre che pittore. In mancanza di prove archivistiche sui suoi eventuali spostamenti, i debiti stilistici e i prestiti iconografici permettono di individuare un dialogo affascinante con le opere di Mantegna e, forse, con l'arte di Leonardo da Vinci, accostamento che sarà oggetto di discussione. Questa originalità e la consapevolezza che ne hanno avuto assai presto i contemporanei costituiscono l'oggetto di un ampio capitolo, parallelamente all'esame della sua opera. La sua tecnica pittorica, fortemente simbolica in quei tempi caratterizzati dall'alchimia, studiata in dettaglio dal Centre de recherche et de restauration des musées de France (C2RMF), rappresenta l'argomento di un capitolo redatto da uno dei suoi membri. L'ultima parte dell'opera tratta dell'eredità di Grünewald. Prefazione di Edoardo Villata.
Domani è Natale! L'albero è addobbato, la casa è decorata, tutto è pronto per la festa. Oggi è il gran giorno! Ma un misterioso invitato è arrivato nella notte... Chi sarà mai? Età di lettura: da 4 anni.
Le ville di Roma, capolavori come Villa Borghese, Villa Doria Pamphilj, Villa Madama, Villa Giulia, la Farnesina, sono parte integrante dell'immagine della città, anch'esse meta in tutte le epoche di visite ammirate, fonte di ispirazione per innumerevoli dipinti, oggetto di imitazione e spesso scenario di ambientazioni letterarie. Gli studi sulla loro storia sono stati molteplici, ma hanno riguardato, in particolar modo, i periodi di maggior splendore quali il Rinascimento e il Barocco. Si tratta di studi oramai datati, superati negli ultimi decenni da un fiorire di ricerche talvolta parziali, ma comunque utili per una conoscenza più approfondita di questo importante patrimonio di arte e natura. Altro limite degli studi, anche recenti, finora condotti sui giardini romani è costituito dalla scarsa attenzione per periodi storici considerati di minore interesse, quali il Medioevo, di fatto ignorato, o la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. Questo volume si propone di affrontare l'argomento da un punto di vista innovativo, con un triplice obiettivo: rileggere la storia del giardino a Roma dal Medioevo al Novecento, arricchendola del portato delle nuove ricerche sviluppate negli ultimi anni; mettere in luce la specificità di ogni periodo storico, presentare le interrelazioni tra i vari complessi delineando la linea di sviluppo delle ville e dei giardini romani in connessione con la peculiarità della città.
Per un buon numero di cristiani, il Concilio Vaticano II (1962-1965) è stata un'esperienza storica di straordinario rilievo, capace di infondere speranza. La Chiesa appariva riprendere coscienza di se stessa e, ad un tempo, si apriva al mondo. I cristiani laici e i sacerdoti si ritrovavano più consci del loro compito evangelico, culturale e anche sociale. La ripresa della lettura della Bibbia e la meditazione, una collaborazione riscoperta tra preti e laici, un rinnovamento liturgico, un'istanza ecumenica nuova, così come la scoperta del dialogo interreligioso e una forte responsabilità di fronte ai problemi del mondo furono alcuni tra gli importanti impulsi del Vaticano II. Che cosa è avvenuto in quegli anni? E dove siamo, a cinquant'anni dal Concilio? Con un testo di facile lettura Daniel Moulinet ripresenta, per chi non ha vissuto il Concilio e per chi lo vuol ricordare, le grandi tappe e i testi essenziali prodotti. Far memoria delle grandi dichiarazioni conciliari, di come vi si è giunti, non è la sem-plice testimonianza di un evento storico, ma un'occasione per l'uomo d'oggi di confrontarsi con alcuni passi fondamentali della fede cristiana e con la responsabilità che ne consegue.