«Seguiremo la strada della verità ovunque possa portarci», promette Francesco. È un combattente solitario. Sa che i nemici lo aspettano al varco, pronti ad attizzare il fuoco dell'opinione pubblica. Un viaggio negli ultimi anni del pontificato, i più difficili e tormentati, in un mondo divenuto improvvisamente ostile. Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento. Spira un vento di forte opposizione: «Vogliono un altro conclave», dice il cardinale Kasper. Francesco ha cambiato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e Cina. Su pace, ambiente, giustizia sociale è un'autorità morale mondiale. Ma anche lo scenario internazionale si è fatto più complesso: l'America di Trump respinge gli accordi su clima e migrazioni, temi non negoziabili per il pontefice; in Italia, intanto, su migranti e integrazione circola un populismo anti-papale; in Europa orientale divampa un cattolicesimo xenofobo. Altre preoccupazioni incombono. La Chiesa è travagliata dalla piaga degli abusi sessuali, dalla insoluta questione del ruolo delle donne, dal sensibile calo delle vocazioni. Confessa il gesuita Antonio Spadaro, intimo collaboratore di Francesco: «È un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono».
Giordano Bruno accettò il rogo per eroica coerenza intellettuale? Nei quasi otto anni che trascorse in carcere, prima a Venezia e poi a Roma, il filosofo condusse un'aspra battaglia per non soccombere, non abiurare, non morire. Decise di rovesciare il tavolo solo quando si sentì definitivamente in trappola, nell'impossibilità di salvaguardare se stesso e la sua filosofia. La scelta di salire sul rogo venne, dunque, presa solo alla fine del lungo processo. Cosa accadde esattamente in quel momento, come giunse a quella decisione e perché? Per quale ragione Bruno - a differenza di alcuni suoi illustri contemporanei, tra cui Galileo Galilei - dopo avere tanto a lungo lottato per affermare la sua verità, decise infine di chiudersi nell'ostinazione e accettare le conseguenze ultime della condanna inflitta dagli inquisitori? Perché, dopo aver più volte dichiarato la disponibilità a farlo, non pronunciò un'abiura di facciata? Il libro affronta questi interrogativi ripercorrendo l'itinerario intellettuale di Giordano Bruno nelle corti di tutta Europa e seguendo, anche attraverso documenti inediti, tutte le tappe del processo.
Le possenti mura di Costantinopoli hanno arginato per secoli le ondate di nemici che insidiavano l’Europa cristiana. Le armate dell’impero romano d’Oriente si erano trasformate nello scudo di Cristo: questa è la storia della loro lunga lotta, fino alla vittoria. L’impero romano d’Oriente visse suo malgrado per oltre mille anni in uno stato di guerra continua. La sua capitale Costantinopoli, la splendida ‘regina delle città’, non smise mai di attirare conquistatori avidi di preda dai quattro angoli del mondo: Goti, Unni, Slavi, Avari, Persiani, Arabi, Bulgari… L’impero, spesso sull’orlo della disfatta, riuscì sempre a trovare la forza necessaria per rialzarsi dopo le sconfitte. Aveva ereditato da Roma antica uno dei più potenti eserciti della storia: attraverso molti cambiamenti organizzativi, strategici e tattici, fu comunque in grado di mettere in campo armate capaci di respingere le continue invasioni. Il libro ripercorre i primi turbinosi secoli di questa storia, dalla disfatta di Adrianopoli del 378, che costrinse Teodosio I a riformare l’intero sistema difensivo imperiale, fino alle vittorie sugli Arabi e sui Bulgari, che nel IX secolo restituirono alla Nuova Roma uno spazio di dominio nei Balcani e in tutto il Mediterraneo orientale. Vengono analizzate sia la strategia dell’impero che le tattiche di combattimento, spesso all’avanguardia, delle sue armate, nonché la loro organizzazione, legata ad aspetti cruciali della vita sociale ed economica dello Stato. Al riparo dello scudo bizantino ebbe modo di prosperare e svilupparsi l’Europa latina: che però non riconobbe mai ai fratelli d’oriente il merito di aver difeso con il proprio sangue la pace di tutta la Cristianità.
Il messaggio spirituale di papa Francesco e soprattutto il suo linguaggio rappresentano novità importanti nello scenario religioso globale. Ma il pontefice è stato in grado di riformare la Chiesa e dare inizio a quella grande trasformazione che tanti cattolici e una parte dell’opinione pubblica laica attendevano con trepidazione? In questi primi cinque anni di pontificato, si è parlato di Francesco come di un rivoluzionario, interessato a cambiare radicalmente la Chiesa. È davvero così? I grandi nodi che qualunque riformatore cattolico deve affrontare sono la riforma della Curia, la dottrina morale e della sessualità, il celibato obbligatorio per il clero e il ruolo delle donne. Su ciascuno di questi punti, il libro ricostruisce le istanze di cambiamento e le risposte di Francesco. Il bilancio del papato su tutti questi fronti è decisamente deludente, e del resto riformare la Chiesa è complicato, rischioso e in definitiva inutile: l’organizzazione gode di una salute discreta, almeno fuori dall’Europa; nel vecchio continente, essa soffre di un declino simile a quello di tutte le altre grandi istituzioni religiose. La causa è un processo di secolarizzazione che non può essere arrestato da qualsivoglia riforma. In questa situazione, appare preferibile mantenere intatta la tradizionale fisionomia clericale e centralizzata dell’organizzazione, concentrando l’attenzione, anche mediatica, sui temi sociali ed economici: in questi ambiti, il papa e i gerarchi cattolici non hanno alcuna responsabilità diretta e perciò mai verranno chiamati a rispondere. Un bilancio lucido e controcorrente su una delle figure chiave del nostro presente.
Due papi medievali, Silvestro II e Giovanni XXI, siedono entrambi brevemente sul soglio di Pietro. Sono legati da un’affinità: la tradizione li definisce entrambi medici e al tempo stesso maghi. Nei tre secoli che li separano, infatti, non esiste ancora la figura dell’archiatra pontificio, cioè del ‘medico di palazzo’. Solo nei secoli successivi essa diventerà il fulcro e il mediatore del rapporto tra medicina e papato.
Giorgio Cosmacini esplora tale rapporto dall’anno Mille sino a Ratzinger e Bergoglio, attraverso l’esame di bolle ed encicliche, delle figure di alcuni archiatri con i loro interventi curativi e delle patologie relative al corpo del papa. Un corpo da intendersi nel doppio senso di corporeità fisica e corporeità metaforica legata alla natura della funzione pontificia. Particolare attenzione viene dedicata all’intervento dei pontefici sulle questioni di vita e di morte, con le loro attinenze medico-sanitarie coeve.
"Le parole usate dai papi sono importanti; tanto più in quanto il loro modo di parlare non è sempre lo stesso. Il linguaggio con cui il pastore della Chiesa di Roma si rivolge all'umanità nei momenti difficili è sempre stato espressione non solo della sua personalità individuale, ma del posto che la parola della Chiesa occupava nel mondo in quella data epoca; ed è un indizio estremamente rivelatore delle diverse modalità, e della diversa autorevolezza con cui di volta in volta i papi si sono proposti come leader mondiali. In queste pagine faremo un viaggio attraverso le parole usate dai papi nei secoli. Ovviamente la Chiesa esiste da duemila anni e nel corso di questi due millenni ha prodotto innumerevoli parole; non si tratta di renderne conto in modo esaustivo o anche solo sistematico, ma piuttosto di proporre uno dei tanti viaggi possibili, cominciando dal Medioevo per arrivare fino alla soglia della nostra epoca."
Un'epoca di sconvolgimento spirituale e culturale che travolse tutti, principi e contadini. Cinquecento anni fa la sfida di Martin Lutero all'autorità della Chiesa costrinse i cristiani a riesaminare i propri convincimenti e scosse i fondamenti della loro religione. Lo scisma successivo, incoraggiato da rivalità dinastiche e cambiamenti nell'arte della guerra, trasformò in modo radicale la relazione tra governante e governato. Le scoperte geografiche e scientifiche misero alla prova l'unità della cristianità come comunità di pensiero. L'Europa, con tutte le sue divisioni, emerse allora piuttosto come una proiezione geografica. Una proiezione riflessa nello specchio dell'America e rifratta dalla scomparsa delle Crociate e dalle ambigue relazioni con il mondo islamico e gli ottomani. Raccontando questi mutamenti drammatici, Tommaso Moro, Ludovico Ariosto, William Shakespeare, Michel de Montaigne e Miguel de Cervantes crearono opere che ancora oggi riescono a restituirci i turbamenti del loro tempo e che continuano a influenzarci. Un affresco che indaga le radici dell'eredità europea.
«Uomini, miei fratelli, temiamo Iddio e combattiamo per vendicare l’insulto arrecatogli! Proteggiamo la sovranità dello Stato dei Romani e opponiamoci ai suoi nemici... Il pericolo non sarà senza ricompensa: affrontiamolo valorosamente, e il Signore nostro Dio ci sarà al fianco e distruggerà il nemico!» Con queste parole l’imperatore bizantino Eraclio si rivolgeva ai suoi soldati nel 622, al momento di lanciare la grande offensiva contro i persiani. Nulla esprime meglio la volontà di resistenza dell’Impero, che per secoli fu costretto a difendersi da continue ondate di nemici bellicosi, che si abbattevano sui suoi confini attirati dal miraggio di Costantinopoli, la splendida ‘Regina delle città’ sul Bosforo, difesa da mura possenti e capace di resistere a tutti gli assalti. Gastone Breccia ripercorre i secoli più turbinosi e gloriosi della storia militare dell’Impero romano d’Oriente, dalla disfatta di Adrianopoli del 378, che costrinse l’imperatore Teodosio I a riformare l’intero sistema difensivo, fino alla morte di Basilio II (1025), il sovrano che sconfisse i bulgari, restituendo a Bisanzio uno spazio di sicurezza e dominio nei Balcani e in tutto il Mediterraneo orientale.
Negli otto secoli della loro storia i Domenicani sono stati protagonisti di vicende a volte contrastanti, spesso al centro del dibattito teologico e filosofico, ma anche politico: si pensi al loro ruolo nell’Inquisizione, piuttosto che alla lotta dei missionari e degli intellettuali dell’Ordine per i diritti degli indios negli anni delle conquiste spagnole e portoghesi del Nuovo Mondo. Si può dire che l’Ordine dei Predicatori rappresenti uno dei grandi attori nello sviluppo della cultura, non solo europea, nei secoli del Medioevo e poi dell’Età Moderna. Ne sono esempio l’esperienza di predicazione di Domenico di Caleruega, e il suo confronto con l’eterodossia dei ‘catari’; l’originaria, sospetta novità della speculazione di Tommaso d’Aquino e la sua sistematizzazione nel corso dei secoli; la vicenda di Caterina da Siena, breve e travolgente, fra il ritorno della Sede Apostolica a Roma e il grande scisma d’Occidente, fino alle più recenti figure di Giuseppe Girotti, morto a Dachau, e di Pierre Claverie, vescovo ucciso in Algeria. Le vite, lo studio e i conflitti dei frati Predicatori si sono svolti nello scenario a volte tormentato delle vicende del loro Ordine, nei diversi contesti ecclesiastici e storici che ne hanno visto la missione. Si tratta di un’evoluzione che mostra molte discontinuità, ma anche linee di sviluppo ben individuabili: la predicazione, lo studio, la vita religiosa femminile.
Con la proposta di papa Francesco di istituire una commissione di studio sul diaconato femminile, servizio antico ma desueto, si intravede per la prima volta in questo millennio una prospettiva nuova e importantissima che potrebbe aprire all'ingresso delle donne al sacerdozio. Ma quale è stata fino a oggi la presenza della donna nella Chiesa? Quali il ruolo e la missione attribuiti alle donne all'interno dei testi sacri? Quali gli effettivi spazi di potere e di governo consentiti? Adriana Valerio risponde a queste domande in pagine suggestive, dense di storia e di riflessione. Ci presenta le straordinarie figure di donne che si ribellano al potere maschile nell'Antico Testamento; ci mostra la rivoluzione del Vangelo, che intende capovolgere letteralmente tutte le vecchie logiche di dominio; ricostruisce le vicende storiche di figure femminili che hanno esercitato il potere, o nella modalità carismatica dell'esempio di vita o nell'effettiva gestione del governo delle cose di questo mondo: profetesse, sante, badesse, mistiche. Sullo sfondo, una domanda radicale: è giusto che le donne aspirino al potere così come gli uomini l'hanno configurato? O una Chiesa che si ispiri al Vangelo e che riconosca con pari dignità il contributo delle donne e degli uomini non dovrebbe al contrario ridimensionare per tutti l'esercizio del potere riportandolo nei termini del servizio?
«Alla fine del mese di ottobre 1915, lo sterminio dei cristiani di Mardin sembrava essere concluso. Tuttavia un centinaio di persone vivevano ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi. Il turco Bedreddin fu preso da zelo: “Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno”. Con questi cento sopravvissuti fece un convoglio che, deportato nel deserto, sparì per sempre».
Mardin è una delle tante città dell’impero ottomano dove, durante la prima guerra mondiale, si è consumata la strage degli armeni e dei cristiani. Una violenza che ha segnato in profondità quelle regioni e che non è cessata: sono passati cento anni e la persecuzione in Medio Oriente continua.
Anche oggi, a pochi chilometri da Mardin, oltre la frontiera turca, in Siria e in Iraq, si combatte con una crudeltà senza misura. Di nuovo, come allora, si assiste a deportazioni, massacri, sgozzamenti, rapimenti, vendita di donne e di bambini. Molti si chiedono: da dove viene tanta ferocia? Dal profondo di una religione, l’islam, o da una storia di convivenza difficile? Oggi, come ieri, si consuma una pagina della ‘morte’ dei cristiani d’Oriente.
"Le parole usate dai papi sono importanti; tanto più in quanto il loro modo di parlare non è sempre lo stesso. Il linguaggio con cui il pastore della Chiesa di Roma si rivolge all'umanità nei momenti difficili è sempre stato espressione non solo della sua personalità individuale, ma del posto che la parola della Chiesa occupava nel mondo in quella data epoca; ed è un indizio estremamente rivelatore delle diverse modalità, e della diversa autorevolezza con cui di volta in volta i papi si sono proposti come leader mondiali. In queste pagine faremo un viaggio attraverso le parole usate dai papi nei secoli. Ovviamente la Chiesa esiste da duemila anni e nel corso di questi due millenni ha prodotto innumerevoli parole; non si tratta di renderne conto in modo esaustivo o anche solo sistematico, ma piuttosto di proporre uno dei tanti viaggi possibili, cominciando dal Medioevo per arrivare fino alla soglia della nostra epoca."