La famiglia in Italia gode di ottima salute, e questa è decisamente una buona notizia: siamo stati descritti come il paese del ‘familismo amorale’ e i forti legami di sangue che caratterizzano la nostra società sono stati spesso visti come un segno di arretratezza. In realtà, l’eccezionale ricchezza degli scambi interni alla famiglia italiana è un vero e proprio generatore della qualità della vita del nostro paese, e contribuisce al benessere economico nonché alla coesione sociale.
La storia dei Medici, famiglia-icona del Rinascimento italiano, è anche la storia di una successione quasi ininterrotta di congiure e complotti volti a eliminare i suoi esponenti più prestigiosi. Esiste però un momento cruciale, la 'congiura per eccellenza': quella che, nell'aprile 1478, doveva mettere fine al dominio della famiglia su Firenze e sopprimerne la guida, Lorenzo il Magnifico. Lorenzo è all'apogeo della sua fortuna. Incontrastato signore di Firenze, anche se la città ama definirsi una repubblica, ben accolto in tutte le corti italiane, ha in attivo un matrimonio prolifico e prestigioso con Clarice Orsini, erede di una delle più antiche e illustri famiglie di Roma. Alcuni errori, però, minacciano la sua stabilità: l'ostilità del nuovo papa Sisto IV, che toglie ai Medici il lucroso incarico di banchieri pontifici. L'odio di Volterra, tiranneggiata per impadronirsi delle sue risorse naturali. La vendetta della famiglia Pazzi, cresciuta in potenza e ormai temibile concorrente. L'invidia verso un uomo che sembra costantemente baciato dalla fortuna cementa il legame dei nemici e li determina all'azione. L'epilogo fu tragico.
Un racconto fatto di tanti racconti che ci parlano della mobilità degli uomini e delle cose, nello spazio e nel tempo. Conquiste, emigrazioni e immigrazioni, affari, criminalità, viaggi, miserie e ricchezze, invenzioni, vicende di individui, di gruppi e di masse, imperi, stati e città, successi e tracolli.Dall’uomo di Similaun agli sbarchi a Lampedusa, 180 tappe per riscoprire il nostro posto nel mondo.Una storia che coniuga rigore scientifico e gusto della narrazione. Che provoca, spiazza, sorprende e allarga lo sguardo.
«Senza ombra di dubbio la storia è l’arte di lasciarsi sorprendere.» Da Invito al viaggio di Patrick Boucheron, direttore dell’Histoire mondiale de la France
La parola ‘Italia’ definisce uno spazio fisico molto particolare nel bacino del Mediterraneo. Un luogo che è stato nel tempo punto di intersezione tra Mediterraneo orientale e occidentale, piattaforma e base di un grande impero, area di massima espansione del mondo nordico e germanico e poi di relazione e di conflitto tra Islam e Cristianità. E così, via via, fino ai nostri giorni dove l’Italia è uno degli approdi dei grandi flussi migratori che muovono dai tanti Sud del mondo. Questa peculiare collocazione è la vera specificità italiana, ciò che ci distingue dagli altri paesi europei, e ciò che caratterizza la nostra storia nel lungo, o meglio nel lunghissimo periodo. La nostra cultura, la nostra storia, quindi, possono e debbono essere indagate e, soprattutto, comprese anche in termini di relazione tra ciò che arriva e ciò che parte, tra popoli, culture, economie, simboli. La Storia mondiale dell’Italia vuole ripercorrere questo cammino lungo 5000 anni per tappe: ogni fermata corrisponde a una data e ogni data a un evento, noto o ignoto. Le scelte risulteranno spesso sorprendenti, provocheranno interrogativi, faranno discutere sul perché di molte presenze e di altrettante esclusioni. La storia, ancora una volta, si dimostra un antidoto alla confusione e al disorientamento del nostro tempo. Perché ci racconta come le sfide a cui siamo sottoposti non siano inedite. Perché porta in evidenza la complessità ma anche la ricchezza della relazione tra l’Italia e il resto del mondo. Perché, soprattutto, fa comprendere che, quando si è perso l’orientamento della nostra collocazione spaziale, lunghi e disastrosi periodi di decadenza hanno fatto sparire, quasi per magia, l’Italia dalle mappe geografiche.
Raccontare la storia attraverso i romanzi riserva molte sorprese...Con Guerra e pace, La capanna dello zio Tom, Madame Bovary, Il Gattopardo, Arcipelago Gulag, Tropico del Cancro, Il partigiano Johnny, Se non ora, quando?, Il padrino, nove storici ci fanno viaggiare nel passato in compagnia di grandi testi letterari.
«Nel bolscevismo Lenin fu sempre, fino alla sua morte, il capo che precede, costringendo gli altri a seguirlo, anche nelle decisioni più temerarie; nel fascismo, fino alla instaurazione del regime totalitario, Mussolini fu spesso un duce che segue, esitando talvolta a essere il duce che precede.»
Una nuova, radicale, interpretazione di due miti della storia.
In occasione del centenario della rivoluzione d’ottobre, Emilio Gentile rovescia i giudizi correnti nella storiografia italiana e straniera sui rapporti fra Lenin e Mussolini e getta nuova luce sui due primi capi rivoluzionari del ventesimo secolo, artefici dei primi regimi totalitari, l’un contro l’altro armati per imprimere il proprio modello sulla civiltà moderna. I due regimi non furono fratelli-nemici: il primogenito comunista non insegnò al secondogenito fascista, divenuto suo rivale, il metodo per distruggere la democrazia e istituire il regime a partito unico. Mai Mussolini considerò Lenin, la sua rivoluzione, il suo regime come esempi da imitare. Al contrario. Fin dal 1920 Mussolini condannò il regime di Lenin come una dittatura di fanatici intellettuali imposta col terrore sul proletariato, considerò fallito l’esperimento comunista, giudicò liquidata la minaccia bolscevica in Europa. E un anno prima della conquista fascista del potere, il duce dichiarò pubblicamente che in Italia non c’era nessun pericolo di rivoluzione bolscevica. Ricostruendo l’attitudine e l’atteggiamento di Mussolini nei confronti di Lenin, la rivoluzione bolscevica e il regime comunista, emerge una nuova e originale lettura di due uomini che hanno fatto la nostra storia.
Statue adorate e possedute; ruderi insanguinati e bombardati; vestigia depurate da storie ingombranti e vergognose; rovine tradite e monumenti menzogneri; luoghi contesi, ma anche templi regalati e copiati; casi esemplari e modelli di virtù.
Pietre dello scandalo e della passione: le rovine antiche paiono astronavi atterrate in mezzo a noi. Sono frammenti di frammenti spesso misteriosi che neppure la descrizione più minuziosa e il faro più luminoso riescono a decifrare. Un tempo erano costruzioni che ospitavano la vita, oppure erano monumenti speciali, e oggetti di uso quotidiano. Hanno subito guerre e distruzioni, rese di conti e vendette, condanne e riabilitazioni; sono stati coperti dal disonore, benedetti dalla fortuna e toccati dalla gloria… Emanuele Papi, direttore della prestigiosa Scuola Archeologica Italiana di Atene, ci guida in un viaggio appassionante attraverso undici storie archeologiche ai quattro angoli del Mediterraneo – dalla Libia all’Italia, dalla Siria alla Grecia.
«Finché gli uomini si contentarono delle loro capanne rustiche, finché si limitarono a cucire le loro vesti di pelli con spine di vegetali o con lische di pesce, a ornarsi di piume e conchiglie, a dipingersi il corpo con diversi colori, a perfezionare o abbellire i loro archi e le loro frecce, a tagliare con pietre aguzze canotti da pesca o qualche rozzo strumento musicale; in una parola, finché si dedicarono a lavori che uno poteva fare da solo, finché praticarono arti per cui non si richiedeva il concorso di più mani, vissero liberi, sani, buoni, felici quanto potevano esserlo per la loro natura, continuando a godere tra loro le gioie dei rapporti indipendenti; ma nel momento stesso in cui un uomo ebbe bisogno dell’aiuto di un altro, da quando ci si accorse che era utile a uno solo aver provviste per due, l’uguaglianza scomparve, fu introdotta la proprietà, il lavoro diventò necessario, e le vaste foreste si trasformarono in campagne ridenti che dovevano essere bagnate dal sudore degli uomini, e dove presto si videro germogliare e crescere con le messi la schiavitù e la miseria.»
La disuguaglianza e le sue origini, uno dei temi fondamentali di oggi e di sempre, nella trattazione di un gigante della filosofia moderna. Una edizione prestigiosa a cura di Maria Garin.
Questo è un viaggio nel cuore della più bella stagione del fotogiornalismo internazionale. Da Parigi a Londra, da New York a Roma, da Budapest a Mosca, da Kabul alle pianure della Cambogia, Mario Dondero svela le storie che stanno dietro le fotografie sue e di altri, il confronto con mostri sacri come Robert Capa, i grandi eventi del XX secolo, dalla guerra di Spagna alla Grande Depressione americana, dalla caduta del muro di Berlino alla guerra in Iraq. Nelle sue parole sottili, ironiche, appassionate, scopriremo chi sono stati i primi fotoreporter, i primi creatori di agenzie, le ferree regole del mercato e quello che impongono. Ma, soprattutto, troveremo cosa rende straordinario il mestiere del fotoreporter, lo spirito nomade, il misto di adrenalina e paura nelle situazioni di pericolo, l'impegno civile, la curiosità per l'altro. Una storia ricca di persone e umanità, la vera cifra della migliore fotografia perché "non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono. Diversamente, il fotogiornalismo sarebbe soltanto una sequenza di scatti senz'anima."
Il genio di Leonardo è universalmente noto. Il suo mito, tuttavia, ha spesso messo in ombra la vita di un uomo tormentato, dotato di un acuto spirito di osservazione, in conflitto con il sapere istituzionale e dedito a indagare ogni fenomeno naturale. Pittore, scultore, architetto, scienziato, musico, ingegnere: le tante vite di Leonardo sono raccontate da Antonio Forcellino con passione. Una biografia ricca, documenti d’archivio e scritti scientifici arricchiscono il volume: un testo di critica attuale e uno studio approfondito.
Leonardo. Genio senza paceè dedicato a tutti coloro che desiderano avvicinarsi a una delle più misteriose figure europee del passato. Carlotta Venegoni, “Il Giornale dell’Arte”
Il mito, l’uomo, che nelle premesse ai suoi scritti si definì provocatoriamente «omo sanza lettere», può essere oggi decifrato dal restauro dei suoi grandi capolavori. L’analisi dell’opera pittorica, la comprensione del dettaglio della sua tecnica compositiva, sono infatti una chiave fondamentale per comprendere la personalità del genio.
Anticipatore del calcolo, investigatore dell’atmosfera planetaria, aspro critico del primo colonialismo in America, Giordano Bruno ha tutte le carte in regola per essere considerato un uomo totalmente ‘moderno’; eppure la sua riflessione è impregnata dell’immaginario neoplatonico rinascimentale, di cabala e arti mnemoniche, di visioni spirituali che esprime in densi componimenti in latino, o in vernacolare scatenato o in sublime poesia. Nato sotto l’ombra del Vesuvio, attraversò l’Europa cinquecentesca. Morì il 17 febbraio del 1600 in piazza Campo de’ Fiori a Roma come «eretico ostinato e pertinace».
Ingrid D. Rowland traccia un’agile biografia di Giordano Bruno, attenta agli aspetti ‘scientifici’ della sua ricerca: le conseguenze che l’esistenza di un universo infinito comporta per la fisica e la matematica, il giusto modo per l’uomo di stare nel mondo quando il mondo è un cosmo senza limiti.
È fuor di dubbio che Bruno venne al mondo per accendere un fuoco e vide quel fuoco come una raffigurazione dell’amore ardente che aveva creato sia il cosmo sia i cuori umani. Dalla sua cella nelle prigioni dell’Inquisizione veneziana avrebbe contemplato le stelle. Ingrid D. Rowland ricostruisce la vita di un filosofo cosmopolita, cittadino del mondo.
Un'epoca di sconvolgimento spirituale e culturale che travolse tutti, principi e contadini. Cinquecento anni fa la sfida di Martin Lutero all'autorità della Chiesa costrinse i cristiani a riesaminare i propri convincimenti e scosse i fondamenti della loro religione. Lo scisma successivo, incoraggiato da rivalità dinastiche e cambiamenti nell'arte della guerra, trasformò in modo radicale la relazione tra governante e governato. Le scoperte geografiche e scientifiche misero alla prova l'unità della cristianità come comunità di pensiero. L'Europa, con tutte le sue divisioni, emerse allora piuttosto come una proiezione geografica. Una proiezione riflessa nello specchio dell'America e rifratta dalla scomparsa delle Crociate e dalle ambigue relazioni con il mondo islamico e gli ottomani. Raccontando questi mutamenti drammatici, Tommaso Moro, Ludovico Ariosto, William Shakespeare, Michel de Montaigne e Miguel de Cervantes crearono opere che ancora oggi riescono a restituirci i turbamenti del loro tempo e che continuano a influenzarci. Un affresco che indaga le radici dell'eredità europea.
Nel gennaio 49 a.C, Cesare, conquistatore delle Gallie, sfidò un ultimatum senatorio. Alla testa di alcune coorti legionarie varcò il Rubicone, pronunziando una celebre frase. Nello stesso giorno occupò Rimini, presidio strategico della terra Italia. Si spinse poi verso sud, minacciando la stessa Roma, cuore di una res publica ormai egemone sul Mediterraneo. Pompeo, incaricato di fermarlo, rispose con una mossa meno celebre ma altrettanto fatidica. Ordinò all'intera classe politica di abbandonare la città e di seguirlo, per contrattaccare dal meridione della Penisola o, addirittura, dai Balcani. Il panico fu inenarrabile. Mai i romani si erano trovati di fronte a una situazione del genere. L'Urbe, nella sua secolare storia, era stata sempre difesa, con alterne fortune, da nemici esterni e interni. A Cesare essa fu invece abbandonata, assieme al suo ricchissimo tesoro. Che cosa avvenne in quei terribili giorni? Come si giunse a una situazione tanto sconcertante? Roma era davvero indifendibile? Quali furono le conseguenze della fuga pompeiana? Per rispondere occorre ricostruire la temperie politica e istituzionale che aveva trasformato la gloriosa res publica in un sistema logoro e corrotto, nel quale ormai troppi non credevano più, e che Cesare riuscì a piegare con rapidità impressionante.