"Un pastore è alla ricerca del bue (cioè del proprio cuore e della natura originaria di ogni uomo) e arriva così a un'imponente montagna. Per prima cosa, scopre le tracce del bue, quindi lo scorge da dietro. Lo cattura, lo doma e infine lo riporta a casa. Il pastore poi dimentica il suo bue e anche il suo proprio sé. Quando tutto è obliato, egli irrompe di colpo nella dimensione dell'assenza di sé. Nell'ultima stazione il pastore ritorna di nuovo nel mondo e vive attivamente per la strada in mezzo alla moltitudine umana, egli cioè, con cuore aperto, fa regnare attraverso la sua vita la verità del Buddha, nel mondo e dinanzi al mondo, in modo reale e vivo. Nella prima stazione viene dunque mostrata la determinazione iniziale dello studente. Le stazioni successive fino alla sesta illustrano lo stato in cui si trova l'animo dello studente, il modo come questi si esercita e tempra con assoluta diligenza. Ma nella settima e ottava stazione, quando si deve entrare nell'autentica esperienza religiosa, lo studente deve congedarsi interamente da ogni parola, da ogni linguaggio e dal pensiero. Lì accade una consacrazione in cui l'uomo si appropria del suo proprio cuore, della sua natura originaria. Mai riuscirà l'uomo ad entrare in questa dimensione attraverso semplici teorie. Gli studenti che si sono risolutamente aperti allo Zen devono avere un'unica meta. Le dieci figure del bue indicano questa meta in modo plastico, chiaro e nel giusto ordine." (Daizohkutsu R. Ohtsu)
L'albero della vita e del risveglio alla conoscenza liberatrice; il fiore di loto quale trono regale del Buddha; la ruota, antico simbolo solare; il Vajra, folgore-diamante, nucleo luminoso del cuore che possiede la vera conoscenza, indisturbato dalla mutevole danza dei fenomeni. Questi i simboli fondamentali del buddhismo che Coomaraswamy esamina in queste pagine, in stretta aderenza ai testi e al ricco repertorio iconografico, con la consueta immensa erudizione e l'ampio respiro metafisico. Il libro mette in luce alcuni aspetti essenziali della simbologia buddhista, il più importante dei quali è l'impossibilità di dividere l'esperienza estetica dall'esperienza religiosa. Le immagini, ricorda Coomaraswamy, prese di per sé e in modo isolato non hanno valore. Sono piuttosto un supporto per la contemplazione e per la realizzazione spirituale. Si tratta, nell'ambito della tradizione buddhista, di realizzare interiormente ciò che il simbolo racchiude e indica. In questo senso l'immagine ha un valore fondamentale, come via da percorrere.
Con i suoi 356 milioni di aderenti, il buddhismo costituisce, dopo il cristianesimo e l'islam, la terza grande religione universale. Diffuso in tutto il sud-est asiatico, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento si è progressivamente diffuso anche in Occidente, ponendosi come un'alternativa religiosa, oltre che filosofica ed etica, al cristianesimo. Nella sua storia millenaria, il messaggio del Buddha ha conosciuto continue reinterpretazioni, portando alla formazione di buddhismi diversi come quello tibetano, quello cinese, quello giapponese, uniti però dal comune anelito alla fedeltà nei confronti del messaggio originario del Buddha. I vari saggi che compongono il volume ripercorrono le tappe principali di questa storia: dalla presentazione dell'ambiente storico-religioso indiano in cui sorse la via di liberazione sperimentata dal Buddha all'illuminante capitolo finale sul buddhismo in Occidente, che aiuta a comprendere le ragioni profonde del suo attuale successo.
Il disegno della lepre che Visnu impresse nella luna attingendo al succo delle montagne, i dispetti del Buddha bambino, gli amori di Siva, i viaggi iniziatici nel regno dei morti, le grandi metamorfosi cosmiche, le intramontabili storie d'amore, le grandi epopee di eroi, sovrani e demoni narrate nel Ramayana e nel Mahabharata, i due più grandi racconti epici della civiltà indiana. Le pagine di questo libro guidano il lettore, storia dopo storia, a una piena comprensione della mentalità e della civiltà indiane. Per cogliere l'anima dell'india e della sua cultura è infatti indispensabile assorbirne i miti: narrare e ascoltare le antiche leggende è ritenuto dagli indiani un atto di profonda religiosità, capace perfino di abbreviare il transito nel giro doloroso delle rinascite.