Chi gliela dà oggi la "buona notizia" ai poveri? Parlare oggi di evangelizzazione vuol dire riprendere in mano il Vangelo, vivere come è vissuto Gesù, che volle essere povero e visse con i poveri. Non si tratta di presupporre la fede come un fatto ovvio, ma di situarla nel vissuto degli uomini e delle donne di oggi perché aprano i cuori alla speranza e sappiano viverla in una carità operosa. Con una parola inconsuetamente audace, franca, autentica, un vescovo, ormai libero nello spirito e nella fede, scrive queste pagine ai suoi confratelli perché non sprechino l'imminente occasione di cambiamento rappresentata dal sinodo che si terrà nell'ottobre 2012. Questa lettera, niente affatto retorica, si trasforma così in un bilancio serrato ed essenziale delle tante, troppe riforme ancora inevase dalla chiesa. Degli appuntamenti mancati con i bisogni spirituali profondi di questo tempo. Casale non omette nulla. Nemmeno i richiami alla forma esigente della testimonianza: "Dobbiamo cominciare noi Vescovi insieme al Papa a dare l'esempio. Al termine del Concilio, molti vescovi chiesero che la Chiesa riscoprisse la gioia della povertà evangelica. La rinuncia al fasto esteriore e ai titoli onorifici, la scelta della vita semplice e senza lusso, la condivisione della povertà di tanta gente sono ancora un traguardo lontano.
"Questo libro fin dal sottotitolo, contiene tre parole chiave, "educare", "cibo" e "felicità"; per fortuna sono strettamente legate tra di loro, e per fortuna c'è chi le pratica coscienziosamente, le studia, trova i collegamenti, s'ingegna consegnandoci preziosi manuali come quello che avete tra le mani. Un concentrato di filosofia, economia, consigli, buone pratiche e regole di comportamento che si traduce in semplici ma efficaci giochi educativi per i ragazzi. Il cibo è uno strumento fondamentale per educare ed educarsi. S'impara a mangiare, a conoscere meglio i nostri alimenti. Ma immediatamente questa conoscenza si allarga, sconfina nell'economia, nella storia, nella geografia, nella politica, nella botanica e zoologia, nell'agronomia. Insegnare il cibo e insegnare attraverso il cibo dovrebbero essere le cose più immediate, facili, diffuse. Ma, anche se da un po' di anni qualcosa si sta muovendo, non è ancora così, soprattutto nelle scuole. Non si tratta soltanto di fare dei corsi e mettersi seduti a un banco: si tratta di essere curiosi sempre, conoscere le persone che stanno dietro al nostro cibo, i luoghi dove esso si coltiva e alleva, come viene trasformato e perché, chi lo vende e dove. Un rinascimento che parte dalla centralità del cibo nelle nostre vite: chi lo fa o lo insegna è e diventa continuamente una persona migliore e tutto il mondo ne beneficia." (dalla Prefazione di Carlo Petrini)
La fede è fare, non un semplice sentore; è dare, non dire; è anche parlare, ma soprattutto agire, costruire cioè il regno di Dio sulla terra, il luogo dell'uguaglianza, della fraternità, della felicità di tutti e ognuno. Si tratta di prendere coscienza di un nuovo rapporto interpersonale e sociale e soprattutto di viverlo, anche a proprio discapito.
Oggi occorre un nuovo ordine della letteratura da studiare in classe. Non sono le stagioni, né i generi e nemmeno il ritorno alle origini della letteratura a dettare i gradi di questa organizzazione. Ma è un nuovo racconto che parte dalle nostre origini, quelle profonde e vere (l'universo), prosegue con la realtà nella quale viviamo (il mondo) e chiude sulla coscienza di chi siamo noi (la specie umana).
"Questi anni sono trascorsi in una continua ricerca del significato del mio stesso impegno e come un cercatore d'oro dell'Ottocento ho setacciato i materiali più diversi. Ho cercato sempre di condividere l'entusiasmo e lo stupore di chi avverte, pur per brevi momenti, di essere entrato in contatto con un potere più grande. L'esperienza del dono, nella sua continua tensione tra dovere e libertà, ha in sé qualcosa di estatico."
Questo libro, essenziale come un vero manuale e accessibile come una preziosa guida, si offre a quanti, operatori sociali o anche solo persone in ricerca, vogliono continuare a indagare il senso delle domande profonde della vita e della sua felicità nell'inestricabile trama della relazione con l'altro.
E se solo ci fermassimo un attimo ad ascoltare la voce silenziosa del naso, scopriremmo che è da lì che partono il brivido del ribrezzo, il sussulto dell'acquolina e il languore di un batticuore. Età di lettura: da 4 anni.
Perché a scuola si deve formare solo la mente e non il cuore? Può essere autentica l'educazione che trascura la consapevolezza di sé, l'empatia, la solidarietà? No. Non dall'ignoranza sul teorema di Pitagora o sulla legge fondamentale della chimica nascono le guerre ma dalla mancanza di sensibilità, giustizia, relazioni positive. Questo libro lancia una sfida provocatoria rivolta alle famiglie, come luogo di crescita emotiva comunitaria, e alla scuola, come comunità di apprendimento: rovesciare il luogo comune secondo il quale la scuola non si deve interessare ai bisogni del cuore. Una scuola estranea alla dinamica emozionale non serve alla vita. Non serve all'umanità. Semplicemente è inutile.
In ogni classe sono inseriti ragazzi che hanno bisogno di essere integrati attraverso una didattica speciale adeguata ai loro bisogni speciali. Questo diventa un'opportunità se i docenti trasformano i bisogni speciali del singolo in un'occasione di crescita per tutta la classe attraverso la sperimentazione di innovative tecniche attive d'insegnamento. Dalla solita e ripetitiva lezione frontale alle tecniche cooperative che permettono sia di scoprire la potenza del cervello del gruppo che di sperimentare tutti i talenti che i ragazzi possiedono. È il salto qualitativo tra l'integrazione, l'inclusione e l'interazione. Questo libro è un invito a lasciarsi catturare dal piacere dell'educazione in una scuola finalmente cooperativa dove a vincere non è il primo che alza la mano ma colui che aiuta l'altro ad alzarla. Vince chi ha le emozioni chiare più che le idee. Vince chi è felice di non essere l'unico ad essere felice. Vince chi è capace di risvegliare in sé il rispetto e la dignità. Vincono gli insegnanti che sanno lasciare un segno. Vince chi educa tirando fuori dall'altro il miglior "sé stesso" possibile. Vince chi sa ascoltare. Vince chi ha i mezzi per educare e li sa mettere al servizio degli altri. Questo libro è destinato a quelle guide, genitori ma soprattutto insegnanti, che cercano di trasformare le sofferenze in una forza dirompente, comprendendo che la "diversità" o il "trauma" possono rappresentare un trampolino di lancio per la propria realizzazione.
"C'è una minoranza di persone che nomina le cose, sa farlo, e lo fa anche per gli altri; che guarda negli occhi la paura e dà al resto del mondo la misura del coraggio. Che entra nel buio e torna dicendo: questa dove si sta di solito è la luce. Allora gli altri dicono: certo, lo sappiamo. È vero, tutti lo sappiamo. Ma trovare le parole per dirlo fa la differenza, rende consapevoli." (dall'Introduzione di Concita De Gregorio)
"Il lavoro di educatore, che non può partire che da una vocazione, comporta doveri che assumono coloriture diverse a seconda che si operi in tempo di pace, di guerra o di crisi: modi diversi di vedere il proprio lavoro e modi diversi di compierlo, di operare. La domanda che dovrebbero porsi gli educatori è sul peso che in questa crisi così vasta e profonda può avere l'educazione, o meglio, una co-educazione comunitaria e collettiva, e che tipo di scuola potrebbe ancora avere utilità e senso. Che cosa possiamo fare, noi singoli, meglio se membri di un gruppo, per ritrovare un cammino che porti da qulche parte dove minore sia l'ingiustizia e maggiore la collaborazione tra le persone di buona volontà, e dove si stimoli e pratichi l'intelligenza delle soluzioni."
La morte è un tabù. Sebbene la nascondiamo in vari modi, quell'evento angosciante persiste. Perché la morte fa parte della nostra vita. In un clima culturale come il nostro, che nasconde sofferenza e morte, dove domina il culto della bellezza e della forza e dell'eterna giovinezza, risulta difficile immaginare di parlare di morte ai bambini. La stessa pedagogia è molto attrezzata a dire tutto su come arriva il fratellino o la sorellina che nasce, ma tace su dove va il nonno che muore. Quando perdiamo una persona che amiamo il nostro equilibrio psicologico cambia; adulti e bambini si trovano a dover gestire lo smarrimento, a vivere nell'assenza e nel vuoto incolmabile che genera. Parlare della morte significa anzitutto parlare dei lutti. I bambini non vivono in un mondo protetto: ricevono le stesse informazioni degli adulti e ne sono turbati, la morte tocca anche le loro famiglie e il loro ambiente. In questo libro, insolito e coraggioso, s'illustrano i modi con cui aiutare un bambino ad affrontare una perdita, per trasformare anche un'esperienza di dolore e sofferenza in un'occasione di crescita. Con delicatezza di linguaggio e attraverso l'uso dei racconti, si accompagnano i genitori a parlarne con i bambini, anche nel caso in cui i piccoli non ne siano stati ancora toccati direttamente, perché dire della morte significa preparare a capire la vita. La morte diventa dicibile, benché rimanga impensabile, e non più un tabù, liberando il bambino dall'inibizione comunicativa.