In principio è il gruppo familiare. E' la matrice della vita psichica di ogni individuo che imprime, in maniera indelebile, le caratteristiche relazionali di ogni persona. In seguito è sempre la vita collettiva ad accompagnare l'evoluzione dell'identità sociale di ogni figlio. Ma il gruppo familiare sta cambiando. E i genitori si ritrovano soli e senza valide competenze educative in una comunità sociale incapace di condivisione, con rapporti generazionali recisi ed equilibri tra identità di genere profondamente modificati. In questo contesto emerge nitido il bisogno di un sostegno specifico nella maturazione di competenze educative genitoriali. Questo libro propone, con un approccio affinato alla ricchissima esperienza degli autori, una lezione sul "difficile mestiere di educare i figli". Come un tempo nel lavoro di bottega, gli autori mettono a disposizione il loro robusto patrimonio per presentare le stanze di consultazione, in cui per introdursi occorre avere consapevolezza sensibile dei diversi protagonisti e coraggio nel mettersi in gioco.
Fin dalle prime pagine i padri e le madri, veri protagonisti del libro, sono colti là dove si trovano, nel vivo della loro condizione esistenziale, fatta di idealizzazione del proprio ruolo, di perfezionismo, di amore incondizionato ma anche di delusioni feroci, di ricordi, sogni, aspettative e timori.
Francesco vuole diventare grande e chiede ai genitori un orologio. I genitori non esaudiscono il suo desiderio e lui, di nascosto, se lo compera.
L'orologio azzurro fa vivere Francesco un "suo" tempo: Francesco infatti non vuole aspettare, ha troppa voglia di crescere e con l'aiuto del suo amico orologio viaggia nel futuro. Alla fine però decide di ritornare bambino.
"Capitini non è un mistico ma un operatore, non è un santo ma un maestro davvero "elementare", sia perchè considera le situazioni concrete e affronta le condizioni reali, sia per la precedenza e l'importanza che assegna alle pratiche.
Davanti ad Aldo Capitini e i suoi scritti - soprattutto se trattano di scuola e di educazione - si resta insieme persuasi e perplessi: attratti dalla persuasione e tentati dalla perplessità. Sono passati degli anni, si dirà, e troppe cose e persone sono cambiate se è vero che si è alle soglie o secondo altri al termine di una ennesima mutazione antropologica. Ma questa del tempo che passa e trasforma - in coscienza - è sempre stata una scusa. Bisogna in realtà soltanto decidersi, se leggere gli scritti di Capitini con il senso della storia o sotto il segno della compresenza. Se disporsi all'ascolto di una voce che ha cercato e ancora cerca, prima ancora di avere un dialogo con noi, di inaugurare e di invitare tutti a un colloquio corale.
E' davvero troppo per il lettore e l'educatore contemporaneo, ma l'apertura è una unità smisurata di misura con cui conviene confrontarsi.
Gli scritti pedagogici di Capitini - e per questo nostro suo libro che li ripubblica - parlano in effetti del modo e del mondo della scuola, e sono rivolti innanzitutto agli insegnanti che la abitano. Gli scritti pedagogici di Aldo Capitini restano validi proprio perchè sono ancora "inattuali": eppure in gran parte si tratta di modelli attuati e di maestri indimenticati e di analisi ancora valide e di indicazioni ancora fertili." (dall'introduzione)
Attenti a non pensare che le carte delle emozioni di questo libro siano uno strumento utile solo a divertirsi. Le emozioni sono una cosa seria e il diffuso analfabetismo emozionale suggerisce di muoversi con cautela, altrimenti quella delle emozioni rischia di divenire una moda. Per evitare questo occorre mettersi in gioco con le proprie emozioni e, per quanto possibile, a carte scoperte, con l’intelligenza dei tempi e delle disponibilità da parte di ciascuno. Ecco allora che le carte delle emozioni possono divenire un sussidio ludico di straordinarie potenzialità, utilizzabile nei contesti più disparati, specie in quello educativo.
Le attività con le carte, qui proposte dopo un’ampia e collaudata sperimentazione, divengono uno spazio nel quale ciascuno può conoscere meglio se stesso e gli altri, apprendere la gestione dei conflitti, sviluppare una competenza nella costruzione di relazioni sociali positive.
Le carte, insomma, non sono tarocchi per costruire storie o per prevedere il futuro, ma uno strumento per stimolare la dimensione progettuale che si sprigiona quando impariamo ad accogliere le emozioni della vita.
Si può partire anche da un gioco, in fondo, per migliorare le relazioni.
Si comincia giocando coi pensieri. E si finisce giocando con se stessi. Sempre così. Il gioco conduce per vie sconosciute. Va dove ti porta il gioco, potremmo dire, e ti ritroverai nel mondo in cui vivi. Questa, infatti, è la principale destinazione del gioco: costruire mondi in cui le persone scelgono di vivere.
Ecco un libro, allora, per agire nel mondo costruendo gruppi. Già, i gruppi non esistono in natura, perché sono strutture organizzate, modalità di comunicazione che attraversano momenti di forza e di debolezza, non meccanismi automatici. E, dunque, per costruire un gruppo occorre consapevolezza ma anche competenza. E abilità. Il gioco è un’interfaccia indispensabile per passare dalla coppia al gruppo, dalla comunicazione duale a quella plurale.
Molti dei giochi presentati in questo testo, partoriti da un inedito progetto chiamato LARA, sono rivolti allo sviluppo di un nuovo gruppo in azione. Infatti, pur ispirandosi al T-group e ad altri gruppi già conosciuti (focus group, brainstorming, gruppo di lavoro, team building, ost, ecc.), quello proposto in queste pagine è un nuovo gruppo, orientato alla formazione e non alla terapia, ma che agisce sulla realtà.
Pur nascendo con l’obiettivo di trasformare la classe in gruppo, il LARA può essere utilizzato per fare gruppo in qualsiasi altro contesto (in collegi di docenti, nelle squadre sportive, nelle associazioni, nel campo aziendale, nei servizi sociali, ecc.).
Perché piangevo, perché provavo tanto dolore, tanta pietà?
D’improvviso capii.
In quella bara c’ero io, la mia anima, i miei ideali, le mie speranze.
Era la mia morte quella che piangevo. Ero stato ucciso ma non volevo morire.
A parlare si può correre qualche rischio.
A volte, però, a stare zitti si rischia molto di più.
Tanti anni fa, quando i maschi non portavano i pantaloni ma una specie di gonna lunga fino ai piedi e un mantello che mettevano sulle spalle per non sentire freddo, c’era un uomo, un po’ brutto per la verità, basso, con la barba, i baffi, il collo corto, la testa grossa e pochi capelli, ma in compenso forte e con tanti muscoli: si chiamava Socrate.
A Socrate, nato e vissuto sempre ad Atene, piaceva molto pensare e si porsi sempre tante domande. Per ogni cosa che incontrava si chiedeva sempre: “Che cosa è?” perché così, dopo aver trovato la risposta, sapeva sempre quello che doveva fare.
Ma un giorno cominciò a scoprire che ci sono delle cose alle quali è difficile dare una risposta…
Cosa significa per i bambini e le bambine non sapere che il latte bevuto a colazione proviene da una mucca (e comunque non aver mai visto una mucca)? Cosa vuol dire per la crescita dei ragazzi giocare sempre più al chiuso delle loro camerette o dei salotti o comunque davanti a piccoli schermi? L’esperienza della quale oggi i bambini e le bambine rischiano di essere deprivati è quella di far parte del mondo. Ogni persona cresce in sano equilibrio con se stesso e con l’ambiente solamente se si trova nella condizione di entrare in quell’ambiente, di diventarne parte attiva.
E il mondo non è virtuale, la natura è reale.
In questo libro proponiamo un’esposizione cauta alla natura, non un ritorno all’Arcadia, ma un approccio mediato alla natura, che per l’uomo e la donna ci sembra l’unico possibile.
Un invito a passare sulla Terra con piede leggero, vivendola come la casa di tutti, uomini e donne, di bambini e bambine, animali e piante, fiumi e montagne.
Le pagine indispensabili per incontrare e approfondire il don Tonino più vero e intimo.
Chiamatemi don Tonino…
Libro e CD audio dello spettacolo di lettura teatrale, ideato e prodotto da Quelli che con la voce, scritto da Francesco Cardinali e interpretato da Luca Violini. Una storia coinvolgente, la cronaca viva di una scoperta inaspettata, per provare lo stupore di una parola che vibra bellezza e poesia ma che graffia, provoca, scuote sulla necessità di capire e condividere con gli altri la nostra umanità.
Insomma il necessario per scoprire una straordinaria, attuale, persino provocatoria testimonianza di amore per la pace e gli ultimi. O, più semplicemente, per la vita.
Questo testo approfondisce alcune problematiche disciplinari in un'ottica educativa. La missione del mondo sportivo è di dimostrare continuamente che le differenze della famiglia umana possano liberamente misurarsi, gareggiare senza distruggersi e che, quindi, la pace è possibile.
“– Non c’è nessun guasto – rispose il capo della TV – è sparita l’energia! Pensate di rimediare in qualche ora? – disse il Sindaco – Stasera potremo vedere il Telegiornale? – Qualche ora? – rispose il capo della TV – ci vorranno giorni, forse settimane. Il caso è serio, nuovo e misterioso. – Come si fa a vivere senza TV? – gridava la gente. – Preferisco vivere senza pane! – gridò un giovane. – Vogliamo i cartoni animati! – urlavano i bambini. – Ridateci la telenovela! Le partite di calcio! I quiz! Pippo Baudo! Il festival di San Remo! Il sindaco rispose a tutti che bisognava avere coraggio e fiducia. Ma la gente non era convinta, brontolava e non se ne andava. – Che cosa faremo stasera? – si chiedeva sbigottita. I giocattoli, dai finestrini della soffitta, vedevano la gente in piazza e sentivano quel che diceva il sindaco. – È questo il nostro momento – disse Bambolina –. Andiamo dai bambini. A giocare ai burattini. Da Lalla, da Gigi, da tutti gli altri liberati dall’incantesimo della strega. E si avviò verso il camino rotto. Dietro di lei, il Gatto con gli stivali, Piccolo Orso, Fagiolino, il trenino senza rotaie, il libro sulla groppa del drago buono e tutti gli altri salirono verso il tetto. Il libro invece arrivò in volo, con le pagine al vento.”