Sebbene i nomi propri dei Magi non compaiano affatto nella pericope di Matteo 2,1-12, le tradizioni apocrife ne hanno fissati in particolare tre, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, che però non sono affatto né gli unici, né, in tale versione, i più antichi; così come il numero dei Magi non è mai indicato nel Vangelo, lo stesso dicasi per i loro nomi, che vanno da tre a dodici. Il presente saggio propone un'indagine preliminare sulla storia delle origini di tale complessa tradizione onomastica attestata in lingue e culture diverse, tra Oriente e Occidente, nel mondo Tardo Antico e Medievale, sulle tracce di intricati percorsi della spiritualità antica e della propaganda cristiana, che proprio grazie alla figura dei Magi evangelici poté elaborare un importante mezzo di dialogo e di promozione interculturale. Il testo è corredato di tavole sinottiche (a cura di A. Zubani) e di un'appendice sul testo osseto di Matteo 2,1-12 (P. Ognibene), nonché di due brevi saggi, uno sulla monetazione indo-partica dei Gondofaridi (A. Gariboldi), la cui storia risulta connessa alla figura di Gaspare, l'altro sull'immagine dei Magi evangelici nella ricezione cinese (J. Kotyk).
Il volume è dedicato a un argomento apparentemente desueto: il rapporto tra "virtù" e politica. Eppure la richiesta che emerge impellente nel dibattito pubblico è quella della protezione delle fragilità, del rispetto per le diversità e della loro accoglienza, e, nell'attuale contingenza di catastrofici problemi ambientali e sanitari, dell'assunzione comune di responsabilità inderogabili. La considerazione del moltiplicarsi di queste istanze ha guidato la comune ricerca sottostante questo volume, nella convinzione che capacità, attitudini, passioni relazionali e cooperative siano le "virtù" che possono ricostituire ciò che oggi manca drammaticamente alla politica: una visione costruttiva capace di progettualità e responsabilità verso le generazioni future. Così i temi del riconoscimento, delle passioni costruttive, della philia, della relazionalità, della compassione, della responsabilità, della condivisione, della fiducia, della tensione alla comunicabilità hanno costituito il ventaglio della presente indagine.
La fiducia è ogni giorno analizzata, desiderata, prescritta sia nelle relazioni interpersonali che nei contesti macrosociali. È tanto più invocata quanto più sembra mancare. Non è facile però definire se la fiducia sia un tema inflazionato o se resti una dimensione sfuggente, di difficile definizione e collocazione. Il rischio è che normalmente si attribuisca l'etichetta "fiducia" a dinamiche, situazioni, atteggiamenti molto diversi tra loro. Il volume esplora la fiducia come dimensione emergente nelle relazioni interpersonali e si propone di comprendere attraverso quali processi dialogici si possano costruire identità/vite buone a livello personale, familiare e comunitario. In altre parole: quali fattori permettono la costruzione di legami di reciprocità, di impegno comune, di cooperazione, di significati condivisi, in famiglia e nella comunità?
L'uomo odierno si trova in una crisi cognitiva, che concerne il rapporto che intrattiene con sé stesso e con la realtà. È una condizione paradossale. Viviamo in un mondo sempre più complesso, nel quale tutto è connesso e all'interno del quale, tuttavia, si producono drammatiche disgregazioni. Domina un paradigma di "semplificazione", che ci separa illusoriamente dalla natura, ci rinchiude nei confini nazionali, frammenta i saperi, irrigidisce le identità. Il successo di tale modello accresce le tendenze regressive e il rischio di catastrofi future. Cambiare paradigma per apprendere ad abitare la complessità è la sfida del XXI secolo. Raccogliere questa sfida significa ripensare le attività umane fondamentali: la cura, l'educazione, il governo.
L'individuazione di un soggetto come autore appare da sempre una caratteristica fondamentale della produzione visuale, attore trainante delle umane esigenze espressive. L'autorialità e tutte le derivazioni semantiche a essa riferite come la dicotomia originale/falso sono accezioni moderne. Il concetto di autorialità è legato innanzi tutto alla pratica del "riconoscimento": il riconoscimento dell'intenzionalità individuale, il riconoscimento pubblico dell'autore da parte dei fruitori e soprattutto degli studiosi, il cui unico scopo sembra spesso essere la scoperta della personalità e della biografia dell'artista. Prendendo in esame una serie di opere scultoree in nudità, il presente volume cerca invece di dimostrare come questo sforzo tutto intellettuale e ingannevole non tenga conto delle prerogative specifiche della cultura artistica della Roma antica, che hanno poco a che vedere con il sistema autore-artista-originale su cui si struttura la concezione contemporanea di "Arte". La produzione artistica romana è quindi definita da caratteristiche diverse come l'imitazione, la riproducibilità, la serialità e la traduzione culturale di linguaggi artistici precedenti.
Grazie alla geniale opera di Vladimir Propp, l'analisi folcloristica entra a pieno titolo tra gli strumenti di studio della semiotica generale. Questo libro può essere considerato la summa teorica del lavoro di Propp, che, per tutta la vita, ha cercato di elaborare una scienza della fiaba. Al di là dei contenuti, del contesto, della funzione sociale, ciò che distingue la fiaba è soprattutto la sua poetica specifica. Scomponendo un vasto numero di racconti popolari russi in unità narrative più piccole, Propp è stato in grado di estrarne una tipologia, più o meno fissa, di struttura narrativa. Così, il libro ripercorre le mille varianti delle fiabe di magia, di quelle in forma di novella, delle fiabe cumulative, con animali e così via, rintracciandone ogni volta tipologie e differenze, abbozzando classificazioni provvisorie. Tutto un immaginario fantasioso e, al tempo stesso, meccanico che è ancora il nostro o che, forse, dovrebbe esserlo. Prefazione di Gianfranco Marrone.
La cifra della "rivoluzione digitale" non sta semplicemente nel promuovere grandi cambiamenti, bensì nell'aprire a inedite concezioni del mondo e dell'essere umano. La sfida intellettuale e scientifica alla base di questo volume è, dunque, indagare le implicazioni delle attuali tecnologie digitali (reti telematiche, piattaforme, intelligenza artificiale, big data, Internet delle cose, realtà virtuale ecc.) adottando una prospettiva critica e globale. Ciò corrisponde a superare una visione "tecnocentrica", che troppo spesso si focalizza sul potenziale delle tecnologie sottovalutando il contesto culturale, sociale e politico, oltre che i valori e i modelli ideali degli individui e delle comunità con cui le innovazioni si devono necessariamente confrontare. I contributi all'interno di questo volume esaminano, con gli strumenti tipici delle discipline umanistiche, le diverse modalità in cui gli esseri umani possono rapportarsi al digitale, modificando se stessi e le tecnologie in un intreccio di azioni e retroazioni dinamiche e complesse.
La riflessione si apre con una prima presentazione teologica del vestito e della moda a partire dalla Sacra Scrittura, da alcuni testi della Tradizione cristiana e infine da un discorso agli stilisti di Papa Pio XII. I primi capitoli si concentrano sull'analisi filosofica e teologica del vestito e della moda, segue una riflessione etica della moda nel mondo contemporaneo. Il vestito è al contempo casa comune, di cui il contemporaneo deve prendersi cura, e l'abito del proprio vicino, dell'altro, a cui non si può non prestare attenzione. Le riflessioni finali aiutano a ripensare il vestito e la moda, nelle loro valenze reali, etiche e infine metaforiche. Infatti il sistema moda influenza il pensiero diventandone una potente metafora. Prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi.
La chiusura delle principali attività (lockdown) e l'obbligo di rimanere in casa (#iorestoacasa) offrono al sociologo un'occasione del tutto anomala di analisi. Le riflessioni contenute nel volume mirano ad avviare un percorso di analisi sulla condizione straordinaria che le nostre società stanno vivendo. La (rara) possibilità di guardare la società dall'esterno, a prescindere dai soggetti che la compongono, così come è possibile vedere le città senza gli abitanti, mette nella condizione di elaborare alcune considerazioni su come si ridefiniscono i processi di interazione a partire dai media, dalla nozione di distanziamento sociale, e su come la società futura (#nientesaràpiùcomeprima) sarà anche il risultato di come è stata vissuta la fase precedente. Il volume contiene contributi di Francesca Comunello, Francesca Ieracitano, Maria Cristina Marchetti, Donatella Pacelli, Angelo Romeo, Emanuele Rossi, Massimiliano Ruzzeddu. Prefazione di David Le Breton.
"Totum et unum" propone un'indagine sulle fonti antiche del pensiero di Giordano Bruno, mettendo in luce la derivazione classica del monismo dell'autore. Bruno, opponendosi ad Aristotele, descrive il principio divino come immanente alla materia e sostiene la tesi dell'unità assoluta del Tutto, che è immobile, immutabile ed eterno in se stesso, ma mutevole e corruttibile nelle forme accidentali di cui si compone. Riprendendo il pensiero dei presocratici, la cosmologia platonica e l'henologia plotiniana, Bruno afferma che la materia è animata dal principio vitale in essa stessa contenuto. Pertanto non esistono dualità, ma i contrari coincidono tra loro e si completano nell'unità del reale.
Era la mattina del 23 aprile 1917 quando, per uno sprofondamento del terreno, gli addetti delle Ferrovie dello Stato si trovarono di fronte a un'enorme voragine di detriti posta trasversalmente alla linea ferroviaria Roma-Napoli. Fu così che "la più commovente testimonianza della più alta riforma spirituale che mai abbia tentato il mondo pagano", dopo diciannove secoli di abbandono e oblio, è riemersa da un remoto passato a esibirci le sue prestigiose vestigia. Oggi, a distanza di cento anni da quel fortuito ritrovamento, vede la luce la traduzione integrale in lingua italiana del denso saggio che lo storico Jérôme Carcopino dedicò all'affascinante basilica pitagorica sotterranea di Porta Maggiore.
L'indagine sulla libertà e la riflessione sulla filosofia come ermeneutica dell'esperienza religiosa sono i temi centrali del pensiero maturo di Luigi Pareyson. Il volume, che presenta gli Atti del convegno tenuto a Torino a cent'anni dalla nascita del filosofo, è dedicato anzitutto ad approfondire questi temi e a saggiarne la rilevanza e la fecondità nell'attuale contesto filosofico: questo compito è affidato ai testi di Massimo Cacciari, Francesco Botturi, Vito Mancuso, Pierre Bühler, Kurt Appel e Romano Penna. A ciò si aggiunge un'ampia panoramica dei rapporti di Pareyson con il contesto nel quale si è formato e con il quale si è confrontato; la sezione conclusiva raccoglie una serie di contributi più brevi che riflettono sul rapporto tra la filosofia di Pareyson e l'orizzonte del pensiero contemporaneo.