La prima opera di Richard Schaeffler tradotta in italiano è dedicata alla fenomenologia della religione. Una disciplina il cui scopo è, per l'autore, mostrare la forma essenziale dell'esperienza religiosa a partire dalle sue due dimensioni fondamentali: il linguaggio e il culto. Ciò permette di distinguerla in modo appropriato da altre forme di esperienza, come quella etica, e di discernere la sua stessa validità. Questioni di indubbio interesse tanto per i filosofi della religione, quanto per i teologi fondamentali, e in genere per tutti quelli che riflettono sul rapporto tra filosofia e teologia.
Se la modernità è stata l'epoca delle grandi narrazioni, "Le forme elementari della vita religiosa" (1912) appartiene indubbiamente a questo tipo di opere. L'oggetto viene studiato - nell'intenzione dell'autore - in modo esaustivo a partire da un'ipotesi: la religione degli aborigeni australiani, stando all'immensa mole di ricerche condotte su di essa tra gli ultimi decenni dell'800 e gli inizi del '900, rappresenterebbe e avrebbe mantenuto nel tempo, per la semplicità dei suoi elementi costitutivi, la forma più antica di esperienza del sacro che l'umanità abbia conosciuto nella sua storia. Il legame dell'uomo con determinate specie animali e vegetali, nonché l'"entusiasmo" che i gruppi raggiungono in particolari situazioni di esaltazione collettiva, costituiscono, secondo Durkheim, il primum religioso dell'umanità su cui egli polarizza quel particolare istituto etnologico indicato come totemismo. Ora, se da un lato nella religione così concepita «c'è qualcosa di eterno», dall'altro le modalità, i meccanismi psichici e le forme religiose di rappresentazione della realtà, contengono in nuce, secondo il sociologo francese, un processo di autocostituzione e autoregolazione delle società umane che sfugge in gran parte agli individui che ne sono gli attori. E dunque il religioso rappresenterebbe il sistema generatore e fors'anche il nucleo costitutivo delle diverse dimensioni con cui si esprimono le culture umane. Da questo punto di vista, quest'opera di Durkheim può essere definita un classico delle scienze delle religioni.
Capire il modo in cui le differenti tradizioni religiose, con le loro credenze e pratiche millenarie, hanno da sempre affrontato il problema delle malattie individuali e sociali può essere d'aiuto anche oggi, per il credente come per il non credente, per costruire un habitus mentale e morale nuovo con cui affrontare la crisi che stiamo attraversando e muoverci in un paesaggio che non sarà più quello di prima. Un libro che è anche un'introduzione al significato salvifico delle religioni antiche e contemporanee, nei vari continenti. Un significato, quanto mai plurale a seconda delle forme cultuali, che investe l'anima, il corpo e le loro relazioni.
La parabola del profetismo al femminile a partire dalla fine del Quattrocento fino al diciannovesimo secolo: rivelazioni, visioni, doni spirituali e taumaturgici sono stati per secoli strumenti finalizzati al raggiungimento dell'autonomia delle donne. Una storia che subisce una battuta d'arresto durante il secolo dei Lumi, quando l'esperienza mistica viene confinata tra le mura dei conventi o processata e condannata, per poi rifiorire in quel fenomeno che fu definito "la femminilizzazione del cattolicesimo". Si ricostruisce in queste pagine il controverso rapporto tra genere, religione e potere restituendo al lettore un modello di santità che abbandona la veste libera e trasgressiva delle origini e assume il senso di missione al femminile per la rigenerazione della Chiesa.
Prefazione di Giovanni Filoramo
E. Bianchi - F. Sbardella, La parola al non-detto
Prassi del silenzio
E. Bianchi, Silenzi e omissioni in nome del Buddha. Codifica del non-detto nei codici monastici cinesi
M.C. Giorda, Il silenzio è il lessico famigliare monastico? L'esperienza dei monaci del Dominus Tecum
A. Herrou, Dall'atmosfera «calorosa e rumorosa» alla quiete. Uso moderato di linguaggio e silenzio presso i monaci taoisti oggi in Cina
F. Sbardella, Silenzi e non-detti. Controllo discorsivo nella clausura cattolica contemporanea (Francia, 2006-2014)
Narrazioni del silenzio
S. Boesch Gajano, Voci nel silenzio. Clamori demoniaci e armonie angeliche nell'agiografia altomedievale
M. Garzaniti, Le forme del silenzio. Narrazione agiografica e istruzione spirituale negli scritti del patriarca bulgaro Eutimio (1320/1330- ca. 1402/1409)
D. Campo, Raccontare il silenzio. Lo spazio interiore descritto dai monaci buddhisti cinesi
Iconografie del silenzio
N. Celli, Il silenzio nei dettagli. La formazione dell'iconografia del Vimalakirt?nirde?a nell'arte cinese del V e VI secolo
F. Marcattili, Silentium denuntiat. Veli e bavagli tra modelli greci e tradizione romana
Parole e silenzio
A. Iacovella, Silenzio e linguaggio emblematico nel Kitâb Kashf al-Asrâr 'an Hukm al-Tuyûr wa'l-Azhâr di 'Izz al-Dîn al-Muqaddasî
I. Cariddi, La dialettica del silenzio nel Racconto dell' Oasita eloquente e nella letteratura sapienziale egiziana di Medio Regno
G. Pellegrini - F. Squarcini, Le dighe e il contadino. Sul silenzio, la parola e la semiosi del dividere nella metodica degli Yogasutra
Miti teogonici e fondativi, canoni etico-legali, narrazioni esemplari, testi apologetici, raccolte di precetti e compendi di ortoprassi rituale: non è possibile concepire lo svilupparsi delle grandi tradizioni religiose senza il supporto della scrittura. Lo scrivere - etimologicamente, ma ancor più allegoricamente inteso come "incidere" e "fissare incidendo" - è mediazione tra il messaggio divino e i fedeli, i quali, per il tramite del testo così fissato, possono accostarsi ai reconditi significati del mondo trascendente nel suo manifestarsi all'uomo.
In un percorso storico che si dipana dalle religioni dell'antichità (Egitto, Mesopotamia, Grecia e Roma), transita per il maturare delle fedi monoteistiche (ebraismo, cristianesimo e islam) e le esperienze mistiche delle dualistiche (zoroastrismo, gnosticismo, manicheismo), per concludersi infine nell'estremo Oriente (induismo, buddhismo e Cina antica), la presente antologia ambisce a dar conto delle ricche letterature concepite ed elaborate da tali religioni, eredità dell'indissolubile legame che ebbero con la parola scritta.
Oggi la religione è una realtà rompo complessa per poter pensare che soltanto una disciplina, qualunque sia, possa esaurirla o che il metodo scientifico, per sua natura riduzionistico, sia di per sé sufficiente a darne conto. Il post-modernismo e l'apporto di nuove discipline hanno messo in crisi la distinzione/opposizione tra spiegazione e interpretazione della religione e i dibattiti sul metodo scientifico hanno contribuito a mettere in luce gli elementi di soggettività presenti inevitabilmente nello studio critico della religione. Ma prima ancora, è radicalmente mutato, nell'ultimo trentennio, il panorama religioso, dominato oggi dal pluralismo e dal ritorno sella scena pubblica delle religioni.
Le scienze cognitive e le neuroscienze inaugurano un settore di ricerca nelle scienze delle religioni? Che tipo di comprensione hanno e possono avere del fenomeno religioso? Quali sono le affinità e differenze nel meto- do sperimentale - e nei risultati empirici - rispetto alle scienze umane? Evitando contrapposizioni e assumendo la prospettiva dei cognitivisti per fare chiarezza sul loro metodo nello studio del "sacro" - più di quanto loro stessi abbiano compiuto finora - 1'autore, in prospettiva fenomenologica, cerca di descrivere e confrontare le diverse modalità di ricerca, senza stabilire un ordine gerarchico tra gli esiti ma limitandosi a osserva- re elementi comuni e categorie ricorrenti.
Quando non cade in una deriva del tutto naturalistica, incapace di dar conto della trascendenza, anche lo studio della mente può servire a com- prendere il manifestarsi del sacro nell'uomo, e svela inaspettate assonanze con quell'apriori religioso vissuto ed esperito - di Rudolf Otto, cui l'intero arco della storia e delle scienze della religione novecentesca più o meno velatamente rinvia. Assonanze che invitano ancora a riflettere e in più modi - sull'esperienza religiosa.
Pubblicato nel 1913, questo saggio di Söderblom rappresenta la prima riflessione sul sacro del Novecento. «Sacro è la parola fondamentale per la religione», ancora più importante del termine Dio perché denota l'origine sovrannaturale del religioso. Se la sua genesi psicologica «sembra dovuta a una reazione allo spaventoso, allo stupefacente, al nuovo, al terrificante», nello stesso tempo esso «è la più valida fonte di salute, di forza, di cibo, di successo, di autorità». Di qui il suo carattere ambiguo, investigato da Söderblom, con sguardo comparativo e sensibilità etnografica, anche al di fuori del contesto giudaico-cristiano: il sacro rappresenta la categoria trascendente alla quale possono essere ricondotte le diverse esperienze religiose nei vari continenti, nei loro aspetti magici e rituali. Un testo che figura tra le fonti dell'omonima e celebre opera di Rudolph Otto (1917) e che ha attraversato, spesso sotterraneamente, lo studio contemporaneo delle religioni.
Il tema del sacrificio rappresenta la grammatica profonda della civiltà occidentale e orientale, il suo passato remoto e il suo presente. Un concetto non privo di ambiguità e contraddizioni - come dimostrano i molteplici studi fioriti negli ultimi decenni in correlazione ai concetti di "violenza", "dono", "salvezza" e a simboli come il "Cristo" - che pare oggi depotenziato, e quasi obliato. Il volume riflette sulla natura problematica del sacrificio, in chiave fenomenologica e alla luce della storia comparata delle religioni, attraverso una delle sue dimensioni più quotidiane: il pasto, l'atto del mangiare. Indagando il modello archetipico del mito dell'uomo primordiale (Purusa), emergono la dimensione universale e sacrale del cibo, la dialettica fra violenza ed espiazione, redenzione, comunione mistica.
Aldo Natale Terrin, professore emerito dell'Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina a Padova.
Da sempre l’umanità ha inventato rappresentazioni di Dei. Ma l’invenzione non è mai solo un prodotto della fantasia. L’inventare è sempre anche un trovare. Persino le più improbabili invenzioni sono costruite con spezzoni di ciò che si è trovato nell’esperienza effettiva. Che cosa c’è nella stessa esperienza che spinge a concepire qualcosa di “trascendente” che in teoria dovrebbe essere il contrario dell’esperienza? Questo libro delinea una prospettiva ispirata dall’insegnamento di Husserl e di Merleau-Ponty, ma anche di Hegel, di Deleuze e di Pareyson: autori certo non omologabili fra loro ma che in vario modo inducono a pensare il “trascendente” quale proprietà essenziale dell’esperienza, e non come l’“al di fuori” di essa. Giacché l’esperienza è il vissuto del tempo: essa riguarda gli eventi, che non sono semplici fatti perché l’apparire in superficie del fatto lascia trasparire uno sfondo inesauribile il cui spessore dipende dall’intenzione dell’osservatore di andarci a fondo. Il vissuto – in trasparenza – dello sfondo compreso nell’evento, la percezione della sua proprietà “trascendente”, suscita la costruzione di immagini che diventano, fra l’altro, le invenzioni di Dio. L’esperienza dell’evento è l’origine non religiosa della religione.
ALDO MAGRIS è professore di Filosofia teoretica all’Università di Trieste. Presso la Morcelliana ha pubblicato: Il manicheismo. Antologia dei testi (2000); La filosofia ellenistica. Scuole, dottrine e interazioni col mondo giudaico (2001); Nietzsche (2003); Il mito del Giardino di ‘Eden (2008); Trattati antichi sul destino (2009); La logica del pensiero gnostico (2011, 2a ed. riveduta e ampliata); Destino, provvidenza, predestinazione. Dal mondo antico al cristianesimo (2016, 2a ed. riveduta). Ha inoltre curato il volume Confutazione di tutte le eresie di Ippolito (20162).
Mentre il secolarismo anticlericale dal passato intendeva combattere i privilegi politici della Chiesa, ancora legata al vecchio regime, il secolarismo istituzionale della democrazia multiculturale rappresenta oggi la condizione pregiudiziale per il rifiorire delle religioni. Ecco la tesi di questo saggio di Habermas. La ragione secolare è, per così dire, il piedistallo costituzionale che rende possibile il confronto e l'approfondimento delle autenticità religiose. Le credenze riflessive - che , senza chiudersi alla modernità, ancora attingono attraverso il rito a una sorgente premoderna di solidarietà - vengono ora direttamente chiamate a dibattere in pubblico il senso della modernità e della democrazia.