Un viaggio alle origini della nostra democrazia che assume un significato attuale in un momento di crisi della nostra democrazia. Provincia di Lucca, settembre 1944. La guerra è finita, ma per la maggior parte della popolazione la pace è ancora lontana. Per lungo tempo ancora la sopravvivenza resta la principale preoccupazione. Quali sono i riflessi politici di questa diffusa condizione di disagio? Con quali difficoltà e con quali limiti nasce in questo contesto ed è accettato dalle masse popolari il sistema democratico? Il libro cerca di rispondere a questi interrogativi attraverso uno studio articolato dal 1944 al 1948. Descrive la formazione culturale e politica della classe dirigente antifascista, lo sviluppo dei partiti di massa, intesi come luoghi di partecipazione politica e di integrazione sociale, l'azione delle prime Giunte Comunali e le prime competizioni elettorali e soprattutto pone al centro della riflessione la relazione tra la soddisfazione dei bisogni primari della popolazione e la costruzione di forme di convivenza e istituzioni democratiche.
Un piccolo volume che cerca di analizzare il rapporto tra arte e emozione, tra artista e fruitore dell'opera; un legame che va aldilà del tempo e dello spazio e che riesce a valicare culture e sensibilità differenti. Nella prima parte l'autrice descrive il suo rapporto con le opere di Van Gogh e con un quadro in particolare. Nella seconda parte di questo libro, attraverso la sua particolare sensibilità, l'analista Alessandro Guidi spiega ciò che è accaduto nell'incontro dell'autrice con la pittura: lo fa interrogando l'arte, che da sempre insegna alla psicoanalisi in quanto nasce prima, e nasce, nell'essere umano, come esigenza di libertà d'espressione.
Il 13 marzo 1824, a soli 42 anni, moriva dopo una vita travagliata e mai felice, Maria Luisa di Spagna, ultima duchessa di Lucca, rampolla di una potente famiglia vituperata dalla storia: i Borbone. Fecero parte delle sue radici e della sua esistenza città di straordinaria bellezza, Napoli del padre e Parma materna, Madrid sua culla, Firenze del suo primo Regno, Lucca preziosa, patria degli ultimi suoi anni, Roma che le chiuse per sempre gli occhi. Napoleone Bonaparte mise le mani nella vita di Maria Luisa e gliela rese invivibile, amara, dura. Le diede e tolse regni, le negò ascolto, la fece prigioniera, la privò dei figli, la usò, la derise, la rese infelice. Maria Luisa lo odiò, ma resistette. E ne vide la fine. In Europa, con il Congresso di Vienna, Austria Inghilterra Prussia e Russia decidevano le sorti dei popoli. Maria Luisa dopo tanto soffrire e peregrinare aveva in cuore il desiderio di trovare pace e regno; voleva Parma, i lucchesi volevano la Repubblica. Tuttavia propria a Lucca profuse ogni suo sforzo in un progetto politico di buongoverno ispirato alla saggezza, alla clemenza e alla prosperità della cultura e delle arti.
Il presente volume ha per oggetto nuove ricerche storiche ed iconologiche su di un capolavoro dell'arte italiana del Rinascimento, il Giove che dipinge le farfalle di Dosso Dossi del Castello Reale di Cracovia. Per la prima volta Paoli identifica un personaggio chiave del dipinto, l'Aurora, e chiarisce il significato della tela nella difesa della sfera onirica, nonostante l'avanzare della luce del giorno. Il quadro, destinato al luogo di delizie di Alfonso I d'Este, celebra così l'importanza dell'ozio e del sogno, e, con lo stesso spirito parodico, annuncia il superamento del paventato pericolo del diluvio del 1524, propagandato dagli astrologi di mezza Europa. Paoli ipotizza, infine, con argomenti circostanziati che Freud possa aver conosciuto il dipinto quando si trovava a Vienna, nel momento in cui il padre della psicanalisi elaborava la tesi che il sogno è guardiano del sonno. Il volume conclude una trilogia che Paoli ha inteso dedicare al tema del rapporto tra arte figurativa e sogno, aperta con la monografia sul capolavoro di Van Eyck della National Gallery di Londra, e continuata con quella sulla Tempesta di Giorgione.
Il volume raccoglie gli articoli scritti da Eugenio Lazzareschi con i quali volle portare al largo pubblico dei lettori, mediante le colonne dei principali quotidiani lucchesi, le suggestioni più notevoli di una storia cittadina capace, per episodi, di riscoprire fatti e personaggi partecipi di una grandezza non dimenticata. Di Eugenio Lazzareschi parlano le opere che nel corso della sua vita operosa hanno lasciato un segno indelebile nella storia cittadina, e in quell'Istituto in cui visse ed operò sino alla vigilia della sua scomparsa. Degno continuatore della grande tradizione archivistica lucchese.
Remo Santini torna a confrontarsi con "Lucca e la lucchesità" tema che è ormai diventato un must grazie anche ai suoi corsivi domenicali sull'edizione locale della Nazione e al volume "Lucchesità vizi e virtù". In questo nuovo volume sono tante le voci di grandi personaggi del presente e del passato, lucchesi e non, che contribuiscono a delineare i contorni della nostra identità rileggendone trasversalmente la storia: ma, soprattutto, in questa immagine riflessa della lucchesità, si alimenta, con nuovi stimoli, un dibattito che, oggi più che mai, rende evidente la propria vitalità caricata di inedite valenze politico-economiche attinte dal forte dibattito seguìto agli annunciati tagli alle Province, tagli che hanno reso tangibile il peso specifico di un'identità storico-culturale troppo spesso superficialmente banalizzata entro le varie sfaccettature del 'provinciale'.
Il volume è una raccolta degli scritti di Romano Silva. Sono pubblicati articoli e interventi pubblicati dallo studiososu riviste del settore e in signifi cative sedi miscellaneedal 1971 al 2008.
Varianti e riscritture sono connaturate al processo creativo di Michelangelo poeta. Cesare Guasti aveva riunito i manoscritti delle Rime e con la sua edizione contribuiva a ricreare l'immagine di una scrittura affidata, per più di due secoli, alle cure di Michelangelo il Giovane, ossia a lezioni che questi aveva stabilito in modo univoco e distorto. Riapparivano testi con segmenti affastellati e alternativi, attraversati da indecisioni, mutamenti, persino contrasti di concetti e stili, interrotti in uno stato di incompiutezza certamente intenzionale. Da allora a oggi hanno preso corpo alcune domande. Come leggere una poesia 'in divenire'? Qual è il legame, se esiste, tra la sua natura sospesa, molteplice e la sua destinazione? È una destinazione semiprivata? Una risposta in chiave stilistica permette di prendere le distanze dal mito dell'artista e dal confronto con la sua opera figurativa, spesso fatale per la poesia, e di affrontare complessi problemi testuali e interpretativi. Il non-finito poetico mette alla prova il quadro teorico e critico della filologia d'autore, mentre fornisce indizi su come ricucire frammenti, classificare riscritture, conoscere e accettare una creatività anomala e i suoi prodotti, tra cui la silloge nota come 'canzoniere'.
Francesco Bianchi non è stato un pittore da cavalletto, ma un pittore a muro, anche se questa attività era considerata un'arte minore; egli dedicò la sua vita all'arte nelle sue diverse espressionI lavorando con grande passione e costanza per più di 50 anni. Il libro raccoglie e illustra i lavori del "Diavoletto": sia nei grandi palazzi lucchesi, come nel palazzo Ducale e nell'Arcivescovado di Lucca, in alcune ville fra Camaiore, Viareggio, Bagni di Lucca e la mediavalle del Serchio, e le colline lucchesi.