Pietro Damasceno è un solitario bizantino dell'XI/XII secolo. Della sua vita non sappiamo quasi nulla, possediamo invece un suo testo, esteso, curioso e profondo, che tratta di questioni spirituali come preghiera, meditazione, ascesi, umiltà e contemplazione. Per il suo stile lento, pacato e saggio, Pietro potrebbe essere chiamato il "Montaigne bizantino". È un autore da scoprire.
Scopo di questo breve saggio è dimostrare che Lutero non intendeva fondare una nuova Chiesa, bensì trasformare quella esistente, rendendola più confacente allo spirito evangelico delle origini. Per questo il monaco agostiniano si adoperò con zelante impegno a tratteggiare, per così dire, la planimetria del cristianesimo del futuro, configurandolo più come una fede, che come una religione. Solo così, alla luce anche di certe sue intuizioni, è possibile pensare che il cristianesimo, scevro dalle ipoteche dei condizionamenti culturali, sia in grado di fare ancora risuonare l'eco della voce di Cristo e risulti più "credibile", presso le nuove generazioni, nella sua "pretesa" di essere depositario di un messaggio universale da offrire all'umanità.
Giunto al suo XI numero l'Annale dell'ISSR di Rimini, Parola e Tempo, si propone come di consueto nella sua raffinata veste editoriale, con un'accurata scelta di materiali (operata dal direttore N. Valentini, insieme alla redazione). Pensato originariamente come strumento di formazione e confronto culturale, ma anche di elaborazione e ricerca nelle Scienze Religiose, il corposo volume pubblicato dall'Editore Pazzini, raccoglie materiali di particolare rilevanza teoretica e spirituale, quasi interamente frutto di esperienze concrete di formazione e ricerca promosse nel corso dell'ultimo Anno Accademico.
Corrispondendo con rigore ai criteri e ai metodi della scienza storica, gli autorevoli studiosi coinvolti nella realizzazione di questo secondo volume, dedicato a uno dei periodi di maggiore fioritura artistica, culturale e spirituale della comunità riminese, ci fanno dono di un'opera assai preziosa per conoscere, contemplare e amare la nostra Chiesa e la nostra città.
Il pentecostalismo, dunque, sembra essere una religiosità che si concentra sull'estetica della persuasione sensoriale. Esso perciò ha bisogno di creare eventi sensazionali dentro spazi liturgici extra-large, non convenzionali, poiché non riproducono più gli stili architettonici di una chiesa. Auditorium più che chiese, grandi centri spirituali più che raccolte parrocchie di città o di campagna, insomma, nonluoghi dello spirito per accogliere l'incontenibile forza dello Spirito.
Giunto al suo 8° numero l'annale dell'ISSR di Rimini, Parola e Tempo, si propone come di consueto nella sua raffinata veste editoriale, con un'accurata scelta di materiali (operata dal direttore N. Valentini, insieme alla redazione). Pensato originariamente come strumento di formazione e confronto culturale, ma anche di elaborazione e ricerca nelle scienze religiose, il corposo volume pubblicato dall'editore Pazzini raccoglie nelle sue sette sezioni materiali di particolare rilevanza teoretica e spirituale, quasi interamente frutto di esperienze concrete di formazione e ricerca promosse nel corso dell'ultimo anno accademico.
La dialettica digitale riformula il rapporto con se stessi, gli altri e la natura. Centro e periferia, interno ed esterno, passato e futuro diventano categorie di uno spazio e di un tempo non solo geografico e storico: come raccontare e dove ricomporre i frammenti delle esperienze individuali e collettive? L'homo digitalis richiede un'interiorità capace di sostenere la molteplicità e la diversità, vivendola dentro una dinamica dialogica tridimensionale. La sfida è quella di imparare il viaggio di Abramo e non il nostos-ritorno di Ulisse, distinguere, come Perseo, la realtà dall'immagine della realtà e scrivere la vita come una enciclopedia aperta.
La crisi dell'etica pubblica, nelle democrazie liberali, è sotto gli occhi di tutti. Il compromesso tra le grandi famiglie culturali e religiose, che per lunghi decenni ha temperato i loro dissensi ed offerto a tutte le parti in causa un orizzonte comune, si è da qualche tempo incrinato. Per quale ragione? Il libro individua, come chiave di lettura del fenomeno, il crescente attrito fra autenticità e solidarietà. Lo "spirito del tempo" oscilla, senza equilibrio, tra le loro rispettive ambizioni. Da un lato, esalta la gestione creativa dell'identità personale e celebra, come una nuova tappa sulla via dell'emancipazione, la "liquidità" e la "leggerezza" delle relazioni umane. Dall'altro, tesse le lodi dell'altruismo e raccomanda la sensibilità per il destino altrui come una fondamentale virtù civile. Questa situazione apre nuovi spiragli nel tormentato rapporto fra l'etica secolare e l'ethos cristiano. L'una ha sempre pensato che il solo contenuto razionalmente accessibile dell'altro fosse il comandamento dell'amore, il "vangelo della carità".
Le vie per raggiungere la verità rimangono molteplici; tuttavia, poiché la verità cristiana ha un valore salvifico, ciascuna di queste vie può essere percorsa purché conduca alla meta finale, ossia alla rivelazione di Gesù Cristo" (Fides et ratio, n. 38). Resta da chiedersi quale sia oggi il percorso più capace di articolare il delicato e sempre critico rapporto tra ragione e fede, se si tiene conto che "il razionalismo neoscolastico è fallito nel suo tentativo di voler ricostruire i praeambula fidei con una ragione del tutto indipendente dalla fede, con una certezza del tutto razionale; e tutti gli altri tentativi, che precedono su questa medesima strada, otterranno alla fine gli stessi risultati...". Una delle funzioni della fede, e non tra le più irrilevanti, è quella di offrire un risanamento alla ragione come ragione... Dobbiamo sforzarci di ottenere un dialogo nuovo tra fede e filosofia, perché esse hanno bisogno l'una dell'altra..." (J. Ratzinger, "La fede e la teologia ai giorni nostri" in "La Civiltà Cattolica", Quaderno 3515 [1996], p. 420).