La Repubblica, secondo l'articolo 3 della Costituzione, ha fra i suoi compiti quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti all'organizzazione dei diversi aspetti della vita del Paese. La democrazia è cosi proposta come un'esperienza di libertà e di legami, di diritti e di doveri, di individui e dei rapporti ai quali la Costituzione dedica la sua prima parte: civili, etico-sociali, economici, politici. Questi rapporti, che dovrebbero generare e sostenere pratiche "inclusive", diventano spesso strumenti di disuguaglianze insostenibili, di mortificazione del merito, di umiliazione delle vulnerabilità, di omologazione di saperi e valori, di distorsione del mercato ad esclusivo vantaggio di pochi, di un potere del quale non si riconosce più lo spirito di servizio. Questo libro parte dalla consapevolezza che la sfida della costruzione di una democrazia che sia davvero di tutti e di ciascuno è ancora aperta e cerca una via alternativa tanto alla rassegnazione che la vuole ormai perduta quanto al cinismo che la lascia all'ingenuità delle anime belle. Ci vogliono proposte concrete, a partire da alcune premesse: la libertà dallo Stato ha bisogno anche della libertà attraverso lo Stato; mettere la persona al centro significa partire dalle garanzie fondamentali della casa, di ospedali e scuole.
Facendo seguito alla sua diagnosi delle eresie e degli esorcismi della politica economica italiana, pubblicata, nel 2012 per gli stessi tipi, che ha raccolto molti consensi. Le ricevuto due riconoscimenti autorevoli, con questa nuova raccolta di scritti l'autore traccia un quadro organico dei problemi urgenti che l'Italia deve affrontare al suo interno e in Europa. Egli muove tre J'accuse ai Governi che si sono succeduti dal 2008, data di inizio della crisi finanziaria mondiale: quella di aver trascurato di riaccendere il secondo importante motore della crescita italiana, le costruzioni, come hanno fatto gli Stati Uniti e la Germania; quella di considerare la crescita reale come il principale problema italiano, mentre lo è la spaccatura economica e politica tra il Nord e il Sud; quella di aver aumentato imposte e tasse per sanare la finanza pubblica, mentre le ha usate per accrescere la spesa pubblica primaria. Completano il quadro quattro lettere aperte destinate ai protagonisti della crisi - Juncker, Draghi, Visco, Padoan - già pubblicate e una nuova rivolta al Governo e alla Banca d'Italia, invitandoli a cambiare obbiettivi perseguiti e strumenti usati al fine di invertire la traiettoria verso il sottosviluppo del Paese.
C'era un tempo in cui in difesa dello Stato di Israele e degli ebrei si schieravano i migliori intellettuali europei come Pablo Picasso e Eugene lonesco, e in Italia personaggi come Norberto Bobbio ed Eugenio Montale. La piccola repubblica israeliana era considerata un pegno della nostra libertà, che il mondo arabo-islamico voleva ghermire per la gola e annegare nel Mediterraneo. Oggi Israele è ancora sotto assedio ma è rimasto solo, delegittimato e condannato a morte dalle classi dirigenti intellettuali, dai giornalisti, dagli scrittori, dai registi, dai Premi Nobel, dai musicisti, elevato a sentina del male. Contro il popolo di Israele riecheggiano oggi, sinistre, le frasi della propaganda nazista di settant'anni fa. Il libro di Giulio Meotti ripercorre l'odio per Israele degli ultimi trent'anni. È il racconto di una grande abiura, un nuovo caso Dreyfus con il tradimento dei chierici e l'abbandono degli ebrei da parte dell'opinione pubblica europea. Uno scandalo che le falangi dei "progressisti" accolgono in silenzio. I peggiori antisemiti oggi li trovi fra la brava gente. I buoni. I rispettabili. I vanitosi dello star system. Le firme dei giornali. Gli intellettuali. Gli artisti. I filantropi. Il loro annullamento spirituale e culturale di Israele giustifica in anticipo la sua soppressione fisica. E se Israele scomparisse oggi, il popolo ebraico non potrebbe sopravvivere. Che fare allora? Solidarietà. È l'unica arma che abbiamo.
Ci sono gli scettici che dicono che non esiste nessuna verità oggettiva. Non possono avere ragione perché la verità si presenta da se stessa nella storia della persona ed in quella della comunità umana. Senza verità non è possibile vivere. Chi vorrebbe vivere un grande amore che non è però un amore vero? Poi ci sono i dogmatici, quelli che la verità ce la hanno in tasca e sono sempre pronti a condannare chi non accetta a scatola chiusa la loro verità. Anche così non è possibile vivere perché la ricerca non finisce mai e la vita apre sempre nuove prospettive che mettono in questione quello che credevamo di sapere. Questo libro cerca di aprire una diversa prospettiva: dobbiamo essere fedeli alla verità che abbiamo conosciuto ma anche aperti alla verità che si è rivelata nella esperienza dell'altro uomo per camminare insieme verso una verità più grande.
Il recente colpo di Stato di Kiev è stato l'ultimo atto di una strategia messa in atto per spingere l'Ucraina nella Nato e quindi per preparare il terreno alla definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza. Dopo aver assistito a questo tentativo di minare le basi geostrategiche della sicurezza russa, Putin è tornato con maggior forza a promuovere un'azione in grado di ricostituire la sfera d'influenza di Mosca nelle regioni dell'ex Unione Sovietica e di dimostrare alla comunità internazionale che l'"Orso russo" possiede ancora artigli forti che gli consentono di tenere a bada i suoi avversari. Sfidando la Russia nel suo cortile di casa l'Occidente ha dato il via a una crisi globale destinata a minare per i prossimi anni la possibilità di costruire un pacifico ordine mondiale.
In questo libro gli autori documentano che la società italiana, pur essendo entrata nella famiglia delle società industriali avanzate, continua ad essere caratterizzata da un diffuso e radicato analfabetismo scientifico quotidianamente alimentato dalla esiziale presenza attiva di ideologie radicalmente ostili alla scienza, alla tecnica e al mercato. Il che costituisce uno sconcertante paradosso storico, dal momento che sono proprio la scienza, la tecnica e il mercato i potenti motori di quella epocale rivoluzione in permanenza che siamo soliti chiamare modernizzazione. Il risultato è un libro indispensabile per prendere coscienza di ciò che il nostro Paese ha bisogno per evitare la deriva della regressione storica e per garantire un futuro alle nuove generazioni.
Il volume narra la storia epica e tragica della caduta della più antica repubblica del mondo. La crisi economica ha colpito San Marino in maniera molto più grave che l’Italia e, a causa della levata di scudi nei confronti dei paradisi fiscali, San Marino è stata costretta a rinunciare in pochi anni ai suoi capisaldi (anonimato societario e segreto bancario) senza aver il tempo di adeguarsi. Spariti i soldi degli evasori il bilancio dello stato si è riempito di buchi, le imprese hanno chiuso e la disoccupazione è aumentata. In molti però non hanno accettato questo cambiamento. Spariti i soldi degli evasori hanno cercato il denaro da qualche altra parte e hanno trovato il denaro della mafia. A San Marino c’è sempre stato il riciclaggio, ma quando le casse delle banche erano piene ci si poteva permettere di dire dei no. Con la crisi le banche sono arrivate ad accettare di tutto. Ma con i soldi arrivano gli uomini: i soldati, i mazzieri, gli estorsori e, cosa più preoccupante, il metodo mafioso ha finito col contagiare anche i sanmarinesi. E così è accaduto che imprenditori perfettamente normali arruolassero bande di campani o albanesi per proteggere i loro interessi. Altri imprenditori sono diventati camorristi e sono arrivati a guidare la loro banda personale, picchiando e incendiando come se fosse la naturale prosecuzione dei loro affari. Risalendo lungo questo filo si arriva molto in alto. Accanto ai mafiosi questi imprenditori pagavano lobbisti e questi lobbisti risiedevano a Roma dove pagavano campagne elettorali di politici per assicurarsi appalti. Pagavano le forze dell’ordine, per evitare i controlli ed erano riusciti persino ad influenzare giudici e commissioni tributarie per risparmiarsi condanne. Come un arto in cancrena, anche il Titano moribondo contagia tutto quello che gli sta intorno
L'Italia è un Paese solido. Il nostro debito pubblico era divenuto troppo alto, ma negli anni della crisi quello degli altri è cresciuto assai più del nostro. Abbiamo un patrimonio largamente superiore ai debiti, ponendoci a un livello di sicurezza che compete con la Germania, lasciando indietro tutti gli altri. Eppure il racconto pubblico è assai diverso, oscillando fra la geremiade e la rassegnazione. Il fatto è che non essere stati capaci di risolvere i nostri mali ci rende incapaci di riconoscere le nostre forze. Un corpo forte, l'Italia, grazie ai molti che continuano a correre per il mondo. Ma con un sistema nervoso vicino al tilt. È la nostra vita collettiva a dare il peggio. In politica, certo, ma non solo: c'è un deficit impressionante di classe dirigente. Così va a finire che si spezzano le ginocchia a chi corre e si protegge e consola chi s'accascia alla nascita, indebolendo tutti. Il libro contiene ricette specifiche. Alcune, dopo averle lette, sembreranno ovvie. Il problema non è che debbano essere complicate, per sembrare dotte, ma che non ci sia la forza di trasformarle in altrettanto ovvia realtà.
I terroni 2.0 che lasciano il Mezzogiorno per studiare e lavorare altrove sono dei veri rivoluzionari, affermano una loro personalissima "dichiarazione d'indipendenza", rinunciando alla rete di protezione che li circonda, scegliendo di farsi artefici del proprio destino e non vivacchiare in perenne attesa del "posto", del "favore", del "permesso". Non torneranno a vivere "a casa", vi "scenderanno" per qualche giorno di vacanza e magari per una cerimonia particolare: dovunque andranno, qualsiasi traguardo professionale raggiungeranno, i terroni 2.0 continueranno a sentirsi figli del Sud, un'appartenenza che non è un marchio da cancellare, bensì un aspetto dell'identità quotidiana rielaborato in salsa globale. Gli appelli a non partire o a tornare sono inutili, se non dannosi. È più opportuno provare a stimolare una "coscienza di classe" nell'animo di questi nuovi emigrati contemporanei, invitandoli a partecipare alla vita pubblica del Mezzogiorno anche a distanza. In una fase drammatica per la storia e l'economia nazionale, la speranza dell'Italia e del Sud deriva anche e soprattutto da questo esercito di menti brillanti: come un libero governo in esilio, hanno il compito di organizzare la resistenza culturale, diffondendo l'eresia del merito e della legalità. Sono queste le "rimesse" che i terroni 2.0 possono spedire a casa: il know-how e una nuova forma mentis.
C'è un "Fuoco del Sud" che arde sotterraneo e che potrebbe irrompere proprio mentre si celebrano i 150 anni dell'Unità d'Italia. Un "fuoco" tanto sofferto quanto ignorato. Si alimenta di centinaia di movimenti, associazioni, comitati, gruppi, intellettuali che un secolo e mezzo dopo chiedono ancora rispetto per il sacrificio imposto al Sud nella nascita della nazione, che si battono per liberare il Sud dalla sudditanza subita sull'altare del patriottismo e della retorica. Sono i "nuovi briganti" della comunicazione e dell'indignazione di cui il Sud ha bisogno. E che grazie anche alle moderne armi di Internet raccolgono e diffondono sia un ritrovato orgoglio meridionale, sia la rabbia per la storia taciuta dalle reticenze degli archivi e delle accademie. Con la denuncia delle clamorose responsabilità dei governi nel disegno preordinato e sistematico di un Sud da mantenere arretrato. Il libro è un viaggio giornalistico pieno di sorprese in questo "Fuoco del Sud" che annuncia una insurrezione non soltanto delle coscienze. Un racconto ribollente tra una serie di "non è vero", tutte le stazioni della "Via Crucis" del Sud e finalmente risposte alla domanda: che fare?
Nel testo viene identificato un filo conduttore che consente di dare un senso unitario agli avvenimenti che hanno preso l'avvio dalla fine del secondo conflitto mondiale. Vengono ripercorse le tappe del progetto, politico e culturale, che aveva in animo di "liberare le menti di tutto il popolo dall'ignoranza, dal pregiudizio, dal sospetto e dalla paura, al fine di essere educati alla giustizia, alla libertà e alla pace...". Si cerca di spiegare perché quel progetto così "giusto" e condivisibile si sia dimostrato fallimentare, nonostante tutte le buone intenzioni dei promotori e perché sia indispensabile cambiare rotta il più rapidamente possibile. Bisogna prendere coscienza del fatto che ci troviamo davanti a un bivio e siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro e quello dei nostri figli. Anche se lo spazio di manovra è limitato, siamo ancora in grado di decidere se vogliamo vivere dentro un sistema invisibile che utilizza una poderosa macchina propagandistica che mira a sedurre la stampa, la scuola, le istituzioni culturali, scientifiche, caritatevoli, di intrattenimento, religiose, mediche, con il canto delle sirene di un mondo riempito di idoli materialisti e governato da uno stato onnipotente, oppure se vogliamo vivere in un sistema in cui ciascuno sia aiutato a comprendere le innumerevoli difficoltà e insidie del vivere quotidiano e come potervi far fronte con le limitate risorse umane.
Boss, imprenditori, politici e traffici. Passato e presente. Tante storie nello spartito di un'unica storia, quella dell'intramontabile Cosa nostra. È scritta nell'operazione Gotha, che decapita la direziona strategica della mafia. Una cimice nel quartier generale dei "corleonesi" svela tutto. Voci e sussurri trasmettono vecchi riti e nuovi progetti degli "uomini d'onore". Ambiguità e prepotenze, obiettivi politici e sogni di dominio si proiettano con terribile genuinità. Cosa nostra è al bivio. Il "fantasma" Binnu sta per abdicare. La lotta per la successione è già aperta. A contendersela sono anziani leader e "giovani leoni". Una "guerra" è sul punto di esplodere. Per vincerla non bastano kalashnikof, astuzie e tradimenti. Ci vuole forza economica e attivismo sulla rotta Palermo-New York, per dominare il narcosistema internazionale. Non è sufficiente appoggiare politici senza scrupoli con la potente "macchina elettorale" mafiosa. Il futuro chiede una nuova classe dirigente al posto dei vecchi e sanguinari capi. Il futuro non c'è senza i "propri uomini" nelle istituzioni; senza il supporto di consulenti per le questioni legali, gli investimenti, l'occultamento dei fondi; senza l'abilità nel manovrare l'immenso potenziale economico dell'organizzazione.