Quando nasce la «seconda Repubblica»? Quali caratteri peculiari, in termini di culture politiche, piattaforme programmatiche, processi sociali e istituzionali, contribuiscono al rafforzamento della fase bipolare in Italia? E come se ne spiega il tracollo? Muovendo da questi interrogativi, il volume riflette sulle grandi fratture che hanno segnato un tempo particolare della biografia politica repubblicana, sul superamento dei perimetri partitici tradizionali e sull'apertura di una stagione "nuova" che non ha però sanato - malgrado le attese iniziali - contraddizioni e anomalie del sistema politico italiano, rimasto nel limbo di una estenuante transizione dovuta anche alla perdurante mancanza di legittimazione reciproca tra le forze politiche. Storici e politologi indagano le ragioni per le quali il passaggio dalla dinamica consociativa alla logica dell'alternanza nella guida del Paese non ha coinciso con un processo di ammodernamento dell'architettura istituzionale, quantomeno sul terreno del rafforzamento del principio di governabilità. Dai loro contributi emerge il quadro delle condizioni che sono mancate all'Italia per imboccare il sentiero di una compiuta democrazia "decidente". La riflessione non può ovviamente prescindere dall'approccio di respiro internazionale: tenendo in assoluta considerazione i mutamenti strutturali che dopo il 1989 investono la dimensione pubblica oltre i confini della penisola, viene quindi esaminato il rapporto che intercorre tra le difficoltà dell'Italia e il ruolo che essa ha giocato sullo scacchiere europeo, come pure sono investigate le dinamiche che incidono sulle relazioni transatlantiche nel momento di passaggio dal vecchio al nuovo sistema politico-partitico. Guardando alla realtà con le lenti dell'oggi, si apre la fase in cui è doveroso approfondire le vicende di una «seconda Repubblica».
Ad ispirare questo libro è la figura silenziosa e potente di Francesco De Nardo, padre della protagonista di uno degli episodi di cronaca più sconvolgenti avvenuti nel nostro Paese: il delitto di Novi Ligure del 21 febbraio 2001. Per la prima volta Lou Palanca narra in prima persona, singolare e plurale, maschile e femminile allo stesso tempo. Lo fa per riflettere sul bene e sul male, sul ruolo dei padri, sul dolore e il perdono, attraverso una ricerca che non si alimenta della voce viva degli attori di quella drammatica vicenda ma che pure consente di collocare le scelte di De Nardo in un contenitore nuovo, dove riluce la speranza, la ricostruzione del legame familiare e sociale così brutalmente reciso. Tolto l'orrore, infatti, quel che più di profondo ed elevato ci restituisce questa storia è la potenza dell'amore paterno, la restituzione di una seconda possibilità, la funzione rieducativa della pena, la giustizia riparativa, la crisi delle famiglie "normali", il ruolo giocato dai mass-media. Elementi e capitoli che si rincorrono in una scrittura densa, profondamente immersa nell'atmosfera del lockdown del 2020 e capace di rendere il padre di Erika un riferimento collettivo, il padre di tutti, il Padre vostro.
Le vicende che nel 1860 videro coinvolti gli ufficiali della Marina borbonica sono un tema ancora oggi fonte di un dibattito che ben si presta alla riflessione sull'intreccio tra guerra civile, crisi dello Stato e costruzione dei nuovi edifici nazionali. Per questo conflitto interno al mondo meridionale gli storici utilizzano oggi il paradigma interpretativo di "guerra civile". Proprio qui sta la singolarità della vicenda della Marina borbonica. Quegli ufficiali, pur essendo detentori di porzioni del potere legittimo, scelsero deliberatamente e compattamente (fatta salva qualche eccezione) di passare dall'altra parte. Furono dunque patrioti o traditori? Perché questi ufficiali scelsero di stare nel campo, quello unitario, apparentemente [più] lontano dalle loro esperienze?
Agende non scritte. Un titolo insolito per narrare l'esistenza di un giovane, Rosario Angelo Livatino, per il quale sembra sia stato detto tutto quello che si poteva dire. Eppure, quasi a smentire la sensazione di «sapere già come va a finire», questo libretto ci sorprende, a contatto con una vicenda così riservata, silenziosa, trasparente e pulita. I giorni di Rosario Livatino (1952-1990) scorrono tra le mani di chi legge, in maniera asciutta, essenziale, diretta. Con sensibilità, equilibrio e decoro. Mancano i toni enfatizzanti di certe agiografie. Non ci sono forzature, nulla che occorra dimostrare. Le parole - frasi, citazioni, pezzi di repertorio, stralci di giornale, testimonianze - calzano a puntino, al momento giusto. E raccontano l'evento, straordinario nella sua normalità, di un'esistenza abbracciata e custodita dal Divino: «Sub tutela Dei». Invito alla lettura di Madre Eleonora Francesca Alongi. Prefazione di Francesco Lucrezi. Postfazione di Pasquale Giustiniani.
La via umana, in tre volumi, traccia la linea evolutiva e culturale che ci ha portato da quadrupedi a "umani". In questo primo volume si chiarisce la chiave di lettura dell'intero processo evolutivo: da scimmie, a scimmie antropomorfe, a Ominidi bipedi, a Homo sapiens. È così che siamo diventati figli unici, senza padre né madre. L'ipotesi di partenza è che l'"umanità" non sia una qualità che appartenga per definizione a Homo sapiens. Essa, bensì, costituisce un lentissimo processo che pur volendolo collocare nella notte dei tempi - e, come che sia, non prima di 40mila anni fa, e pur iniziando con Neanderthal e Sapiens -, trova il suo fondamento a partire dalla invenzione della democrazia, che apre il passaggio evolutivo a un "dopo Sapiens", vale a dire a Homo civilis ("uomo democratico").
Dal 2013 Lazzaroni, grazie alla nuova proprietà, si è potuta riaprire alla grandezza del suo storico nome e del suo famoso successo nel mondo. Ha creduto nel cambiamento non solo fisico, spostandosi dal nord in un'area montuosa del centro Italia, ma anche ideale, lavorando sulla riqualificazione del brand attraverso le proprie risorse umane. Lazzaroni ha puntato sul capitale umano, che fino a quel momento era stato l'anello debole della catena, la parte che maggiormente aveva risentito le inversioni e impennate negative di questa grande famiglia della biscotteria italiana. Da qui dunque la vera sfida dell'educazione al cambiamento e al rinnovamento e la possibilità di ripensare il concetto di lavoro e degli ambienti lavorativi secondo una dinamica di autentica promozione dei singoli soggetti componenti la grande azienda. Da questa visione prospettica e aperta Lazzaroni ha quindi avviato un percorso di studio e di ricerca che prevede la costruzione di un modus pensandi per ogni operatore così che possa sentirsi autonomamente nelle condizioni di interpretare i fenomeni interni al lavoro, progettare l'agire, sostenere e realizzare una diversa cultura del lavoro e un'idea di impresa che si umanizza attraverso la cura e l'attenzione del lavoratore in una visione comunitaria.
Nel giornalismo politico non è vero, come talvolta si crede, che c'è sempre equidistanza e imparzialità nel riferire quello che accade all'interno del Palazzo. Perché, anche se nessuno lo ammetterebbe in modo esplicito, il rapporto tra giornalisti e uomini politici spesso si fonda sul più classico dei do ut des: il politico "sgancia" la notizia; il giornalista assicura visibilità, o benevolenza, sul suo giornale. Naturalmente esistono le eccezioni. Ma se la regola è cosi radicata dipende essenzialmente dal fatto che il Parlamento è, per coloro che lo abitano, come un villaggio dove tutti conoscono e tutti sanno (quasi) tutto di (quasi) tutti; dove fioriscono amicizie e antipatie le più impensate, e se c'è un vizio che accomuna ogni categoria di residenti si chiama vanità. Produrre un'informazione corretta e completa in un ambiente come questo non è semplice: è affascinante, rischioso, difficilissimo. Ma è ancora possibile. Come, ricorrendo a quali trucchi e scansando quali pericoli, lo racconta in questo libretto una delle penne più battagliere e schiette del giornalismo politico degli ultimi anni, che lo ha scritto mettendo da parte quasi giorno per giorno appunti di conversazioni, aneddoti o semplici riflessioni tratte dal suo lavoro quotidiano.
Nel 2020, l’amministrazione Trump ha deciso di abbandonare l’OMS proprio mentre l’agenzia si trovava a fronteggiare la più importante crisi sanitaria della sua storia, ancora in corso. L’accusa frontale all’OMS di aver coperto l’opaca gestione dell’epidemia da parte della Cina, origine del virus, rivela quanto sia facile per l’agenzia diventare il capro espiatorio di un conflitto geo-politico tra paesi, in questo caso due potenze mondiali. Non è la prima volta che l’OMS si trova sotto tiro. In altre occasioni epidemiche si è mossa con incertezza, talora sbagliando. Ma la qualità del suo operato dipende molto da quella dell’intervento dei governi, ovvero dei soggetti titolari dell’organizzazione. Per valutarne le decisioni serve ripercorrere la sua storia, capirne il mandato, i meccanismi di finanziamento, le tensioni che attraversano la sua gestione. Questo libro vuole fare chiarezza, con un’analisi schietta, sul funzionamento dell’OMS, sulle influenze esterne cui è esposta, sulle responsabilità dei diversi “portatori d’interesse”. Il libro fa riferimento al contesto del Covid-19 e al ruolo dell’Organizzazione nelle emergenze sanitarie, ma l’intento è richiamare l’attenzione sulla sfida più grande: la tutela del diritto alla salute e l’azione della politica per promuoverne la realizzazione. Un obiettivo che richiede una OMS autorevole e credibile, all’altezza di un mondo che aspira sul serio a dotarsi degli strumenti per difendersi dalle nuove crisi sanitarie che già si prospettano all’orizzonte.
"Oggi Roma è prigioniera. Prigioniera della cattiva politica e della pessima amministrazione, che l'hanno abbandonata a un declino (apparentemente) inesorabile. Prigioniera dello stesso ruolo di Capitale, senza lo status e i finanziamenti delle altre Capitali europee. Prigioniera dell'inerzia della sua classe dirigente economica, sociale e culturale che, per convenienza o pavidità, ha scelto di disinteressarsi del bene comune. Prigioniera - soprattutto - di un sistema di rendite unico a livello globale che rassicura e stordisce i romani, ne raffredda gli animal spirits e blocca gli ascensori sociali. Per far rinascere Roma, dunque, occorre passare da una terribile strettoia: trasformare la Capitale nel terreno della "battaglia finale" della produzione, dell'innovazione e delle competenze contro le rendite. Non è una missione impossibile: incrociando le caratteristiche della Capitale con i macrotrend a livello globale, è possibile costruire un grande progetto che la posizioni "in vantaggio" nella sfida per lo sviluppo che si giocherà nei prossimi anni tra metropoli globali e città internazionali. Non c'è più alternativa. La meravigliosa e fragile bellezza della Città Eterna è in grave pericolo: come Andromeda sullo scoglio, sta per finire nelle fauci del mostro che avanza tra i marosi. Ma stavolta la liberazione non potrà arrivare dal coraggio d'un eroe solitario: il mitologico Perseo potrà e avrà soltanto le sembianze della voglia di riscatto di un'intera comunità. La politica romana ha fallito troppe volte per poterci riprovare da sola: l'unica speranza è chiamare a raccolta le forze migliori della società. Perché quello che si è aperto con l'annus horribilis della pandemia potrebbe diventare, a sorpresa, il "decennio di Roma". Sempre che i romani - dai cittadini alle élite - lo vogliano davvero e inizino a pretenderlo da chi li governa. E anche da se stessi".
Il pensiero liberale nell'Italia repubblicana ha avuto illustri rappresentanti: dall'ultimo Croce a Luigi Einaudi, da Guido Calogero a Carlo Antoni, da Norberto Bobbio a Nicola Matteucci, da Giovanni Sartori a Rosario Romeo. Naturalmente, ciascuno di questi autori ha privilegiato alcuni temi rispetto ad altri, ciascuno ha avuto una propria ispirazione e un timbro particolare. Il libro ricostruisce il pensiero di ognuno, ma mette altresì in rilievo come tutti in una Italia in cui il marxismo e il cattolicesimo politico avevano l'egemonia - abbiano condotto una decisa battaglia in difesa della società pluralistica (sia a livello economico, sia a livello politico, sia a livello culturale), e, al tempo stesso, abbiano combattuto le grandi disuguaglianze sociali e abbiano rivendicato una società più giusta. Il libro mostra che, per ricchezza di cultura e per capacità di riflessioni teoriche, il pensiero liberale italiano dell'Italia repubblicana occupa un posto di tutto rispetto nella contemporanea cultura europea.
Che ruolo può e deve svolgere l'innovazione nella ricostruzione di un mondo migliore? Che ruolo può e deve svolgere l'innovazione per favorire processi anti-ciclici in funzione post emergenza Covid-19? Che ruolo può e deve svolgere l'innovazione nella più ampia cornice del paradigma della Società 5.0 e delle politiche mondiali per lo sviluppo e la sostenibilità, quali l'Agenda Onu 2030, il Programma New Green Deal della Commissione europea e le Encicliche Laudato si' e Fratelli tutti di Papa Francesco? La domanda non è nuova ma nuova è la prospettiva che introduce la riflessione sviluppata nel testo (e la relativa chiave ermeneutica che la ispira): ovvero, la necessità di definire, qualificare, implementare e promuovere un nuovo ed aggiornato paradigma del concetto di innovazione, quale naturale evoluzione del modello dell'innovazione aperta e di superamento della retorica autoreferenziale delle pratiche di innovazione, mediante l'introduzione dell'idea di Innovazione Armonica (Harmonic Innovation).
La cronaca e l'analisi politica, le ricerche degli esperti e le previsioni sul futuro della potenza americana. Questo libro mostra il volto degli USA dal punto di vista di chi ha già vissuto la transizione da Barack Obama Trump ed ora spera che la presidenza di Joe Biden possa salvare il sogno americano.