La proposta del tema è basata su di una analisi compiuta in redazione sotto l'ottica particolare dello spirituale, pensando cioè all'evangelica parabola del "lievito", di cui è parso alla redazione che la nostra storia, sia civile quanto ecclesiale, abbia sempre più urgente bisogno, proprio per acquisire una nuova capacità di superare o di rompere la morsa negativa che sembra serrare al collo l'attualità. L'attenzione si è rivolta ad azioni, poste in essere con la pretesa curativa da autorità istituzionali, come comandi, imposizioni, atti di forza pur di diversa legittimazione. Con uno sguardo di altro respiro e ispirazione, e nell'intento consueto di offrire soprattutto elementi per rilanciare la comprensione e l'attualizzazione di talune parole esprimenti una significativa modalità di farsi coscienti interpreti della costitutiva realtà interiore umana, la riflessione si è sviluppata intorno a due pericopi evangeliche daMatteo. La prima positiva, forse la più nota e già citata, del "lievito buono", messo dalla donna nella pasta, e la seconda negativa, riferita polemicamente al "lievito dei farisei e dei sadducei", da cui Gesù dice di guardarsi. La prospettiva con cui si è pensato di articolare il quaderno non riguarda perciò solo l'ambito religioso-ecclesiale istituzionale, anche se da questo parte, ma la qualità del vivere e delle relazioni, l'ambiente culturale in genere, e cioè civile, sociale, economico, politico.
"Quando qualche volta mi è capitato di confessarlo, allora veramente ho sentito, per merito di lui, quanto grande e misterioso è questo sacramento della fraternità e del perdono. Cose troppo delicate per dirle in un qualsiasi articolo. Anzi, è questa una delle ragioni per cui io su don Milani ho preferito piuttosto tacere. E però questa volta, davanti a certe manipolazioni e storpiature, il silenzio poteva essere anche una colpa".
"Rendere lode" e "rendere grazie" sono da sempre cifre del rapporto creaturale; lode e grazia sono come la trama e l'ordito di un unico tessuto religioso in cui si riconosce come la propria vita sia risposta grata al dono ricevuto. Cuore grato, titolo del presente quaderno, è espressione sintetica che ci pare possa raccogliere la sovrabbondanza che la dimensione del cuore ha catalizzato nella storia della spiritualità cristiana. Ciò consente, peraltro, di orientare e filtrare una comprensione della presente temperie – culturale, sociale, politica, religiosa – per essere aperti a quella accoglienza del futuro che contrassegna la creatura nella relazione con il suo Creatore. Riscoprire questo è addentrarsi nella filigrana dell'esistenza ed è già un primo passo fondamentale. Sin da quando si è bambini, si impara a dire "grazie"; poi ci si scopre "essere grazie" o "essere grazia": la gratitudine è un tratto che cresce e che si affina nell'arco del tempo della vita. La devozione al Sacro cuore, che ha conosciuto nell'epoca moderna un crescente consenso e che per non pochi aspetti e modalità parossistiche ha pure provocato una sorta di sua messa in sonno, va tenuta presente, a parere di chi scrive, per la sua efficacia espressiva, che si rende evidente nella relazione Dio-uomo, così come ci è stata rivelata da Gesù
Cristo. Tale è la luce che promana, che non può essere distorta dal devozionalismo. A voler essere essenziali, l'aggettivo "grato" è pleonastico: nella tradizione biblica sono le qualificazioni negative del cuore che fanno la differenza – si pensi all'espressione: «Cuore di pietra» –. Meditare, dunque, su ciò che l'espressione "cuore grato" evoca significa compiere una traversata che passa per una rilettura di tematiche relazionali, bibliche, liturgiche, esperienziali, sociali e politiche per poi gettar luce sulla nostra condizione attuale, affinché ciò che nella liturgia sia eucaristica sia "delle ore" è del tutto evidente possa ritornare ad essere il pulsare del credente oggi.
Con lo stile che gli è proprio, e che molti lettori ormai conoscono, di chiara aderenza al testo evangelico e di scrittura dai toni poetici, Ermes Ronchi trasmette la profondità del suo ascolto del messaggio evangelico. Il lettore vi può trovare tracce luminose di un percorso che dalla parola porta alla coscienza, dalla rivelazione agli atteggiamenti che ne riflettano purezza e semplicità, dagli eventi emblematici narrati a una collocazione sapiente e salvifica dentro la storia.
"Ancora salmi e inni e cantici […]. E musica e silenzio. Un piccolo poema. In quanto ai salmi e ai cantici, il meglio che la sacra scrittura tramanda […]." David M. Turoldo
Annick de Souzenelle ha costruito una lettura originale e viva della tradizione profetica. Basandosi su una profonda intuizione della spiritualità cristiana originaria, indissociabile dalla caratteristica fondamentalmente ebraica della sua letteratura sacra, slega questo patrimonio universale dalle pastoie moralizzanti per restituircene l'entusiasmante vitalità. Offre alla nostra contemplazione l'amore divino celato dietro le parole che un "esilio esistenziale" ci fa leggere come terribili. Dal materiale delle sue precedenti opere trae la quintessenza del messaggio che declina seguendo tematiche atemporali: l'esilio da Dio, la libertà, la conoscenza, il desiderio, il male e la morte, la rinascita. Tutti argomenti che sono al centro di ogni sapere spirituale autentico. Annick de Souzenelle ha conosciuto un'infanzia segnata dai finali sussulti di questo "terremoto". La vita delle persone adulte che vede le sembra assurda: quella degli uomini chiusa nel ricordo delle ore gloriose delle trincee; quella delle donne confinate nei domestici rifugi. "Queste persone sono come foglie morte" scoprirà un giorno: "Bisogna che venga un forte vento perché abbiano l'illusione di vivere".
Nella presente raccolta di conferenze la Singer ci rivela il suo profondo pensare circa la misteriosa realtà della vita: «È il fallimento a darci forma» esclama. «Il successo fa parte del sistema: ci culla, ci fascia, ci gratifica, ci lascia dove siamo. Solo il fallimento ci apre il varco e strappa il velo...». Al di là della disperazione, tutte le imperfezioni dell'esistenza nascondono una potenza rivelante: ci stimolano al grande balzo verso un sovvertimento d'amore e ci conducono sulla soglia di una insospettata liberazione. Un "buon uso delle crisi" può essere apertura di orizzonti nuovi.
«Il vostro parlare sia: sì sì; no no». La frase racchiude una profonda
tensione morale verso il vero, il riserbo, l’austerità, l’essenziale. Cristo è morto e risorto e tanto basta. A prima vista, non riguarda il campo conoscitivo; riguarda il campo etico, che impone la sua legge esclusiva alla vita, ai rapporti con le persone e alla stessa conoscenza.
Oggi, nella società complessa il discorso può ridursi al sì-no? La dimensione etica non cambia, ma la conoscenza sì; e il loro rapporto gioca
qualche scherzo. Il moderno ritiene che dimensione etica e dimensione
conoscitiva possano andare ciascuna per la sua strada; di modo
che la conoscenza non abbia remore di tipo etico. È un meccanismo
che porta alla scissione dell’identità.
Senza bisogno di aspettare la complessità e il relativismo dei moderni,
basta tornare ai 10 comandamenti, pagina celeberrima proprio per la
semplicità. Ma Gesù fa di tutto per superarli in una interpretazione
psicologica, intenzionale, subliminale.
Perché allora, proprio in questo contesto, una apparente apologia della
semplicità come: «Sia invece il vostro parlare sì sì; no no; il di più
viene dal maligno»? Se avesse detto: «Sia invece il vostro parlare sì,
no», il nostro parlare si sarebbe dovuto adeguare a un modello “autistico”.
Invece ha detto: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no», cioè
la simulazione di un dialogo di cui si sente solo un polo, quello che risponde.
Primato dell’ascolto. Prendere sul serio chi ti interpella e rispondere
chiaro, senza ambiguità.
E infine, soprattutto, saper dire di sì. E saper dire di no: a certe cose
bisogna saper dire di sì; ad altre bisogna saper dire di no. Costi quel
che costi.
Forse «parlare sì sì, no no» va inteso non come il sano buon senso, ma
come la più raffinata, consapevole, prudente, forma di aspirazione di pulizia etica, epistemologica e linguistica.
L'amicizia dell'anima: è quella che può crearsi nella conoscenza del grande poeta francese Patrice de La Tour du Pin (1911-1975), che, onorato in Francia nel suo centenario, è felice scoperta per un ampio ascolto in Italia. Al fine di accostare la sua intimità-universalità di uomo e di poeta, ho cercato di riviverne la biografia interiore tramite un attento intarsio di poesie e prose dalla vasta opera architettonica cui ha dedicato la vita: Une Somme de poésie, 1933-1983 (Summa poetica) suddivisa nei tre "movimenti" ("jeux" - nel duplice senso di "giocare" e "recitare") del Dialogo "con se stesso" (i vari aspetti del suo "popolo" interiore), "con gli altri" (nel viaggio della Contemplazione errante), "con Dio" (che qui si svolge "mendicando e pregando" nei giorni e nelle notti del Diario spirituale trovato alla sua morte, in un I volume – 1995). Scoprire un tal poeta ci insegna a non dissipare il tempo terrestre che ci è dato, stando in contatto con la nostra regione interiore.
«Il nostro libro vorrebbe costituire un aiuto ai cristiani per un ritorno interiore alle origini, per renderli ancora più attenti alla chiamata dello Spirito, che, dal profondo della loro anima, li invita alla "preghiera nella verità", alla "preghiera incessante", secondo le parole stesse di Gesù nel Vangelo.» Pensato sulle rive del Gange, in intimo contatto con l'esperienza spirituale upanis.adica e con la tradizione mistica della chiesa, ci auguriamo che il libro continui ad essere un compagno di strada sul cammino che conduce all'Horeb dove Dio lo attende. «Possa essere d'aiuto a trovare la via dell'interiorità e a guidare le anime "fino al centro del cuore", là dove, risvegliandosi a sé, l'uomo si risveglia a Dio.»
Dio si manifesta nell'uomo, in ogni cosa e tempo, in tutta la creazione con la sua costante rivelazione, costituendosi in lui come coscienza profonda, "silenzio" di verità, cui egli è chiamato a "risvegliarsi"; come solitudine identificante, non allontanamento dagli altri o alienazione, ma superamento salutare dell'io. Nel cuore del "saggio" o del "santo" questo processo conferisce maturità di vita e prende forma compiuta attraverso le vie dell'orazione incessante, della meditazione, della lectio divina, delle tecniche ascetiche conducenti alla quiete del cuore, al "riposo sabatico". Il libro può essere di grande utilità a chiunque sia in sincera ricerca di sé e dell'Assoluto, magari per strade non convenzionali o comunque personali, ma con severità di metodo e senza fughe dalla realtà: una "compagnia" straordinaria sul cammino che conduce "al centro del cuore".
Henri Le Saux, monaco benedettino francese, lasciò l’Europa per l’India nel 1948, per unirsi a Jules Monchanin nell’āśram di Śāntivanam nel Tamil Nadu. Qui egli “scopre” l’advaita attraverso la meditazione delle Upanisad e grazie all’incontro con due grandi maestri: Śrī Rāmana Mahārsi e Śrī Gñānānanda. Vive perciò, nella profondità della sua coscienza, l’esperienza, spesso dolorosa e angosciante, dell’incontro tra le due tradizioni culturali e spirituali d’occidente e d’oriente. Muore a Indore nel 1973.