Quando Giorgio Rumi utilizzava il paradigma interpretativo che dà il titolo a questo volume, "nomadismo eclettico", la nostra società non aveva ancora sperimentato fino in fondo il senso di spaesamento che era insito nelle sue parole, con la perdita di ogni riferimento identitario, il mutamento ossessivo, il disprezzo per ogni forma di appartenenza, il fastidio per ogni riconoscimento di discendenza e di apertura al futuro. La sua prematura scomparsa ha interrotto una riflessione che avrebbe certamente condotto a nuove piste di ricerca, ad approdi illuminanti. Tuttavia, seppure la società italiana abbia sentito la mancanza del suo pensiero lucido e penetrante, mai è venuto meno, non solo il ricordo personale, per taluni l'affetto amicale, ma anche il tentativo di riprendere la sua lezione, di elaborare le sue intuizioni, i suoi percorsi di ricerca, finanche le sue chiavi interpretative. Pensieri privati e articoli della stampa, relazioni e saggi scientifici compongono un apparato vario e articolato che dal 2006, anno della scomparsa di Giorgio Rumi, giunge fino ai nostri giorni creando, anche attraverso brevi brani dei suoi scritti, un intenso dialogo ideale con lui. «In queste pagine, [...] - scrive il card. Gianfranco Ravasi nella Prefazione - la testimonianza è soprattutto d'affetto e ammirazione per la figura di un maestro che ha lasciato una grande lezione storiografica e civile. I vari testi qui raccolti rivelano una serie di iridescenze differenti, come scopriranno i lettori "ascoltando" appunto le diverse voci. Esse raccolgono i molteplici lineamenti di Rumi e, attraverso i vari capitoli, riescono a comporre il ritratto di una persona che ha lasciato una traccia profonda nella vita sociale, culturale ed ecclesiale della seconda metà del secolo scorso. Si intrecciano, infatti, in questo centinaio di «testimoni», i vari percorsi dello studioso sia a livello biografico, sia nella sua ricerca scientifica, sia nell'impronta da lui lasciata nella pólis italiana, sia nelle esperienze personali di discepolato o di amicizia».
Uscito nel 1990 e, in seconda edizione, nel 2004, il volume Romano Guardini. Dialettica e antropologia costituisce una delle prime presentazioni in Italia dell'antropologia filosofica del pensatore italo-tedesco. Si tratta di una visione dinamica dell'uomo, caratterizzata da una profonda tensione tra coppie polari, che trova eco nella concezione cattolica della Chiesa intesa come complexio oppositorum. Una prospettiva che torna oggi profondamente attuale in relazione alla crisi della globalizzazione e all'erompere di versioni manichee in sede religiosa così come in quella politica. La dialettica polare guardiniana consente l'unità nella differenza, il dialogo e l'impegno per la pace nella consapevolezza di un mondo pluriforme. Come afferma uno dei suoi più grandi estimatori, papa Francesco: «Romano Guardini mi ha aiutato con un suo libro per me importante, L'opposizione polare. Lui parlava di un'opposizione polare in cui i due opposti non si annullano. Non avviene neanche che un polo distrugga l'altro. Non c'è contraddizione né identità. Per lui l'opposizione si risolve in un piano superiore. In quella soluzione però rimane la tensione polare. La tensione rimane, non si annulla. I limiti vanno superati non negandoli». Il volume analizza l'antropologia polare guardiniana e ne mostra le feconde applicazioni in sede morale-religiosa e nella comprensione della dialettica tra infinito e finito che caratterizza l'era moderna.
Con il Convegno del 25 ottobre 2018, svoltosi a Roma, al palazzo della Cancelleria, e di cui si pubblicano oggi gli Atti, si è voluta onorare la memoria di una grande personalità ecclesiastica, il Cardinale Attilio Nicora, scomparso il 22 aprile 2017. Attilio Nicora ha ricoperto importanti incarichi nella chiesa ed è stato protagonista della riforma dei rapporti tra stato e chiesa in italia. Nato a Varese il 16 marzo 1937, è Vescovo Ausiliare di Milano dal 16 aprile 1977. Nel febbraio 1984 è nominato Co-presidente della Commissione paritetica italo-vaticana incaricata di predisporre la normativa bilaterale sui beni ed enti ecclesiastici, e gli impegni finanziari dello Stato nei confronti della Chiesa; da allora, per decenni, è incaricato dalla CEI di sovrintendere all'attuazione degli Accordi di revisione concordataria. Dal 1992 al 1997 è arcivescovo di Verona, e nel 2002 è nominato Cardinale, poi Presidente dell'amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Nel 2011 è Presidente dell'Autorità di informazione Finanziaria (A.I.F.), e dal 2007 è Presidente del Consiglio di Amministrazione della LUMSA. Il Convegno, organizzato per impulso dei Proff. Francesco Bonini e Giuseppe Dalla Torre della LUMSA, e del Prof. Carlo Cardia, di Roma TRE, ripercorre l'impegno di Attilio Nicora nei suoi diversi incarichi, di Vescovo, Cardinale, negoziatore dei rapporti tra Stato e Chiesa, ma riveste anche un altro, importante, significato. Esso riflette l'affetto grande, la gratitudine profonda, che tantissime persone, dentro e fuori la Chiesa, all'interno o attorno alle istituzioni civili, hanno sentito e provano tuttora per averlo conosciuto, condiviso con lui lunghi e decisivi segmenti di vita, personale e istituzionale, per aver ricevuto e assaporato con lui insegnamenti, valori alti, virtù preziose, che non si potranno mai dimenticare. La dimensione etica e spirituale di Nicora è indissociabile dalla sua più profonda identità, e imprescindibile per chiunque voglia conoscere la sua opera, apprezzare l'eredità che ha lasciato. ciascun relatore, i Proff. Carlo Cardia, Giuseppe Dalla Torre, S. E. Mons. Mario Delpini, i Cardinali Giuseppe Betori e Pietro Parolin delineano i tratti più salienti della personalità di Attilio Nicora quali emergono nei suoi diversi impegni di attività e di ministero. E tutti sottolineano la preziosità, e raffinatezza, del suo ruolo di negoziatore per le nuove relazioni ecclesiastiche dell'italia nel secondo Novecento, e del contributo istituzionale e culturale recato alla storia italiana moderna e costituzionale. Si è aggiunta, agli Atti del Convegno, una Appendice di scritti di Attilio Nicora, sia per proseguire nella ricognizione e raccolta delle sue opere, sia per delineare le tematiche nazionali e internazionali ch'egli ha affrontato nel mondo cattolico, dell'associazionismo, dell'Università, a livello istituzionale. Una menzione particolare meritano gli scritti sui due temi che prediligeva, della carità e della laicità.
La figura di Tommaso Moro si erge come esempio di irremovibile solidità morale, di fede provata e di coscienza retta. La fortezza d'animo e la serenità con cui affrontò la drammatica vicenda della sua condanna a morte e del suo martirio, per mano del re Enrico VIII, fu solo il naturale epilogo di una vita virtuosa in cui emerse come caratteristica fondamentale il primato della coscienza. Questo saggio vuole ripercorrere le tappe della vita di Tommaso Moro seguendo questo "filo rosso" della centralità della coscienza. In tutte le scelte che dovette affrontare, non solo nel momento del suo processo in cui la questione affiorò in modo particolarmente significativo, il filosofo inglese diede ascolto alla propria coscienza come luogo in cui si rivela la voce di Dio che guida l'uomo a scegliere il bene e a rifiutare il male. Di fronte all' imminente condanna Moro dimostrò una fermezza irremovibile: la sua priorità non fu preservare la propria vita terrena ma salvare l'anima dalla dannazione. La decisione di rifiutare gli atti del Parlamento, infatti, non fu motivata tanto da argomentazioni politiche quanto dalla fedeltà alla propria coscienza, alla Chiesa e a Dio: «Egli moriva da fedele e buon servitore del re, ma prima di tutto di Dio». Prefazione del card. Robert Sala. Postfazione di Elisabetta Sala.
Queste lettere “private”, indirizzate da Zaccagnini ai famigliari e ad alcuni amici, ci fanno ritrovare il cristiano in politica a causa della fede, in un rapporto particolarissimo con il potere. «attenzione», scrive l’arcivescovo di Modena-Nonantola Erio castellucci, «Zaccagnini non appare mai diviso tra un’obbedienza a Dio e al suo Regno (spiritualità) e una all’uomo e alla storia (impegno politico), ma le pratica assieme, avvertendole come due dimensioni dello stesso amore». Tutte le lettere qui raccolte hanno lo stesso filo conduttore: la vita è un dono, è bella, in sé è un valore incommensurabile e incomparabile; “per fortuna che si muore”, perché solo così si ha la possibilità di conoscere l’unica cosa che vale più della nostra vita: la vita nella Gerusalemme celeste, che Zaccagnini è certo di raggiungere, al massimo con una spinta. La politica? È solo uno strumento per aiutare gli altri. Non è il caso, dunque, di menare vanto per incarichi, onori e onorificenze: tutta roba effimera di cui si perde presto persino la memoria. «Assume prezioso valore», scrive il Presidente Sergio Mattarella nella sua testimonianza, «questa raccolta di scritti così personali, a volte commoventi, comunque espressivi di una umanità tanto ricca da non poter essere ricompresa soltanto nella dimensione politica». Fede, mitezza, ma uomo capace di decisioni solitarie, sottolinea guido Bodrato, mentre Pierluigi castagnetti ci ricorda che «il cuore di Benigno non si era mai inaridito, nonostante la politica». «Un cuore ricco di valori umani», insiste Aldo Preda, che ha curato diverse pubblicazioni su Zaccagnini perché il messaggio di questo cristiano prestato alla politica non vada disperso.
Questo lavoro s'inserisce nell'ambito delle finalità del "Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II", volte alla promozione sugli studi e sulla ricerca scientifica di questo importante Concilio Ecumenico, che è stato l'evento più importante nella storia della Chiesa nel XX secolo, confermandone tutta la sua attualità e importanza storica, teologica ed ecclesiale. Nello specifico, vuole rappresentare un contributo per uno studio più approfondito sull'effettivo ruolo che svolse il cardinale Juan Landázuri Ricketts al Concilio Vaticano II, e, in seguito a questo evento, al suo fondamentale e personale contributo per la sua corretta applicazione, nell'Arcidiocesi di Lima e nella Chiesa Peruviana, nel periodo postconciliare. Egli fu capace di accompagnare e guidare i distinti processi di cambiamento all'interno della Chiesa nell'era postconciliare, nello specifico di quella peruviana, e in buona parte di quella latinoamericana.
Presentazione di Vittorio Possenti. Postfazione di Gennaro Giuseppe Curcio. A un anno dalla morte, il presente studio desidera essere un doveroso ricordo e un omaggio a Piero Viotto (1924-2017), il quale ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca scientifica, trovando in Jacques Maritain (1882-1973) un punto di riferimento fondamentale e divenendo, a sua volta, egli stesso punto di riferimento per coloro che vogliono accostarsi alla vasta opera del filosofo francese, che - sul solco tracciato da san Tommaso - ha contemplato e trasmesso la Verità. Il volume si sofferma innanzi tutto sulla figura di Jacques Maritain in quanto filosofo cristiano così come tracciata da Viotto, il quale ne restituisce il pensiero metafisico in modo organico e completo mediante le sue numerose pubblicazioni. Se Umanesimo integrale è attentamente analizzato in diversi contributi da Viotto, di inestimabile valore sono le sue riletture di Maritain quale filosofo dell'educazione. L'opera si sofferma poi sugli ultimi scritti (2012-2016), quasi un testamento in cui sono riportati i capisaldi dell'interpretazione del pensiero maritainiano.
Maria Elisabetta Mazza (1886-1950) è una delle figura più interessanti del movimento cattolico che, tra Otto e Novecento, a Bergamo come nel resto d'Italia, offre la prima risposta sistematica alle sfide dalla società contemporanea. Il suo profilo biografico si snoda in varie tappe: l'ambiente familiare e parrocchiale, la formazione culturale, l'impegno associativo, la docenza nelle scuole di Bergamo e della provincia, la fondazione e la direzione delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana. Abito laicale, apostolato a tempo pieno nella scuola pubblica, vita comune, ritmi di preghiera snelli e vita religiosa dallo stile "secolare" sono i tratti caratteristici del nuovo Istituto, chiamato a operare "come lievito, senza chiasso", per dare anima e "linfa rigeneratrice" alla società. Personalità affascinante, riesce a trasmettere una spiritualità ricca e semplice al tempo stesso. Al centro c'è l'esperienza di Gesù, "l'unico affetto dominante" dal quale si lascia condurre e con il quale desidera "fare casa", a imitazione del "sì" obbediente della Vergine Maria e di Teresa di Lisieux, la sua santa prediletta. La sua vita è intrecciata con quella di laici come Nicolò Rezzara, vescovi come Radini Tedeschi e Bernareggi, sacerdoti come Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII. Intelligente, sensibile, dotata di capacità organizzative e di governo non comuni, Maria Elisabetta Mazza ha molto da dire anche oggi.
La ricorrenza del sessantesimo anniversario dall'ingresso di Giovanni Battista Montini a Milano, il 6 gennaio 1955, ha suggerito all'arcidiocesi di Milano e all'Istituto Paolo VI di Brescia l'opportunità di avviare uno studio d'insieme del suo ministero episcopale nella Chiesa ambrosiana. L'episcopato di Montini non e un campo inesplorato per gli studiosi, ma i contributi raccolti in questo volume offrono elementi nuovi attinti dai documenti dell'Archivio della Segreteria dell'Arcivescovo Montini presso l'Archivio Storico Diocesano di Milano. Si tenta di proporre una considerazione complessiva dell'episcopato montiniano attorno a tre ambiti: l'istituzione ecclesiale con i suoi diversi soggetti e le sue molteplici strutture, l'azione pastorale con le forme fondamentali in cui si attua la missione della Chiesa e i complessi legami che essa intreccia con la società e la cultura.
La produzione teorica di Pierre Teilhard de Chardin è vasta e differenziata. Tuttavia è possibile rintracciare in essa la presenza di un nucleo di pensiero che funge da attivatore delle variazioni che la sua proposta teologica e filosofica manifesta nel divenire del proprio sviluppo. Esso è dato dall'intento di dar vita a una revisione del pensiero cattolico che consenta di raccordare la teoria e la pratica cristiana con la visione evolutiva del mondo prodotta dalle moderne scienze della natura, con le trasformazioni della vita umana indotte dall'espansione del sapere tecnico-scientifico, con l'instaurazione di nuovi modelli di organizzazione della società. La proposta di Teilhard ha quindi come asse portante la ricerca di un «congiungimento tra ragione e mistica» che intende mostrare il rapporto esistente tra espansione della razionalità tecnico-scientifica e esperienza cristiana. Prende forma, in tal modo, una figura di cristianesimo che si propone di interagire positivamente con una cultura che pensa la vita umana come realtà non stabilizzata, esposta agli effetti delle mutazioni prodottesi nel corso della storia più recente della «Noosfera». In questo orizzonte filosofico-teologico, la «necessaria rifondazione» della teologia e della spiritualità cristiana, la pratica di una «Nuova Scienza» della natura, la configurazione di una «Nuova Antropologia» capace di leggere non soltanto le scansioni evolutive del passato della vita umana, ma di esibire le linee di fondo dei futuri sviluppi di un'umanità sempre più unificata e potenziata, appaiono come i riferimenti attorno ai quali Teilhard organizza la propria riflessione, sul mondo, sull'uomo, su Dio. L'esigenza di rinnovamento, e la volontà di dar forma a un pensiero che si pone come una sorta di «expeditio in novum», costituiscono, dunque, la pulsione di fondo che governa la sua riflessione teologica, scientifica, antropologica. In essa, accanto a elementi datati, sono reperibili indicazioni capaci di attivare nella Chiesa le energie psichiche e le risorse culturali necessarie per far fronte alle «sfide di un'evangelizzazione rinnovata».
Dai primi riferimenti a Thomas More e ai martiri inglesi del periodo precedente la conversione al cattolicesimo fino agli ultimi anni coincidenti con la canonizzazione dello statista martire, ogni qualvolta che Chesterton chiamerà in causa il suo eroe lo farà per sottolineare - attualizzando le parole di More - quanto l'Europa sia legata a Cristo non meno di un figlio al proprio padre naturale. Indubbiamente la difesa e la promozione delle comuni radici cristiane fu la più profonda passione di Chesterton. Era impensabile nella sua visione spirituale della società che l'Europa e l'Inghilterra potessero assumere una forma diversa da quella civiltà mediterranea e cultura latina che ha permeato la Britannia fin dalle origini. "Se questa verità venisse taciuta - scrive - le pietre stesse la griderebbero, non soltanto le rovine, le pietre lungo le vie romane".
"Dall'autunno del 1933 a quello del 1938 un giovane giornalista cattolico, allora di ventotto anni, Federico Alessandrini, dedicò una serie di articoli lunga e ricca (più di 350) alla vita internazionale, toccando realtà diversissime (dall'Austria alla Bolivia, dalla Germania alla Cina, dalla Francia all'URSS, dalla Gran Bretagna al Paraguay, dagli Stati Uniti all'Ungheria, dal Messico alla Cecoslovacchia, dalla Jugoslavia alla Svizzera). Il paziente lavoro del figlio, don Giorgio, ci permette oggi di seguirli uno per uno attraverso una serie di schede riassuntive, redatte con una capacità davvero non comune di sintesi e, assieme, di rispetto dell'originale nell'argomentare e nel lessico. Si tratta di un'occasione per riscoprire una personalità importante e ancora troppo poco nota nella storia del cattolicesimo italiano (dal 1946 al 1950 Alessandrini sarebbe stato direttore dell'organo dell'Azione Cattolica Italiana, "Il Quotidiano", nel 1961 vice-direttore de "L'Osservatore Romano" e poi dal 1970 al 1976 direttore della Sala stampa vaticana, e dunque primo portavoce ufficiale laico della Santa Sede)..." (Dall'Introduzione di Renato Moro)