Ideato per la ricorrenza del 150° anniversario dell'unione di Roma all'Italia, il volume si propone di ripensare ciò che la breccia di Porta Pia significò e comportò nel contesto storico, politico e culturale della capitale, dell'Italia e dell'Europa dal 1870 allo scoppio della Prima guerra mondiale. Alla luce dei più recenti orientamenti storiografici, un'équipe d'illustri studiosi, italiani e stranieri, propone dunque ricerche inedite sull'organizzazione politico-amministrativa della nuova realtà urbana, concentrandosi in particolare sui rapporti con la Chiesa, sulle dinamiche tra i diversi corpi sociali, sulle strategie e sui processi di affermazione dei ceti dirigenti, nonché sulle rispettive forme d'integrazione nella realtà di quella che per secoli era stata la città del papa.
Il volume ripercorre i temi, i riferimenti politici e ideali, le iniziative culturali ed editoriali e infine il declino della cultura "antitotalitaria" in Italia nei trent'anni successivi al secondo conflitto mondiale. Cultura "antitotalitaria", non meramente "antifascista", perché il variegato arcipelago politico-culturale qui analizzato coniuga un radicato antifascismo - testimoniato da una ventennale opposizione al regime - con un altrettanto radicato anticomunismo. Allo stesso modo dei liberali pensavano i cattolici della generazione degasperiana, i socialisti democratici e riformisti e gli intellettuali appartenenti alla tradizione repubblicana, nella convinzione che l'esperienza fascista fosse morta per sempre e che il vero problema delle democrazie del dopoguerra fosse la lotta contro il mondo comunista, non solo là dove ormai era già "sistema", ma anche nelle sue propaggini occidentali. Il libro cerca anche di analizzare le cause che portarono negli anni Sessanta al declino di questa costellazione culturale e quelle che hanno impedito un suo sostanziale recupero dopo il 1990, quando la storia del Novecento sembrava averle dato ragione.
Nel Pantheon repubblicano dell'Italia democratica Ferruccio Parri (1890-1981) ha certamente un ruolo d'onore. Noto per il suo rigore morale - in una lunga vita pubblica - egli fu di volta in volta combattente valoroso nella Prima guerra mondiale, fermo antifascista durante il Ventennio, fra i capi militari e politici della Resistenza, Presidente del consiglio del primo governo dell'Italia liberata, nonché fra anni Sessanta e Settanta pubblicista e partecipe della vicenda della Sinistra indipendente. Negli anni della Repubblica fu sempre fiero avversario del neofascismo e attento tutore del ricordo e degli insegnamenti della Resistenza antifascista. Ciononostante, nell'opinione pubblica e nel discorso civile dell'Italia di oggi, il nome di Parri ricorre meno di quanto si meriterebbe. Questo volume riporta all'attenzione la complessa e nobile figura di un vero Padre della patria, che sempre si mise in luce in tutte le varie Italie del Novecento.
A trent'anni dalla riunificazione tedesca la figura di Michail Gorba?ev rimane centrale per comprendere la storia contemporanea. L'ultimo leader sovietico cercò di rinnovare l'identità comunista e rilanciare il ruolo internazionale dell'Urss teorizzando un "socialismo democratico" e favorendo la rinascita di una Germania unita. Il suo progetto di superare il dogmatismo ideologico e la contrapposizione bipolare attraverso la costruzione di una Casa comune europea delegittimò la Repubblica democratica tedesca, il cui leader, Erich Honecker, fu dapprima ben disposto nei confronti della perestrojka, salvo capirne poi gli effetti destabilizzanti. Spaventato dal riformismo sovietico, il regime tedesco-orientale facilitò la sua liquidazione arroccandosi nella difesa dell'ortodossia stalinista. Nonostante gli sforzi di Gorba?ev, né l'abbattimento del Muro di Berlino né la riunificazione tedesca servirono a giustificare l'esistenza di un "socialismo dal volto umano" nell'Europa post-Guerra fredda. Nel 1990 non c'era infatti spazio per il comunismo nel continente, neanche nella sua variante riformista, e capovolgere il destino dell'Urss si rivelò impossibile.
Nell'immaginario storiografico la nascita del "vero" fascismo è collocata nel 1920-1921 e numerosi studi considerano il movimento del 1919 come un confuso e informe magma di sinistra. Nell'Italia del centenario della nascita dei Fasci italiani di combattimento, i mass-media hanno utilizzato questa interpretazione per parlare di estremismi, populismi e governi instabili. In questo quadro, il volume scava e identifica - quasi con metodo archeologico - i pluridecennali sedimenti discorsivi che si sono stratificati sul fascismo diciannovista, e torna a scriverne la storia. Il libro ricostruisce le pratiche e l'ideologia del primo fascismo svelandoci tutti i limiti del mito politico diciannovista.
Arnold Esch ricostruisce uno degli snodi più importanti della storia di Roma: il passaggio dalla città del tardo Medioevo a quella, affascinante, del Rinascimento. Il secolo che inizia con il Grande Scisma (1378) e si chiude, in pieno Rinascimento, alla fine del pontificato di Sisto IV (1484) è un secolo decisivo: il papa diventa padrone della città ribelle e la vita sociale ed economica ruota sempre più intorno alla sua corte. Gli umanisti diffondono uno sguardo nuovo sull'antichità. La vita religiosa acquista sfumature inedite grazie ai pellegrini che accorrono in città negli anni santi e alla crescente pietà laica femminile. La vivace attività edilizia e l'intensa committenza artistica di papi e cardinali rinnovano l'aspetto di Roma e la sua attrattiva. La storia di Roma, in quanto capitale della cristianità, assume una dimensione ulteriore: è storia di una città e allo stesso tempo storia mondiale. Continuando la lunga tradizione della storiografia tedesca su Roma, Arnold Esch ripercorre con maestria questa trasformazione, che è insieme ecclesiastica, sociale, economica e culturale.
Già da qualche anno i due conflitti mondiali, da tempo non più oggetto di interesse dei soli storici politici e militari, sono stati esaminati considerando anche gli aspetti socio-economici e, soprattutto, il grado di coinvolgimento delle popolazioni civili. Si tratta adesso di "dare voce" anche a chi non la possiede: gli animali, la natura, il paesaggio. Questo volume intende offrire alcuni contributi originali o, per usare le parole di Emilio Sereni, l'autore della Storia del paesaggio agrario italiano, dei «limitati sondaggi», per suggerire nuove ricerche, ispirate anche dalle nuove sensibilità del nostro tempo.
Da decenni ormai, con la fine della guerra fredda e i mutamenti dello scenario internazionale, i processi di ridefinizione delle memorie pubbliche nazionali hanno innescato in tutta Europa delle vere e proprie "guerre di memoria". In Italia, in particolare, i conflitti tra memorie contrapposte si affiancano a reiterati tentativi di ridefinizione dell'identità nazionale all'insegna della costruzione di presunte memorie condivise, alimentati da un intenso uso politico del passato. Si assiste così all'istituzione di nuove date del calendario civile, come la Giornata della Memoria per le vittime della Shoah e il Giorno del Ricordo per quelle delle foibe; al confronto fra revisionismo e anti-revisionismo su fascismo e Resistenza; a un dibattito sui crimini di guerra italiani nelle colonie e nei territori occupati durante il secondo conflitto mondiale; e all'impegno in prima persona dei presidenti della Repubblica (Ciampi, Napolitano, Mattarella) nel costruire una memoria pubblica nazionale lungo l'asse Risorgimento, Grande guerra, Resistenza, Unione Europea.
I falsi percorrono la storia come un filo rosso, a volte impalpabile, a volte capace di modificare il corso degli eventi. Solo a distanza di anni, se e quando vengono svelati, rivelano la loro efficacia: così la Donazione di Costantino per la storia della Chiesa o i Protocolli dei savi anziani di Sion nel diffondere l'antisemitismo. Si falsificano atti diplomatici, lettere, testamenti, documenti storici, ma anche le antiche epigrafi, e non solo per denaro. Anche la letteratura e l'erudizione vengono coinvolte, come nel caso dei falsi ottocenteschi della poesia ceco-medievale. La falsificazione abbonda nell'arte: una legione di imbroglioni pratica una lucrosa professione, che fa il paio con quella dei falsari di merci e di monete. Dietro i falsi ci sono appunto i falsari, ora nascosti nell'ombra, ora proiettati verso una fama spesso ambiguamente ammirata, come nei casi di Annio da Viterbo, che riscrive una falsa storia antica o di George Psalmanazar che offre agli inglesi una Formosa inesistente. Sono solo alcuni dei capifila di un esercito che, con alterna fortuna, ha conquistato la nostra civiltà fin dai tempi antichi.
Maria Cervi ha solo 9 anni quando padre e zii vengono fucilati a Reggio Emilia dai fascisti. Ancora adolescente, inizia ad affiancare il nonno Alcide nel percorso di testimonianza grazie al quale il martirio dei 7 fratelli Cervi diventa presto un simbolo della Resistenza italiana ed europea. In queste pagine viene ripercorso il cammino di Maria dalla bambina che era alla donna eccezionale che è diventata, memoria pubblica di una famiglia fuori dal comune, senza negarsi e senza proteggersi da niente. «Di Antenore e degli altri fratelli Cervi, di papà Alcide, delle donne che rimasero e ripresero a vivere», scrive Veltroni nella sua prefazione, «si è detto molto e molto sappiamo. Qui, a emergere in pieno è il cammino intrecciato di profonda umanità e comunque pieno di ostacoli di una bambina costretta a diventare grande e in fretta, molto in fretta. Con il ricordo di un papà "dolce e di poche parole", quando la sua esistenza era semplicemente quella di una "bimba felice in famiglia felice". Con la "salvezza" rappresentata dall'impegno politico e dall'affermarsi in lei di quel "dovere morale di rendere conto"». Volume pubblicato in collaborazione con l'Istituto Alcide Cervi. postfazione di Luciano Casali.
"La linea d'ombra" indaga gli "oscuri" decenni che intercorrono fra il ritorno della corte pontificia a Roma dopo il periodo avignonese (1378) e la conclusione dello scisma, con il definitivo ingresso in città di Martino V Colonna (1420). Sempre percepito come "di transizione" fra Medioevo e Rinascimento, questo periodo turbolento e insicuro è però anche quello in cui la città di Roma ricostruisce il proprio ruolo e gli strumenti visivi e letterari che lo esplicitano e lo visualizzano, di volta in volta ritratta quale cumulo di rovine abitate da banditi e bestie selvagge, o come luogo di impareggiabile fascino e conservazione di memoria. Il volume include studi in più di un campo "tecnico": la scultura e i monumenti funerari, la pittura e i nomi degli artisti, la precoce attività nei monasteri, la città già meta di viaggio e di esplorazione dell'Antico per i grandi artisti del primo Rinascimento.