La terza parte dell'opera completa di Giovanni Testori, dal 1977 al 1993.
Giovanni Testori, grande narratore, drammaturgo e autore di splendidi saggi di critica d'arte, è stato anche poeta. La sua produzione lirica rivela al lettore di oggi, consapevole dell'intera esperienza novecentesca, una delle pochissime voci in grado di aprire possibilità nuove nella poesia del dopoguerra, di percorrere strade diverse. Testori infatti si è mosso con estrema libertà nell'esplorare nuclei tematici ed elementi stilistici già attestati nella tradizione poetica a lui precedente e in; quella contemporanea, e ha utilizzato nei suoi testi le parole dell'antica devozione insieme ad accenti post-futuristi, il lessico basso e fisiologico e i toni più sublimi, la colloquialità anche brutale e la voce più tenera e incantevole. Questo volume antologico, che documenta l'intero arco della produzione di Testori, grazie alla guida di Davide Rondoni, poeta e lettore segnato dalla tensione dello scrittore di Novate, aiuta il lettore a entrare nella tesa, inquieta, intensa poesia testorianai e nei suoi laceranti contrasti. Introduzione di Per Giovanni Testori.
Il senso del mistero, l’incertezza, la negazione di una conoscenza che vada oltre la storia e che sia comprensione della stessa, il dolore, che è figlio dell’oscurità, la necessità di amare, la consapevolezza dell’estrema indigenza del nostro essere e della fragilità che rende ognuno di noi un essere questuante, il continuo avvertire la presenza-assenza di Dio, sono i temi che animano la poesia di Cesare Cellini e che segnano l’evoluzione di un cammino che il poeta compie nell’arco di tredici anni. Nucleo centrale della sua poetica è la Parola. Egli stesso precisa, infatti, che la «parola dell’Uomo» ha «la stessa dignità della “parola di Dio”: ambedue salvano»; e questa parola dell’uomo, in cui si opera il passaggio dal Sacro al Santo, è l’Arte, la cui dimensione diventa cristica in quanto luogo della continua incarnazione del Verbo; diventa diafania, trasparenza incontaminata, cioè, della Parola; diventa «attesa della morte come riconciliazione», come nuovo dies natalis; diventa parola della donazione; assume in sé valore escatologico e prepara la parusia. Scrive Tito Furnari: «Emerso per poco dalla fine del Millennio, egli appartiene ad un’epoca nuova: l’epoca che sarà, così vivamente ci auspichiamo, l’era dello Spirito. […], Ascoltare, con animo disponibile, il suo canto proteso, nella sua solitudine, alla piena melodia del silenzio è entrare, o rientrare, nella speranza».
AUTORE
Sergio Collura laureato in Scienze umane e in Teologia, con specializzazione in dogmatica, già ordinariodi Lettere e docente di Antropologia Culturale (1994 – 2003) e di Filosofia Estetica (2003 – 2013), ha svolto la sua attività didattica e di ricerca fra Roma, Catania e Bruxelles. Promotore culturale, ha dato vita al Movimento Giovani per un Nuovo Umanesimo e, di recente, al Movimento della Pari Dignità e Comune Umanità fra i Popoli. È stato titolare, sotto l’egida del MPI, di vari Progetti Nazionali, quali, ad esempio, Verso il Giubileo 2000: La Parola di Dio e la Parola dell’Uomo, (1997-2000); Humanitas: Un cammino dialogico verso nuove autonomie umane (2001-2004). Curatore degli inediti di A. Fiore e di C. Cellini ha promosso, dal 1986 ad oggi, vari Seminari e Convegni Nazionali di studi. Ricordiamo alcune pubblicazioni: Al di là della ragione (1973), L’esperienza religiosa senza religione (1983), Dio e l’inquietudine metafisica dell’uomo (1988), Deserto e speranza: metafore di narrazione (1991), La necessità di un trapasso (1999), Un Angelo ignorato (2003), L’ironia figurale dell’oltre (2006), Solitudine e Sacro (2010), La vita, palingenesi dell’oltre (2012).
Quando giunse la notizia che il Premio Nobel per il 1996 era stato conferito a Wislawa Szymborska, molti giornali scrissero che si trattava di una poetessa più o meno sconosciuta. In realtà Iosif Brodskij la considerava, insieme a Milosz e a Herbert, una delle grandi voci poetiche attuali. E al tempo stesso si può dire di lei che raramente un poeta moderno è riuscito a parlare di temi proibiti, perché troppo battuti, con tale impavida sicurezza di tocco, fino al punto di dedicare una delle sue liriche più perfette all'"amore felice", questo "scandalo nelle alte sfere della Vita". Questo volume è una raccolta che attraversa tutta la sua opera a partire dal 1957 e include anche il discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio Nobel.
Come scrive Carmelo Mezzasalma nella presentazione, il linguaggio poetico di Carlo Brogi crea poesia attraverso una concentrazione e un'espansione della coscienza che osserva la realtà. Nasce così una serie di liriche che rivelano come la commozione sia la cosa più concreta e vera della vita. Una parola poetica che indaga, supplica, ironizza sui falsi valori e a un certo punto si scopre abitata dalla presenza di Cristo che ci fa presentire il Dio vivente.