Il ciclo di avori conservato nel Museo Diocesano di Salerno è il più vasto giunto sino a noi dall’età medioevale. Si compone di sessantasette pezzi. Diciotto tavolette sono dedicate al ciclo iconografico dell’Antico Testamento, diciannove a quello del Nuovo; i rimanenti sono medaglioni o frammenti decorativi di quello che con tutta probabilità costituiva il rivestimento prezioso di una cattedra episcopale.
L’ampiezza del ciclo e la straordinaria raffinatezza della sua esecuzione, dovuta a maestri verosimilmente salernitani dell’XI secolo, ne fanno uno dei capolavori dell’arte medioevale.
Schede di Serena La Mantia
Fotografie di Marcello De Masi
L'arte cristiana è l'espressione in forme e colori della straordinarietà del mistero salvifico, è sinfonia tra bellezza e lode, è una riflessione che si nutre di esperienza e di creatività. L'iconografia religiosa è allo stesso tempo spiegazione e contemplazione, il luogo per riconoscere e accogliere l'opera di Dio nella storia umana. Schiere di artisti lungo i secoli hanno interpretato il mistero cristiano con diversi linguaggi che meritano di essere scoperti, compresi, valorizzati. Ogni generazione ha bisogno di compiere un percorso educativo per conoscere il senso del''arte religiosa e poter spiegare la fede cristiana attraverso il linguaggio della bellezza artistica. Questo libro propone alcuni percorsi di testimoni qualificati - tra liturgia, teologia e storia dell'arte - per operare tale felice riscoperta nel nostro tempo.
Perché, verso la fine del Trecento, la Chiesa accolse in affreschi e miniature i temi macabri? Svolgono argomenti che in sé non hanno nulla di cristiano, dato che al fedele dovrebbe interessare la sorte dell'anima e non quella del corpo. La spiegazione offerta in "Senza misericordia" collega tale novità, sorprendentemente, alla nascita, all'incirca verso l'inizio del Duecento, del purgatorio. A Clusone, sulla facciata dell'Oratorio dei Disciplini, si dispiega una vera e propria antologia di temi macabri, rara per la sua completezza e di immediata comunicazione visiva: l'"Incontro dei tre vivi e dei tre morti", il "Trionfo della Morte", la "Danza macabra", dipinti nel 1485 da Giacomo Busca. Il libro, partendo da una nuova campagna fotografica dei coloratissimi affreschi, individua sia personaggi fino ad oggi rimasti senza nome, sia personaggi la cui esatta tipizzazione era sfuggita. Senza misericordia gli scheletri che, ben aggiornati, adoperano anche la polvere da sparo, senza misericordia i chiusi e laboriosi componenti della società che si rappresenta nel dipinto: assenti le donne, non c'è posto per i vecchi, per i poveri, per i malati, per i bambini. Il nome del pittore dello straordinario manifesto è finalmente individuato in modo più sicuro, ricostruito con serrati confronti nella sua personalità artistica. Infine una sorridente e puntuale ricerca documenta la fortuna degli affreschi, con le incomprensioni e i fraintendimenti dei primi «scopritori» ottocenteschi. Chiara Frugoni e Simone Facchinetti si sono divisi le pagine secondo le differenti competenze, augurandosi che i lettori vogliano accogliere la loro visita guidata, ricca di sorprese.
Questa raccolta, con la quale si prosegue la pubblicazione degli studi su San Pietro di Modena, accoglie il lavoro di studiosi e giovani ricercatrici e ricercatori su singoli temi o interrogativi che riguardano la cultura monastica nel suo insieme. l volume contiene saggi di: Annalisa Battini, Gioia Boattini, Giovanni Cangi, Marco Cattini, Sonia Ca- vicchioli, Alessandra Costi, Eduardo López-Tello García, Cecilia Moine, Lorenzo Pongiluppi, Lara Sabbionesi, Simone Sirocchi, Fabrizio Tonelli, Giuseppa Z. Zanichelli.
Di tutte le tipologie di arte medievale, i manoscritti miniati sono probabilmente una delle meno accessibili al grande pubblico. Conservati perlopiù all'interno di biblioteche, questi volumi sono stati esibiti nel corso degli ultimi secoli in sale di lettura per specialisti e in sporadiche mostre ed esposizioni temporanee. Soltanto di recente le versioni digitalizzate sul web hanno ampliato in modo significativo l'accesso a queste opere. Eppure, di fatto, la pittura medievale di maggiore qualità artistica sopravvive nei libri più che in qualsiasi altro mezzo espressivo. Attraverso le illustrazioni del volume si viene trasportati in un viaggio di mille anni, concentrato soprattutto nel periodo medievale, ma capace di restituire la costanza nella produzione di manoscritti miniati della Bibbia in alcune tradizioni fino all'alba dell'era moderna. Dal punto di vista geografico si attraverseranno molti dei più importanti centri del mondo cristiano. Partendo da Costantinopoli, a Oriente, il viaggio si sposta a Lindisfarne al nord, nella Aquisgrana imperiale, fino a Canterbury, poi nella Tours carolingia. Proseguendo, vedremo alcune delle ricchezze di Winchester, della Spagna, di Gerusalemme, della valle della Mosa, dell'Iraq settentrionale, di Parigi, Londra, Bologna, Napoli, della Bulgaria, dei Paesi Bassi, di Roma e della Persia. Un viaggio che termina a Gondar, la capitale dell'Etiopia imperiale.
Questo volume propone un’analisi sul senso delle icone cristiane russe da un punto di vista filosofico e artistico. Attraverso un esame del pensiero dei filosofi religiosi russi, e in particolare di Pavel Florenskij, vengono
affrontate le questioni del valore artistico dell’icona in relazione all’arte occidentale, il tema della prospettiva rovesciata e della più generale appartenenza dell’icona al mondo culturale russo. Il volume è s corredato di un’ampia sezione di immagini.
Il famoso iconoclasmo bizantino ha influenzato moltissimi movimenti iconoclastici, dalla riforma inglese e dalla rivoluzione francese al movimento talebano, fino all'Isis in tempi recentissimi, tutti incentrati sulla distruzione di immagini come forte dichiarazione politica. Tuttavia, esso è stato sfortunatamente frainteso: questo libro mostra quanto e perché la discussione riguardo alle immagini fosse più complicata e più interessante di quanto non si sia immaginato. Osserva il modo in cui le icone divennero così importanti, chi vi si oppose e come la controversia si risolse all'incirca tra il 680 e l'850. Molte convinzioni ormai largamente accettate riguardo all'"iconoclasmo" - ad esempio il fatto che si trattasse di un'iniziativa imperiale e della causa di una generale e diffusa distruzione di immagini, che fosse avvenuto in un periodo di ristagno culturale - si riveleranno sbagliate. Gli anni dei dibattiti sulle immagini videro infatti progressi tecnologici e mutamenti intellettuali che, accanto ad un'economia in crescita, si conclusero con l'emergere di un impero particolarmente forte e stabile: la Bisanzio medievale.
Il volume ripercorre l'opera di Guido Reni scegliendo di raggruppare i dipinti per temi attraverso cui mostra la versatilità del "divino" pittore che oscilla dalla ritrattistica alla mitologia, dalla favola al tema sacro mettendo a fuoco i diversi aspetti della poetica di un pittore che "parla esclusivamente di immortalità". Il volume rappresenta un ulteriore e nuovo tassello dell'appassionante viaggio realizzato per monografie tra i protagonisti della pittura europea di cui Mario Dal Bello ripercorre vita opere.
Oggi si assiste a un crescente interesse per l'arte e a una parallela scarsa conoscenza della Bibbia. Il volume propone la rilettura di cinquanta scene tra Antico e Nuovo Testamento, abbinandole a una o più opere d'arte, per riconoscere e decifrare simboli, personaggi ed episodi biblici così come li hanno interpretati e "riscritti" alcuni tra i più grandi pittori della storia dell'arte di tutti i tempi. I singoli soggetti sono riprodotti per intero e poi riproposti evidenziando qualche particolare, e viene spiegato il significato di uno stile, l'uso di determinati colori, la corrente di pensiero a cui l'artista aderisce, qualche esperienza di vita sia spirituale sia umana. Alcune opere sono messe a confronto con altre versioni raffiguranti lo stesso episodio biblico, secondo l'interpretazione di artisti diversi, per far risaltare affinità e originalità di ognuno. Completa il volume un Glossario, le referenze cronologiche in riferimento ai pittori, una cartina geografica della Palestina tra l'Antico e il Nuovo Testamento e indice dei luoghi della Bibbia e dei pittori.
Nel settembre del 2006 Benedetto XVI visitò il Santuario del Volto Santo di Manoppello (Pescara) dove è conservato un volto di Gesù impresso su di un sottilissimo velo. Da allora Manoppello è diventata meta di numerosi pellegrinaggi da tutti i continenti ma il Volto Santo resta ancora poco conosciuto e la devozione nata attorno ad esso attende di essere studiata a fondo. L'edizione della Relatione historica del teologo e predicatore cappuccino Donato da Bomba (morto nel 1649) vuole contribuire alla ricostruzione della storia del Volto di Manoppello e all'apertura di nuovi cantieri di ricerca.
Tra le tante opere d’arte presenti nell’area vaticana e scomparse nel tempo, la chiesa di Santa Marta al Vaticano è una di quelle che suscita il maggiore rimpianto, sia per la perdita di una testimonianza artistica di valore, sia per l’oblio delle attività e istituzioni, personaggi e artisti legati all’edificio. Nei quasi quattro secoli della sua esistenza (1537-1930) infatti l’ospedale e in seguito il seminario, nonché la presenza per quarant’anni dei Trinitari, sono testimonianze di attività di tutto rilievo legate all’edificio, senza dimenticare l’importante ubicazione della chiesa, unitamente a quella di Santo Stefano dei Mori, a ridosso della Basilica di San Pietro. Nel presentare il dettagliato studio storico artistico, con puntuali riferimenti alle attività connesse, dell’architetto dott. Ilaria Delsere, è sembrato opportuno riprodurre in appendice, con note interpretative del dott. Vincenzo Mario Piacquadio, la monografia storica “S. Marta al Vaticano” del 1883, a cura del beneficiato del Capitolo vaticano Gaetano Bossi: è un testo poco noto e rimane la testimonianza più valida del tempo in cui ancora esisteva l’edificio. Conservare la memoria di realtà storiche e artistiche, di notevole valore umano, serve sia alla cultura sia alla fede, anche se lascia un po’ d’imbarazzo la mancata avvedutezza nei secoli passati nell’averle sottratte per sempre alla diretta conoscenza dei posteri.
Lo studio dell'arte paleocristiana e bizantina vedi ancora un problema non risolto: le origini e lo sviluppo dell'icona e il suo uso religioso. Thomas Mathews apre una strada di ricerca finora inesplorata con l'individuazione di un corpus di dipinti su tavola provenienti dall'Egitto precristiano i cui soggetti e tecniche anticipano con evidenza le icone. L'autore rilegge inoltre una serie di documenti (dal il secolo d.C. alle dichiarazioni del II Concilio di Nicea nell'VIII secolo) che descrivono la venerazione delle icone cristiane e il loro uso cultuale all'interno della chiesa e delle pratiche rituali. Il collegamento tra i dipinti su tavola e lo studio dei documenti di natura teologica rivela le possibili radici dell'arte cristiana dell'icona nella pratica religiosa greca e romana, che era solita produrre dipinti su tavola quali offerte votive o immagini per il culto domestico. L'Egitto ellenizzato fondeva il suo pantheon con gli dèi greci, in una singolare operazione di sincretismo (Arpocrate come Dioniso) e realizzava una produzione di tavole (icone) dedicate a varie divinità; in parallelo, le prime immagini cristiane si formavano in analogia con la tradizione pagana (Iside come Maria). Dalla ricostruzione di Mathews appare naturale per i cristiani l'uso di iconografie pagane per rappresentare figure della Rivelazione. Le icone erano poi trasportabili, e questo ha facilitato enormemente la diffusione di formule iconografiche divenute popolari nel Medioevo e nel Rinascimento europeo.