«Un'incrollabile certezza caratterizza tutto il pensiero di de Lubac sul soprannaturale: contro ogni riduzione antropologica della teologia operata dall'ateismo è possibile al cristiano, partendo dalla sua fede, mostrare a se stesso e a chiunque altro che esiste effettivamente un legame intimo tra la religione del Dio fatto uomo e l'antropologia, senza con ciò aderire alla riduzione antropologica laicista e secolarizzata adottata dall'ateismo, anzi contestandola radicalmente. Infatti, per mezzo di Cristo e in Cristo, Dio, rivelando se stesso all'uomo, rivela anche l'uomo a se stesso, cioè conduce l'uomo a scoprire la sua più propria ed intima essenza e destinazione. Al tempo stesso, sulla scorta di tutti gli studi storici precedentemente svolti da de Lubac sul soprannaturale, si svela anche fino in fondo il facile malinteso circa un modo di intendere il dialogo e la collaborazione pratica con la contemporanea cultura atea. La Chiesa smarrirebbe infatti completamente il senso e la possibilità stessa della sua missione nel mondo, qualora pensasse di poter raggiungere una perfetta condivisione d'intenti con il mondo a partire da un concetto di "natura umana" concepita come pienamente autosufficiente e compiuta in se stessa. Sulla base di questa fragile e contestabile premessa sarebbe fin troppo facile condividere, con tutti i possibili interlocutori, i cosiddetti valori semplicemente umani, lasciando indefinitamente sullo sfondo il problema religioso che giunge a porre seriamente la questione del destino ultimo dell'uomo. In tal caso il "soprannaturale" apparirebbe semplicemente come quel "superfluo" che potrebbe essere messo tranquillamente tra parentesi e sospeso di fatto, senza che esso abbia incidenza alcuna sulla possibilità di individuare, a livello teorico e pratico, l'unico fine ultimo e vero, quello soprannaturale, cui l'uomo reale, creato da Dio, tende di fatto con tutte le sue forze». (Dall'introduzione di Franco Buzzi)
"'Gloria' è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda ( Teodrammatica) della libertà finita e infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto. Gli scribi e i farisei della nostra epoca, i quali trasformano la bibbia in fredde chiacchiere che uccidono lo spirito e 0 cuore, io non li voglio certo a testimoni della mia fede intima e viva. So bene come costoro sono arrivati a questo punto, e poiché Dio perdona loro di aver ucciso Cristo peggio dei giudei, perché riducono la sua parola a lettera morta e riducono lui, il vivente, a vuota immagine idolatrica, poiché Dio perdona loro, perdono loro anch'io. Solo vorrei esporre me e il mio cuore non là dove viene frainteso, e perciò sto zitto davanti ai teologi di professione... altrettanto volentieri quanto davanti a quelli che non vogliono più saperne di tutto questo per la ragione che, cresciuti fin dall'infanzia nella fede della morta lettera e del terrore, hanno perduto la voglia di ogni religione che pure è il primo e il supremo bisogno dell'uomo... Era necessario che tutto ciò si verificasse nel modo come ora è ovunque e in particolare nella religione, e quanto alla religione le cose stanno quasi al modo come stavano quando Cristo venne al mondo. Ma proprio come dopo l'inverno succede la primavera, è sempre venuta dopo la morte dello spirito nuova vita, e la realtà santa è sempre santa, anche se gli uomini non lo avvertono. E c'è pure qualcuno che nel suo cuore è più religioso di quanto egli voglia o possa dire, e forse anche qualche nostro predicatore dice di più di quanto altri suppongono, perché le parole da lui adoperate vengono comunemente e in mille maniere fraintese." (Hölderlin)
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, "Il mistero", a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, Il mistero, a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
Ciò che in quest'opera viene preso in esame, nonostante le difficoltà tematiche dei testi raccolti, costituisce un oggetto unico considerato da punti di vista diversi.
Che cos’è la legge naturale, concetto oggi molto dibattuto e addirittura messo in discussione? Non è di certo un dogma di fede, bensì un principio di ordine morale scritto nel cuore dell’uomo e riconoscibile dalla sola ragione. Oggi, cancellato l’orizzonte metafisico che trova in Dio la sua origine, tutto è lecito sotto il profilo morale e nella prospettiva giuridica: ecco quindi la promulgazione di leggi che sanciscono la liceità di aborto, contraccezione, matrimonio omosessuale ed eutanasia. L’unica cosa importante è perseguire la soddisfazione di carattere materiale, edonistico e utilitaristico, in nome della “civiltà”, della libertà e del sentire comune. Siamo di fronte a una nuova antropologia, al tentativo di costruire un uomo nuovo, diverso da quello disegnato dalla legge naturale e destinato alla dissoluzione del concetto di persona.
Da molti anni la teologia cattolica, inficiata di storicismo idealistico, va togliendo all'interpretazione del dogma cristiano le sue essenziali coordinate logiche e metafisiche, e con esse la nozione di verità rivelata, sostituendola con la dialettica del progresso umano e delle riforme sociali. Al messaggio divino della Redenzione offerta da Cristo si è andati sostituendo l'illusione dell'umanesimo ateo, che immagina l'uomo di oggi non più bisognoso di salvezza perché ormai capace di trascendersi e di realizzare con le sue forze il Paradiso in terra. Dal Vaticano II in poi, questa falsa teologia ha penetrato progressivamente anche il linguaggio del magistero ecclesiastico (non più sobrio e dottrinale ma sempre più retorico e affettivo) e ha indotto molti vescovi e persino qualche Papa a una prassi pastorale che sembra mirare a un sistematico "superamento-toglimento" della Tradizione, soprattutto per quanto riguarda i valori autenticamente soprannaturali, sostituiti dai valori meramente naturali, propri dell'umanesimo secolaristico oggi dominante nella cultura occidentale. Inevitabile, di conseguenza, il disorientamento delle coscienze dei comuni fedeli, che non vedono più nei loro Pastori - ormai apertamente divisi sui motivi e sulle finalità delle riforme dottrinali, disciplinari e liturgiche - una guida unanime e coerente. In questo saggio, la situazione nella quale sembra trovarsi oggi la Chiesa cattolica dal punto di vista del rapporto tra pastorale e fedeli viene illustrata con un'accurata documentazione che riguarda principalmente il pontificato di papa Francesco, «il Papa della gente», come lo chiamano i mass media di tutto il mondo e come si intitola il film sulla sua vita recentemente realizzato.
Ci sono domande che ti fanno compagnia per tutta la vita. Forse perché vivere è, in ultima analisi, nutrirsi delle relative risposte, che vanno a costituire l'orizzonte di senso nel quale si alimentano e si esprimono emozioni, idee, scelte. Sono gli interrogativi sul mistero della vita. Il libro presenta un viaggio immaginario che - attraverso i sentieri dell'Utile, del Bello e dell'Amore - conduce alla scoperta delle soluzioni più significative, qui immaginate come "terre" o "dimore" dove, di volta in volta, è stato collocato il senso del vivere. L'intento è di conoscerle, ma anche di verificarne la corrispondenza ai desideri più profondi dell'animo umano; valutare cioè se sono conformi e proporzionate alle esigenze dell'"uomo nascosto in fondo al cuore" (1Pt 3,4), ovvero dell'uomo contemplato nella sua verità costitutiva. La narrazione viene affidata a varie forme espressive (racconti, soprattutto dialoghi, citazioni, simbologie ....) al fine di rendere vivace e godibile l'esposizione dei temi via via trattati.
Contenuto
Riflessione dell’autore sulla necessità, oggi, per l’antropologia filosofica estesa a tutte le dimensioni dell’esperienza umana e al dialogo tra i popoli, di ripercorrere le tappe della scienza moderna, che ha diffuso una mentalità dominata dalle scienze naturali e non ha saputo riconoscere un posto adeguato al “senso umano” nella sua ricchezza di dimensioni, compresa quella culturale e religiosa. Alla filosofia il compito di integrazione dei saperi e di responsabilità per la società globale.
Autore
Gianluigi BRENA, gesuita, ha insegnato epistemologica e antropologia filosofica per lo più presso l’Istituto filosofico Aloisianum di Padova ed è segretario del Centro studi filosofici di Gallarate. Ha pubblicato tra l’altro "La struttura della percezione. Studio su Merleau-Ponty" (1969), "La teologia di Pannenberg. Cristianesimo e modernità" (1993), "Forme di verità. Introduzione all’epistemologia" (1995). Per Emp ha pubblicato: "Dialogo tra civiltà e secolarizzazione" (2012).
Prosegue, col presente volume, la pubblicazione integrale delle "Opere" di Anselmo d'Aosta. Ecco pertanto, in attesa del "Tomo 1", apparire ora il "tomo 2" dei "Trattati" (come si è preferito chiamarli in virtù della loro ampiezza, nonché della loro importanza nell'economia generale della produzione anselmiana). Il 'pezzo forte' dell'intera raccolta può essere forse considerato, né solo in virtù della sua fama, il complesso e ardito trattato dal titolo "Cur Deus Homo". Preceduto dalla duplice redazione del'"Epistole de incarnazione Verbi", è seguito a sua volta da altri testi - ad esempio il "De conceptu virginei et de originali peccato" o il "De processione Spiritus Sancti" - ai quali si farebbe certamente torto se, trascurando un carattere essenziale della speculazione anselmiana, la sua compattezza e consequenzialità, li si volesse riguardare in quanto 'minori' rispetto ad altri più universalmente noti; ciò è tanto più vero anche in considerazione dei loro temi sempre fondamentali per la fede cristiana, ossia per la relazione dell'uomo con Dio e con sé stesso (è il caso del "De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio"), col mondo e colla difficile contingenza storica che la Chiesa attraversa nel rapporto coi poteri secolari, da un lato, nel dibattito con i cristiani d'Oriente dall'altro. Emerge, nell'insieme, la figura maiuscola d'un pensatore posto al crocevia d'uno snodo del periglioso itinerario intellettuale che, nel passaggio tra XI e XII secolo, porterà via via all'avvento e poi, nel prosieguo, alla piena maturazione della Scolastica vera e propria.
Va di moda sostenere che oggi in Occidente, allontanatasi l'ondata secolarizzatrice, siamo pacificamente immersi in una nuova epoca religiosa post-secolare. Ma questa lettura semplicistica dice solo una parte della verità. Dalferth ci mette sull'avviso: la fede dei cristiani sin dalle origini ha inteso rendere profano il mondo, operare una critica della religione e delle religioni, dare nuova forma alla vita umana alla presenza di Dio. Per il cristiano ciò che conta è rendere presente e attuale il Padre di Gesù Cristo in tutti gli atti vitali, lasciandosi alle spalle la semplicistica alternativa tra vita religiosa e vita non-religiosa. Decisiva non è dunque la differenza tra sacro e profano nel mondo, ma la distinzione - nello spazio mondano - tra una vita che al Dio trascendente si orienta (fede) o non che invece non lo fa (incredulità). Vivere religiosamente non è buono in sé e per se; dipende da come si è ciò che si è e da come si fa ciò che si fa. In estrema sintesi: la vita cristiana, immersa in un mondo profano, si vuole radicalmente orientata alla Trascendenza: Dalferth approfondisce criticamente questa consapevolezza, in chiave sia filosofica sia teologica.