L'uomo è un animale politico "per natura" - spiegava Aristotele - perché capace di amicizia, bisognoso di mettere in comune conoscenze, capacità, tecniche, lavoro. Dopo il peccato di Adamo ed Eva - sosteneva Agostino l'uomo è esposto alla "jacquerie" permanente delle passioni e del disordine antisociale. E se la politica fosse proprio un rimedio alla natura ambigua dell'uomo? Un dibattito ampio, quello medievale, fatto anche di casi di studio curiosi, come quello del gigante Nembrot, o del popolo dei Pigmei, o dell'oratore sapiente che dà vita alla civiltà, o quello della città delle donne.
C'è un tempo per ogni cosa. Quello della protesta è finito. Anche il tempo dell'indignazione si è esaurito. Ora è arrivato il tempo dell'orgoglio della sovranità che la Carta costituzionale ha messo nelle nostre fragili mani. Dei cittadini senza potere, ma con la forza della propria coscienza, per mesi hanno riflettuto e pensato insieme e oggi possono presentare questo libro che indica una direzione alla Liguria e, a partire dalla Liguria, sfregiata dalle alluvioni e dalla corruzione, dalle mafie e dalla mala-politica, anche all'Italia che vorrebbero, certi che un'altra Italia sia possibile. Perché è il nostro tempo.
Bernardo, Piersanti e Sergio: un filo rosso fatto di passione politica, spiritualità cristiana e profondo senso di responsabilità nei confronti della Repubblica lega questi tre uomini - un padre e i suoi due figli. Bernardo, giovane attivista del Partito Popolare e fiero oppositore del Partito Fascista: il libro ripercorre le sue vicende politiche partite dalla piccola Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, e approdate a importanti ruoli ministeriali nei governi di Alcide De Gasperi, ma anche le frequentazioni con Giorgio La Pira, Aldo Moro, monsignor Montini e la battaglia per la laicità dello Stato. Piersanti, il maggiore dei figli maschi, viene raccontato dall'attivismo nell'Azione Cattolica fino alla carica di giovane presidente della Regione Siciliana; si ripercorre il suo impegno per la trasparenza e per la lotta alla mafia nell'isola, un impegno pagato con la vita. Il giorno dell'Epifania del 1980 un killer lo uccide mentre sta uscendo di casa con la famiglia per recarsi alla messa. Tra i primi ad accorrere sul luogo dell'attentato Sergio, fratello e consigliere. Una fotografia ormai celebre lo ritrae intento a stringere il corpo esanime di Piersanti, ma Sergio sarà presto chiamato a raccoglierne l'eredità politica nel segno del rinnovamento che sfocerà nella "Primavera di Palermo" e nelle successive battaglie nazionali per il cambiamento della politica e delle istituzioni. Il libro ripercorre la vicenda politica e umana di Sergio Mattarella.
Una storia vera ma così incredibile che sembra creata da un'immaginazione diabolica. Un ex terrorista finito in carcere più volte, legato alla Banda della Magliana e addestratosi in Libano durante la guerra civile. Da anni gira per Roma tranquillo con una benda sull'occhio perso durante una sparatoria. Lo chiamano "il cecato". È lui che governa politici di destra e di sinistra. Per i magistrati è il capo. Un omicida. Ha inferto 34 coltellate alla sua vittima ma in cella è diventato detenuto "modello". I suoi convegni in nome della legalità raccolgono il plauso di grandi nomi. In realtà ha fregato tutti. Fuori dal carcere è diventato il businessman dell'organizzazione criminale. Un funzionario pubblico e poi uomo chiave del coordinamento nazionale sull'accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell'Interno, che nasconde almeno tre false identità, le usa per coprire vari reati ma nessuno se ne accorge. È l'uomo di collegamento tra boss e politica. E ancora neofascisti, ultras, soubrette, calciatori, attori. Una galleria eccezionale di personaggi... Tutto questo è "I re di Roma". Abbate e Lillo hanno costruito un racconto con documenti inediti. La testimonianza appassionata di chi ha denunciato quel sistema criminale quando nessuno ne voleva parlare.
Questo saggio ripercorre una vicenda intellettuale che va dalla crisi della de­mocrazia liberale sfociata nella dittatura fa­scista fino alle riflessioni di Nor­ber­to Bobbio sulle nuove risposte che il liberalismo è chiamato a dare alla so­cietà contemporanea, così profondamente mu­­­tata rispetto al recente passato.
Il libro prende in esame una tradizione di pensiero che si divarica in due fi­­loni: quello di una democrazia matura e ri­for­matrice tesa a razio­naliz zare la so­cietà capitalistica senza spe­gnerne l’in­tima creatività, e quello di una pro­spet­­tiva più marcatamente liberalsocialista che sente il problema del­l’eguaglianza come in­dissolubile da quello della li­ber­tà.
La postfazione di Dino Cofrancesco è quasi una controstoria rispetto a quella dell’autore e apre lo spazio per una proficua discussione sulla ricostruzione sto­rica di Bonetti.
Paolo Bonetti
È stato professore di Filosofia morale nell’Università di Cas­sino e di Bioetica in quella di Urbino. Come studioso di filosofia politica e morale, ha pubblicato libri su Croce, Gramsci, Pareto e sul gruppo liberal-radicale del «Mondo». Ha anche curato una Intervista sulla democrazia laica a Giovanni Spa­do­lini. Per i nostri tipi ha collaborato al libro collettaneo Sulla pena. Al di là del carcere (2013).
"Il futuro dell'Italia è più forte del suo passato". E con questo spirito che Matteo Renzi e la sua squadra di governo lavorano dal febbraio 2014. In questo libro il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, riflette sul percorso umano e culturale che ha condotto alla svolta più radicale impressa alla politica italiana degli ultimi anni. E, insieme, sulle scelte che stanno trasformando in profondità il nostro paese: dalle nuove leggi sul lavoro alle riforme della scuola, della pubblica amministrazione e delle istituzioni. "La politica italiana era ferma. Non era più chiaro a cosa, o a chi, dovesse servire. Qualcuno aveva separato la politica dal popolo e dalle sue aspirazioni. Con Matteo Renzi abbiamo deciso di "rottamare la separazione". Perché la democrazia è il contributo di tutti, non solo di professionisti. Siamo entrati nel tempio della politica senza indossare l'abito adatto, senza seguire le liturgie, senza essere stati invitati. Ma la fiducia si ricostruisce solo quando e se la politica ha l'ambizione non solo di guardare la realtà per quella che è, ma contiene anche il desiderio di mutare quella realtà. Senza azione, persino la democrazia vacilla. Se la democrazia non agisce né decide, la separazione dalla realtà diventa totale".
Sono vent'anni che, in Italia, la politica del patrimonio culturale si avvita sulla diatriba pubblico-privato: brillantemente risolta socializzando le perdite (rappresentate da un patrimonio in rovina materiale e morale) e privatizzando gli utili, in un contesto in cui le fondazioni e i concessionari hanno finito per sostituire gli amministratori eletti, drenando denaro pubblico per costruire clientele e consenso privati. Ma cosa ha significato, in concreto, la "valorizzazione" (o meglio la privatizzazione) del patrimonio? Quali sono la storia e i numeri di questa economia parassitaria, che non crea lavoro dignitoso e cresce intrecciata ai poteri locali e all'accademia più disponibile? Ed è vero che questa è la strada seguita nei grandi paesi occidentali? Tomaso Montanari risponde a queste e altre domande spiegando perché non ci conviene distruggere il governo pubblico dei beni culturali basato sul sistema delle soprintendenze: un modello che va invece rafforzato e messo in condizione di funzionare, perché è l'unico che consente al patrimonio di svolgere la sua funzione costituzionale. Che è quella di renderci più umani, più liberi, più uguali.
Nel 2013 Angela Merkel è stata consacrata tra i capi di governo più popolari e longevi nella storia della Repubblica federale tedesca. Dopo un lungo negoziato, i cristiano-democratici e i socialdemocratici hanno formato un governo di grande coalizione. Le elezioni federali e la nascita del nuovo governo sono avvenute all'ombra della più grave crisi europea dal 1929 e, in parte, ne sono state condizionate. L'ingresso sulla scena politica di un nuovo partito anti-euro, "l'Alternativa per la Germania", ha fatto emergere un progetto di sfida al consenso europeista dell'elite tedesca. A farne le spese finora è stato soprattutto il Partito liberaldemocratico, che per la prima volta dal 1949 è rimasto fuori dal Bundestag. Sullo sfondo di un'apparente stabilità, la Germania sta attraversando una fase di importanti cambiamenti che potrebbero avere implicazioni sia sul funzionamento del suo sistema politico, sia sul ruolo del paese in Europa e nel mondo. Grazie al contributo di alcuni dei più qualificati esperti italiani ed internazionali, il volume analizza il voto tedesco del 2013, il contesto nazionale ed europeo in cui si è svolto, le strategie dei partiti e dei leader, prima e dopo le elezioni.
"Questo libro è stato scritto da Luigi Sturzo, tranne il titolo, ma sono sicuro che lo avrebbe approvato. Contiene il testo di un suo intervento al Senato, di tre lettere e di 12 articoli scritti tra il 1946 e il 1959. Tutti riguardano la 'questione morale'. Ben 4 articoli hanno praticamente lo stesso titolo, che invita alla moralizzazione della vita pubblica, condizione che il sacerdote di Caltagirone riteneva indispensabile per la soluzione dei problemi politici, economici e sociali di qualsiasi Paese. Il libro ha l'obiettivo di ricordare una verità storica dimenticata e di ricordare una opportunità storica perduta. Entrambe possono essere utili ai lettori di oggi e soprattutto ai giovani, per fornire loro quei fondamenti di buona cultura necessari per alimentare la speranza di risanamento morale, politico ed economico dell'Italia. La verità storica dimenticata è che il gravissimo problema della 'questione morale' non fu sollevato per primo da Enrico Berlinguer all'inizio degli anni '80, bensì da Luigi Sturzo sul finire del 1946, poche settimane dopo il suo ritorno dall'esilio di 22 anni impostogli dal fascismo. E per tutti gli anni '50, sino al suo ultimo giorno di vita, egli combatté con grande forza, purtroppo invano, contro le tre 'malebestie' (lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico)." (Dalla prefazione di Giovanni Palladino). Postfazione di Marco Vitale.
Il volume propone un approccio teologico-morale, e in dettaglio morale-sociale, al pensiero del teologo gesuita B.J.F. Lonergan, guardando soprattutto al trentennio 1945-1975: in questi anni l'intellettuale canadese entra in una fase di maturità culturale e teologica, proprio mentre vanno prendendo sempre più piede, in Europa e nel mondo, i temi dell'economia e della storia, frattanto divenuti molto importanti anche nel pensiero sociale della Chiesa o, come si dice, nella dottrina sociale cattolica.
L'Annuario Scienza Tecnologia e Società 2015 propone, in forma sintetica e accessibile, una raccolta aggiornata dei dati e delle informazioni provenienti dalle più accreditate fonti nazionali e internazionali, utili a comprendere lo stato e le trasformazioni della ricerca e dell'innovazione nella società. Giunto all'undicesima edizione, il volume si caratterizza per la particolare attenzione riservata ai temi del cibo e della salute. La prima parte presenta i risultati di tre delle ricerche più recenti realizzate da Observa Science in Society: le evoluzioni nel rapporto tra scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia, rilevate con l'Osservatorio Scienza Tecnologia e Società; gli atteggiamenti degli adolescenti italiani verso scienza, tecnologia e cibo; le prospettive dell'innovazione agroalimentare a livello europeo. La seconda parte, come di consueto, si struttura in tre sezioni. La prima è dedicata alle politiche della ricerca; la seconda concentra l'attenzione sugli orientamenti dell'opinione pubblica verso scienza, innovazione e cibo, la tecnologia e la vita quotidiana, consumi e gli stili alimentari, le colture biologiche e transgeniche. L'ultima parte offre una cronologia dei principali eventi del 2014, i volumi pubblicati nell'anno sul rapporto tra scienza e società, le fonti dei dati e un glossario dei termini usati.
"Su alcune figure non esistono dubbi. Fra gli antenati della destra italiana troviamo Giovanni Guareschi, il comandante Junio Valerio Borghese, Giorgio Almirante, Franco Freda, Indro Montanelli. Possiamo domandarci se a loro sia giusto affiancare i democristiani Mario Scelba e Amintore Fanfani, grandi manager come Eugenio Cefis e Cesare Romiti, un eroe civile come Giorgio Ambrosoli, un leader nascente come Matteo Salvini. Ritiene di sì Giampaolo Pansa, rovesciando un luogo comune che considera la destra una piccola parrocchia di pochi fanatici e di bombaroli neri. Gli avversari l'hanno sempre dipinta così. Tanto da spingere molti elettori moderati, conservatori o nostalgici del fascismo a pensare che la loro parte politica non fosse necessaria alla democrazia, mentre lo erano i cattolici e i comunisti. Pansa ribalta il verdetto che giudica senza patria milioni di italiani. Lo fa sin dal titolo del suo nuovo libro: 'La destra siamo noi'. Non è un brillante paradosso. È la sintesi di una verità: pure chi si schiera dietro una bandiera che la maggioranza rifiuta, appartiene alla storia italiana. Anche perché tutti siamo un po' di destra e su alcune questioni in modo deciso. Del resto gli esseri umani hanno un connotato comune: la doppiezza, una natura ibrida capace di passare da un'opinione a quella opposta. Allora perché negare che la destra abbia lo stesso diritto di esistere che la sinistra riserva soltanto a se stessa?"