La Napoli dei vicoli, quella più vera e animata, è il mondo rappresentato da Di Giacomo. Un corpo affollato, una città dai mille volti, un brulicante calderone di umanità che possiede i caratteri dell'universalità: vinti e oppressi, uomini poveri e infelici, talvolta eroici loro malgrado, occupano una posizione centrale nelle novelle dell'autore. Egli si autodefiniva, fra il serio e il faceto, "verista sentimentale", giacché non era estraneo al movimento letterario del verismo, che nel tardo ottocento andava denunciando le disumane e ingiuste condizioni di vita delle popolazioni meridionali, ma il sentimento di contenuta quanto struggente pietà per la condizione umana, di tutti gli esseri umani, è il carattere distintivo di questi racconti "di genere".
Il ritratto di una giovanissima Madonna, il trambusto provocato da una festa nel convento, un prete afflitto dalla cupezza e dal rigore, una confessione involontaria e quasi estorta, una delicata storia natalizia. In questi cinque racconti emergono alcuni dei temi principali della narrativa di Grazia Deledda: le atmosfere di un mondo sardo intriso di affetti intensi e selvaggi; l'intreccio di amore e dolore, di peccato e di colpa; l'insondabile natura umana lacerata tra il bene e il male, il desiderio e la costrizione; il sentimento religioso e il senso arcaico del mistero. Nota di lettura di Ignazio Sanna.
"Muss. Ritratto di un dittatore", è un documento prezioso per comprendere il complesso e spesso conflittuale rapporto di Malaparte con il fascismo. La sua stesura, iniziata durante la permanenza di Malaparte a Parigi, ha occupato un lasso di tempo di venti anni, dal 1931 fino ai primi anni Cinquanta. Proprio questa lunga gestazione è il miglior indice del travagliato rapporto di Malaparte con il regime e più ancora con la figura di Mussolini. Previsto inizialmente come una biografia di Mussolini con il titolo "Il Caporal Mussolini", il saggio si è in realtà sviluppato come un'analisi critica del fascismo, che a Malaparte appariva nei suoi tratti di stato di polizia come l'ultimo portato della Controriforma. Oltre che sul rapporto dello scrittore con il fascismo, le pagine di Muss sono interessanti proprio per l'acuto giudizio critico di Malaparte anche sul nascente nazismo, visto come un primo esempio di dittatura moderna capace di indurre il popolo a credere che «il dittatore moderno sia un essere soprannaturale». Non deve dunque sorprendere che poco dopo il suo ritorno in Italia Malaparte venisse arrestato nel 1933, su denuncia di Italo Balbo, con l'accusa di avere svolto all'estero attività antifasciste, e inviato al confino sino al 1934, quando venne riabilitato dallo stesso Mussolini. Lo scritto "Il grande imbecille" completa questo volume.
Roberto, Klizia, Annachiara, Flavio, Giulia, Caterina, Sabrina, Simone, Alessia e Sara. Sono i piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma, l'ospedale pediatrico più grande d'Europa. Dietro i loro nomi, la sfida di chi è costretto ad affrontare una drammatica diagnosi nell'età dell'innocenza: l'incontro improvviso con la malattia, la paura, il ricovero, la degenza, le decisioni vitali da prendere, ma anche la speranza, l'amore dei genitori, la determinazione di guarire. Simona Ercolani dà voce ai veri "braccialetti rossi" che ci insegnano a guardare la malattia senza tabù, con un unico grande messaggio: per guarire non bisogna mai darsi per vinti.
Giacomo Leopardi è a Napoli, stanco, sfinito, malato. C'è molta gente che avrebbe tutto l'interesse a impossessarsi dei suoi averi, ora che è diventato celebre. E ci sono gli amici, i buoni amici che lo sanno bene e sono pronti a difenderlo. Sono loro ad aiutarlo a cavarsi dal pericolo mettendo in scena la sua morte, con tanto di cadavere e funerale, mentre lui prende il largo diretto ai porti spagnoli, poi a Calais, infine, via terra, a Parigi. Ma le cose non vanno come previsto: una nave corsara incrocia quella che lo trasporta, e Giacomo, malato e scosso, viene curato da una bella fanciulla mora, Josephine. È l'amore, finalmente: vero, appagato, fisico, profondo. Giacomo e Josephine concepiscono un figlio. Sono felici, possono esserlo. Ma non è questa la fine della storia...
Due racconti sul diverso modo di vivere l'attesa della Vigilia di Natale, introdotti da una poesia di Edmond Rostand. "Il dono di Natale" di Grazia Deledda è ambientato nella Sardegna dei primi del Novecento. Dopo la messa della Vigilia, i cinque fratelli pastori festeggiano, davanti al focolare dell'umile casa, il fidanzamento dell'unica sorella consumando carne arrosto, focacce e una torta di miele. "A.D. 2953" è un racconto distopico in cui un nuovo ordine mondiale ha preso il potere sulla Terra. La razza umana, sfidando le leggi di natura e sostituendosi a Dio, è diventata immortale. C'è ancora, però, una frangia dissidente e una luce di speranza. Seppur così apparentemente lontani, un filo rosso lega i due racconti che, nel finale, ci svelano che il dono più grande è il miracolo della vita.
Pensavo di conoscere il posto di ogni cosa, il nome di ogni strada, la mappa della mia vita. Invece. Stella Romano non saprebbe dire quando le ore che compongono le sue giornate abbiano cominciato a scomparire. In una quotidianità senza imprevisti, scandita dalle attività ripetitive e confortanti delle figlie, dai viaggi di lavoro del marito, dai piccoli gesti di una vita agiata in cui continua a sentirsi un'estranea, a Stella mancano dei momenti; ore intere di cui non ha alcun ricordo, in cui compie azioni che poi si smarriscono nelle profondità della mente, in cui diventa un'altra persona. Un giorno, anche il vaso di sua madre - unico legame con la donna scomparsa quando lei aveva tre anni - va in mille pezzi: è il segno tangibile che qualcosa non va, davvero, e Stella non può più fingere indifferenza di fronte a ciò che sta accadendo. Deve andare fino in fondo, riaprendo pagine dolorose della sua vita. Scavando in un passato di cui pochissimi sono i testimoni - la madre è morta in un incidente e il padre si è tolto la vita in manicomio -, Stella si rende conto di aver vissuto sepolta nelle bugie di chi avrebbe dovuto amarla e di aver costruito la sua identità di donna su un'infanzia fasulla. Anche il marito sembra stare dalla parte di chi non vuole che lei arrivi alla verità, a una vita nuova, lontana dai dolori e dai drammi del passato. E Stella capisce che chi ha rubato i suoi ricordi è pericoloso, nel passato come nel presente.
105 d.C. Per la seconda volta, Roma si trova a difendere i confini a nord del Danubio e fronteggiare i Daci, e questa volta è Traiano a guidare le legioni. Mosso dal desiderio di espandere il dominio dell'impero, ma anche di punire Decebalo, re dei Daci reo di non aver rispettato gli accordi con Roma, alleandosi con le altre popolazioni di confine per tornare ad attaccare le postazioni romane, Traiano organizza una spedizione senza precedenti. Una nuova guerra da cui non può che tornare vincitore, perché in gioco ci sono le redini dell'impero e la sua stessa esistenza. Eppure non tutti, a Roma, sono con lui: i senatori sembrano più interessati alle beghe interne, la famiglia reale è divisa, e l'ombra della congiura si allunga sul suo trono. E la difficilissima, epica costruzione del ponte più lungo del mondo sul Danubio, ordinato da Traiano all'architetto Apollodoro, non fa che complicare le cose.
Questo romanzo intreccia fatti, luoghi, persone reali e alcuni personaggi e circostanze che sono frutto dell'immaginazione dell'autore. La storia del Celtic Football Club e dei suoi atleti è tutta vera. La finale di Coppa dei Campioni del 1967 e tutti gli avvenimenti sportivi raccontati si svolsero come descritto. Per il resto, la narrazione ripercorre pagine di storia e vicende personali legate in qualche modo a quell'evento.
Il tempo dei desideri che si consumano, dei balli, delle stagioni, della gioventú, il tempo crudele e magico di tutto ciò che non lascia traccia. La storia di una famiglia monferrina, dalla fine dell'età napoleonica ai primi anni dell'Italia unita.
«Il ricordo è un modo di incontrarsi» affermava Gibran e questa frase è molto più vera a Natale, quando i momenti delle feste passate tornano a galla e riempiono il cuore. I testi di questo quarto libretto della collana Natale ieri e oggi vogliono proprio ricordare (cioè ridare al cuore) il senso della festa.
Con Matilde Serao compiamo un viaggio dove tutto è iniziato: con il suo piglio giornalistico, infatti, Serao descrive Betlemme, la grotta del presepe e il villaggio di Ain Kerem. Le rimembranze di un suo viaggio in Palestina diventano per noi testimonianza di un Natale che non c’è più.
Ne L’orango Giulio Laurenti ci guida in un viaggio più intimo in cui nel presepe, come tipica rappresentazione che allestiamo nelle nostre case, figura anche un orango, personaggio insolito, che rappresenta lo spartiacque tra l’infanzia e l’età adulta.
I due racconti sono introdotti dalla poesia Febbre di Vittoria Aganoor Pompilj che, ancora una volta, si muove nel vasto orizzonte dei ricordi natalizi.