«Per me è molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che io ho solo letto, e perché avendolo vissuto non hai assecondato l'istinto di rispondere all'odio con l'odio». «Non abbiamo bisogno di eroi, serve però tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non voltarsi dall'altra parte, di non accettare le ingiustizie». Liliana Segre ha compiuto da poco otto anni quando, nel 1938, con l'emanazione delle leggi razziali, le viene impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di «razza ebraica» sono espulsi dalle scuole statali, e di lì a poco gli ebrei vengono licenziati dalle amministrazioni pubbliche e dalle banche, non possono sposare «ariani», possedere aziende, scrivere sui giornali e subiscono molte altre odiose limitazioni. È l'inizio della più terribile delle tragedie che culminerà nei campi di sterminio e nelle camere a gas. In questo dialogo, Liliana Segre e Gherardo Colombo ripercorrono quei drammatici momenti personali e collettivi, si interrogano sulla profonda differenza che intercorre tra giustizia e legalità e sottolineano la necessità di non voltare mai lo sguardo davanti alle ingiustizie, per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più.
Tutti lo sanno: Antoine de Saint-Exupéry ha scritto "Il piccolo principe", uno dei romanzi più popolari del mondo. Quello che tutti non sanno è che Antoine, famigliarmente Tonio, è un personaggio che vale da solo una grande storia. Ed è la storia che Romana Petri ha scritto con la febbre e la furia di chi si lascia catturare da un carattere e lo fa suo, anzi lo ruba, tanto che il documento prende più che spesso la forma dell'immaginazione. Orfano di padre, Tonio vive un'infanzia felice nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens, amato, celebrato, avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un'infanzia che gli resta incollata all'anima per tutta la vita, fin da quando, straziato, vede morire il fratello più giovane. L'infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un'idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944. Sappiamo che ci ha lasciato le stelle della notte, il sogno di una meraviglia che non si è mai consumata, il bambino che lui ci invita a riconoscere eterno dentro di noi. Romana Petri costruisce e decostruisce, sgretola le regole della biografia, evoca e racconta amori, amicizie e sgomenti come dettagli di un appetito d'avventura mai sazio, si muove fra le date e dentro la Storia alla sola ricerca del principe che ha sconfitto la notte ed è entrato volando nell'infinito.
"Mia madre è sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorità russe, ma anche per la gente comune. Scriveva la verità, nuda e cruda, su soldati, banditi e civili finiti nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti." Giornalista di "Novaja Gazeta", uno dei principali quotidiani dell'opposizione russa, Anna Politkovskaja ha raccontato fino alla sua morte la seconda guerra in Cecenia, la corruzione, i delitti e le omertà della Russia di Putin. Il 7 ottobre 2006, quando è stata uccisa nella sua casa nel centro di Mosca, il suo volto è diventato il simbolo della libertà d'espressione. Sua figlia Vera aveva ventisei anni e da quel giorno si è battuta insieme al fratello Il'ja per avere giustizia. Ha vissuto sulla sua pelle tutte le lentezze e le ambiguità della macchina della giustizia russa, le informazioni contraddittorie, le ipotesi più assurde. E soprattutto ha lottato per ricordare la lezione della madre: "siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi". Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il cognome Politkovskaja è tornato a essere oggetto di minacce di morte al punto da doversi trasferire in una località segreta con la famiglia. Ha scritto questo libro perché sua figlia, la nipote che Anna non ha mai conosciuto, e il mondo intero possano ricordarsi sempre la storia unica di una donna che non ha mai nascosto il suo dissenso per la politica di Vladimir Putin e che non ha avuto paura di denunciare le violazioni dei diritti umani in Russia compiute da un ex ufficiale del Kgb diventato l'artefice di un minaccioso disegno imperiale.
Carlo Urbani è stato un medico e microbiologo italiano. Fu la prima persona a identificare e classificare la SARS o polmonite atipica esplosa tra il 2002 e il 2003, che fu la causa stessa della sua morte, a Bangkok il 29 marzo del 2003. Vent'anni dopo, questo volume nasce non solo per raccontare il "medico della SARS" ai più giovani, a chi il suo nome lo conosce solo per le scuole o vie a lui intitolate, ma soprattutto per conoscere Carlo dalle parole di chi lo ha conosciuto ed è testimone della sua forza umana e professionale, per raccontare quanto lui continui a camminare ancora con le gambe di amici, colleghi, conoscenti, che danno ancora futuro alla sua opera, a quel protocollo che ha permesso fino a oggi, in un mondo segnato dalla pandemia SARS-CoV-2, di salvare milioni di vite. Prefazione di Tedros Adhanom Ghebreyesus. Presentazione di Roberto Burioni.
Viktor Frankl, psichiatra, fu deportato nel settembre del 1942 a Theresienstadt, in Boemia, per poi essere trasferito ad Auschwitz, a Kaufering III e quindi a Türkheim. Scampò alla morte, ma perse le persone più care. Rientrato a Vienna dettò in soli sette giorni le sue memorie. Ciò che ne scaturì è questo libro. Un libro che ha influenzato la vita di un numero enorme di persone. Tradotto in quarantadue lingue, ha venduto più di dieci milioni di copie. Non è un trattato, ma neppure un semplice memoriale della deportazione. È un documento umano di straordinario valore, il cui successo non è dovuto tanto all'oggetto del discorso, quanto alla particolarissima prospettiva con cui viene affrontato e al profondo messaggio che trasmette: la vita vale la pena di essere vissuta in qualunque situazione e l'essere umano è capace, anche nelle peggiori condizioni, di "mutare una tragedia personale in un trionfo". Proprio questo aspetto costituisce uno dei motivi della inossidabile attualità dello scritto di Frankl: esso, infatti, pur narrando i tragici eventi a cui si riferisce, li trascende per incentrarsi sull'esplorazione della natura umana e delle sue potenzialità. E, in questo senso, ciò che dice vale non solo per l'esperienza della detenzione, ma anche per tutte le altre "situazioni-limite" (la sofferenza, la malattia, la disabilità, il lutto, ecc.) che sfidano la capacità umana di resistere e di sopravvivere. L'enorme sofferenza poteva spegnere in Viktor Frankl l'amore per la vita oppure farlo divampare come un fuoco inestinguibile. Sono passati settant'anni da quando queste pagine hanno visto la luce per la prima volta. Bruciano ancora. Presentazione di Daniele Bruzzone.
Lucia Cagnacci Vedani, sposata con Enzo Vedanie madre di quattro figli, è il cuore e l'anima di CasAmica, una straordinaria impresa di condivisione e solidarietà.
CasAmica Onlus è un'organizzazione di volontariato che dal 1986 accoglie i malati e i loro famigliari in difficoltà provenienti da tutta Italia e dall'estero per curarsi negli ospedali di Milano, Lecco e Roma. L'Ambrogino d’Oro che l'ha premiata come esempio di "generosità e coraggio" per la città di Milano, è solo uno dei numerosi riconoscimenti che CasAmica ha ricevuto.
Questo libro non è il semplice resoconto delle finalità di un'associazione benefica, bensì il viaggio appassionato nella vita di Lucia, una donna che ha sentito e seguito la chiamata che ha cambiato la sua esistenza.
L'incontro con un pover uomo: una panchina per letto e una valigia per cuscino. Tanto le è bastato per capire che toccava proprio a lei fare qualcosa.
E, da quel momento tutta l'esistenza di Lucia — supportata dal generoso sostegno della sua famiglia — è stata trascinata in questa inaspettata avventura.
Nel desiderio di fare il bene, nella passione per l'altro, seguendo la spinta interiore che porta ad aiutare e consolare chi soffre ed è nel bisogno.
«In questo libro - racconta l'autore - ho voluto raccontare la vita di Alberto Sordi tentando di mostrarne il lato umano e mettendo a fuoco l'aspetto della fede cristiana. Ho scoperto così una persona discreta, iperprofessionale, attenta al prossimo da amare evangelicamente e ai cambiamenti in atto, capace sovente addirittura di anticipare gli eventi grazie a un acceso spirito d'osservazione». Da questa sorta di "viaggio nell'anima" di Sordi è nata quindi non una semplice biografia, ma un itinerario di riflessione su alcuni temi fondamentali per la vita di ciascuno, mediante la storia di una vita, quella di un italiano che con i suoi film ha ben descritto anche quella del nostro Paese.
Franco Battiato è stato un artista unico nel suo genere. Capace di rendere popolari teorie complicate e concetti filosofici di diversa provenienza, ha portato il grande pubblico a canticchiare sulle spiagge le teorie di Gurdjieff, diventando il primo artista in Italia a vendere un milione di copie con l'album La voce del padrone. Innumerevoli i suoi successi, da Centro di gravità permanente a Bandiera bianca, da Voglio vederti danzare a Prospettiva Nevski, passando per Gli uccelli, Segnali di vita, E ti vengo a cercare, La stagione dell'amore, L'ombra della luce, fino ad arrivare alla canzone d'amore più bella di sempre, La cura. Nel campo musicale Battiato ha composto di tutto: pop, rock, classica, opera e non ha mai smesso di sperimentare. La sua incontenibile curiosità, però, l'ha portato a frequentare anche i linguaggi del cinema e della pittura. Roberto Tardito ripercorre la vita e la parabola artistica del cantautore siciliano, raccontando gli interessi e le passioni, la sterminata produzione e l'attività concertistica di quello che non è stato un semplice «prodotto» discografico, ma un autore postmoderno, profondamente autentico nella sua continua tensione verso l'alto e verso l'altrove. Postfazione di p. Guidalberto Bormolini.
Il 4 novembre 1854, mentre infuriava la guerra di Crimea, una giovane donna inglese di nome Florence Nightingale, di estrazione liberale, irrequieta e sognatrice, mise piede nella caserma Selimiye a Scutari (Istanbul), una struttura convertita in ospedale per esigenze belliche. A causa di gravi inefficienze organizzative e della mancanza di assistenza infermieristica sul campo, migliaia di soldati stavano perdendo la vita. Florence Nightingale, convinta che l'azione umana potesse e dovesse cambiare anche le prassi e i preconcetti più radicati, non poteva accettare a cuor leggero simili negligenze. Fu così che, tra ratti e sudiciume, ostacoli legati al genere e una salute cagionevole a complicare il tutto, questa donna coraggiosa avviò una vera e propria rivoluzione. Accettando l'incarico di sovrintendente del personale femminile negli ospedali inglesi in Oriente, era diventata la prima donna inquadrata nelle forze armate di Sua Maestà britannica, la regina Vittoria. Iniziò così un percorso destinato a cambiare non solo la sua vita, ma quelle di generazioni di donne e di uomini che avrebbero beneficiato da quel momento di un'assistenza ospedaliera davvero degna di questo nome. Ed è una storia che giunge fino a noi.
Bruto è il nome della libertà, accomuna i due uomini che armarono la propria mano l'uno contro Tarquinio il Superbo, l'altro contro Cesare. Nel primo caso, Lucio Giunio Bruto caccia il tiranno e diventa il fondatore della libertà, nel secondo caso, Marco Giunio Bruto si fa congiurato nel tentativo, disperato, di fermare la storia e riportare indietro le lancette del tempo. Per i Romani, Lucio Giunio Bruto era il padre della patria per eccellenza, l'uomo cui si doveva la cacciata dell'ultimo re, Tarquinio il Superbo. La sua vita era stata avventurosa: aveva visto padre e fratello uccisi dal tiranno e aveva dovuto fingersi sciocco per sfuggire all'orgia di sangue scatenata dal re, poi aveva guidato la rivolta che avrebbe posto fine alla monarchia ed era diventato il primo console della neonata repubblica. Nei secoli successivi, venne ricordato come il fondatore della libertà romana: un'icona rispettata ma tutto sommato inerte. Eppure, le cose stavano per cambiare: quando al suo quasi omonimo Marco Giunio Bruto fu proposto di aderire alla congiura che stava maturando negli ambienti ostili a Cesare, proclamatosi nel frattempo dittatore a vita, fu proprio l'ombra del remoto antenato a rivelarsi decisiva per le scelte del futuro cesaricida. Per la seconda volta, Bruto imprimeva così alle vicende di Roma una svolta che ne avrebbe cambiato per sempre il corso. Questo libro racconta la storia in due tempi della lotta alla tirannide a Roma.
I radicali degli anni Cinquanta e Sessanta non erano mondani né snob, non appartenevano a circoli elitari, e la sera non andavano a Via Veneto con Scalfari o Pannunzio. Eugenia Roccella racconta, con sagace umorismo, di radici isolane, di una famiglia tradizionale e un po' stramba, confinata nella Sicilia più interna, e di un giovane provinciale che, finita la guerra, arriva in una città stimolante e colta come Bologna, diventa carismatico leader degli studenti laici, si innamora di una donna fuori dagli schemi, e si immerge nell'euforica impresa della costruzione di una nuova cultura politica. Ha intorno un gruppo di ragazzi geniali e di belle speranze, e un giovane e promettente seguace che si chiama Marco Pannella. L'autrice narra di quella che fu una vera e propria fucina di intellettuali, in parte destinata a divenire classe dirigente della prima repubblica, uomini della tempra di Sergio Stanzani, Gino Roghi, Tullio De Mauro, Gino Giugni, Sergio Castriota, Stefano Rodotà. Narra di incontri amichevoli e conviviali con artisti, scrittori, giornalisti tra i quali spiccano i nomi di Dacia Maraini, Pier Paolo Pasolini, Adele Cambria, Lino Jannuzzi. È il racconto di un'educazione laica e libertaria, di una famiglia insolita, di un Sessantotto diverso, fatto di digiuni e sit-in, femminismo e nuove libertà. Un romanzo memoir che getta nuova luce su un ambiente poco esplorato, persone che hanno fatto la storia dei diritti civili in Italia, ma la cui storia più intima pochi conoscono.
Una vita nel solco di valori forti, di passione per il giornalismo e per la politica, inseguendo una visione e un sogno: un'Europa «unita, dalla parte dei cittadini e aperta al mondo». Il percorso umano, professionale e politico di David Sassoli diventa, in questo libro di Gianni Borsa, non solo un'occasione per ricordare una figura di grande spessore, ma anche un invito a guardare avanti, con impegno e fiducia, verso un'Europa che sia "democrazia utile", coesa, inclusiva, garante dello stato di diritto. L'impegno politico giovanile, la carriera giornalistica, l'incarico di presidente del Parlamento europeo sono tappe di un'esistenza sostenuta da un pensiero coerente e libero, in grado di fare tesoro degli insegnamenti del passato e di guardare con slancio al futuro. Un futuro da costruire insieme, a partire dalle esigenze di chi ha più bisogno, di chi spesso resta inascoltato. Il volume è arricchito dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto nel corso della vita, da interviste e documenti che mettono in evidenza la grande eredità umana, e non solo politica, che David Sassoli ci ha lasciato. «Il Parlamento europeo è l'Istituzione che più di ogni altra ha un legame diretto con i cittadini, che ha il dovere di rappresentarli e difenderli, e di ricordare sempre che la nostra libertà è figlia della giustizia che sapremo conquistare e della solidarietà che sapremo sviluppare.» (David Sassoli)