Chi ha ucciso Germaine Piedboeuf sfondandole il cranio a colpi di martello? E perché il corpo è stato gettato nella Mosa solo tre giorni dopo l'assassinio? Ma soprattutto: può una donna avere tanta forza da uccidere qualcuno a martellate? Maigret osserva e registra, com'è sua abitudine, i gesti e gli sguardi, gli ambienti e gli odori. E quando avrà trovato l'autore di questo delitto se ne tornerà a casa, lasciando che la colpa trovi il suo castigo nella progressiva rovina della "casa dei fiamminghi".
Un oscuro contabile parigino e la sua famiglia sono testimoni e filtro di una Parigi tormentata tra il '34 e il '40 da una permanente condizione di caos, sociale e politico. Un bar di quartiere è il luogo dove rieccheggiano il disordine di una civiltà corrotta. La pressione degli eventi soffoca le domande sulla precarietà della vita. Le candele gialle sono un simbolo che ben rappresenta l'accartocciarsi di un mondo, in cui permane la possibilità di una ripresa.
"Dopo trentasei anni rileggo Lolita di Vladimir Nabokov, che ora Adelphi ripresenta... Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un'abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romanzesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostato nel mio ricordo. Non mi ero accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica". (Pietro Citati)
Le storie di questo autore non si spingono oltre le valli della Svizzera tedesca. Eppure, pochi narratori hanno un respiro epico paragonabile al suo. Fra i suoi racconti Il ragno nero spicca come il più conosciuto. Nel racconto, che si apre come una storia di battesimi di paese, l'inconscio esige per la prima volta il ruolo di protagonista e appare alla luce gettando nel panico chi lo percepisce. Il terrore che qui si genera sarà tanto più intenso in quanto non si configura all'interno di una cornice che presenta tutti i connotati del fantastico, ma al contrario interviene e agisce nell'ambito di un mondo quieto, ordinato, solerte, sullo sfondo di una natura che sembra ignara del male.
Luciano Della Mea non concede nulla nei confronti di quell'attuale realtà politico-economica che può essere chiamata secondo Jaffe "l'azienda mondo". Radicato in una realtà operaia, toscana e nord-italiana, ha sempre avuto una visione globale e internazionale del modo di produzione, che non lo ha mai distratto dal vedere il sistema di sottosviluppo coatto, come base dell'attuale "sviluppo" sul piano mondiale.