In questa età di crisi economica e finanziaria molte cose vanno ripensate se vogliamo immaginare e costruire un'economia di mercato e un modello di sviluppo sostenibili. Tra queste "cose" c'è senz'altro l'impresa. Non ci basta che produca qualità, reddito, occupazione; né che paghi le giuste imposte. È sempre più evidente che l'istituzione impresa è chiamata a un "di più" che la renda davvero amica della città, e in tal modo sia percepita come elemento costruttore del tessuto civile. L'idea che ispira il libro è la tradizione italiana dell'economia civile, che ha la sua origine nell'Umanesimo e poi nella Napoli del Settecento, possa offrire ancora oggi suggestioni e spunti per immaginare un'impresa civile che, pur restando impresa (e non necessariamente impresa non-profit), sia però luogo e strumento di incivilimento e di ben-vivere. Essa supera la contrapposizione non profit/for-profit, tipica della tradizione anglosassone, e recupera anche la tradizione italiana dell'economia aziendale. Un posto a sé occupa in questo contesto l'analisi dell'imprenditore come figura sociale che, diversa dallo speculatore, assume le caratteristiche dell'imprenditore civile.
Stremati da due conflitti e da una crisi finanziaria di proporzioni mai viste, gli Stati Uniti faticano sempre più a conservare il ruolo di superpotenza mondiale, mentre a Washington politici e generali - concentrati su Iraq, Iran e Medio Oriente - sembrano non realizzare quanto è ormai palese per molti. La vera sfida del XXI secolo non sarà contro i terroristi, ma contro una potenza riemergente dopo più di un secolo di letargo: la Cina. Con un'economia che ha tassi di crescita annui del 9-10% la Repubblica popolare cinese è oggi il secondo consumatore di petrolio al mondo, tra Usa e Giappone, e il suo fabbisogno è destinato a crescere se, come recitano le previsioni, entro il 2030 diverrà la prima economia del pianeta. Una presenza tanto ingombrante e competitiva non può che far saltare gli equilibri economici e politici internazionali. Vale per tutti il caso della corsa mondiale al controllo delle materie prime. In Africa, vero eldorado emergente dello sfruttamento petrolifero del nuovo millennio, i cinesi sono già ovunque e hanno scalzato la tradizionale influenza occidentale. Il motivo è semplice: fanno affari senza porre condizioni come americani ed europei. Niente più richieste di riforme, niente trasparenza, stato di diritto e altri obiettivi neo-liberali. Date le premesse, lo scontro che si profila minaccia dimensioni epiche e toni drammatici.
II marketing deve cambiare perché sta cambiando la società: affermazione apparentemente semplice, che nasconde però una complessità non adeguatamente analizzata, ma molto spesso banalizzata. L'autore va in profondità sul come debba evolvere il marketing, proponendo, in dieci tesi sviluppate nei particolari - e accompagnate anche da elementi iconografici - il passaggio al Societing. Si tratta di un nuovo orizzonte entro cui confrontarsi profondamente con la società postmoderna e le nuove responsabilità sociali cui si è chiamati. Elementi fondanti del Societing sono il riconoscimento di nuove forme di socialità, il valore simbolico della merce, l'evoluzione delle transazioni in relazioni, il ruolo di partner e committente del consumatore, con la fine del marketing di massa e la centralità dell'assunzione di responsabilità sociali ed etiche della marca-impresa.
La crisi odierna del capitalismo sta scuotendo in profondità non solo le istituzioni finanziarie internazionali e i bilanci pubblici di quasi tutti gli stati, ma gli stessi paradigmi dominanti nel campo delle scienze economiche. Occorre ripensare seriamente, in questo contesto, le possibilità stesse di un nuovo sviluppo, e avere il coraggio di rimettere in discussione premesse che sembravano fino a oggi scontate. Il nuovo paradigma-argomentano in questo libro Jean-Paul Fitoussi ed Éloi Laurent - dovrà fondarsi su un'idea di economia aperta, cioè di un'economia consapevole del suo contesto ambientale, sociale e politico. Non è infatti la teoria economica in se stessa che bisogna incriminare per i disastri attuali, ma la sua definizione ristretta come scienza di processi autonomi. La crisi alimentare ed energetica mondiale, non meno della crisi finanziaria, riporta viceversa al rapporto essenziale che deve esistere tra la ripartizione dei "mezzi di sussistenza" e la ripartizione del "diritto a sussistere", tra ecologia, giustizia sociale e democrazia. Un nuovo sviluppo potrà essere sostenibile, da questo punto di vista, solo se sarà democratico, nel senso che saprà assicurare a ciascuno il diritto a sussistere. Detto altrimenti: l'unica decrescita davvero importante è la decrescita delle disuguaglianze.
Ogni giorno prendiamo decisioni sui temi più disparati: come investire i nostri soldi, cosa mangiare per cena, dove mandare i figli a scuola, con che mezzo di trasporto raggiungere il centro della città. Purtroppo facciamo spesso scelte sbagliate. Mangiamo troppo, usiamo la macchina quando potremmo andare a piedi, scegliamo il piano tariffario peggiore per il nostro telefonino o il mutuo meno conveniente per comprare una casa. Siamo esseri umani, non calcolatori perfettamente razionali, e siamo condizionati da troppe informazioni contrastanti, dalla complessità della vita quotidiana, dall'inerzia e dalla limitata forza di volontà. È per questo che abbiamo bisogno di un "pungolo", di una spinta gentile che ci indirizzi verso la scelta giusta: di un nudge, come l'hanno battezzato l'economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein in questo libro. L'idea di Thaler e Sunstein è semplice ma geniale: per introdurre pratiche di buona cittadinanza, per aiutare le persone a scegliere il meglio per sé e per la società, occorre imparare a usare a fin di bene l'irrazionalità umana. I campi d'applicazione sono potenzialmente illimitati: dal sistema pensionistico allo smaltimento dei rifiuti, dalla lotta all'obesità al traffico, dalla donazione di organi ai mercati finanziari, non c'è praticamente settore della vita pubblica o privata che non possa trarre giovamento dal "paternalismo libertario".
In queste conversazioni con Adriano Moraglio, Marco Boglione, fondatore di BasicNet, proprietaria dei marchi Kappa, Robe di Kappa, Superga, Jesus Jeans e K-Way, racconta la sua avventura umana e imprenditoriale. Avvincente come un romanzo perché imprenditore è bello.
Questo libro racconta la vera storie Daniele Bogiatto, l'unico esperto italiano di web coaching, che, partendo da eBay, ha costruito un business di successo fondato sui valori della famiglia e dell'amicizia. Attraverso la sua vicenda, umana e professionale, un intero universo si spalanca di fronte agli occhi del lettore, un universo ricchissimo di possibilità inedite - ancora lontane dall'essere sfruttate - a disposizione di chiunque le sappia cogliere con umiltà, coraggio, apertura mentale. Per Bogiatto, siamo all'inizio di un nuovo Rinascimento e, grazie alle caratteristiche del web, esso riguarderà indifferentemente i grandi e i piccoli, premiando sempre i migliori. La Rete, infatti, si sta sviluppando e strutturando secondo modalità impensabili fino a pochi anni fa, che mettono al centro di tutto i rapporti personali, i valori e la qualità degli individui. Chi oggi non interagisce col web si preclude il successo. Non solo: le realtà aziendali, commerciali e professionali che non troveranno il giusto posto sulla Rete saranno con buona probabilità destinate alla chiusura. La lettura di queste pagine rappresenta un'importante opportunità per chiunque senta il bisogno di migliorare la propria vita e la propria posizione professionale: in esse troverà il giusto stimolo, molte idee immediatamente realizzabili e una esaltante visione del futuro che ci attende.
Lasciare il proprio paese in cerca di una realtà migliore. Questo è emigrare. Sotto il cielo di Roma si intrecciano otto storie di imprenditori venuti da lontano: Roman, parrucchiere ucraino, ha aperto un salone; Kader, tuareg algerino, vende kebab e granite in un grazioso locale; Pilar impreziosisce party, feste e celebrazioni di ogni genere con l'ausilio di fantasiosi e coloratissimi palloncini; Ana è titolare di un'agenzia di franchising; Weldu ha un ristorante eritreo; Marcela ora coltiva un podere alle porte di Roma; Sonia, venuta dalla Cina, conduce uno dei migliori ristoranti in città; Bebot, filippina, è riuscita ad aprire una pasticceria tutta sua. Roma. Una narrazione di tipo giornalistico e fotografico che non mancherà di affascinare molti lettori coi colori, sapori e profumi di terre lontane a noi vicine.
Che cosa ci fanno centinaia di operai edili cinesi ammassati in cantieri-dormitorio organizzati come piccole Chinatown nel bel mezzo del deserto della Dancalia in Etiopia? E perché diventa sempre più frequente incrociare lo sciamare ordinato di funzionari di Pechino e businessmen di Shanghai negli hotel di Lagos o sulle rotte per Luanda? Il governo di Pechino sta estendendo la sua influenza nei paesi in via di sviluppo, esportando un modello organizzativo, sociale ed economico alternativo a quello dei paesi occidentali proprio a partire dal Continente Nero. Negli ultimi dieci anni l'Africa è diventata l'obiettivo strategico primario di Pechino e il vero banco di prova della capacità cinese di esportare, adattare e ripensare continuamente il proprio modello di sviluppo. Attraverso un percorso che si snoda sulle piste sabbiose del continente dal sottosuolo più ricco di materie prime, in questo libro viene analizzato in tutte le sue straordinarie contraddizioni l'impatto di un paradigma economico-sociale con il quale tutti sono chiamati a confrontarsi: il "Beijing Consensus".
Il "Libro bianco sulla creatività" è il risultato del lavoro svolto dalla Commissione di studio ministeriale, incaricata di elaborare un Rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia, che ne stimasse, tra l'altro, il valore economico. Il libro si propone due obiettivi. In primo luogo, delineare il profilo essenziale di un modello italiano di creatività e di produzione culturale, nella convinzione che si debba ritrovare appunto la creatività, per aiutare lo sviluppo del paese. In secondo luogo, offrire un contributo alla conoscenza e alla definizione del macrosettore delle industrie culturali, che per diffusione, trasversalità e immaterialità di molte sue componenti non ha nel nostro paese un'identità statistica chiara e ben percepita. Per contribuire al successo dell'industria culturale italiana il "Libro bianco" traccia, inoltre, alcune strategie di azione coordinate per i diversi settori: le città creative, il design e la cultura materiale, la moda, l'architettura, l'economia della conoscenza, la pubblicità, il cinema, la tv, la radio, l'editoria, l'industria del gusto, l'arte contemporanea, la musica e il patrimonio culturale.
"Questo libro raccoglie stralci di editoriali, dichiarazioni e interviste dei più importanti economisti italiani apparsi sui maggiori quotidiani, contiene un'impressionante sequela di clamorosi errori di valutazione dei migliori cervelli italiani. E proprio per questo è la dimostrazione del bluff di questa disciplina di studio e delle sue formule matematiche. È evidente, leggendo gli articoli scritti prima e durante lo scoppio della crisi, quanto le teorie abbiano azzerato la capacità di un'intera classe di studiosi di elaborare i dati che la realtà metteva a loro disposizione. Non li capivano? Li sottovalutavano? Oppure, semplicemente, era meglio non approfondirli?" Marco Cobianchi