"Se voi vi sentite tanto superiori da non riuscire a interessarvi di minatori e di serve, smettete di leggere. D'ora in poi, io mi rivolgo ai minatori e alle serve di tutto il mondo". Così Tom Hanlin, che sperimentò in prima persona la fatica e i rischi del lavoro in miniera, presenta il suo romanzo, imponendoci di accostarci a esso con il giusto sguardo (e, forse, solo se ne siamo degni). Di questo prolifico autore John Steinbeck aveva un'altissima opinione, e definì Una volta sola nella vita "meraviglioso". È in effetti impressionante la modernità e la portata letteraria e sociale di quest'opera che appare subito diversa da ogni altra: una scrittura asciutta nella quale ogni vocabolo pesa di molti significati; così crudelmente precisa da far sembrare il nero delle parole più nero ancora sulla pagina, come carbone. Una storia all'apparenza semplice ci porta a riflettere (in un modo che ci sembrava quasi d'aver dimenticato) sulla scoperta di sé come individuo in una collettività - talvolta entrambi a pezzi - e sul sentimento di amore come fragile tramite di questo processo. Straordinario connubio quello con la traduzione letteraria di Giorgio Manganelli, la cui particolarissima voce non fa che aggiungere sfaccettature al testo, che può essere oggi finalmente riscoperto in questa nuova edizione.
Il nostro protagonista Totò (Salvatore) Violante, spinto dalla sua voglia di conoscere - e quindi sapere - mette quasi le ali, per raggiungere l'adolescenza, che trasformerà le sue disavventure... in avventure, commisurate da maggiore responsabilità ed impegno. Naturalmente la madre Maria continua ad essere il punto di riferimento del figlio, che le pone quesiti sempre più profondi; tanto che, suo malgrado, spesso lei deve vestire i panni di una "sovrumana" educatrice, per continuare ad indicare a Totò la "retta via", umana e spirituale, avendo però i piedi per terra. Così, il più maturo scavezzacollo affronta con grinta i tanti ostacoli che gli si parano davanti... come fare teatro, tentare una capatina in cielo, desiderare un fratello, combattere contro mentalità arrugginite... Prefazione di Dacia Maraini.
Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue? La risposta è sì. La queerness familiare è ormai una realtà, e affrontarla una necessità politica, come lo è quella di un dialogo lucido e aperto sulla gestazione per altr*, un tema che mette in crisi la presunta radice dell'essere donne. Interrogarci, discutere intorno a questa radice significa sfidare il concetto di normalità e naturalità a cui siamo abituati. Michela Murgia lo ha fatto per anni, nei suoi libri e sui social, e nelle ultime settimane di vita ha raccolto i suoi pensieri per donarci questo pamphlet densissimo e prezioso, in cui ci racconta - partendo dall'esperienza personale - un altro modello di maternità, come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i legami d'anima possano sommarsi ai legami di sangue. Pagine straordinarie che ci permettono di entrare nelle infinite sfaccettature degli affetti e di comprendere come aprire all'altr* non riduce ma amplifica l'amore.
Dopo molti anni, due amici si ritrovano in una trattoria del centro di Chișinău, capitale della Repubblica Moldova, a ricordare il loro passato e la scomparsa, prematura e tragica, di Florin Montana, pittore di grande talento e loro carissimo amico. Improvvisamente dal racconto del vissuto riemergono amori, sogni, invidie e misteri irrisolti, che li obbligano a vivere un'avventura giocata tra diverse capitali europee e in vari ambiti umani e artistici. I due allestiscono una pièce in bilico tra finzione e realtà. Paradossalmente, il filo conduttore di questa insolita esperienza sarà l'imperatore Nerone, uomo di potere, artista e, soprattutto, anima complessa, travagliata da conflitti e infiammata da feroci ambizioni.
Domitilla è una ragazza spensierata e piena di vita che viene invitata dalla nonna a fare un viaggio per il nuovo capodanno. Quando scopre che il viaggio è verso Medjugorje non vorrebbe più partecipare ma non riesce a contraddire la promessa fatta inizialmente. Il viaggio si rivelerà per lei un percorso alla scoperta di una dimensione più profonda di vita che la farà tornare molto cambiata e più cosciente di sé. Un romanzo scritto in modo coinvolgente che descrive la condizione di molti giovani di oggi. Una proposta di esperienza con cui paragonarsi; di fronte a una proposta forte anche il cuore un po’ scettico sa riconoscere la verità.
Incaricato di redigere gli elenchi anagrafici degli ebrei residenti a Milano, Alfredo Sarano si prodiga affinché i volumi contenenti i loro nomi e indirizzi non finiscano nelle mani dei nazisti. Costretto dai bombardamenti ad abbandonare la città, si rifugia, con la moglie Diana e le due figlie, a Mombaroccio, un piccolo paese sulle colline marchigiane. Ma la guerra ben presto li raggiunge con il suo carico di violenza. Il passaggio del fronte, unito al pericolo costante di essere identificati come ebrei, fa vivere alla famiglia momenti di grande paura. Tuttavia, anche nelle circostanze più drammatiche, scopriranno che «il bene si può fare. Sempre». Un romanzo che racconta la storia vera di una famiglia avventurosamente scampata alla Shoah. Età di lettura: da 9 anni.
Di che colore è la vaghezza? E qual è la differenza tra il grigio sopra le nubi e il grigio lama smussata? Quanto è buio il nero cecità? L'indaco di montagna, il marrone vento d'inverno, il bianco cielo con luna: tutto in Giappone ha un suo colore, perché col colore si può dire ogni cosa. Laura Imai Messina racconta il Giappone in un modo unico ed emozionante: attraverso i suoi colori. In un caleidoscopio di storie, leggende, tradizioni, e con le splendide illustrazioni di Barbara Baldi, "Il Giappone a colori" ha la forza gentile e dirompente dei viaggi che ci cambiano lo sguardo. «Cade la pioggia, sulla riva rocciosa di Jogashima / cade una pioggia color Rikyu», scrive il poeta Hakushu Kitahara: ma Sen no Rikyu è un antico maestro della cerimonia del tè vissuto molti secoli prima, come può una persona indicare una precisa sfumatura del grigio? E perché a un certo punto alcuni colori divennero «colori proibiti» appannaggio esclusivo della corte imperiale e come reagì la popolazione a quel «furto»? O ancora: quante sfumature di un sentimento si possono comunicare attraverso la semplice scelta del colore della carta di un messaggio d'amore? Fra i tanti segreti che il Giappone tuttora conserva allo sguardo occidentale, c'è il suo straordinario rapporto con i colori. Color piume bagnate di corvo, color piume nere di gru, campo arido, cielo illuminato dalla luna, lama smussata: i nomi dei colori tradizionali del Giappone sono già un assaggio di poesia. Ma quando scopriamo le storie, le tradizioni o le leggende che si nascondono dietro questi nomi, la meraviglia si moltiplica. Ognuno di essi (a cominciare dai fondamentali: grigio, bianco e nero) si porta dietro una storia che è parte della Storia del paese, della sua letteratura e della sua arte. Una ricchezza che arriva fino al presente. Quando poi a raccontare questo universo di infinita varietà è la penna di una scrittrice come Laura Imai Messina, i colori del Giappone riescono a illuminare angoli bui del cuore di ognuno con imprevedibili risonanze. Unendo la sua competenza di studiosa (e la conoscenza di prima mano della cultura giapponese) con le sue doti di narratrice, Laura Imai Messina scrive un libro unico e prezioso, un invito al viaggio e all'immaginazione, un romanzo epico i cui protagonisti sono i colori.
1939. L'Italia si prepara a vivere l'ultimo Natale di pace, ma un omicidio squassa il ventre della città. Quanta solitudine che c'è. In Europa la guerra è cominciata, eppure da noi qualcuno si illude ancora che sia possibile tenerla fuori della porta. E poi sta arrivando la più bella delle feste, quella dove si mangia, si beve, ci si abbraccia, quella in cui ci si scambiano doni con le persone care; non bisogna avere pensieri tristi. La solitudine, però, la solitudine vera, è difficile da scacciare. Puoi essere solo perfino se stai in mezzo alla gente, se hai una famiglia, degli amici. Soprattutto puoi essere solo se decidono che sei diverso, magari perché non sai parlare, o perché ami persone del tuo stesso sesso. O perché, dicono, sei di un'altra razza. Anche Erminia Cascetta era diversa, a modo suo. Aveva troppa voglia di vivere, perciò l'hanno uccisa. In questo tempo che accelera verso l'abisso, spetta al commissario Ricciardi e al brigadiere Maione scoprire chi è stato. La chiave di tutto, però, è sempre la solitudine. Che, a volte nemmeno lo sappiamo, ci siede accanto. «Potessi parlarti, ti parlerei della solitudine del cuore. E della condanna che hai comminato, senza nessuna pietà, e senza avere idea di quello che stavi facendo. Potessi parlarti, ti direi che alla fine la colpa è tua. Ma non posso parlarti, giusto? No, non posso. Perché sei morta».
"Non dovrei dare nulla per scontato, dovrei essere concentrata come un dio, esercitare l'amore in ogni momento, perché l'amore è esercizio di presenza": questo pensa ogni madre quando rimprovera a sé stessa una défaillance, e questo pensa anche Antonia, detta Toni, brillante scrittrice di libri illustrati, che il suo ex marito chiama mélomamma ma è solo la genitrice affaticata di una figlia preadolescente e non riesce a perdonarsi tutta la stanchezza che ha nel cuore. Ma Toni non molla, ogni mattina si sveglia e affronta una nuova giornata, anche quando il Natale si avvicina con i suoi obblighi di riunioni familiari e tintinnante felicità che per lei suonano in contraddizione. Continuare a correre e stringere i denti, però, non sempre è la strategia giusta: il rischio è di fermarsi all'improvviso e dire la verità tutta insieme. È così che una mattina di dicembre, davanti a una platea di bambini e insegnanti, Toni guarda il buio oltre il cono dei riflettori e dice poche parole che infrangono irrimediabilmente il tabù del Natale. Subito intorno a lei si leva un'ondata di sdegno che attraverso i social diventa una tempesta, capace di travolgere tutto e di scaraventarla indietro, al cuore della sua infelicità: in quel posto dove ciascuno è costretto a guardare negli occhi sé stesso per capire come risalire. Un posto dove si può essere molto soli, ma può anche capitare di incontrare qualcuno come Riccardo, che a Toni ricorda: "A qualcosa serviranno, tutti questi errori". Fresco come il vento dell'est che porta con sé Mary Poppins, questo è un romanzo di adulti e di bambini, di elfi natalizi e e-mail dirette in Lapponia, di addii, di guai e d'amore, che ci racconta noi stessi, il nostro tempo veloce, le ipocrisie in cui troppo spesso stritoliamo i nostri desideri. Con il suo timbro inconfondibile Enrica Tesio scrive una fiaba metropolitana amara e dolce, capace di farci sorridere nel buio.
La Seconda guerra mondiale è finita da poco e in un piccolo monastero tra le Dolomiti si presenta un uomo, indossa un loden sbiadito e ha un vecchio zaino di tela sulle spalle. È atteso. Arriva dalla Germania, ha superato di nascosto le frontiere e cerca accoglienza prima di continuare la sua fuga verso nord. Diretto in Irlanda. Dublino, dodici anni dopo. Rosa Jacobs, giovane storica e ricercatrice al Trinity College, viene trovata morta in un garage, in circostanze che fanno inizialmente pensare a un suicidio. Incaricato dell'autopsia, l'anatomopatologo Quirke arriva però alla conclusione che la ragazza è stata uccisa. Il caso è affidato all'investigatore Strafford, verso il quale Quirke nutre ancora del risentimento per quello che è successo in Spagna, dove qualche mese prima sua moglie è morta (se solo Strafford...). Nonostante le acredini i due iniziano a indagare insieme: le frequentazioni di Rosa, le sue origini ebraiche e il suo impegno politico e civile, aprono una pista inaspettata, che affonda le radici nel passato e riporta alla luce alcune delle pagine più oscure della storia europea. Mentre Quirke e Strafford sembrano sempre più vicini alla soluzione, le loro vicende personali incrociano le indagini e rischiano di mettere in pericolo tutte le persone coinvolte.