La famiglia è un soggetto di cui tutti hanno esperienza. Ma quando osserviamo una famiglia, cosa osserviamo realmente? Che caratteristiche hanno le relazioni familiari e che cosa le connota in modo specifico? Questo libro offre una presentazione sistematica degli elementi distintivi dell'essere famiglia, a partire dalla prospettiva sociologica, con riferimento al presente e al contesto italiano. L'osservazione sociologica consente di evidenziare come la famiglia sia un oggetto particolarmente complesso, con caratteristiche variabili rispetto alla sua struttura e alla diversa disponibilità di capitale sociale, culturale e di reddito. Il volume ripercorre i principali cambiamenti che hanno investito la famiglia nel contesto contemporaneo, caratterizzato da processi di frammentazione dei legami, evidenziando le sfide più rilevanti e urgenti, tra cui le scelte procreative, l'invecchiamento, i processi migratori, la socializzazione e l'educazione delle nuove generazioni, i rapporti tra i generi e le generazioni, tra famiglia e comunità.
Cinquant'anni fa Paolo Sylos Labini pubblicò il "Saggio sulle classi sociali", un libro fondamentale che rivoluzionò l'idea stessa della struttura sociale italiana, mettendo in luce come negli anni del boom economico si fosse formato un vasto ceto medio, non più proletario e non ancora borghese. In questo mezzo secolo nessuno è più tornato a indagare così in profondità la società e per molto tempo ci si è accontentati di dire che «le classi non ci sono più». Pier Giorgio Ardeni è 'tornato sul luogo del delitto', riprendendo il lavoro di analisi laddove lo aveva lasciato Sylos Labini. Il risultato della sua ricerca descrive i cambiamenti intervenuti e come l'Italia intera è ancora attraversata da differenze sociali che permangono forti e nette, che limitano la mobilità sociale, l'accesso all'istruzione, le possibilità e le opportunità. Certo, il peso relativo delle classi è variato e con esso il loro peso 'politico' ma, ancora oggi, a differenze nel contesto di origine, nel titolo di studio e nella professione corrispondono disuguaglianze nella distribuzione del reddito. Ed è proprio da questi aspetti che bisogna ripartire per ripensare la crisi della democrazia e della rappresentanza.
Esiste una modalità specificamente liquido-moderna del male. È ancora più insidiosa e pericolosa delle sue precedenti manifestazioni storiche perché il male oggi appare frammentato, polverizzato, disarticolato e disperso. Il male liquefatto si cela alla vista e, anziché essere riconosciuto per ciò che è, riesce a passare inosservato. Il male liquido ha una stupefacente capacità di camuffarsi e reclutare al proprio servizio ogni sorta di interesse e desiderio umano, profondamente umano. Lo fa con motivazioni tanto pretestuose quanto difficili da sfatare e confutare. Il più delle volte il male liquefatto riesce ad apparire non come un mostro, ma come un amico che non vede l'ora di dare una mano. Utilizza come strategia di fondo la tentazione anziché la coercizione. Zygmunt Bauman affronta il tema del male nella contemporaneità in un dialogo serrato con il filosofo Leonidas Donskis.
"Tutto il mondo è un palcoscenico," dichiara il malinconico Jacques nella commedia di Shakespeare Come vi piace. Oggi è più vero che mai: un gruppo di demagoghi occupa ormai da anni il palcoscenico mondiale. Sono performer brillanti, capaci di catturare il pubblico grazie a carisma e doti retoriche fuori dal comune. Ma come ci riescono? Con gli strumenti della sociologia, Richard Sennett esplora le dinamiche complesse e spesso contraddittorie della performance in vari contesti sociali - nella vita, nell'arte e nella politica - partendo dalla inquietante constatazione che il demagogo condivide con il ballerino e il musicista lo stesso regno non verbale di gesti, illuminazione, costumi e scenografie. Allo stesso modo, nei ruoli e nei riti della vita quotidiana anche noi oltrepassiamo spesso il confine della recitazione, in forme che possono essere sublimi o terribili, repressive o liberatorie. Ad ogni pagina La società del palcoscenico ci invita a riflettere su come la performance possa essere un mezzo di espressione personale e collettivo e un veicolo di trasformazione sociale e culturale, e come, quindi, le arti performative siano strettamente interconnesse al destino pubblico della società. Muovendosi tra diverse scuole di pensiero, e attingendo al suo passato da violoncellista professionista, Sennett ci restituisce una prospettiva critica, ma non pessimista, della performance, in una visione unica e stimolante, capace di ispirare artisti, studiosi e appassionati, e offre un'interpretazione della messa in scena, in tutte le sue forme, come arte squisitamente ambigua. Con la sua analisi del ruolo della performance nella vita quotidiana, nell'arte e nella politica, Richard Sennett parla con forza delle nostre necessità attuali e ci offre gli strumenti per difenderci dalla degradazione dello spazio sociale pubblico e dal fascino ambiguo dei demagoghi.
È ormai evidente che le religioni giocano un ruolo attivo nelle guerre, armando le menti e scaldando i cuori dei fedeli. Ma perché avviene questo, quando ci si aspetta invece che mostrino una spiccata vocazione alla pace? L'elemento religioso costituisce oggi un fattore cruciale per comprendere i conflitti internazionali. Non si tratta né di "guerre di religione", né di "scontri di civiltà": la fede entra in gioco perché le politiche d'identità nazionali hanno bisogno di una legittimazione simbolica che altrimenti non potrebbero vantare. Attraverso numerosi casi di studio - dai movimenti hindu ai monaci buddisti in Sri Lanka, passando per l'islam politico e Israele - il sociologo Enzo Pace mostra come un conflitto emerga ogni volta che la religione cede alla logica della politica.
Le donne hanno sempre svolto un ruolo cruciale nelle religioni di tutto il mondo. Oggi i profondi cambiamenti in corso e l'attenzione rivolta alle disuguaglianze di genere riportano sempre più i temi femminili nell'agenda pubblica, nonché le tensioni e gli intrecci che caratterizzano il rapporto tra religione e questioni di genere. In particolare globalizzazione e immigrazione hanno causato un incremento della diversità di fedi. Questo libro si snoda tra riflessioni teoriche e indagini empiriche dedicate al ruolo delle donne nelle principali religioni presenti nel nostro paese: cattolicesimo, islam, chiesa ortodossa, protestantesimo, ebraismo, buddismo e induismo. Addentrandosi nella vita delle protagoniste - dalla preparazione del cibo all'organizzazione delle feste, dalla gestione della famiglia alla partecipazione ai riti - il volume coglie non solo le spinte innovative ma anche le tensioni, le resistenze, le ambiguità che emergono dagli studi sul campo. A partire dal caso italiano, le ricerche offrono una riflessione articolata su tematiche globali e fortemente attuali.
Viviamo in un mondo sempre più difficile da decodificare. Non è l'effetto di un semplice cambiamento, ma di un vero e proprio processo di metamorfosi. La caduta del Muro di Berlino, gli attentati dell'11 settembre, il catastrofico mutamento climatico in tutto il mondo, il disastro del reattore di Fukushima, fino alle crisi della finanza e alle minacce alla libertà create dalla sorveglianza totalitaria nell'era della comunicazione digitale: sono eventi globali che hanno mandato all'aria quelle che finora sono state le certezze, le costanti antropologiche della nostra vita e della nostra concezione del vivere comune.
L'attuale pandemia non ha cambiato il mondo, ma ha avuto solo il "merito" di scoperchiare delle problematiche che erano già presenti in società, che gettano le radici negli albori del XX secolo e che ci portano a effettuare una riflessione dal punto di vista sia politico che ecclesiale. Il libro si apre con una riflessione sul'900 avvalendosi del contributo di pensatori quali Martin Heidegger, Romano Guardini e Jacques Ellul. La loro riflessione pone in evidenza il sorgere di quelle problematiche che nel nostro tempo sono divenute grandi problemi, coinvolgendo varie generazioni, sino a raggiungere i nostri giovani. La pandemia ci ha chiusi nei nostri "bunker"; ora che ne stiamo venendo fuori, che tipo di mondo troveremo? Ma, soprattutto, potremmo continuare lo stile di vita precedente? Si aprono così delle piste di riflessione, che l'Autore attinge dal mondo universitario in cui ha lavorato in questi ultimi anni, dalla pastorale svolta in parrocchia e dall'osservazione politica su cui ha riflettuto anche nelle sue precedenti pubblicazioni. È un libro che ci interroga sul futuro che ci aspetta.
La spiritualità ricopre un ruolo importante nel modellare la salute delle persone. Credenze e atteggiamenti in tema di benessere, stili di vita e comportamenti, decisioni terapeutiche e adesione alle cure sono influenzati dalle convinzioni spirituali e dalla fede religiosa. Inoltre, la spiritualità rappresenta una risorsa essenziale per fronteggiare la malattia, la disabilità, i traumi e la perdita di autonomia nei processi di invecchiamento. Malgrado ciò, l'identificazione dei bisogni spirituali è sottovalutata in ambito sanitario e l'assistenza spirituale non viene ancora sufficientemente presa in considerazione nei contesti di cura. Attraverso l'analisi degli studi più recenti, il volume offre una ricognizione delle evidenze di letteratura, delle strategie operative e degli strumenti metodologici, proponendo spunti e riflessioni per tutti gli studiosi e addetti ai lavori, al fine di promuovere una medicina centrata sulla persona.
Le grandi distopie immaginate da Orwell o da Huxley esprimevano la propria visione degli orrori del mondo solido-moderno abitato da produttori e soldati irreggimentati e ossessionati dall'ordine. Essi credevano nei sarti su misura, cioè nella possibilità di confezionare un futuro su ordinazione. Temevano gli errori di misurazione, i tagli scadenti o la corruzione dei sarti, ma non pensavano certo che le sartorie potessero fallire e scomparire. Le distopie del presente rappresentano un mondo in cui i sarti non ci sono più, in cui ci si crea da sé il proprio futuro che nessuno controlla, né vuole o sa controllare. In un mondo come questo non può che crescere lo scoramento e il disfattismo, l'incapacità di agire e la sensazione di essere condannati a soccombere. Eppure, secondo Bauman, questa è soltanto la descrizione di quello che stiamo vivendo. Non è vero che è «sempre la stessa storia»: il futuro non si deduce dal presente, il futuro non è un destino. Ancora una volta Zygmunt Bauman illumina, legge, interpreta e traduce ogni piega del tempo che viviamo.
Questo saggio è il manifesto di un gigantesco progetto transdisciplinare di filosofia e antropologia della complessità. Edgar Morin sostiene che bisogna porre fine alla riduzione dell'uomo a homo faber e homo sapiens. Homo, che apporta al mondo magia, mito, delirio, è dotato nello stesso tempo di ragione e sragione: è sapiens-demens. Rifiutando una concezione ristretta e chiusa della vita (biologismo), una concezione insulare e sopra-naturale dell'uomo (antropologismo), una concezione che ignora la vita e l'individuo (sociologismo), Edgar Morin delinea una concezione complessa dell'uomo come a un tempo specie, società e individuo. È una visione radicalmente ecologica della nostra condizione terrestre, che raccoglie la sfida di inventare una nuova immagine dell'umano, nell'avventura spaesante dell'era planetaria.
La condizione d'emergenza che caratterizza il compito educativo degli ultimi decenni ha toccato con la pandemia e la guerra in Ucraina una situazione di estrema difficoltà, resa visibile dalla profonda crisi che attraversa il mondo giovanile e l'intero sistema educativo. Se poi aggiungiamo a questo scenario i cambiamenti generati dalla rivoluzione tecnologica nella rete web e dall'intelligenza artificiale ci rendiamo conto che nel prossimo futuro cambierà totalmente l'interazione umana e la percezione dell'identità personale. Questo testo vuole dare un contributo al lavoro degli educatori per l'individuazione di percorsi e l'attivazione di processi educativi che promuovano la costruzione di una risposta efficace all'emergenza educativa. I nuclei fondanti di questo impegno si situano sulle due aree maggiormente coinvolte nella crisi educativa che attraversiamo: quelle dell'identità e della relazione.