«È il momento di avere pazienza e di non fare errori. È il momento di cercare la nostra corsa perfetta, quella che abbiamo costruito giorno per giorno, espressione del nostro personale equilibrio tra sforzo e durata, tra velocità e resistenza. Se ci siamo allenati con la testa, oltre che con le gambe, ormai la conosciamo bene, è diventata una vecchia amica. Siamo nelle condizioni migliori per metterla in pratica: non dobbiamo spingere troppo – anzi, dobbiamo controllare la velocità – e possiamo concentrarci sull’efficienza. Eccola, la nostra corsa perfetta!»
La corsa sulle lunghe distanze è una disciplina dura. Richiede costanza, capacità di sopportare la fatica e superare soglie di sofferenza a cui la nostra vita sedentaria non ci prepara. Ma è l’attività più naturale che sia possibile praticare; un’attività nella quale milioni di anni di evoluzione della specie ci hanno reso imbattibili. E, soprattutto, la corsa ci rende felici. Non soltanto più magri e forti, più sani e soddisfatti: riesce a toccare qualcosa di misterioso, che ci avvicina alla nostra natura più profonda e ci fa sentire liberi.Se l’uomo è un perfect runner, la maratona è la distanza perfetta. Rappresenta infatti il giusto compromesso tra resistenza ed efficienza: mette alla prova la capacità fisica e mentale di ‘tenere duro’, ma consente di esprimere un gesto atletico efficace, limpido, ‘bello’.Può essere un’avventura splendida o fallimentare; può lasciare stanchi e felici, o frastornati, svuotati e delusi. Non tutto dipende dal risultato. Come insegnano i filosofi orientali, la strada è più importante del traguardo, ed è il cammino a dare un senso alla meta.
Dopo i robot che sostituiscono i lavoratori manuali, ora l’intelligenza artificiale si diffonde nell’area di quelli intellettuali e dei servizi: analisti, medici, commercialisti, agenti di viaggio, giornalisti, avvocati. Verso una nuova stagione di diseguaglianze: sacche di povertà da disoccupazione o lavori precari sottopagati da un lato, una élite benestante che usa la tecnologia per vivere meglio e più a lungo dall’altro. Soggiogati dal fascino delle infinite possibilità offerte dall’universo digitale, non ci siamo resi conto di quanto iniqua, brutale e concentrata sia la nuova economia nata dalle innovazioni della Silicon Valley. I cervelli del web puntano sull’ultima tecnologia, la blockchain, per aprire una stagione democratica di Internet. Se non si interviene presto, però, rischiamo terremoti sociali e politici.
Giganti digitali, da Google a Facebook, cresciuti fino a diventare monopoli. Intelligenza artificiale che moltiplica le capacità dei robot. E la blockchain per provare a costruire una nuova era della condivisione. Viviamo in una rivoluzione fin qui sottovalutata: mestieri scomparsi, nuove professioni, la tecnologia che accentua le diseguaglianze tra i ceti della conoscenza, più ricchi e longevi, e chi resta indietro. E la politica? Si mostra incapace di indirizzare processi che cambiano l’economia, i rapporti sociali, perfino la percezione della democrazia.
Il tema della complessità è al centro di tutte le teorie classiche della modernizzazione. È uno dei temi che in sociologia è stato affrontato dagli studiosi quando si interrogavano sulle origini della modernità. Il loro interrogativo era sempre: «Come si è arrivati qui, a questa società complessa rispetto a un prima, vissuto come più semplice?» (Chiara Saraceno)
Il termine «complessità», dal latino cum-plectere, «tessere insieme», «intrecciare», indica ciò che è interconnesso, interdipendente. Questa è la condizione della nostra contemporaneità, dell’era planetaria in cui ci troviamo. E questa è anche una delle convinzioni che sostengono l’impianto dell’enciclica "Laudato si’" di papa Francesco, «la convinzione che tutto nel mondo è interconnesso» (Luciano Manicardi)
Prefazione di Enrico Zaninotto
La nostra civiltà sembra averci portato ai limiti di una soglia finora inconcepibile con implicazioni nella sfera politica, del lavoro e dell’educazione. Ad esempio, ci ricordiamo forse del bipolarismo tra capitalismo e comunismo? Tutto è stato travolto dalle innovazioni del capitalismo globale. E di come era il livello dei nostri computer solo qualche decina di anni fa? La comunicazione, la finanza, i consumi, gli armamenti, la costruzione giovanile del comportamento…
tutto è andato cambiando in tempi rapidissimi (Stefano Fantoni)
Nel passato, nella cultura agricola, tutto avevo il suo ritmo. La semina, la crescita, il raccolto, il mungere le vacche, la preparazione dei campi… Oggi nel mondo industriale tutto dev'essere fatto più velocemente a causa della competizione e della pressione per produrre una redditività sempre maggiore. L’uomo quasi non conta più, importa solo la forza e la velocità del lavoro. Nell'industria 4.0 si cerca di sostituire l’uomo con i robot, e se il lavoro umano viene ancora richiesto, l’uomo viene ridotto alla dimensione di un robot (Notker Wolf)
Prefazione di Francesco Pederiva
L'Italia vive una lunga fase di involuzione, fatta di un impoverimento collettivo e una deriva oligarchica. A farne maggiormente le spese sono i giovani: precarizzati, calpestati e derisi, privati di una prospettiva esistenziale degna di tal nome. Nel frattempo, anche tra le generazioni precedenti lo smottamento economico che vive il Paese si traduce in una vulnerabilità sociale intollerabile e un bisogno sempre maggiore di protezione, mentre poche centinaia di famiglie continuano ad arricchirsi a dismisura. Ma forse non tutto è perduto. Con questo libro a metà tra il pamphlet e l'analisi minuziosa, tredici giovani cercano di tracciare una via per riprendersi ciò che è loro: il proprio futuro. Sovranità popolare, spesa pubblica, ruolo dello Stato, critica dell'Unione Europea, abolizione della precarietà lavorativa: gli autori, riuniti nel movimento Senso Comune, rompono ogni tabù imposto nel dibattito pubblico, rivendicando così la necessità di andare oltre le opzioni politiche in campo e di dar vita a una proposta che restituisca l'Italia alla gente comune. Una proposta politica che rimetta al centro bisogni e aspirazioni di chi è rimasto inascoltato.
La globalizzazione è un fenomeno complesso sul quale non esiste una visione unanime ma diversi punti di osservazione, che portano alcuni a concentrarsi sui benefici dell’affermarsi di nuovi schemi economici e altri ad accusarla di acuire il sottosviluppo continuo di alcune parti e, da qui, di aggravare drammaticamente i pericoli ambientali dall’impatto mondiale. È riduttivo quindi rinchiuderla solo in un contesto economico e commerciale, senza riconoscere quanto siano radicate le implicazioni e le influenze reciproche in ambiti che vanno dal sociale al politico.
Alessia Mosca in questo volume riprende il concetto di globalizzazione, concentrandosi sull’economia globale, sui temi della cultura, sui problemi ambientali e della sicurezza, cercando di delineare possibili sviluppi in risposta alle grandi questioni che impegnano le nostre società contemporanee.
Dal 13 marzo 2013, giorno dell'elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio, abbiamo sentito molto spesso espressioni come «Per la prima volta un Papa...» in merito a incontri, nomine, riforme e viaggi apostolici che lo vedono protagonista. Ripercorrendo gesti inusuali, intuizioni pionieristiche, scelte inedite (non di rado dirompenti) di Francesco, questo libro vuole offrire un ritratto, al tempo stesso originale e documentato, del primo Pontefice gesuita di sempre, venuto «dalla fine del mondo». Evidenziando un filo rosso: il bruciante desiderio del Papa che ha voluto chiamarsi Francesco (un altro inedito storico) che la radicalità del Vangelo sine glossa sia messa al centro sempre: nella Chiesa, nella società, nelle relazioni quotidiane. Il salutare scossone di Bergoglio esprime la volontà di tornare alle origini e chiama, dunque, a una testimonianza più limpida e coraggiosa di Cristo all'uomo di oggi. Ovunque, fino alle estreme periferie, geografiche ed esistenziali.
Anno dopo anno, il numero di cristiani uccisi per la propria fede aumenta. Ogni mese sono oltre 300 i nuovi martiri, martiri che – come dice papa Francesco – non possiamo dimenticare. Ecco perché Luigi Ginani ha scritto questo reportage in cui vengono raccontati fatti a cui le tv e i giornali non sempre hanno dato il giusto spazio.
Prima tappa di questo viaggio è il Kenia, dove il 2 aprile 2015, a Garissa, 148 studenti vengono uccisi perché cristiani e perché l’università ospita studenti di entrambi i sessi. Della strage di Garissa ascoltiamo la voce di testimoni presenti e miracolosamente scampati e la storia di una vittima, Janet. Lo sguardo si allarga al campo profughi Dadaab Refugee Camp, dove si rifugiano uomini e donne che fuggono dalle persecuzioni in Sud-Sudan e in Somalia. Poi ci si sposta in Medio Oriente, a Mosul, nel pieno dell’ultima guerra, quella contro l’ISIS. Qui i cristiani hanno sofferto insieme agli Yazidi la brutalità del califfato; sono infatti oltre 360.000 i cristiani fuggiti dalla valle di Ninive in condizioni difficilissime.
Il viaggio termina a Gaza, in Palestina. A Betlemme sono pochi i cristiani, ormai disperati. Il contesto è quello di una tensione arabo-israeliana che dura da settant’anni e stritola i cristiani.
Il Sud delle tecnologie aerospaziali, del fermento culturale, del turismo che cresce, della ricerca scientifica, dei (pochi) casi di rigenerazione urbana, della mobilità sostenibile. Sì, perché il Sud è una riserva di intelligenza e di opportunità cui agganciare i grandi modelli di sviluppo e da promuovere internazionalmente con la realizzazione di semplici interventi: dalla creazione di 'zone economiche speciali' al lancio di incentivi di sostegno mirati e sostenuti nel tempo. Ricette semplici, praticabili: dal credito di imposta accelerato per chi investe nel Sud alle politiche innovative nel campo della logistica, a quelle del potenziamento degli incubatori, sino al rilancio demografico.
“Il paradigma dell’incompletezza, in ogni caso, ci induce a riflettere sui limiti”
Salvatore Veca affida a questo libro gli esiti di una lunga ricerca filosofica che prende le mosse dal suo volume più importante, Dell’incertezza. Qui la questione centrale coincideva con l’esame delle differenti circostanze in cui si formulano le domande di teoria: nello spazio dell’impresa scientifica, dell’indagine etica e politica, nell’ambito delle questioni d’identità. Le lezioni sull’idea di incompletezza esplorano ora la natura delle risposte che noi diamo, in una varietà di circostanze, a quelle domande di teoria. Insieme, incertezza e incompletezza diventano dunque le due modalità fondamentali di un pensiero filosofico che coerentemente non si ritira di fronte ai limiti della conoscenza e neppure si erge a suo arbitro: l’incertezza della teoria non ci deve fare arretrare, e l’incompletezza delle risposte è specularmente l’opportunità, e forse il motore, che ci consente l’aggiustamento teorico. La convinzione che emerge da queste pagine, ricche di riferimenti alla storia delle idee, alla letteratura, all’arte, alla scienza e alla religione, è che l’incompletezza si addica perfettamente alla filosofia stessa. L’incompletezza ci induce a esplorare lo spazio delle possibilità e delle alternative. Uno spazio in cui i confini fra i saperi si fanno porosi, e la cui fisionomia è esposta incessantemente alla sorte del mutamento e della metamorfosi.
Come è noto, l’iniziativa del ministro della Salute di imporre con un decreto la somministrazione obbligatoria di ben dieci vaccini, pena il divieto di frequenza agli asili e le sanzioni per i genitori inadempienti, ha scatenato nel nostro Paese una vera e propria crociata contro i vaccini tout court. Certo, per anni siamo stati ciechi di fronte alla diffusa pratica delle false certificazioni che ha portato, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in alcune Regioni la percentuale dei ritardi nelle vaccinazioni a oltre il 50 per cento, e la stragrande maggioranza delle ASL non ha mai messo in atto un controllo incrociato tra le liste vaccinali e quelle anagrafiche, per smascherare così gli inadempienti. Ma l’attuale dibattito infuocato, alimentato anche dalla radiazione dall’Ordine dei Medici di chi aveva osato esporre pubblicamente le proprie legittime perplessità, e da dichiarazioni, davvero improvvide, su fantomatiche epidemie di morbillo, non fa bene a nessuno. Soprattutto nuoce alla corretta informazione. In questo libro il professor Giulio Tarro, noto immunologo, fa il punto della situazione sui 10 vaccini obbligatori evitando di schierarsi per l’uno o l’altro fronte, ma rimanendo saldo nella sua posizione a favore della scienza.
Un grande narratore italiano riflette sullo stato della letteratura chiedendosi se la scrittura abbia ancora un senso, e quale, nella società di oggi. Una società senza più punti di riferimento, senza forma e volto, anonima e virtuale, che ha contaminato anche la narrativa. Lo scrittore pare infatti ormai adattato al linguaggio di massa, e infine separato dalla propria identità più profonda. Scrive Parazzoli: «Ogni nuova opera è per lo scrittore il clic del percussore del gioco della roulette russa finché non esplode il bang. È il rischio ciò che conta, non il successo o il fallimento». Ecco: è proprio la 'pallottola d'argento' del rischio che sembra essersi persa, quello stimolo di inquietudine che è invito a trovare nella pagina il luogo della vertigine verso l'alto del senso come verso il basso dell'abisso umano, e non l'amalgama piatto e orizzontale della cronaca e della 'dittatura' tecnologica. Con critiche graffianti e appassionate, nella libertà del suo stile di narratore, Parazzoli mette a fuoco il problema e insieme regala, in una sorta di piccola 'scuola di scrittura', preziose indicazioni stilistiche per chi voglia riprendersi il rischio della vera letteratura. Prefazione di Giuseppe Lupo.