Uno dei primi drammi sacri della letteratura europea, con sorprendenti annotazioni di regia, in latino. Alla tentazione e al peccato nel Paradiso terrestre, rappresentati con sapido realismo, fanno seguito il crimine di Caino e la processione dei Profeti, che annuncia la venuta del Messia. Sulle macchinazioni diaboliche, astutissime e accanite, trionfano - sotto forma di Figura - la potenza e la pietà divine.
L'animazione teatrale è un'attività espressiva, ludica e cognitiva non solo propedeutica all'attività teatrale, ma anche alla corretta gestione da parte del bambino e del ragazzo del proprio corpo e delle sue espressioni, verso gli altri e nell'ambiente. A partire dalla loro lunga esperienza di ricercatori e di operatori "sul campo". Paolo Beneventi e David Conati hanno scritto a quattro mani una guida in cui spiegano come "fare animazione teatrale" costituisca un approccio globale al sapere e alla conoscenza, ricollegabile alle più recenti acquisizioni della psicologia dell'età evolutiva, in grado di rispondere a una serie di esigenze proprie dei bambini. In particolare, sottolineano il carattere non settoriale e specialistico di questa attività e la possibile e proficua "convivenza", nella pratica, del lavoro sul corpo con l'utilizzo della tecnologia: dalla televisione al computer, dai videogiochi a internet. Questa nuova edizione, ampliata e aggiornata dagli autori alla luce degli sviluppi culturali e tecnologici degli ultimi anni, affronta tematiche e approfondimenti inediti relativi all'animazione teatrale: dalle esperienze interculturali al ruolo del bambino "attore sociale", dalla presenza sempre più massiccia nella vita di tutti i giorni delle nuove tecnologie al modo in cui integrarle e condividerle nelle attività educative.
«Un illustre contemporaneo di Goldoni, Denis Diderot (grande illuminista, padre della Enciclopedia), ricorda la propria giovanile tentazione di fare l'attore, e si confessa con lucida onestà: "Quale era il mio progetto? Essere applaudito? Forse. Vivere familiarmente con le donne di teatro che io trovavo infinitamente amabili e che io sapevo molto facili? Sicuramente". Ciò che conta – nel sogno di diventare uomo di teatro – non è tanto il successo, l'applauso del pubblico, bensì la possibilità di una vita più libera e più libertina, con le belle attrici che risultano "infinitamente amabili" e al tempo stesso "molto facili", cioè di facili costumi. Ecco, Goldoni non ha la limpida trasparenza delle esternazioni di Diderot, ma appartiene allo stesso secolo e alla stessa visione del mondo».
Roberto Alonge cestina con un colpo secco la tradizione che ci ha consegnato il ritratto stereotipato del 'buon papà Goldoni' e illustra al contrario il profilo di un artista organicamente inserito nel Settecento libertino di Casanova e del marchese De Sade.
Machiavelli raggiunge e scalza la radice della realtà, le
malvage radici dell’uman vivere: i succhi vitali e malefici
ad un tempo che allacciano le ragioni della vita alle non ragioni
della morte.
Carlo Emilio Gadda
Capolavoro assoluto del teatro rinascimentale italiano, la Mandragola è anche un amaro e disilluso ritratto di Firenze e dell’Italia del primo Cinquecento, abitata da uomini mossi dagli istinti più primordiali e privi di ogni determinazione morale o ideale. Ossessionato dal desiderio di paternità, lo sciocco messer Nicia si affida al sedicente medico Callimaco che, innamorato della bella moglie di Nicia, gli promette di guarirne la sterilità con una pozione di mandragola dalla letale (quanto falsa) controindicazione: il primo che farà l’amore con Lucrezia morirà entro otto giorni. E il primo sarà naturalmente Callimaco travestito, che Nicia stesso, gongolante, condurrà al letto della moglie. Una commedia insieme vitalistica e pessimistica, che il commento di Rinaldo Rinaldi illustra in tutta la sua poliedrica complessità.
Le critiche teatrali di Gramsci dal ’15 al ’20 non sono ancora note come meritano. Pubblicate in gran parte per la prima volta nel sesto volume delle Opere presso Einaudi nel lontano 1950, vennero riedite con alcune nuove attribuzioni in appendice a quattro raccolte di articoli torinesi di Gramsci, apparse sempre presso Einaudi nel 1980, ’82, ’84 e ’87 (le cinque edizioni citate sono da gran tempo esaurite). La presente edizione le ripropone tutte integralmente, in ordine cronologico. L’ampia introduzione di Guido Davico Bonino, oltre a sottolineare la carica etico-civile dell’impegno cronistico gramsciano, fa’ da guida al lettore all’interno di un lavoro minuzioso e fittissimo, che non esita ad affrontare alcuni dei nodi cruciali della scena italiana ed europea del primo Novecento.
Antonio Gramsci giunge a Torino sul finire dell’estate del 1911. Ha poco più di vent’anni: nato ad Ales (Cagliari) il 22 gennaio 1891, ha studiato a Ghilarza, Antu Lussuegiu, Oristano, Cagliari, dove ha conseguito la licenza liceale. Per iscriversi all’Università di Torino concorre ad una delle borse di studio di 70 lire mensili, offerte dal Collegio Carlo Alberto agli studenti poveri delle vecchie provincie del Regno di Sardegna (con lui si presentano Togliatti, Augusto Rostagni, Leonello Vincenti). Vince la borsa e a novembre si iscrive alla Facoltà di Lettere. Non di laureerà mai, giacché dal 1913, iscrittosi alla sezione di Torino del movimento sociale torinese, s’avvia al lavoro di intellettuale militante: ai primi di dicembre del ’15, entrando a far parte della redazione torinese dell’«Avanti!», inaugura un’intensa attività giornalistica come editorialista politico, polemista civile e cronista teatrale, che durerà fino a tutto dicembre 1920. Nel gennaio successivo, all’uscita del primo numero torinese del quotidiano «l’Ordine nuovo», Gramsci affida la critica teatrale a Piero Gobetti.
Guido Davico Bonino è nato a Torino nel 1938, qui si è laureato in Letteratura italiana sotto la guida di Giovanni Getto. Nel 1961 entra a far parte della casa editrice Einaudi, succedendo come capufficio stampa a Italo Calvino e divenendone sino al 1978 segretario editoriale. Docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea, letteratura teatrale italiana, storia del teatro alle università di Cagliari, Bologna e Torino, è stato critico teatrale de «La Stampa» dal 1978 al 1989, ha diretto il Teatro Stabile di Torino dal 1994 al 1997, e dal 2001 al 2003 l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Ha pubblicato varie monografie e raccolte di studi di carattere universitario, ha curato edizioni di classici italiani, ha tradotto dal teatro francese.
Chi pensava che della figura teatrale di Ettore Petrolini si sapesse già tutto dovrà ricredersi. Ma soprattutto dovrà ricredersi chi continua a ritenere che Petrolini sia stato solo un grande attore-mimo interprete delle proprie macchiette più note. In questo volume, per la prima volta al lettore è offerta un'edizione critica di venti testi inediti, suddivisi in brevi scritti (poesiole, stornelli, macchiette), commedie in un atto e commedie in più atti. Ne emerge il ritratto di un autore versatile, che usa il romanesco ma non rinuncia ai suoi famosi giochi linguistici; un commediografo troppo a lungo relegato nel sottobosco indistinto del teatro dialettale di primo Novecento. Ciascuno dei testi che qui si presentano è stato trascritto secondo criteri scientifici, commentato, corredato da un'accurata analisi linguistica e da un nutrito apparato di note storiche, linguistiche e filologiche, a definizione di un ulteriore, ancor più approfondito livello di lettura. Oltre a restituire al grande artista romano il giusto tributo per l'originalità drammaturgica, questo volume (al quale seguirà un secondo relativo ai testi in lingua) porta alla luce alcuni aspetti centrali del suo estro, toccati solo tangenzialmente dalla critica: tra di essi, la stupefacente creatività linguistica e la spiccata sensibilità verso il dialetto della Roma di primo Novecento, di cui Petrolini lascia una preziosa testimonianza. Con la prefazione di Gigi Proietti.