Quando crollò il cosiddetto 'socialismo reale', Gabriel García Márquez lanciò un allarme. Paventò lo sprigionarsi di un 'fondamentalismo democratico', fondato sul presupposto che ciò che non è come noi è 'il male'. Gli effetti di tale svolta, impressa al pianeta, sono sotto i nostri occhi. Ma il fenomeno viene da molto lontano: si tratta dell'esito deludente della grande speranza, durata secoli, di portare le società umane ad inverare la democrazia. Questo libro racconta questa storia.
Jürgen Habermas, uno dei maggiori filosofi contemporanei, riflette sulla divisione dell'Occidente a partire dalla frattura dell'11 settembre 2001. Riflessioni tanto più attuali se si considera il suo giudizio sull'unilateralismo della 'dottrina Bush' a cui - sostiene - si può e si deve contrapporre un progetto cosmopolitico, che riattualizzi l'idea kantiana di 'pace perpetua' e presti la dovuta attenzione al tema cruciale dei diritti umani.
Il 2022 è stato per la politica italiana l'anno della continuità al Quirinale, con la rielezione di Sergio Mattarella, e del cambiamento a Palazzo Chigi, con il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, sopra lo sfondo dell'aggressione militare russa all'Ucraina, dei connessi dibattiti su armi e sanzioni, e delle sue conseguenze economiche. Grazie al contributo di qualificati esperti in ciascun settore, il volume documenta e interpreta questi avvenimenti. Offre inoltre il quadro dei principali problemi che il governo Draghi ha dovuto affrontare e del modo in cui il governo Meloni ne ha raccolto l'eredità: dall'applicazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla riforma della Giustizia, passando per la gestione della crisi Ucraina sul piano diplomatico e dei suoi effetti di medio termine sull'organizzazione degli apparati militari, sull'approvvigionamento energetico e la transizione ecologica, sulla politica di asilo per i rifugiati.
Segreti, tradimenti e passioni di chi comanda oggi in Italia. Per la prima volta nella storia della Repubblica, a comandare in Italia è una donna. Giorgia Meloni ha fondato un partito, ha vinto le elezioni ed è decisa a imporre una nuova classe dirigente, anche a costo di scontentare alleati, colleghi di partito e pezzi di apparato burocratico e dei servizi segreti. Ma cosa sta succedendo realmente all'interno dei Palazzi del potere? Luigi Bisignani e Paolo Madron, in un'incalzante conversazione, raccontano la lotta in corso per entrare nelle stanze dove si decidono le sorti del paese e per sedersi ai tavoli che contano davvero: senza fare sconti a nessuno svelano i retroscena, i complotti, i patti stretti più o meno alla luce del sole per accaparrarsi le poltrone migliori nei ministeri, nei consigli di amministrazione delle partecipate, nelle segreterie. Nel raccontare la traiettoria politica che ha condotto una giovane militante delle sezioni della destra romana fino alla presidenza del Consiglio, "I potenti al tempo di Giorgia" disegna una mappa imprescindibile per individuare, nome per nome - da Elly Schlein a Marina Berlusconi -, quali sono i sorprendenti vincitori e quali i furiosi sconfitti di questa guerra all'ultimo sangue nei primi anni dell'era Meloni.
È possibile pensare oggi a una governance del pianeta e a una cittadinanza globale? Immaginare quindi un'altra geopolitica, oltre i confini di quella tradizionale? Nessuna delle grandi sfide che ci pone il nostro presente - la protezione dell'ambiente, l'utilizzazione razionale delle fonti energetiche, la salute della nostra specie e con essa di tutto il vivente - può essere ormai affrontata da un singolo paese, per quanto potente. Da questa constatazione nasce l'esigenza di pensare a qualcosa che finora era parsa soltanto pura utopia: alla prospettiva di un governo del pianeta che vada definitivamente al di là dei confini degli Stati-nazione, anche quando questi tendono ad assumere la forma di imperi. D'altra parte espressioni come «giustizia internazionale», «super-territorialità», «governo transnazionale» riempiono le nostre cronache, nonostante gli orrori di una guerra d'aggressione alle porte d'Europa; e stiamo cominciando a familiarizzare con l'idea di una società civile globale, qualcosa di simile a un'autentica civiltà planetaria. Questo libro lucidissimo, realistico e visionario, scritto da un grande storico, ci proietta verso un possibile futuro non solo per l'Occidente, ma per un mondo finalmente in pace con sé stesso.
È importante ragionare sul potere per comprenderne la natura, ma soprattutto per conoscerne la distribuzione nella società. Ecco perché questo libro non ha l'obiettivo di elaborare una teoria astratta del potere, ma di illustrarne i diversi aspetti per un uso politico, finalizzato alla realizzazione di riforme di struttura: un utilizzo trasformativo e non conservatore, volto al cambiamento e non alla difesa dell'esistente.
Al governo dei Paesi occidentali si alternano partiti di destra e di sinistra, eppure nulla sembra cambiare davvero per il popolo e le sue istanze. È ciò che Diego Fusaro chiama alternanza senza alternativa, con le fazioni della vecchia politica «egualmente sussunte sotto l'ordine neoliberale». Quelli che un tempo erano schieramenti in lotta per due opposte visioni del mondo e dell'agire politico sono ormai le facce intercambiabili della stessa medaglia: l'agenda turbocapitalista. La sinistra ha abdicato al suo ruolo di strumento di emancipazione globale; e, nei fatti, la destra cosiddetta sovranista non si cura minimamente del popolo sovrano. Siamo così passati dalla democrazia - il governo del popolo, nella dialettica delle sue articolazioni - alla demofobia: la paura del popolo da parte di chi gestisce monoliticamente il potere. Oggi la «destra bluette» del denaro e la «sinistra fucsia» del costume non sono altro che le due ali dell'aquila neoliberale, parti organiche al medesimo sistema, che «si riproduce economicamente a destra, politicamente al centro e culturalmente a sinistra». Così il partito unico del capitale e della sua omogeneità bipolare egemonizza lo spazio politico, e «dall'alto vola rapacemente verso il basso, aggredendo ceti medi e classi lavoratrici, popoli e nazioni». Ci troviamo insomma dinanzi a una «rivoluzione spaziale» della filosofia politica, che impone la teorizzazione di una nuova geografia e di una rinnovata topografia, in cui l'asse interpretativo più utile e appropriato è appunto quello dell'opposizione alto-basso: tra le élite finanziarie globaliste e il popolo. Comprendere la natura profonda di tale scenario è il primo passo per riportare al centro dell'agire sociale e politico il benessere dei popoli-nazioni, la loro sovranità e identità. In perfetto stile fusariano, questo saggio denso, lucido e provocatorio mira a porre le basi per un nuovo dibattito e a stimolare una visione critica del reale, spiegandoci come ritrovare la bussola per navigare nei marosi della politica, non solo nostrana.
Disuguaglianza profonda e in accelerazione; polarizzazione politica senza precedenti; discorso pubblico al vetriolo; un tessuto sociale sfilacciato; narcisismo pubblico e privato, oggi gli americani sembrano concordare solo su una cosa: questo è il momento peggiore della loro storia. Ma non è così, nell'età dell'oro della fine del 1800, l'America era fortemente individualista, ineguale, polarizzata e profondamente frammentata, proprio come lo è oggi. È stato all'inizio del ventesimo secolo che l'America è diventata - lentamente, in modo irregolare, ma costante - più egualitaria, più cooperativa, più generosa; una società in ripresa, più focalizzata sulle responsabilità reciproche e meno sull'interesse personale. Fino agli anni '60, quando queste tendenze si sono invertite, lasciando il paese nel caos odierno. In un'ampia panoramica di oltre un secolo di storia, attingendo alla sua inimitabile combinazione di analisi statistica e narrazione, Robert Putnam osserva una notevole confluenza di tendenze che ci hanno portato da una società dell'«io» a una società del «noi» e poi di nuovo indietro. Trae lezioni ispiratrici per il nostro tempo da un'era precedente, quando un gruppo di riformatori modificò la rotta, mettendo il paese sulla strada giusta per diventare una società ancora una volta basata sulla comunità.
Un teologo, protagonista della vita della Chiesa e un intellettuale laico, impegnato nel giornalismo e nella politica, si confrontano sui principali temi della vita contemporanea. L'invasione russa dell'Ucraina e lo scontro geopolitico mondiale, l'identità dell'Europa e dell'Occidente di fronte alla sfida delle autocrazie, il destino della globalizzazione e dei diritti umani. Quattro dialoghi che attraversano le questioni aperte del nostro tempo, analizzate dentro l'incedere della civiltà digitale, la cui velocità irride la lentezza delle democrazie mentre la tecnologia offre strumenti sempre più invasivi, capaci di mutare bisogni e desideri degli individui e finanche i loro stessi corpi. I concetti di tradizione e di fluidità diventano, così, ulteriori dilemmi del passaggio di civiltà. È la tecnica il vero Dio dei nostri tempi? E come rileggere alla luce delle trasformazioni in atto, il concetto di libertà? In questi dialoghi filosofia, teologia e cronaca si rincorrono, puntando al cuore degli enigmi della modernità affrontati da punti di vista diversi ma complementari. Dimostrando come laici e credenti siano coinvolti insieme nelle sfide del futuro. Uno scambio di lettere, infine, ripercorre le origini del concetto di libertà. Gesù, Socrate, John Locke, Hannah Arendt e Joseph Ratzinger vengono così chiamati a testimoni di un cammino di cui si è rischiato e si rischia di perdere le tracce. Ma che tuttavia resta l'unico in grado di "proteggere" il futuro delle democrazie e della convivenza umana.
Una call for action: che lo vogliamo o no saremo tutti chiamati ad affrontare la sfida dei cambiamenti climatici Le temperature in aumento, provocate dalle emissioni di gas serra, sono principalmente causate dall'attività umana. Purtroppo, la concentrazione di questi gas nell'atmosfera ha raggiunto livelli critici e ulteriori incrementi potrebbero avere effetti potenzialmente catastrofici. La conseguenza diretta è che dobbiamo ridurre, di molto e in poco tempo, il flusso di emissioni nell'atmosfera. E non basterà arrivare a emissioni «zero», perché alcuni processi continueranno ad emettere gas serra e dovranno essere compensati da emissioni «negative»; l'obiettivo diventa dunque quello di raggiungere emissioni «net zero»: una sfida enorme, ma ineludibile. Come raggiungere un traguardo tanto ambizioso?
Le prospettive per il futuro sono piuttosto fosche: nonostante i progressi scientifici, la pandemia ha fatto morire milioni di persone; despoti come Vladimir Putin uccidono innocenti e minacciano l'annientamento nucleare; il degrado ambientale va avanti; la disuguaglianza ha raggiunto livelli senza precedenti; il capitalismo passa da una crisi all'altra. Il futuro è sempre più cupo perché la politica democratica non si presta a maneggiare il tempo e lo spazio in modo tale da proteggere gli interessi delle generazioni future e da travalicare i confini nazionali. È ovvio che per restituire significato al futuro e renderlo desiderabile abbiamo bisogno di politici con una visione ampia del tempo e dello spazio. Abbiamo bisogno di riformare e forse persino di reinventare la democrazia e di mettere in atto un nuovo sistema di governance globale, meno concentrata sull'adozione e sull'applicazione di leggi rigide e più aperta alla mediazione, al coordinamento. Insomma, possiamo ancora recuperare il futuro perduto e farlo nostro.