A scuola abbiamo studiato la storia e ci siamo fatti l'idea di una disciplina fondata sulla memoria, la memoria di date, di nomi e di battaglie. Poi a casa ciascuno di noi si è sentito raccontare la storia della propria famiglia, dei nonni e dei bisnonni e di come questa storia minuscola si è intrecciata ed è stata attraversata da quella maiuscola: la storia di coloro che restano solo nel ricordo dei propri cari e la Storia di coloro a cui sono dedicati libri e monumenti. Eppure queste due prospettive non dovrebbero essere in contrapposizione: la storia dovrebbe aprire squarci inediti sul nostro passato, riproporre a chi è vivo oggi storie di chi ha vissuto ieri. Ma ricostruire vite che non sono la propria è un percorso a ostacoli dove centrale è la ricerca meticolosa che scava, indaga, spolvera, interroga. In questo libro appassionato, Carlo Greppi ci guida attraverso le miriadi di scelte che vengono compiute nell'imbastire una narrazione storica: il punto di vista, il tono, il montaggio, il corpo a corpo con le fonti e con la storiografia, fino alla 'messa in scena' dei risultati della propria indagine. Osservando il mestiere di storico e il racconto pubblico del passato nella loro concretezza si può dunque umanizzare la storia, studiando in orizzontale - non dall'alto, come fossero formiche sulla scena della 'grande Storia' - gli esseri umani che osserviamo e che narriamo. Insomma, un'altra storia è possibile e già esiste.
Eugenio Garin, maestro della storiografia filosofica, affronta in questo libro il problema del passaggio dal Medioevo al Rinascimento «cercando di liberarsi della vecchia antitesi tenebra-luce, con quanto essa reca di implicito di lotta religiosa, e di intendere diversità di forme di vita e di pensiero, e il tramonto di certi problemi e l'insorgenza di nuovi, e il modo diverso di vivere e di sentire gli eterni problemi della 'vita' e della 'morte'». Egli non parla di linee di continuità e di rottura tra le due epoche poiché se è vero che durante l''oscuro' Medioevo non si perdono i contatti con la tradizione culturale classica, è altrettanto vero che la grande fioritura rinascimentale avviene solo quando si modificano le condizioni civili e culturali dell'Europa, a partire dal suo centro più importante, Firenze.
Per un punto Martin perse la cappa. Così suona il detto popolare che indica coloro che, per un nonnulla, falliscono in un'impresa importante. Come il monaco Martino perse la cappa, che lo avrebbe promosso a canonico, perché aveva dimenticato di mettere un punto nel testo che stava scrivendo, allo stesso modo Orfeo, per un fuggevole sguardo rivolto a Euridice uscendo dall'Ade, la perse per sempre. Perché Orfeo si voltò a un passo dal portare a compimento la sua impresa? L'antropologia del mondo antico ci spiega il significato del fallimento di Orfeo, come di tanti altri aspetti della classicità che ci appaiono bizzarrie, ma che grazie al loro contesto di riferimento illuminano i meandri di una cultura e di una struttura sociale lontane dalla nostra. Questo libro è un percorso in dieci lezioni che vanno dal ruolo del silenzio al valore vincolante degli incantamenti e della magia, dalla giustizia popolare alla fluida identità delle divinità e alla biologia selvaggia. Per rispondere alle domande poste dai testi e dalle tradizioni classiche senza pregiudizi, uscendo dai nostri quadri mentali.
Il mistero più doloroso della storia italiana trova finalmente una spiegazione. A quarant'anni dalla sparizione di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, non esiste una «verità» riconosciuta. Ilario Martella, incaricato all'epoca di indagare sull'attentato a papa Giovanni Paolo II del 1981 e, in prima battuta, sulle sparizioni di Emanuela e Mirella del 1983, inequivocabilmente legate ai fatti di piazza San Pietro, si propone oggi di ripercorrere la vicenda dal principio. Smontate tutte le false piste spuntate in epoche più recenti, giunge all'unica soluzione possibile: i due casi fanno parte di un unico disegno criminale, di una gigantesca e articolata operazione di distrazione di massa compiuta da uno dei servizi segreti più efficienti e famigerati della Guerra fredda: la Stasi tedesca. Armato di una ricca documentazione, divenuta lentamente accessibile solo dopo la caduta della cortina di ferro, l'autore ricostruisce i dettagli di un'operazione spionistica di altissimo livello, nata per sviare l'attenzione pubblica dalle indagini che, partendo dall'attentato al papa, avevano aperto la celebre «pista bulgara». Lo stesso Giovanni Paolo II, in visita alla sua famiglia, definì il rapimento di Emanuela «un intrigo internazionale»: dopo quarant'anni, questo libro finalmente ricostruisce perché.
Scrivere una storia d'Italia prima che Cesare passasse il Rubicone e Augusto realizzasse la pax romana può sembrare un'impresa azzardata. Fino alla battaglia di Sentino e alla vittoria su Pirro, infatti, Roma non aveva ancora un ruolo predominante nel Mediterraneo e la ricostruzione di una storia della nostra penisola è stata tentata solo raramente. In realtà, molto ci sarebbe da dire su questi secoli poco esplorati, ricchi di testimonianze che riecheggiano ancora oggi. Dalle leggende su Enea e Diomede, che riportano ai secoli attorno al Mille a.C., alle imprese dell'etrusco Tarconte o a Servio Tullio, il sesto re di Roma, alle gesta di personaggi storici come Furio Camillo, Dionigi il Grande di Siracusa o Annibale, protagonista dell'ultimo disperato tentativo di fermare l'avanzata romana. È in questa cornice che prendono vita le vicende dei popoli italici e delle loro imprese mediterranee, che suggeriscono come la storia del nostro paese sia tanto complessa quanto interconnessa. Valerio Massimo Manfredi e Luigi Malnati tornano a raccontare insieme la Storia in una nuova veste, con un approccio sia da storici dell'antichità che da scrupolosi archeologi. Un viaggio alla scoperta della nostra penisola prima del dominio romano, un racconto che fa luce su un'epoca ancora poco indagata, che rivela come l'idea di unitarietà geografica sia in realtà molto più antica di quanto pensassimo.
8 agosto 1956: nell'aria si diffonde il suono angosciante delle sirene che annunciano un incidente alla miniera Bois du Cazier, a Marcinelle. In quel momento non si sa ancora, ma è una strage: 262 morti, di cui 136 italiani. La tragedia innesca una serie di riflessioni sulla sicurezza e accende i riflettori sulle condizioni lavorative e di vita dei minatori: sono in prevalenza stranieri che hanno lasciato i loro Paesi per fuggire dalla povertà. Qui in Belgio si sono ritrovati a svolgere un lavoro pericoloso e per cui spesso non erano qualificati, e che avrebbe poi portato tanti di loro alla morte per silicosi. A distanza di molti anni, Maria Laura Franciosi intervista i sopravvissuti e le loro famiglie, ma anche tanti altri minatori emigrati in seguito all'accordo uomo-carbone con l'Italia, e confeziona un volume prezioso che parla di miniere e lavoro, certo, ma anche di sacrificio, amore, integrazione, razzismo, malattia, speranze, passato e presente. Le vicende narrate in questo libro si intrecciano a più riprese con la storia delle Acli, le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani che, prima e dopo la tragedia, da oltre ottant'anni sono state sempre al fianco degli italiani emigrati, sostenendoli in ogni aspetto della vita professionale e quotidiana.
Lo spirito familiare nello Stato e nella società apparso nel 1910 a Lille con il titolo L'Esprit Familial dans la Maison, dans la Cité et dans l'Etat, è tratto dal secondo volume de Il problema dell'ora presente: Antagonismo di due civiltà, una grande opera che espone la teologia della storia di mons. Delassus, pubblicata nel 1904, con una lettera di elogio del cardinale Rafael Merry del Val.
Nel quadro dell'attacco crescente alla famiglia e alla società intera, le Edizioni Fiducia propongono un'edizione critica dell'opera di mons. Delassus, curata da Fabio Fuiano e preceduta da un'introduzione di Roberto de Mattei, per mettere a disposizione dei lettori un vero e proprio tesoro della letteratura cattolica del XX secolo.
Il volume ripropone nella nostra lingua, in edizione critica appoggiata sui manoscritti originali, due saggi brevi del conte Joseph de Maistre (1753-1821). Lo scrittore savoiardo, diplomatico al servizio del re di Sardegna, ha vissuto integralmente il periodo rivoluzionario e napoleonico di cui è testimone diretto. Dallo stile letterario asciutto e pregnante, è uno dei capostipiti della scuola di pensiero cattolica controrivoluzionaria. Il suo testo più noto è Considerazioni sulla Francia, del 1796, che apre il grande filone della critica alla Rivoluzione francese. Il primo saggio del volume, del 1798, è dedicato a una analisi religiosa e politica del protestantesimo; il secondo, del 1794 circa, alla messa a fuoco della nozione di "stato di natura" non poco distorta dal naturalismo filosofico sei-settecentesco, in particolare dagli illuministi e da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), sul quale ultimo la critica demestriana è non poco contundente.
Racconto e testimonianza diretta di don Stefano Nastasi, parroco dal 2007 al 2013 a Lampedusa. Don Stefano narra le vicende i cui vertici sono segnati dal primo viaggio apostolico di papa Francesco, l'8 luglio 2013, e dal tristissimo naufragio del 3 ottobre. La nuda umanità e i volti delle persone segnati dalla migrazione che incontrano l'accoglienza e la generosità degli abitanti dell'isola. Non può essere assente una lettura teologica del fenomeno migratorio e sulla significativa categoria dei "segni dei tempi" grazie all'intervento del teologo Alfonso Cacciatore. Si ritiene la migrazione sociologicamente come marca del tempo (lettura laica del fenomeno), teologicamente come innesto di Vangelo nella storia (lettura credente). La postfazione è del card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento dal 2008 al 2021, il quale, sensibile al grido dei poveri, degli ultimi e degli esclusi, rilegge, nel cono di luce del racconto dei discepoli di Emmaus, biblicamente e sapienzialmente il fenomeno della migrazione. Il volume è una chiara contestazione all'atteggiamento securitario prevalente in una parte della politica e dei suoi leaders, e dell'opinione pubblica a questi fidelizzata, che vede nella migrazione e nei migranti un aggravio di problemi e costi per l'Europa e l'Italia.
Il testo offre una rapida panoramica del percorso compiuto dai cattolici italiani nel rapporto con la democrazia. A partire dal contributo dato già dalla visione personalista di Antonio Rosmini, dal pensiero di Giuseppe Toniolo, Romolo Murri e Luigi Sturzo cui si deve la fondazione del Partito Popolare. Un contributo qualificato al pensiero sociale e politico dei cattolici viene offerto dalle Settimane sociali che, fin dal loro sorgere nel 1907, trattando temi di attualità politica, hanno accompagnato la loro presenza nella società. Il lungo percorso, che si dipana attraverso il XX secolo, porta i cattolici italiani a conoscere, accettare e praticare la democrazia non solo come semplice meccanismo istituzionale, ma come metodo. E in questo modo di intendere il processo di costruzione del consenso, legandolo alla pratica di relazioni sociali, economiche, culturali e politiche fondate sulla persona, sulla sua dignità e sulla sua cura, ha una centralità simbolica l'incontro del luglio 1943 nel monastero di Camaldoli. È anche a partire da quell'appuntamento, come dalla partecipazione alla Resistenza e dalla Settimana sociale di Firenze (1945) su Costituzione e Costituente, che istanze, aspirazioni, idee maturate per decenni o emerse dall'urgenza drammatica della guerra diventano vero e proprio progetto di umanizzazione, rifluito poi nella Costituzione e divenuto parte costitutiva dell'identità politica del Paese. Si apre così la fase della ricostruzione nazionale, in cui l'intensa opera di alfabetizzazione democratica svolta dai cattolici vede la presenza inedita delle donne che votano per la prima volta. Ciò contribuisce non poco, con l'apporto di più generazioni, da De Gasperi a Moro, a dare forma e stabilità, pur tra fatiche e resistenze, alla partecipazione democratica. Un percorso che oggi, in uno scenario in cui la forma democratica presenta segnali di crisi e corre rischi di involuzione, chiede di essere proseguito. La 50a Settimana sociale (Trieste 3-7 luglio 2024), che ha per tema "Al cuore della democrazia", è un'occasione per guardare al lascito di questo lungo cammino senza nostalgie, per contribuire a pensare la democrazia in un mondo profondamente mutato e in cerca di nuove chiavi di lettura.
La voce di Chiara Frugoni torna a parlare, con la freschezza e l'entusiasmo che i suoi lettori conoscono bene, delle sue origini bresciane e del suo fare storia, che collega la ricerca delle fonti e l'analisi delle immagini e ci ha permesso di riscoprire figure (a partire da quella, da lei studiata a fondo, di san Francesco), relazioni, passioni, paure del Medioevo. Lo fa attraverso una serie di interviste, pubblicate dal 2013 al 2022, seguendo il ritmo scandito dall'uscita dei suoi libri e di quelli del padre Arsenio. Chiara Frugoni racconta se stessa e la sua professione di storica: le sue parole sono state qui raccolte con fedeltà assoluta e nel rispetto del "bell'italiano" che caratterizzava i suoi libri e le sue partecipatissime conferenze.
Le vicende tragiche di giovani e giovanissimi condannati a morte nel carcere Le Nuove di Torino durante l'occupazione nazista della città. A narrarle in prima persona è il loro cappellano Ruggero Cipolla. Prefazione di Fedele Pradella. Introduzione di Juri Nervo.