Parlare dei costituzionalisti è come parlare di costituzione. Se essere costituzionalisti significa sfornare 'pareri', la costituzione anch'essa diventa un parere, anzi una somma di pareri. E diventa un parere persino che ci sia questa Costituzione e non un'altra. Un tempo, almeno su questo i costituzionalisti erano uniti: quella Costituzione alla quale hanno promesso di dedicare studi ed energie deve essere difesa e promossa. Oggi, un'epoca sembra tramontata e molti lavorano allo scopo opposto: cambiarla, renderla irriconoscibile. Naturalmente, si dice, lo scopo è sempre quello di migliorarla. Sono ancora costituzionalisti? La domanda è lecita. Talora sembrano ideologhi, altre volte politici, se non anche politicanti che usano la Costituzione come un mezzo e non come il fine, il fine ultimo che è la convivenza senza sopraffazione e senza violenza. «Che cosa stiamo diventando?» si chiede un costituzionalista che viene da tempi ormai lontani. È un destino finire tra gli 'opinionisti' da cui si pescano quelli più congeniali a questa o quella area politica, a questa o quella tesi? C'è un'Associazione dei costituzionalisti che riunisce circa 500 persone con il compito di «promuovere e difendere le peculiarità della cultura costituzionalistica». Che cosa sono queste peculiarità? Se c'erano, dove sono finite? Forse un tempo si sarebbe potuto rispondere. Oggi è difficile. «Sia chiaro - si dice in questo libro -, questa non è una critica, ma una constatazione e, insieme, una delusione, un dispiacere e, forse, un rimorso».
Nel conflitto tra Russia e Ucraina diventa sempre più evidente il ruolo essenziale svolto dall'ideologia del Russkij mir - il "Mondo russo", la "Pace russa" - nello scoppio e nella prosecuzione della guerra. Questa inedita ridefinizione del mondo assume un carattere aggressivo in forza di una lettura della realtà che non è più soltanto geopolitica ma anche metafisica, e nella quale non è in gioco soltanto la Russia come Stato, ma anche la sua tradizione religiosa. Così, nel progetto totalitario di teologia politica elaborato da Putin, l'aspirazione è quella di costruire un nuovo ordine mondiale, purificato dagli elementi ritenuti estranei - i "nazisti ucraini", l'Occidente, i nemici della civiltà russa -, con l'esito paradossale che l'immagine tradizionale della Russia come incarnazione dei valori e della tradizione cristiana viene completamente deturpata.
Parole chiave del nostro linguaggio pubblico, «destra» e «sinistra» sperimentano, oggi più che mai, una straordinaria capacità nel connotare il campo della politica. Persino coloro che si mostrano scettici circa l'efficacia della distinzione, o la considerano insoddisfacente, tuttavia non sanno farne a meno e finiscono col riproporla mentre la negano. A distanza di trent'anni dalla sua prima edizione, questo «aureo libretto» - come fu subito autorevolmente definito - assume sempre più la statura di uno di quei rari classici del pensiero politico che possono essere ritenuti fondativi. Davvero Bobbio aveva visto lungo. Davvero la sua saggezza era riuscita ad arrivare alla radice della distinzione, il cui nodo di fondo sta nel diverso atteggiamento che le due parti mostrano nei confronti dell'idea di eguaglianza. Naturalmente eguaglianza e diseguaglianza sono concetti relativi: né la sinistra pensa che gli uomini siano in tutto eguali, né la destra pensa che essi siano in tutto diseguali. Ma coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare la soppressione. Nel dispiegare i suoi argomenti, Bobbio riesce a rendere conto, secondo il classico procedimento della sua argomentazione, delle «ragioni» di entrambi i campi: «Guardando le cose con un certo distacco, non mi domando chi ha ragione e chi ha torto. Anche se non faccio mistero, alla fine, di quale sia la mia parte». Questa edizione del trentennale si avvale di una nuova prefazione di Nadia Urbinati, che di Bobbio fu allieva, e che percorre qui tutte le tappe, le discussioni, i consensi e le critiche, che hanno fatto di "Destra e sinistra" un libro di riferimento, e che ne fanno oggi più che mai «una stella polare» per orientarsi nel nostro difficile e problematico presente. Il libro ripropone anche l'introduzione di Massimo L. Salvadori alla «edizione del ventennale» (2014) e una nota introduttiva di Carmine Donzelli alla «edizione del decennale» (2004).
Ora che il ponte di Londra è caduto, che fine farà l'Inghilterra? La morte della Regina Elisabetta - annunciata a ministri e dignitari con la frase in codice "London bridge is down" - dà inizio ad una resa dei conti psicologica non solo per la Gran Bretagna e per le ex-colonie raggruppate nell'anomalia storica del Commonwealth ma anche per centinaia di milioni di stranieri che per 70 anni, avevano considerato questa figura minuta, aggraziata e quasi sempre silenziosa come una star della scena internazionale e, di gran lunga, il monarca più famoso del mondo. La dicotomia tra la meticolosa preparazione per le esequie di Elisabetta e il tumulto collettivo di un popolo che, in gran parte, rigetta la nozione di non essere più una nazione-guida e guarda con troppa nostalgia al suo passato, sarà il grande non-detto dei prossimi tempi, il fantasma di banco alla festa di Re Carlo. Perché, schiacciato tra "è morta la regina" e "viva il re" - la sbrigativa frase che garantisce la continuità della monarchia britannica - c'è un Paese che non sta bene con se stesso.
Mai nella storia i massimi imperi si sono trovati contemporaneamente in crisi, al punto da temere per la propria esistenza. Questa è in essenza la Guerra Grande, che è appena iniziata e di cui nessuno può immaginarne la fine. Un conflitto disegnato di tre protagonisti - Stati Uniti, Cina e Russia - in due teatri principali. Con Cina e Usa in crescente frizione nell'Indo-Pacifico, mentre Stati Uniti e Russia si affrontano lungo i bordi dell'Eurasia occidentale fra Mar Nero e Baltico, epicentro Ucraina. Il primo numero di Limes del 2023 fa il punto sulla guerra che insanguina l'Europa orientale, inserendola nel più ampio quadro geopolitico che appare destinato a connotare il prossimo futuro. Tempo caratterizzato dagli spasmi del "momento unipolare" americano post-1989 e dalla brutale gestazione di un nuovo assetto. Un processo i cui esiti restano aperti.
Che fine ha fatto quella sinistra che un tempo si poneva a fianco delle classi popolari? Anche al di là del caso italiano, uno sguardo allo stato delle socialdemocrazie e delle forze politiche che sulla carta si presentano come tali aiuta a comprendere il quadro attuale. E a ipotizzare alcune possibili soluzioni.
A cento anni dalla nascita del Pci, Canfora si interroga sulla metamorfosi progressiva di quel grande partito. Una metamorfosi che ha al centro il 'partito nuovo' di Togliatti. Quella fu, nel 1944, una seconda fondazione. Fu la non facile nascita di un altro e diverso partito: diverso rispetto alla formazione 'rivoluzionaria' sorta vent'anni prima. La nuova nascita era una necessità storica, nella situazione mondiale del tutto nuova determinata dalla sconfitta dei fascismi. Ma le potenzialità insite in tale nuovo inizio non furono sviluppate con la necessaria audacia da chi venne dopo: Berlinguer incluso. Riannodando i fili di questa storia, Canfora cerca le ragioni del mancato riconoscimento dell'approdo socialdemocratico che il mutato contesto storico determinava. Una timidezza che ha contribuito alla successiva debolezza progettuale e 'svogliatezza' pratica. E alla progressiva perdita di contatto con i gruppi sociali il cui consenso veniva dato ottimisticamente per scontato.
Il 2022 ha visto tragedie terribili causate dai conflitti: quelli nuovi, quelli che hanno ripreso vigore e quelli che sono continuati. Alcuni hanno prodotto crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Quando le persone hanno cercato di fuggire da questi conflitti o da altre crisi, alcuni stati non le hanno trattate in modo umano. In tutto il mondo, le autorità hanno continuato a reprimere pesantemente le libertà universali. Nel corso dell'anno, le reazioni internazionali a queste gravi violazioni sono state diverse. Alcune sono state condannate, altre sostenute e molte altre ancora ignorate. Le crisi economiche hanno portato a un aumento vertiginoso dei prezzi di cibo e carburante e a una maggiore pressione sulla sanità e altri servizi sociali. Le persone più emarginate sono state quelle più colpite e le disuguaglianze sono aumentate. Donne, ragazze e persone Lgbti hanno subìto violenza e discriminazione di genere. Tuttavia, i governi non sono riusciti a dare sostegno alle persone la cui situazione è peggiorata. Il Rapporto 2022-2023 di Amnesty International mette in relazione questi temi a livello globale e regionale. Analizza la situazione dei diritti umani nel 2022 in 156 paesi e invita all'azione. Dimostra quali passi i governi e altri possono compiere per affrontare queste sfide e migliorare la vita delle persone in tutto il mondo. Questo rapporto è una lettura essenziale per i leader di governo, per chi prende decisioni politiche, per gli attivisti e per chiunque sia interessato ai diritti umani.
I corridoi umanitari sono uno strumento di ingresso legale in Europa offerto a persone vulnerabili, in fuga da guerre, persecuzioni, fame. Salvano soprattutto famiglie con bambini, soggetti con disabilità, donne sole, anziani, malati. Rappresentano una grande speranza malgrado la sproporzione numerica tra i beneficiari e quanti languono in lunghi esodi tra mari, montagne, deserti. Non sono un lasciapassare per chiunque, ma poiché debolezza e patimento sono la realtà di pressoché tutti i profughi e i migranti, i corridoi hanno un significato universale. Promossi dalla società civile con l'appoggio dello Stato, i corridoi sottraggono persone sradicate ai trafficanti delle rotte illegali, ai barconi di fortuna delle traversate mediterranee, alle violenze delle rotte balcaniche, ai soprusi dei paesi canaglia, ai rovinosi rimpatri forzati. Nella forma sperimentata in Italia, hanno la caratteristica d'integrare efficacemente i beneficiari nelle comunità locali d'approdo, in un processo di sponsorship e di autofinanziamento focalizzato sulla società civile.
Un mondo dagli equilibri pericolosamente instabili, un'Italia sempre sull'orlo della recessione con una classe dirigente in disarmo, una società impoverita e divisa, una crisi climatica conclamata: questo libro si apre con una spietata fotografia del presente. Eppure, si chiude con un'ampia e luminosa visione del futuro. Cosa c'è in mezzo, cosa si inserisce nello spazio del possibile, tra disastro e rinascita? La politica e, in particolare, la sinistra. Risollevarci dall'attuale stagnazione, infatti, è possibile, ma servono soluzioni radicali per una lotta senza quartiere alle disuguaglianze - a partire dalle politiche fiscali - e per il contrasto al cambiamento climatico e al consumo di risorse, in modo da fermare la devastazione non di un Paese, ma del pianeta intero. In pagine battagliere e appassionate, Carlo De Benedetti attinge alla sua lunga esperienza di imprenditore e a dati, informazioni, analisi di respiro internazionale per proporre, a questa Italia e alla sua politica, una prospettiva diversa, capace di dare speranza alle giovani generazioni, nuova linfa alla partecipazione democratica, una direzione chiara a un popolo sconfortato e stanco. Riforme al risparmio e manovre minime sono una perdita di tempo che non possiamo più permetterci, scrive De Benedetti: oggi è il tempo di un nuovo e moderno socialismo, è il tempo del coraggio.
Oggi le donne sono al potere. Dirigono imprese, governano paesi, comandano eserciti. Ne hanno conquistato il diritto. Ne sono capaci. Sono bravissime. Ma nulla va dato per scontato. I Greci hanno saputo immaginare ragazze eroiche, madri autorevoli, regine guerriere. Ma i Greci hanno anche inventato l'autogoverno di cittadini guerrieri, la demokratia. Il popolo è maschio e dev'essere virile. Ed ecco che le donne potenti diventano impossibili. La filosofia e la legge naturale attribuiscono loro incapacità decisionale, inettitudine al comando, sottomissione, vigliaccheria, incostanza, mollezza. Il maschio è focoso, impetuoso, audace, imperioso. La femmina è fredda, intelligente, vile, timida. L'uomo è un animale politico. La donna è un animale domestico. Aristotele organizza queste idee in un sistema di pensiero. Il cristianesimo ne diffonde i principi e ne rafforza il rigore. La donna antica era irresoluta. La donna cristiana diventa irrazionale. Alla fine del Settecento, emergono nuovi diritti che appartengono a ogni individuo in quanto essere umano. È il progetto emancipatorio dei Lumi in tutto il suo splendore. È la premessa della qualità democratica moderna. È il nostro orizzonte.
'Capitalismo cannibale' è l'espressione che usa Nancy Fraser per definire il sistema sociale che ci ha portato a questo punto. La metafora del cannibale è calzante per l'analisi della società capitalista caratterizzata da una frenesia alimentare istituzionalizzata in cui il piatto principale siamo noi. Ma Fraser precisa e amplia anche la parola 'capitalismo' che, a suo giudizio, designa un ordine sociale che consente a un'economia orientata al profitto di predare i supporti extra-economici di cui ha bisogno per funzionare: la ricchezza espropriata dalla natura e dai popoli assoggettati; le molteplici forme di lavoro di cura, cronicamente sottovalutate quando non del tutto disconosciute; i beni e i poteri pubblici che il capitale richiede e allo stesso tempo cerca di limitare; l'energia e la creatività delle persone che lavorano. Per questa ragione la parola capitalismo non si riferisce a un tipo di economia, ma a un tipo di società: quella che autorizza un'economia ufficialmente designata ad accumulare valore monetizzato per gli investitori e i proprietari, mentre divora la ricchezza non economizzata di tutti gli altri. Come l'uroboro che si mangia la coda, la società capitalista è pronta a divorare la sua stessa sostanza.