Domande forti sulla Chiesa di oggi e anche sull'Opus Dei. E risposte altrettanto chiare e forti. È ancora pensabile il peccato? Come si può aderire alla Chiesa vedendo il peccato dei suoi ministri? Non si sarà abusato della giovane età nel cercare vocazioni? Che cosa vuol dire tolleranza quando i cristiani sono perseguitati e perfino uccisi? È possibile una critica interna? Come fare quando i giovani non ne vogliono più sapere? Queste e altre attualissime domande nelle pagine illuminanti di questo libro, attraversato dal tema della continuità dinamica nella Chiesa.
Il titolo di questo volume di omelie del fondatore dell'Opus Dei - introdotte in questa nuova edizione da un ampio studio critico-storico a cura di Antonio Aranda che, come osserva nel Prologo mons. Fernando Ocáriz, prelato dell'Opus Dei, «dà accesso a un nuovo livello di lettura del libro» - indica un programma di vita che riecheggia le parole del Signore raccolte da san Giovanni: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». «Queste diciotto omelie», scriveva nella Presentazione alla prima edizione il beato Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría alla guida dell'Opus Dei, «tracciano un panorama delle virtù umane e cristiane basilari, per chi vuole seguire da vicino le orme del Maestro. Non sono né un trattato teorico, né un galateo dello spirito. Contengono una dottrina vissuta, in cui la profondità del teologo è unita alla trasparenza evangelica del buon pastore d'anime. Con san Josemaría la parola diventa colloquio con Dio - orazione -, pur restando una struggente conversazione in sintonia con le inquietudini e le speranze di chi lo sta ascoltando».
Nel giorno in cui veniva autorizzata la promulgazione del decreto della congregazione per le cause dei santi circa il miracolo attribuito all’intercessione del beato Giovanni Paolo II, che ha aperto la strada alla sua canonizzazione, papa Francesco autorizzava anche la promulgazione del decreto sul miracolo per intercessione di mons. Álvaro del Portillo (1914-1994), il primo successore di San Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus dei, aprendo così la strada per la sua beatificazione. Era il 5 luglio 2013. Álvaro del Portillo è stato poi beatificato il 27 settembre 2014 a Madrid. Questo libro offre una piccola selezione delle numerose narrazioni di grazie ricevute per l’intercessione del beato Álvaro del Portillo, provenienti da diverse parti del mondo. Segno eloquente di come tanta gente abbia trovato in questo vescovo benigno e amabile un amico sicuro.
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Josemaría Escrivá de Balaguer nacque in Spagna, a Barbastro, il 9 gennaio 1902. Dopo aver ricevuto una educazione cristiana dai suoi genitori fu ordinato sacerdote il 28 marzo 1925. Il 2 ottobre 1928 fondò l'Opus Dei. Si trasferì a Roma nel 1946, dove risiedette fino al giorno della sua morte, il 26 giugno 1975. Il 17 maggio 1992 è stato beatificato da San Giovanni Paolo II e dieci anni dopo, il 6 ottobre 2002, fu proclamato santo. La presente opera in tre volumi espone teologicamente l'insieme del messaggio di San Josemaría sulla santificazione del lavoro professionale e dell'intera vita quotidiana.
La tradizione del ritiro spirituale è evangelica. Gesù si appartò per quaranta giorni nel deserto prima di iniziare la sua missione pubblica, e così pure san Paolo, dopo la conversione. Ma già Cesare, Cicerone e Plinio parlavano del recessus, l’azione di andare, ritirarsi, in un luogo solitario. Ci­cerone, nel De officis, utilizza l’espressione – del resto comune – numquam minus solus quam cum solus sum, non sono mai meno solo di quando sono solo. E sant’Ambrogio la riprese dandole un senso radicalmente cristiano, perché il cristiano in grazia di Dio non è mai solo, Cristo vive in lui. Quando si fanno tacere le voci del mondo per raccogliersi in sé stessi, allora, in quella solitudine, si sente e si gode la vicinanza del Signore.
Queste meditazioni per un ritiro spirituale sono anch’esse frutto di esperienza non breve. Seguono un temario classico e mirano ad aiutare l’anima a mettersi davanti a Gesù, ascoltarlo e rivedere insieme a lui la propria vita. Si servono pertanto del Vangelo e degli altri libri della Sacra Scrittura. E raccolgono le raccomandazioni di santi di ogni tempo. Tra questi uno spazio particolare è dato agli insegnamenti di san Josemaría Escrivá, che sono il perno della formazione dell’autore e che oggi sono nutrimento di milioni di persone in tutto il mondo.
Guadalupe Ortiz de Landázuri è sempre stata un’anticipatrice. Unica ragazza tra gli allievi del Colegio di Tetuán, una delle cinque donne che nel 1933 si iscrissero alla facoltà di Chimica dell’Università Centrale di Madrid e una delle prime che affiancarono san Josemaría Escrivá nel suo impegno di diffondere la chia mata universale dei cristiani alla santità.
Attraversò l’oceano per portarne il messaggio in Messico. Tornata in Spagna, discusse la tesi di dottorato e si occupò di insegnamento e di ricerca.
Un decreto di papa Francesco l’ha designata a essere la prima donna dell’Opus Dei che sale agli altari.
In tempi, come quelli attuali, di ardua armonizzazione fra lavoro e vita famigliare, ma anche di grandi opportunità per la donna, la sua vita si offre come esempio per trovare una via verso la santità.
In poche parole: L'autoritratto di un santo mistico dei nostri giorni che ha portato la santificazione nella vita ordinaria del cristiano.
L'autobiografia emozionante, ordinaria e mistica al contempo del co-fondatore di Fede & Cultura morto in concetto di santità (Tregnago 14 giugno 1926 - Verona 10 gennaio 2017).
«Fu durante quel canto che il mio sguardo si fermò su un'immagine della Madonna che stava su un piedistallo a parete, al lato destro dell'altare. [...] Raffigurava Maria ritta in piedi con il suo bambino in braccio. Il suo sguardo non era rivolto al bambino, che aveva la guancia affettuosamente appoggiata alla sua, ma guardava davanti a sé, verso un eventuale devoto. In quel momento il mio sguardo di bambino incontrò lo sguardo di Maria e avvenne l'imprevedibile. Improvvisamente io mi accorsi che una persona mi stava guardando già da prima, senza che io lo sapessi, e mi stava guardando personalmente, come se vedesse i pensieri e lo stato d'animo che mi portavo dentro. Quella persona era una madre, e mi guardava con un sorriso che sprigionava affetto e tenerezza. Si rivolgeva a me senza parole, ma sentivo chiaramente che mi diceva: "Bambino mio, non temere. Sono io tua madre. Ti terrò sempre con me, come questo bambino. Qui, tra le mie braccia, non ti accadrà nulla di male"».
«Una sera uscivo dallo studio per recarmi in cappella. Entrato nel corridoio completamente al buio fui attratto da un tenue chiarore che illuminava un'immagine collocata sopra la porta. Era l'immagine di Gesù che teneva in mano, nell'atteggiamento di offrirlo, il suo cuore ferito e sanguinante, circondato da spine, avvolto dalle fiamme e sormontato da una croce. Il suo sguardo intenso e dolcissimo si incontrò con il mio e subito mi ricordai delle sue parole: "Ecco il cuore che ha tanto amato gli uomini e da essi non riceve che ingiurie e indifferenza". Quel tenue chiarore sul volto luminoso di Gesù che accennava a un sorriso delicato e insieme severo mi lasciò profondamente turbato e mi parve di intuire che senza dolore è difficile capire l'amore. Così mi sentii spinto a chiedere con insistenza al Signore di soffrire molto per poter vivere più profondamente l'intimità con Lui. Forse fu presunzione, forse superficialità o incoscienza, ma credo che il Signore abbia accolto, almeno in parte, la mia preghiera, perché nella mia vita non ho mai saputo cosa fosse il benessere fisico».
Il lavoro è un aspetto costante nella vita di ogni uomo. Fonte di soddisfazione e di gioia per alcuni, di fatica per tutti. Milioni di persone ogni giorno sono affannosamente alla ricerca di lavoro. Molti, però, lo considerano soltanto uno strumento per ottenere altri beni. Spesso, il lavoro in sé non è percepito come un bene fondamentale per lo sviluppo della persona e della società.
In un discorso del 2008 al Collège des Bernardins, Benedetto XVI ha mostrato che nella tradizione cristiana si può trovare la chiave per comprendere il vero senso del lavoro. Uomini e donne sono chiamati a partecipare all’opera creatrice di Dio mediante il lavoro, assumendo il compito di perfezionare la creazione, guidati dalla sapienza e dall’amore. Lo stesso Figlio di Dio fatto uomo ha lavorato per lunghi anni a Nazareth. «Ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione» (Papa Francesco, Laudato si’, 98).
In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, il Convegno The Heart of Work (Roma, 19-20 ottobre 2017), organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal centro di ricerca Markets, Culture and Ethics, ha cercato di approfondire l’idea cristiana del lavoro professionale. La teologia cattolica recente, d’accordo con i riformatori del XVI secolo, riconosce il lavoro professionale come vocazione dell’uomo, ma lo considera anche come un cammino per la crescita della santità del cristiano (Gaudium et spes, 34) e lo propone ai laici come mezzo di santificazione (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2427).
Con gli scritti raccolti in questo III volume degli Atti del Convegno The Heart of Work si vuole offrire un contributo allo sviluppo di un’anima del lavoro professionale: una spiritualità del lavoro inteso come attività che perfeziona l’uomo, cooperando alla sua felicità e al progresso della società, e che diventa per il cristiano luogo e materia di santificazione e di compimento della missione della Chiesa nel mondo.
Nei vari contributi di questo volume emerge spesso la figura di san Josemaría Escrivá (1902-1975) come il maestro di vita cristiana che ha indicato nella santificazione del lavoro il cardine della santità nella vita quotidiana. Il lavoro di un figlio de Dio – egli scrive – «nasce dall'amore, manifesta l'amore, è ordinato all'amore» (È Gesù che passa, 48).
Dopo aver a lungo guidato – dal 1984 al 2006 – la Sala Stampa della Santa Sede come Portavoce di Papa Giovanni Paolo II, con cui instaurò un legame filiale connaturato da reciproca stima e amicizia profonde, Joaquín Navarro-Valls (1936-2017, medico e giornalista) nel 2007 ha accettato l’incarico di Presidente dell’Advisory Board dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dal 2013 ha affiancato il Presidente Paolo Arullani per la nascita e la messa a fuoco delle finalità della Biomedical University Foundation guidandone il Comitato dei Garanti. Anche in questo contesto ha lasciato un’impronta indelebile, con grande beneficio delle istituzioni sanitarie e dei pazienti.
Questo volume, voluto e curato da Paolo Arullani, amico di una vita di Navarro-Valls, che lo ha coinvolto nell’avventura del Campus Biomedico, è diviso in due parti: nella prima si tratteggia la figura del Protagonista del libro; nella seconda Navarro-Valls prende direttamente la parola attraverso la pubblicazione finora inedita di alcuni suoi importanti contributi sul senso dell’esistenza, sul valore della persona umana, sulla sofferenza e sul senso della malattia, sul rapporto paziente-persona, sulla missione dell’uomo, sulla fede in Dio e la speranza della vita eterna. Pagine intense dentro cui riaffiora prepotente e dolcissima la paterna figura di Papa Wojtyla.
Alcuni contributi autorevoli, fra cui spiccano quelli del Cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II, di Gianni Letta, Beatrice Lorenzin, Sergio Marchionne e Mario Moretti Polegato, impreziosiscono il ricordo di Navarro-Valls completandone un ritratto poliedrico e umanissimo.
Il lavoro è un elemento costante nella vita umana, fonte di soddisfazione e di gioia, ma anche di fatica. È sorgente di sviluppo personale e di miglioramento della società, ma può essere ridotto a mero strumento per soddisfare desideri egoistici. Per i cristiani il lavoro è un mezzo di santità e di apostolato, in quanto lo stesso Figlio di Dio fatto uomo ha lavorato per lunghi anni a Nazareth, «ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione » (papa Francesco, Laudato si', 98). Alla luce di questa realtà, la santificazione del lavoro costituisce una delle grandi novità del pensiero cristiano contemporaneo, che si traduce in esperienza pratica nella vita di molti fedeli. "Lavoro e santità" è un breve volume che potrà essere utile a chi vorrà riflettere sul significato del lavoro. Fulcro del libro è il colloquio di numerosi professori e studiosi con mons. Fernando Ocáriz sul messaggio di san Josemaría Escrivá, uno dei grandi maestri di spiritualità laicale e secolare, che ha insegnato a santificare il lavoro, a santificarsi nel lavoro e a santificare gli altri con il lavoro. Presentazione di Navarro Luis.
Teologia, Josemaria EscrivàJosemaría Escrivá de Balaguer nacque in Spagna, a Barbastro, il 9 gennaio 1902. Dopo aver ricevuto una educazione cristiana dai suoi genitori fu ordinato sacerdote il 28 marzo 1925. Il 2 ottobre 1928 fondò l’Opus Dei. Si trasferì a Roma nel 1946, dove risiedette fino al giorno della sua morte, il 26 giugno 1975.
Il 17 maggio 1992 è stato beatificato da San Giovanni Paolo II e dieci anni dopo, il 6 ottobre 2002, fu proclamato santo.
La presente opera in tre volumi espone teologicamente l’insieme del messaggio di San Josemaría sulla santificazione del lavoro professionale e dell’intera vita quotidiana.