Da quando nel 1540, quasi cinque secoli fa, Paolo III istituì ufficialmente la Compagnia di Gesù, gesuiti e papato sono legati da una relazione speciale che ha attraversato la storia della Chiesa e della modernità. Da subito, con il loro 'quarto voto', i gesuiti dichiarano obbedienza incondizionata verso il pontefice, ponendosi come strumento al servizio dei disegni di Roma dapprima nella strategia missionaria e poi anche nella formazione delle classi dirigenti e nei rapporti con le grandi istituzioni politiche europee. Ma questo rapporto esclusivo e intenso non è stato sempre fluido e in armonia: ha conosciuto, anzi, momenti di grande difficoltà e incomprensione, come nel XVIII secolo, quando la Compagnia fu soppressa da papa Clemente XIV o in tempi più recenti, dopo il Vaticano II, per le acute tensioni con Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi. Con il suo stile consueto, di grande rigore storico abbinato a una capacità di narrare in modo sapido e avvincente le vicende umane dei protagonisti, John O'Malley dipinge in questo libro un colorato affresco nel quale il rapporto singolare, tumultuoso e variegato, tra gesuiti e papato si muove sul palcoscenico ben più ampio delle vicende storiche e politiche, tra svolte clamorose e colpi di scena, tragedie e risalite, polvere e onori, fino ad arrivare all'evento più inatteso: il primo papa gesuita della storia, Francesco.
Un formidabile ed originale viaggio per immagini - anche inedite - alla scoperta delle radici più autentiche della cooperazione, lette attraverso il Magistero e il profilo pastorale e umano dei Pontefici che si sono susseguiti dalla fine dell'800. Primo di tutti è Leone XIII (che attraverso l'enciclica Rerum Novarum diede impulso alla cooperazione di credito nel nostro Paese), proseguendo con i suoi successori, alcuni già assurti agli onori degli altari, come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, fino a Papa Francesco, al quale è dedicato un capitolo molto ampio e ricco di immagini, a volte già entrate nella Storia. Una società che voglia rispettare la dignità umana non può essere edificata dal gioco di forze lasciate a se stesse, siano esse la lotta di classe o il mercato. Solo il costante impegno per la giustizia, guidato e completato dall'amore vicendevole, può costruire una società fraterna e solidale. In tale contesto, come hanno riaffermato Papa Benedetto XVI (10 dicembre 2011) e Papa Francesco (28 febbraio 2015), l'azione cooperativa rimane un esempio paradigmatico di un'economia impostata sulla logica della comunione e della fraternità. [...] Il movimento cooperativo può svolgere un ruolo esemplare e paradigmatico: «L'economia cooperativa può svolgere una funzione sociale forte ... essere protagonista del futuro di una nazione e di ciascuna comunità locale ... Può promuovere l'economia dell'onestà! Un'economia risanatrice nel mare insidioso dell'economia globale. Una vera economia promossa da persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune». [...] Nel ringraziare quanto il movimento cooperativo ha saputo fare, è da augurarsi che possa continuare a svolgere la sua missione, con la forza e l'ampiezza di orizzonti che gli assegna il Santo Padre e continuare ad essere un «segno della misericordia di Dio con gli uomini» (dal testo introduttivo del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano).
"Dal 13 marzo 2013 siede sull'antica cattedra di Pietro un pontefice che, primo nella storia, ha scelto il nome di Francesco, il santo che ancora oggi tutti associano all'amore nei confronti dell'ancor più antico miracolo della natura creata e dei suoi animali. Certo, i tempi cambiano, e l'enciclica Laudato si' del 2015 è stata debitamente definita 'ecologista' dai media per le novità che contiene. Ma in realtà, papa Francesco si riallaccia a una tradizione, tanto remota quanto ininterrotta, che associa animali e pontefici in un rapporto simbolico e metaforico di stupefacente coerenza, pur nell'estrema varietà dei messaggi. Una storia, anzi un insieme di storie per narrare le quali nessuno strumento ci è parso altrettanto opportuno della più veneranda delle enciclopedie: un bestiario. Nel corso delle pagine che seguiranno, cercheremo di costruirne uno assai particolare, popolato di colombe, draghi, cavalli, asini e cammelli, pappagalli, fenici e pavoni, aquile, leoni, leopardi, corna di ceraste e corni di unicorni, oltre che di orsi ed elefanti, allo scopo di comprendere in qual modo tutti questi animali abbiano contribuito a creare e poi accompagnato - talvolta senza soluzione di continuità e per molti secoli - l'autoaffermazione simbolica del papato nel suo divenire storico e istituzionale; oppure, al contrario, siano stati usati per criticare o delegittimare il pontefice e la Chiesa".
"Le parole usate dai papi sono importanti; tanto più in quanto il loro modo di parlare non è sempre lo stesso. Il linguaggio con cui il pastore della Chiesa di Roma si rivolge all'umanità nei momenti difficili è sempre stato espressione non solo della sua personalità individuale, ma del posto che la parola della Chiesa occupava nel mondo in quella data epoca; ed è un indizio estremamente rivelatore delle diverse modalità, e della diversa autorevolezza con cui di volta in volta i papi si sono proposti come leader mondiali. In queste pagine faremo un viaggio attraverso le parole usate dai papi nei secoli. Ovviamente la Chiesa esiste da duemila anni e nel corso di questi due millenni ha prodotto innumerevoli parole; non si tratta di renderne conto in modo esaustivo o anche solo sistematico, ma piuttosto di proporre uno dei tanti viaggi possibili, cominciando dal Medioevo per arrivare fino alla soglia della nostra epoca."
La vita di Papa Roncalli è stata caratterizzata da un’adesione completa alla Parola, sorgente di pensiero e di azione. La sua spiritualità è stata vissuta nel tenersi “sempre con Dio e con le cose di Dio”, e nella consapevolezza di una fraternità universale che preferisce innalzare ponti piuttosto che barriere. Ma l’adesione a questo nucleo si carica anche di valenze creative perché sostenuta dalla continua attenzione alla Storia, dove il Vangelo deve essere calato. Per questo, quasi a sigillo del suo percorso, resta l’attualità del messaggio lasciatoci dal pontefice sul letto di morte: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica”.
Il volume offre un quadro della committenza artistica a Roma nel corso di tutto il Medioevo attraverso uno studio dettagliato sulle figure dei singoli pontefici che ne furono i principali promotori. I fatti artistici, analizzati dal punto di vista della committenza papale, non solo consentono di capire il significato primario connesso alla loro funzione, ma ricreano anche un'immagine speculare del contesto culturale di appartenenza. L'ambito cronologico, circoscritto fra il pontificato di Silvestro I (314-335) e quello di Martino V (1417-1431), lascia intravedere nel comportamento di molti pontefici la persistenza di una mentalità che, da un atteggiamento iniziale di semplice patronato e protezionismo, si tramuta nel tardo Medioevo in vero e proprio mecenatismo. I saggi raccolti, ricchi di spunti e suggestioni, pongono sotto la giusta luce aspetti meno noti di una città come Roma, quale centro ideale della cristianità e termine imprescindibile di riferimento per le sue valenze storico-artistiche.
Storia di un'amicizia spirituale tra mons. Helder Camara e papa Paolo VI. Paolo VI, persona di profonda sensibilità umana e di intensa vita evangelica, percepiva che mons. Helder gli rivelava alcuni tratti di Gesù Cristo. Per lui, Helder era un dono per la chiesa e per il Brasile, uno dei grandi volti dell'umanità al pari di Gandhi e di Martin Luther King. Un libro che commenta e approfondisce alcuni aspetti di questa amicizia che maturò, crebbe fino a trasformarsi in profonda stima e ammirazione. Tante volte, sapendo che l'amico Helder si trovava a Roma, il futuro papa faceva di tutto per incontrarlo e concelebrare con lui la Messa. E durante il concilio Vaticano II non passò inosservata l'influenza di mons. Helder sul papa.
Madre Teresa di Calcutta, Missionaria della Carità, di nome e di fatto. Una delle più grandi missionarie del XX secolo. Missionaria della pace, missionaria della vita. Paolo VI ha saputo valorizzare in lei perfino il suo sorriso, che rappresentava un "sì" alla vita, un "sì" gioioso, nato dalla fede e dall'amore profondi. L'incontro di questi due giganti della santità ricorda che essere cristiani significa essere testimoni della carità.
Come scrive Ugo Volli nell'introduzione, "questo studio, pubblicato nel 1960 da La Rassegna Mensile di Israel, ha avuto il merito di riportare dopo un secolo all'attenzione del pubblico un episodio che suscitò, moltissima emozione pubblica quando avvenne, fra il 1858 e il 1860. Ma in seguito esso cadde per molti decenni nel silenzio e nell'oblio. Questi sono i fatti: Edgardo Mortara nacque a Bologna il 27 agosto 1851 da Salomone Momolo e Marianna Padovani. La sera del 23 giugno 1858 la polizia dello Stato pontificio, per ordine dell'inquisitore di Bologna, si presentò presso l'abitazione dove i coniugi Mortara vivevano con i loro otto figli per prelevare Edgardo affermando che il bambino era stato battezzato all'insaputa dei genitori. Una giovane domestica aveva raccontato all'inquisitore che durante il periodo in cui era stata a servizio presso la famiglia Mortara aveva fatto battezzare Edgardo, allora di circa un anno, preoccupata del grave stato di malattia in cui il bambino si trovava. Secondo le leggi dello Stato pontificio, il bambino non poteva quindi continuare a vivere in una famiglia ebraica. La comunità ebraica di Roma, subito contattata dai Mortara, si attivò per aiutare la famiglia bolognese a recuperare Edgardo. La notizia rimbalzò in tutto il mondo. La pressione su Pio IX per la liberazione del bambino si fece sempre più intensa. Nonostante i ripetuti appelli, Pio IX si oppose al suo ritorno in seno alla famiglia.
Intendendo offrire un contributo alla riflessione che ha accompagnato la ricorrenza del cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II, l'Istituto Paolo VI di Brescia ha dedicato il suo XII Colloquio Internazionale di Studio a tracciare un bilancio delle posizioni presenti nella vivace discussione attuale sull'interpretazione del Vaticano II, inteso sia come tornante fondamentale nella storia della Chiesa, sia come impulso a ripensare le forme dell'annuncio cristiano in dialogo con una cultura in profonda trasformazione. In continuità con la linea di ricerca tracciata fin dalle origini dell'Istituto, il Colloquio ha cercato di mettere in luce il significato dell'azione di Paolo VI nel portare a termine il Concilio e nell'attuarne le indicazioni e di mostrarne il rilievo per l'interpretazione storica e teologica del Vaticano II. Insieme a contributi di carattere generale sull'interpretazione del Concilio, nel volume si trovano approfondimenti dedicati a illustrare la relazione tra papa Montini e l'assemblea conciliare e i modi in cui il suo stile personale e pastorale ha influenzato quello del Vaticano II. Lo stile di Paolo VI nel guidare il Concilio e l'avvio della ricezione del suo insegnamento nella stagione postconciliare si rivela infatti con particolare evidenza nelle relazioni da lui stabilite con singoli episcopati nazionali e con gruppi organizzati all'interno dell'assemblea conciliare.
Due uomini del fare. Un Papa piceno venuto dalla povertà e un architetto originario dell'operosa terra ticinese. Due abbaglianti comete che sullo spirare del cinquecento solcarono i cieli di Roma imprimendo alla città dei Papi segni grandiosi e indelebili: i chilometrici rettifili che scavalcano alture e crinali; le piazze immense popolate di svettanti obelischi e di grandiosi gruppi scultorei; i palazzi solenni, le colonne istoriate romane, eccetera. Due uomini che coi loro interventi trasformarono Roma in una moderna città percorribile in carrozza. E che infine, a suggello del loro operare realizzarono anche la Cupola di S.Pietro. La Cupola più audace e più ardita dell'antichità, alla quale, da che 25 anni prima era morto Michelangelo, nessuno aveva più avuto animo di metter mano; ma che i nostri due protagonisti realizzarono invece nello sbalorditivo termine di soli 22 mesi, a fronte dei 192 occorsi per la - meno alta - cupola di S.Maria del Fiore a Firenze. Due uomini che oltre a tutto ciò, diedero vita a innumerevoli opere di industria e utilità sociale: quali acquedotti, opifici, ospizi, biblioteche, università, ecc.
Il catechismo su cui si sono formati i ragazzi per 60 anni: organizzato per formule a domanda e risposta, contiene i principali asserti teologici della fede cristiana. Voluto da San Pio X per assicurare l'uniformità dell'insegnamento religioso dei ragazzi nella diocesi di Roma e in quelle limitrofe, il Catechismo della Dottrina Cristiana è divenuto il catechismo universale usato per circa 60 anni in tutte le parrocchie italiane. Organizzato in formule a domanda e risposta, da imparare a memoria al fine di assimilare meglio i principali contenuti della fede cristiana, questo piccolo catechismo nasce dall'idea che memorizzare le formule sarebbe tornato utile ai bambini una volta raggiunta l'età adulta, quando ne avrebbero compreso pienamente il significato.