Di Manfredi di Svevia si ricorda soprattutto il celebre ritratto tracciato da Dante nel Purgatorio ("biondo era, bello e di gentile aspetto"), mentre la sua esperienza quale re di Sicilia (1258-1266) è da molti considerata una semplice appendice minore del grande regno del padre, Federico II. Schiacciato fra il poeta e l'imperatore, Manfredi è stato spesso ridotto a un'immaginetta oleografica, ritratto come il bel giovane morto troppo presto e vittima di una sorte ingiusta e delle trame dei papi e di Carlo d'Angiò. In tal modo, però, non si rende giustizia a una figura ben più complessa e sfaccettata, in grado di scalare il trono partendo dalla posizione di figlio illegittimo e di giungere, per qualche anno, a essere uno dei sovrani più potenti del Mediterraneo. Questo libro vuole ricostruire i molti volti di un uomo che fu amante della filosofia e della musica e spietato persecutore dei propri nemici, protagonista di un'ascesa conquistata con abilità e cinismo e abilissimo promotore della propria immagine, custode del ricordo della grandezza paterna e complice degli abusi degli zii materni. Comunque, uno dei grandi protagonisti della vita europea del Duecento.
Nello studio di Lazzaretti, pur non trattandosi di un romanzo, gli eventi, il contesto storico e "gli incontri" hanno un ruolo fondamentale per comprendere "il protagonista". Ancora un libro sul Santo David! È il primo commento che potrebbe fare chiunque si trovasse a leggere, anche di sfuggita, il titolo di questo testo! Ma il titolo è: David Lazzaretti: i personaggi della vicenda, e questo è già, di per sé, sufficiente a indicare che, a differenza di altri testi, sono "questi ultimi" ad occupare il centro della scena. Infatti, il testo non è altro che una ricerca, uno studio dei personaggi che, in qualche modo, si affacciano sulla complessa storia del profeta amiatino. Una raccolta cronologica di appunti, di biografie, di dati storici e di documenti che hanno l'unico scopo di facilitare lo studio di Lazzaretti.
Che cosa ha portato Mario Draghi, l'uomo che aveva sempre rifiutato di diventare un politico, alla guida di un paese sull'orlo di una crisi di nervi? Un complotto dei poteri forti? L'ambizione? Il senso di responsabilità? E qual è il bilancio del suo governo undici mesi dopo? L'idea di Draghi ai vertici dello Stato parte da lontano, dalla cerimonia di commiato dalla presidenza della BCE, il 28 ottobre 2019, che lo ha consacrato leader tra i leader europei alla presenza di Merkel, Macron, Lagarde e Mattarella, il governo dell'Europa. Dopo quella cerimonia Draghi è diventato il convitato di pietra della politica italiana. La sua destinazione "naturale", per qualcuno la sua segreta ambizione, appariva il Quirinale. Sono state la pandemia e la paralisi di un sistema politico "consunto" a dirottarlo in primis su Palazzo Chigi. Undici mesi dopo, il bilancio del governo è positivo ma non privo di preoccupanti incognite. La pandemia è relativamente sotto controllo, ma l'azione riformatrice incontra crescenti resistenze. Il suo decisionismo evoca lo spettro di un semipresidenzialismo di fatto. Draghi come de Gaulle? Agli occhi dell'Europa tuttavia, Draghi è vieppiù l'uomo dal quale non si può prescindere, «the lender of last resort» del capitale istituzionale italiano secondo le banche d'affari. La sua presenza ai vertici dello Stato è un elemento di stabilità e garanzia per l'attuazione del Recovery Plan per il quale Bruxelles ha promesso all'Italia 220 miliardi, oltre metà dei quali a debito. Un suo fallimento equivarrebbe al fallimento di un'Europa che non vuole più essere "matrigna" e ciò lo pone al centro di un complesso big game geopolitico. Nella sua vita l'ex presidente della BCE ha vinto più d'una sfida. In questo libro Marco Cecchini racconta il banchiere centrale fattosi premier, sulla scia di una storia che va dalla formazione al "whatever it takes", e risponde alla domanda: Mario Draghi ce la farà anche questa volta?
Picchetti, case dell'ospitalità, file per la zuppa: così Dorothy Day (1897-1980) - giornalista, ragazza-madre, attivista, anarchica e pacifista - si è presa cura degli scartati d'America, di quelli che vivono ai margini estremi, di senza fissa dimora inavvicinabili per il loro odore, di madri che perdono il senno vedendo i figli morire di fame, di disoccupati annichiliti che arrivano brandendo coltelli. Per evitare di addomesticare una figura complessa e incredibile, Giulia Galeotti ritrae Dorothy Day in una biografia che è tante cose insieme: un viaggio nella letteratura e nella storia del Novecento (dal Village degli anni Dieci alla morte di papa Luciani, passando per la Grande depressione, Hiroshima, Cuba e il Vietnam), un trattato di sociologia, uno studio sui molti tipi di pidocchi umani, un poema di vangelo incarnato, un'inedita guida di New York e una storia del difficile rapporto tra una madre e sua figlia. Donna dalla vita avventurosa, scomoda, difficile e di un'attualità sconcertante (tra disuguaglianze, non-violenza, maternità e aborto, ecologia e difficile legame con la Chiesa) Day non solo ha accolto gli ultimi, ma ha vissuto nelle stesse case, mangiato alla stessa tavola, usato gli stessi bagni, vestito gli stessi abiti. Perché alla domanda «sono forse io il custode di mio fratello?», Dorothy Day ha risposto sì.
Una donna, una scelta: quella di salvare centinaia di ebrei a rischio della propria vita. Una storia di umanità e di fede contro la banalità del male nell'Italia divisa in due dopo l'8 settembre 1943. La guerra, le difficoltà, le spie fasciste, i delatori avrebbero potuto farle paura. Non fu così. Anzi, con coraggio e con la forza della fede aiutò profughi, antifascisti e perseguitati politici perché andava fatto. Per questo aderì al gruppo clandestino Frama, collaborò con il finanziere Gavino Tolis e passò informazioni segrete oltre confine. Corrispondenza e ordini riservati destinati alle brigate partigiane operanti nel comasco. Per molti diventò l'angelo di Ponte Chiasso. Arrestata e deportata sopportò terribili sofferenze. Superò l'orrore del campo di concentramento e ritornò in Italia. Un racconto che fa riscoprire una figura poco conosciuta insignita con la Medaglia d'Oro al Merito Civile dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Angela Merkel è la misteriosa scienziata emersa dalle macerie del Muro di Berlino che in pochi anni conquista il partito di Helmut Kohl. È la cancelliera che trasforma la Germania nel Paese più potente d'Europa. È la donna dell'Est, la figlia di un pastore protestante che blinda precocemente la sua vita privata e occupa per trent'anni il centro della scena politica tedesca: batte i rivali e cannibalizza gli alleati. È quasi sempre la donna più intelligente nella stanza, raccontano unanimi i suoi confidenti e persino i suoi nemici. Tonia Mastrobuoni, con il piglio narrativo e la capacità analitica che si riscontra nei suoi reportage, nelle interviste e nei commenti sul quotidiano «la Repubblica» per cui è corrispondente da Berlino, alla trama dei documenti politici e storici riguardanti la cancelliera intreccia l'ordito di racconti e retroscena inediti, mostrando il raro talento politico di Angela Merkel. Un Proteo che assorbe le istanze migliori di tutti, una leader postideologica che, con istinto infallibile, sfrutta le debolezze degli avversari. Non sempre le sue strategie hanno garantito progressi all'Europa: a volte i suoi limiti caratteriali hanno portato il continente sull'orlo della catastrofe. Ma la più longeva cancelliera della storia lascia un'eredità difficile da sottovalutare e una generale nostalgia. Dopo sedici anni alla guida della Germania, c'è ancora chi la considera un corpo estraneo, quasi un incidente o un episodio irripetibile. Alla vigilia del suo addio, Merkel è ancora, per tanti aspetti, l'inattesa.
A Maria Montessori (1870-1952) dobbiamo una nuova comprensione del bambino e un nuovo modo di intendere sia l'insegnamento che la formazione dei docenti. Il suo famoso Metodo è utilizzato in tutto il mondo e trova echi e riflessi anche dove non viene ufficialmente citato. Maria Montessori è però molto più di questo. Ambasciatrice di pace (fu proposta tre volte per il Premio Nobel), viaggiò instancabilmente in Europa, America e India per annunciare la "scoperta del bambino" e far capire che se si vuole un'umanità migliore è dal bambino che bisogno a cominciare perché il bambino è il padre dell'uomo, è la speranza per il futuro. In questo libro, oggi opportunamente aggiornato, vengono messi in luce aspetti ancora poco noti della vita della grande pedagogista: le sue lotte per il femminismo e per il diritto della donna al voto, il complesso rapporto con Mussolini e il regime fascista, la pesante e certamente sofferta contraddizione personale che non le consentì di tenere presso di sé il figlio Mario nato da una libera relazione con un collega; il rapporto con la teosofia e la Società Teosofica, rapporto molto più importante di quanto non si sia finora pensato.
Con questo libro l’autrice ha voluto raccontare la sua vita e le sue esperienze con lo scopo di aiutare chi si trova nella stessa situazione che ha vissuto lei a uscire dal tunnel dell’anoressia e del disturbo ossessivo-compulsivo. “Guardarti allo specchio” può voler dire tante cose... Non solo guardarsi per controllare il proprio aspetto fisico, ma anche e soprattutto rispecchiarsi nella propria vita per lasciarsi il passato alle spalle e ricominciare a vivere nel presente, affrontando piano piano tutti gli ostacoli della vita.
«Mi definisco “amministratore” perché tale mi sento. Non mi sono mai nascosto: ho avuto anch’io paura, soprattutto nei primi giorni della pandemia; l’ho condivisa con tutti i cittadini e abbiamo capito insieme, strada facendo, che le “istruzioni per l’uso” non le conoscevamo semplicemente perché non c’erano». Il ragazzo della Marca trevigiana diventato ministro delle Politiche agricole a soli quarant’anni è cresciuto. È l’uomo riconfermato alla guida della Regione Veneto per il terzo mandato consecutivo. Riflettere sulle scelte compiute nelle drammatiche ore dell’emergenza Covid-19 gli ha fornito lo slancio per ripercorrere le tappe fondamentali in cui si sono formati e consolidati valori e principi della sua attività istituzionale. Luca Zaia si confronta con le sue umili origini, in una famiglia segnata dall’esperienza dell’emigrazione e del duro lavoro, racconta gli anni degli studi e la scoperta della vocazione al servizio delle istituzioni come riscatto per la sua gente, dall’incontro con la Liga al legame con il territorio, dai successi delle Colline del Prosecco patrimonio Unesco al confronto serrato con le catastrofi climatiche, fino alla gestione di un sistema sanitario d’eccellenza, che ha dato il massimo davanti alle sfide della pandemia ed è stato indicato in ambito internazionale come un esempio da imitare. Infine, ritornando sulle lezioni apprese e sul ruolo trainante del Veneto come laboratorio di buone pratiche e innovazioni, fa il punto sui più importanti cambiamenti in atto, dalla semplificazione amministrativa alla collaborazione tra sindaci e governatori, fino alla madre di tutte le riforme, quell’autonomia che è la chiave per la transizione verso un federalismo regionale e che appare ancora più urgente oggi, per ridare speranza alla comunità e non sprecare una preziosa occasione di rinascita.
Confrontandosi con il cuore del pensiero etico di Martin Buber - secondo il quale l'essere umano è per essenza dialogo e si realizza soltanto nel suo entrare in relazione con l'umanità e con il Creatore - Emmanuel Lévinas ha l'occasione di precisare anche la sua filosofia, caratterizzata da una inesausta ricerca dell'Altro e dal modo di costruire il contatto con esso attraverso l'amore e l'assunzione di responsabilità nei suoi confronti. Scritto nel 1958 e pubblicato nel 1963, questo testo permette di esaminare in maniera limpida le similarità e le differenze tra i fondamenti del pensiero dei due filosofi - il "faccia a faccia" di Lévinas e l'"Io-Tu" di Buber - e considerare la comune convinzione che la teoria della conoscenza costituisca la base dell'etica. In appendice, un breve scambio epistolare, nel quale Buber e Lévinas mettono l'accento su ciò che divide le loro filosofie, fornendo al lettore un'ulteriore occasione di riflessione.
Il libro, dopo il primo capitolo dedicato ad un ampio resoconto sulla ricezione del pensiero di Teilhard, si occupa della trasformazione del cristianesimo e della struttura stessa ell'esperienza religiosa che, secondo il gesuita, è richiesta dal nuovo orizzonte di comprensione della realtà definito dalla visione evolutiva del mondo e della vita umana. La sua iflessione sul fenomeno religioso si articola poi in due fasi. Nella prima, che inizia con gli scritti redatti al fronte nel corso della Prima Guerra Mondiale, lavora soprattutto alla necessaria rifondazione» della teologia e della spiritualità cattolica, operazione effettuata attraverso la loro dislocazione dal fissismo e dall'essenzialismo tipici del pensiero neoscolastico egemone nella cultura cattolica coeva. Nella seconda fase, che va dal 1929 al 1955, anno della morte, Teilhard contestualizza il problema della «rifondazione» della teologia e della spiritualità cattolica nello spazio più ampio della «reinvenzione» dell'esperienza religiosa, un'operazione che, a suo avviso, non riguarda soltanto il Cristianesimo, ma tutte le religioni. Sostiene infatti che la necessità di misurarsi con tale problematica è imposta dal transito in atto in una umanità sempre più unificata e potenziata dalle pratiche della tecnoscienza verso l'«Ultraumano». Con tale espressione viene indicata una neoformazione della «vita pensante» nella quale l'esperienza religiosa, per poter giocare un ruolo significativo, deve misurarsi con le complesse problematiche imposte dall'avvento di una collettività umana che è giunta a disporre di risorse cognitive e operative che le consentono di aprire una nuova fase dell'evoluzione. Prefazione Riccardo Campa.
Arrivata nel 1979 alla procura di Milano, Ilda Boccassini capisce subito che la vita non sarà facile. Raccogliendo il palese malumore dell'allora procuratore, il "Corriere della Sera" commenta il giorno stesso che "il lavoro inquirente poco si adatta alle donne: maternità e preoccupazioni famigliari male si conciliano con un lavoro duro, stressante e anche pericoloso". Inizia così per "Ilda la rossa" un corpo a corpo dentro e fuori la procura, che durerà fino al giorno della pensione, nel dicembre 2019. Il lavoro è duro, certo, ma entusiasmante già dal primo periodo, a partire dai successi ottenuti insieme a Giovanni Falcone nell'indagine "Duomo connection", che svela la presenza di Cosa nostra a Milano. Fino al giorno in cui tutto finisce e tutto comincia: il 23 maggio 1992, lo squarcio sull'autostrada, la strage di Capaci. Si parte allora per la Sicilia, bisogna indagare su quelle morti, sconsigliata da tutti, perseguitata dal senso di colpa per i figli lasciati a Milano. Ma è necessario capire, dare giustizia. Il ritorno in procura, nella stessa stanza numero 30, è già Seconda repubblica e sarà segnato dai processi Imi-Sir, Lodo Mondadori, "Toghe sporche", che la portano ad affrontare anche Silvio Berlusconi, fino agli anni duemila con il caso Ruby. E con quei processi, l'inizio di una campagna d'odio che dura da decenni. Queste pagine ripercorrono gli avvenimenti da uno straordinario punto di vista: quello di una donna libera, sotto la toga e nella vita che ha scelto, con la forza di pochi e la fragilità di tutti.